Indossi sempre lo stesso pigiama? Ecco quali sono i rischi per la tua salute

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DORMIRE LETTO DIVANO PIGIAMA RIPOSO RELAX (4)Vi siete mai chiesti per quanto tempo potete indossare mediamente un pigiama prima di doverlo lavare? Secondo un sondaggio condotto in Gran Bretagna da una società che produce materassi, gli uomini fanno passare circa due settimane prima di cambiarlo, le donne addirittura 17 giorni. Facendo passare così tanto tempo tra un lavaggio e l’altro, si rischiano infezioni alla pelle e cistite.

Escherichia coli e colleghi

“Tutti noi ospitiamo sulla pelle e nell’intestino microrganismi vari – spiega al Daily Mail online Sally Bloomfield, della London School of Hygiene and Tropical Medicine – che generalmente non sono dannosi, ma possono diventarlo se finiscono nel posto sbagliato, entrando in contatto con altre parti del nostro corpo”. Fra questi c’è l’Escherichia coli, che può causare la cistite, oppure vari Stafilococchi e anche lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (o MRSA acronimo di Methicillin-Resistant Staphylococcus Aureus) cioè uno Stafilococco che si è evoluto sviluppando una resistenza agli antibiotici beta-lattamici, che comprendono le penicilline e le cefalosporine. In alcuni casi l’E.coli può essere l’agente eziologico di malattie intestinali ed extra-intestinali come meningite, peritonite, setticemia e polmonite, oltre alla già citata cistite. Alcuni ceppi di E.coli sono inoltre tossigenici, producono cioè tossine che possono essere causa di diarrea.

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Pochi pigiami di ricambio?

Ignaro di tutto questo, il 54% delle donne sostiene di avere solo un paio di pigiami da alternare, così dimentica da quanto tempo non li cambia. La scusa addotta dal 51%, invece, è che indossa il pigiama per non più di un paio d’ore per notte e dunque non lo lava spesso. Gli uomini scaricano la responsabilità sulle partner, dicendo che sono loro a occuparsi di fare la lavatrice. La maggior parte ammette di non avere tanti pigiami da cambiare. E così quello indossato per due settimane o più diventa un covo di batteri che possono poi finire sugli altri indumenti con cui entra in contatto, per esempio in lavatrice. Quindi lavate ogni settimana la biancheria con cui si dormite e, visto che siamo ancora in periodi di saldi, fate una bella scorta di pigiami di ricambio!

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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E tu di che insonnia soffri? I cinque disturbi più frequenti sotto le coperte

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNOCi sono coloro che sono alle prese con le ipersonnie e coloro che invece devono fare i conti con le parasonnie. Il disturbo più frequente in coloro che non riescono a dormire sonni tranquilli sembra però essere l’insonnia cronica, che riguarda soprattutto le donne e che è legata spesso a stati di ansia e stress. In Italia si calcola che siano 12 milioni le persone che hanno disturbi del sonno. Ecco quali sono, secondo gli esperti della World Association of Sleep Medicine , che ha organizzato la recente giornata di sensibilizzazione, i problemi più ricorrenti:

1) Ipersonnia: è un disturbo che riguarda coloro che dormono troppo oppure che tendono ad addormentarsi durante la giornata. È il contrario dell’insonnia, ma può creare grosse difficoltà, perché si manifesta con un manifesto e prolungato sonno dell’individuo, associato alla difficoltà non solo a svegliarsi, ma anche a rimanere sveglio in momenti della vita quotidiana come il pranzo o una conversazione. Colpirebbe il 5% della popolazione e, tra i sintomi, ha irritazione, allucinazioni, perdita della memoria, disorientamento e ansia, oltre ad un costante senso di stanchezza fisica e mentale.

2) Parasonnia: si tratta del classico sonnambulismo, che riguarda il 3-4% della popolazione infantile e che tende a scomparire con la crescita. Se gli episodi si verificano di rado, non è il caso di preoccuparsi, se invece hanno frequenza maggiore (un caso o più ogni 6 mesi) è bene rivolgersi ad uno specialista.

3) Mioclonia ipnica o “sindrome delle gambe senza riposo”: ne soffre il 2% della popolazione e soprattutto le donne. Si verifica quando si avvertono piccoli spasmi muscolari, con frequenza costante (ogni 30-40 secondi), accompagnati da formicolio agli arti inferiori. Non si tratta dei classici movimenti a scatto che possono riguardare tutti al momento dell’addormentamento e non sono ritenuti disturbi del sonno: nel caso delle “gambe senza riposo” gli scatti avvengono durante il sonno, sono avvertiti in modo inconsapevole, ma rompono la regolarità del sonno stesso e lasciano un senso di stanchezza al mattino.

4) Insonnia cronica: interessa soprattutto la popolazione femminile e nel 50% dei casi è un disturbo legato a stati di ansia e stress, o a depressione. Per risolvere il problema spesso ci si affida a farmaci sedativi, che però non agiscono sulle cause del disturbo: occorrerebbe invece rivolgersi ad uno specialista, che può consigliare una terapia che agisce sulla dopamina, ovvero sul quel neuromediatore in grado di creare particolare stati mentali.

