Diabete: che mangiare a colazione per controllare la glicemia

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTASpesso, chi soffre di iperglicemia o di diabete di tipo 2 (quello legato all’eccesso di alimentazione e purtroppo in vertiginosa crescita nei paesi industrializzati) tende a ridurre la prima colazione e a evitare l’assunzione di alcuni alimenti, percorrendo invece strade che possono portare a effetti negativi nel controllo della propria condizione clinica.

Colazione e diabete, lo studio
Uno studio del 2015 svolto presso la Diabetes Unit dell’Università di Tel Aviv ha confrontato l’impatto di due diversi regimi alimentari sul profilo glicemico, evidenziando come una colazione abbondante porti ad una riduzione fino al 20 per cento della glicemia media giornaliera. Questo studio aveva messo a confronto delle persone diabetiche cui erano stati proposti due regimi alimentari simili per numero di calorie totali ma differenti per la loro distribuzione nella giornata. Il primo gruppo consumava una colazione abbondante ed una cena parca, l’altro una colazione leggera ed una cena più ampia. Nelle persone che facevano una colazione ricca, non solo la glicemia media era minore durante tutta la giornata, ma risultava inferiore anche la misurazione effettuata dopo il pranzo (uguale per i due gruppi), indicando che una colazione abbondante è in grado di indurre uno stimolo metabolico che dura per tutta la giornata. Alla base di questo meccanismo sembra esserci quella che risulta essere una maggiore risposta al mattino delle cellule beta del pancreas, quelle che producono insulina, così come un maggior assorbimento del glucosio, mediato dall’insulina stessa, da parte dei muscoli che lo sfruttano a scopo energetico, ed un ridotto catabolismo dell’insulina (ovvero della sua naturale degradazione) ad opera del fegato”. Ecco, quindi, che l’abitudine a consumare una sana e ricca colazione sembra essere uno strumento molto utile per la regolazione della glicemia e quindi per il controllo del diabete.

Il valore della colazione per il diabetico
Questo conferma che la prima colazione ricca è uno strumento fondamentale anche per la regolazione della glicemia e per il controllo del diabete e che il pasto del mattino è un importante segnale per l’intero organismo. A maggior ragione questo vale per chi ha problemi con gli zuccheri e che potrebbe ottenere un importante beneficio da una maggiore libertà nella prima colazione (con calorie aumentate) e da una cena a minore impatto calorico. Per esperienza diretta sappiamo che si possono sempre mantenere gusto e convivialità anche a cena, usando porzioni più ridotte dei piatti che piacciono.

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Diabete: la colazione
Alla luce di quanto visto, si rivela quindi un’ottima scelta per chi soffre di diabete, quella di rimodellare la propria giornata alimentare e di definire con il proprio medico l’assunzione di carboidrati e proteine bilanciate nella giusta proporzione.  Innanzitutto, se parliamo di colazione e diabete, occorre ovviamente stare attenti a non eccedere con i carboidrati. Come è ben noto, i carboidrati o zuccheri costituiscono il problema principale per i diabetici, che non ne devono abusare, optando per quelli a basso indice glicemico (IG). Per questo è meglio privilegiare i carboidrati complessi, ovvero a lento rilascio, che hanno un minor impatto sulla glicemia, che si trovano nel pane (di frumento, segale o kamut), che deve essere integrale e prodotto con lievito madre, nei fiocchi di cereali grezzi integrali senza zucchero (non soffiati come i cornflackes), nei fiocchi di avena crudi, nelle fette biscottate integrali senza zucchero, nei biscotti secchi integrali senza zucchero o nelle gallette di cereali. Anche il muesli può essere utilizzato, dato che si tratta di una miscela di diversi cereali integrali ai quali si aggiungono noci, nocciole, mandorle e semi vari, tuttavia, anche in questo caso è meglio controllare bene il prodotto che si acquista poiché spesso i muesli contengono riso soffiato e uvetta, ad alto indice glicemico. La dicitura senza zucchero è molto importante poiché, pur trattandosi di alimenti utilizzabili per la colazione di un diabetico, possono contenere zuccheri aggiunti; ecco perché è sempre buona norma leggere attentamente le etichette. Inoltre, gli zuccheri semplici, a rapido assorbimento, andrebbero evitati: si trovano nei dolci, negli snack, nelle barrette, ma anche in diversi frutti.

Diabete: frutta a colazione
La frutta può essere consumata, ma meglio se a giorni alterni e scegliendo i frutti a minor IG quali arancia, mela, melograno, pesca, susina, pompelmo, fragole, frutti di bosco, pera o frutti che pur avendo un IG medio hanno un basso contenuto di glucide (es. kiwi). E’ preferibile consumare la frutta fresca e intera (con la buccia, per cui meglio se biologica) in quanto, rispetto a quella cotta o sbucciata, ha un minor impatto sulla glicemia. Sempre a proposito di zuccheri nella colazione per chi ha il diabete può essere consumata anche la marmellata, ma assolutamente composta al 100% di frutta e prediligendo quella a base di frutti a basso IG. Il problema principale legato a questo prodotto risulta infatti ancora una volta lo zucchero aggiunto che, in alcuni casi, può raggiungere quantità considerevoli (60-65% di prodotto), conferendo un elevato IG, pari anche a 65.

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Diabete: proteine e grassi a colazione
Per quanto riguarda le proteine, si possono utilizzare sia quelle di origine animale che vegetale, quindi possono andare bene yogurt magri o di soia, ma anche alimenti salati come ricotta, latticini, prosciutto di tacchino o di pollo e le uova (preferendo l’albume), oltre alla frutta secca, che costituisce una buona fonte proteica e di grassi buoni”.

Bevande
Si possono bere caffè, meglio se decaffeinato, tè verde o tisane di vario tipo, prestando sempre attenzione agli zuccheri aggiunti. Anche il latte può essere consumato, scremato o parzialmente scremato, meglio se tiepido o freddo. Tuttavia, dato che contiene zucchero, il lattosio, si consiglia di alternarlo regolarmente ad altre bevande. Valide alternative infine, sono rappresentate dai vari tipi di latte vegetale, quali soia, mandorle, nocciole o avena, sempre senza dimenticare che tutte le bevande vanno consumate senza l’aggiunta di zucchero.

Diabete: quali cibi mangiare a colazione
Una colazione corretta sarà ad esempio composta da qualche galletta integrale con un po’ di marmellata 100 per cento frutta, a fianco di un uovo strapazzato (o fatto nel modo che più piace), qualche seme oleoso, un frutto fresco intero e del tè con un velo di latte (non zuccherato). Impostare una colazione di questo tipo, sempre seguendo le indicazioni del proprio medico, porta spesso a benefici inaspettati in termini di controllo di glicemia, umore, attenzione e vivacità durante tutta la giornata. È indispensabile inoltre preferire cereali integrali in quanto più ricchi di fibre, proteine e micronutrienti rispetto alla loro controparte raffinata, e tutti questi sono efficaci strumenti nel ridurre l’impatto glicemico (la capacità del cibo di aumentare la glicemia) del pasto, punto essenziale per chi ha problemi di diabete o iperglicemia. In modo simile ai cereali, anche la frutta fresca e intera (e meglio ancora biologica, per mangiarla con la buccia) risulta superiore a quella lavorata (o cotta, o sbucciata) in termini di capacità di modulazione della glicemia. E’ importante quindi non solo fare una colazione ricca, ma sceglierne con cura gli ingredienti: dai cerali alla marmellata la qualità vince sempre.

Diabete: menù a colazione
Vediamo allora un esempio di colazione corretta per il paziente diabetico:

  1. Mezzo pompelmo, 1 yogurt magro o di soia, 2 fette di pane integrale con marmellata senza zucchero (2-3 cucchiaini), caffè decaffeinato senza zucchero

  2. 1 pesca, tè verde senza zucchero con fiocchi di avena, 2 fette di pane integrale con ricotta

  3. 1 mela, latte scremato o parz. scremato senza zucchero con cereali integrali, 1 yogurt di soia

  4. 1 kiwi, 2 uova bollite, 2 fette di pane integrale, 30 grammi di mandorle

Diabete e movimento
L’attività fisica è parte integrante del programma di salute che ogni persona con diabete mellito di tipo 2 può e deve affrontare in modo adeguato, per migliorare il profilo glicemico, la sensibilità insulinica e il profilo lipidico. I dati scientifici lo dimostrano ormai con certezza. Cibo e movimento, insieme, consentono di riscoprire il piacere di mettersi a tavola in serenità, iniziando proprio dal mattino.

I cibi e le quantità consigliate in questo articolo, sono solo degli esempi: prima di modificare la vostra dieta è importantissimo consultare sempre il vostro medico diabetologo.

I migliori prodotti per diabetici
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Dieta mima digiuno: cosa mangiare, esempio e menu

MEDICINA ONLINE RISO RISOTTO CIBO DIABETICO INDICE GLICEMICO PASTA CARBOIDRATI GLICEMIA DIETA GRASSO PRANZODieta mima digiuno: quali sono l’esempio e il menu da seguire? Questo regime alimentare è stato inventato dagli esperti dell’University of Southern California, guidati dal Dott. Valter Longo, professore di biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla longevità presso l’University of Southern California. Il progetto si è avvalso della collaborazione dell’Istituto Firc di Oncologia Molecolare di Milano. L’obiettivo che si vuole raggiungere con questo tipo di alimentazione consiste nel favorire la perdita di peso e contemporaneamente nel prevenire l’insorgenza di alcune malattie, compresi i tumori. Longo è giunto alla creazione di questa dieta, dopo aver studiato le persone affette da sindrome di Laron, una malattia genetica caratterizzata dalla resistenza all’ormone della crescita.

Cosa mangiare?

In generale non si può stabilire che cosa mangiare a priori. La dieta deve essere condotta sotto stretto controllo medico. E’ proprio il medico a stabilire quali cibi inserire nei pasti quotidiani, dopo aver visitato il paziente accuratamente, tenendo conto del suo stato di salute. Generalmente viene consigliato il consumo di zuppe, di verdure, di frutta secca, di carboidrati semplici e di liquidi senza zucchero. La dieta, quindi, non consiste in un vero e proprio digiuno, ma in una riduzione dei pasti per 5 giorni, fase da ripetere ogni 3 o 6 mesi.

Esempio

Possiamo stabilire uno schema generale della divisione dei nutrienti nell’ambito della dieta mima digiuno. In particolare essi vengono suddivisi in questo modo:

  • 14% di proteine,
  • 43% di carboidrati,
  • 46% di grassi,
  • riduzione dell’apporto calorico in una percentuale che va dal 34% al 54%.

Benefici

I benefici che si possono conseguire seguendo questo schema sono i seguenti:

  • riduzione delle calorie,
  • minore rischio di incidenza dei tumori,
  • ringiovanimento del sistema immunitario,
  • riduzione delle infiammazioni,
  • calo della perdita di densità minerale delle ossa,
  • riduzione dei fattori di rischio legati all’invecchiamento,
  • mantenimento del diabete sotto controllo,
  • riduzione delle malattie dell’apparato cardiovascolare,
  • calo di peso corporeo.

Menu

Il fai da te è sconsigliato. Inoltre questa dieta non potrebbe essere seguita da chi ha superato i 65 anni di età. Si potrebbe portare avanti questo tipo di menu, in accordo con le decisioni del medico. Si tratta solo di un esempio:

  • colazione: una tazza di tè e 50 grammi di cereali anche sotto forma di barretta;
  • pranzo: 100 grammi di pesce accompagnati da insalata verde condita con olio e limone oppure, in alternativa, verdure cotte a piacere;
  • cena: minestrone di verdure, qualche oliva e un pacchetto di crackers di cavolo nero.

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Inserire le calorie sul menu del ristorante: mangeremmo di meno?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO RISTORANTE MANGIARE CUCINA DIETA CIBO COPPIA AMORELe indicazioni delle calorie nei menu aiutano chi mangia fuori casa ad assumere una quantità adeguata di cibo? Dipende dalle condizioni esterne e dal tipo di dicitura riportata. La questione è dibattuta e gli studi condotti finora non hanno fornito risposte univoche: in certi casi il risultato è stato positivo, in altri meno.

Obbligatorio negli stati uniti

Nel frattempo, negli Stati Uniti e in altri paesi, alcune città hanno reso l’indicazione obbligatoria in certe tipologie di locali. Filadelfia dal 2010  obbliga gli esercizi che hanno più di 15 sedi in tutto il paese, ad indicare non solo le calorie ma anche il quantitavo di sodio, i grassi e gli  zuccheri. Per i fast food la norma prevede la diffusione delle calorie, mentre le altre informazioni sono a disposizione, su richiesta del cliente. Questa situazione permette di confrontare  il comportamento dei clienti di una stessa catena alle prese con menù con e senza calorie in chiaro, e tra gli stessi avventori prima e dopo l’entrata in vigore della norma. Gli autori degli studi hanno preso in esame  due tipologie di ristoranti molto diversi: quelli tradizionali, con servizio al tavolo e i fast food. I risultati differiscono ma non sono del tutto in contraddizione tra di loro.

In ristorante mangiamo troppo

Nel primo studio i ricercatori della Drexel University hanno chiesto a quasi 650 clienti di sette ristoranti  due con un menu dove comparivano le calorie e cinque senza), di fornire le ricevute della cena e di riferire che cosa avevano ordinato. Dai calcoli è emerso che  i clienti avevano consumato mediamente 1.600 calorie (1.800c on le bibite). Poiché per un adulto medio si prevede l’assunzione di circa 2.000 calorie al giorno, tutti i clienti hanno mostrato di mangiare troppo ed eccedere rispetto al fabbisogno. Analoghi eccessi si riscontrano  per i singoli ingredienti: il sodio assunto era  pari a 3200 milligrammi, quando il valore medio consigliato è di 2.300,  i grassi saturi 35 grammi, a fronte dei 20 giornalieri consigliati. Bisogna convincere  – dicono gli  autori – chi va a mangiare fuori ad assumere non più di 750 calorie, 750 milligrammi di sodio e 8 grammi di grassi saturi per pasto (valori consigliati dai nutrizionisti).

Leggere le calorie fa mangiare meno

Analizzando tutti i dati, la risposta alla domanda principale della ricerca, pubblicata sull’American Journal of Preventive Medicine, è stata comunque positiva rispetto all’introduzione delle indicazioni. Gli avventori dei ristoranti dove le calorie erano presenti sul menu hanno assunto in media 155 calorie in meno per le bevande  e 151 per i vari piatti, oltre a 224 milligrammi di sodio e 3,7 grammi di grassi in meno rispetto agli altri. Non solo: l’80% circa dei clienti ha riferito di aver notato le diciture e il 26% di aver scelto la pietanza tenendo conto di quanto letto. Quest’indagine mostra che l’informazione sul contenuto dei piatti è efficace, quando il pasto viene consumato in un ristorante a pieno servizio, dove presumibilmente si recano i clienti delle classi sociali meno disagiate e con un livello culturale medio o alto.

Cultura, fast food e calorie

Al contrario, quando la clientela proviene da quartieri e da fasce di popolazione con meno denaro a disposizione la situazione cambia parecchio. Lo ha dimostrato il secondo studio, condotto dai ricercatori del Langone Medical Center e presentato a un congresso della Obesity Society svoltosi nei giorni scorsi ad Atlanta. In questo caso, gli autori hanno raccolto le ricevute di 2.000 clienti di McDonald’s e Burger King di età compresa tra i 18 e i 64 anni prima e dopo l’introduzione dell’obbligo di specificare le calorie e hanno chiesto a ciascuno di loro di rispondere a una breve lista di domande sulle nuove diciture. Solo il 34% circa dei clienti di McDonald’s aveva visto le indicazioni, contro i 49% di quelli di Burger King, a riprova del fatto che non basta obbligare i gestori ad apporre il contenuto calorico sui menu ma, probabilmente, conta anche molto la chiarezza e l’evidenza con cui tale informazioni sono trasmesse. È stato evidenziato inoltre un rapporto diretto tra il livello di alfabetizzazione e l’attenzione alle calorie: coloro che avevano fatto poco o nessun caso alle calorie erano anche quelli provenienti dalle classi sociali più povere e con una bassa scolarità. Inoltre, solo il 10% dei clienti aveva modificato la scelta in base a quanto letto, e la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di mangiare in un fast food più di cinque volte a settimana, e di non aver modificato tale abitudine in seguito ai nuovi menu. Il dato è confermato da altre rilevazioni, che non hanno mai messo in luce una diminuzione della clientela né dei ristoranti né dei fast food tra prima e dopo il 2010. Anche se in questa ricerca non sono state calcolate le calorie assunte, il non avere cambiato le abitudini non depone a favore della normativa sulle indicazioni nutrizionali in chiaro.

Nel fast food non serve

Secondo gli  autori introdurre l’obbligo di indicazione delle calorie nei fast food non serve, se questa è l’unica misura adottata. Per educare i clienti è indispensabile inserire l’iniziativa in un contesto più ampio. Un commento analogo, è stato fatto anche dagli autori del primo studio, che hanno sottolineato come sia necessario abituare le persone che vanno al ristorante a scegliere un pasto adeguato, per esempio riformulando piatti e porzioni, e promuovendo le pietanze più sane.

Ulteriori dati saranno presto disponibili, alla completa attuazione del Patient Protection and Affordable Care Act, il cosiddetto “Obamacare“, il quale prevede che tutti i ristoranti e fast food con più di 20 sedi nei diversi stati forniscano i dati sulle calorie in ogni punto vendita.

FONTE: ilfattoalimentare.it

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