5) Apnee morfiche ostruttive: si tratta del classico disturbo che si manifesta con il russamento e che è dovuto al restringimento delle prime vie aeree. In questo caso ne soffrono di più gli uomini (4% contro il 2% delle donne), anche se con la menopausa le differenze tendono a ridursi. Non permette di dormire un sonno prolungato e tranquillo e causa una ridotta ossigenazione cardiaca e cerebrale. A favorire questo disturbo possono essere alcune caratteristiche fisiche, come il sovrappeso, il fumo, la mandibola più piccola, le tonsille infiammate o grosse o una conformazione del collo particolarmente tozza.

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La donna deve dormire più dell’uomo: il cervello di lei lavora più di quello di lui

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNOMi dispiace per i colleghi maschi, ma sembra ormai provato dalla scienza che il cervello della donna lavori più di quello maschile ed è questo il motivo per cui, secondo il dott. Michael Breusun e il suo gruppo di ricercatori della Duke university nella Carolina del Nord, le donne hanno bisogno di più riposo per recuperare le energie che quotidianamente spendono nella loro abilità nel fare molte cose contemporaneamente. I risultati di tale studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science World Report.

Multitasking

Le donne sono nate per il multitasking. Che significa questo termine? In informatica, un sistema operativo con supporto per il multitasking permette di eseguire più programmi contemporaneamente, lo stesso termine, applicato ad una persona indica la capacità di svolgere più lavori in contemporanea, cosa in cui la donna è molto più brava di noi maschietti. Per i più convinti maschilisti si deve ricordare che anche qui la scienza (Gijsbert Stoet, ricercatore dell’università di Glasgow e Keith Laws dell’università di Hertfordshire) ha prodotto risultati abbastanza chiari: “gli uomini sono più lenti e meno organizzati delle donne quando devono passare rapidamente da un’attività a un’altra, almeno in certi casi”. Casi che, puntualizzano gli esperti, potrebbero includere anche tipiche attività da ufficio: inviare e-mail, rispondere a telefonate e incarichi assegnati, entrare e uscire dalle riunioni, il tutto contemporaneamente o quasi.

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Sotto pressione

Ma c’è dell’altro: le donne sono più brillanti soprattutto quando si trovano sotto pressione, per esempio quando devono cercare velocemente qualcosa. “Sono più riflessive e organizzate, mentre gli uomini sono più impulsivi e alla fine si perdono”. Forse un retaggio dell’evoluzione, ipotizzano gli psicologi, dall’epoca in cui mentre il maschio era impegnato in “compiti lineari” come quello di uccidere una preda la donna già si destreggiava tra la cucina, la cura della casa e dei figli. “Se la donna non fosse stata multitasking fin dai tempi degli antenati cacciatori-raccoglitori, forse oggi non saremmo qui“, commentano gli scienziati.

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La donna senza sonno: maggiore rischio di depressione

Tornando al sonno, meccanismo naturale che consente a qualsiasi individuo, rallentandone i ritmi biologici, di recuperare le energie spese durante la giornata da corpo e cervello, per la donna la sua mancanza diventa particolarmente dannosa: per la parte psichica, può essere all’origine di depressioni e sbalzi d’umore, come ha riferito il dott. Michael Breusun in un intervista al The Australian. Ricordiamo inoltre che tutti gli studi del settore confermano che dormire meno ore di sonno del normale è un fattore di rischio per malattie cardiache, ictus, e riduzione delle difese immunitarie. Jim Horne, direttore del Sleep Research Centre della Loughborough University, sostiene che “il compito del sonno è di permettere al cervello di recuperare e autoripararsi“. Dunque, più viene utilizzato il cervello più è richiesto un certo numero di ore di sonno. Sicuramente sarà difficile per noi uomini accettare di lasciar riposare un po’ di più la propria compagna, dato che a tutti piace dormire tanto, ma se lo merita!

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Le cinque regole d’oro per dormire bene

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1) Attività fisica: muoversi e fare sport durante il giorno è fondamentale, ma è meglio evitare un’attività fisica di una certa intensità prima di andare a letto poiché l’adrenalina prodotta rende difficile addormentarsi.

2) Sveglia regolare: compatibilmente con i propri impegni, è consigliabile svegliarsi sempre alla stessa ora. Spostare frequentemente l’ora del risveglio (anche nel week-end) genera il peggioramento del sonno. Lo stesso dicasi per l’ora in cui si decide di andare a letto.

3) Alimentazione leggera: prima di andare a dormire è preferibile evitare cibi troppo pesanti, troppo conditi o ad alto contenuto di zuccheri. Nel caso in cui la cena fosse stata troppo abbondante, è meglio fare una passeggiata prima di coricarsi.

4) Stanza da letto confortevole: l’ambiente in cui si dorme, anche se molti sottovalutano il problema, deve essere confortevole e, possibilmente, al buio. E’ consigliabile eliminare certe fonti di luce come TV, spie stand-by, computer o sveglie elettroniche. Inoltre la temperatura della stanza non dovrebbe superare i 18° C.

5) Relax: per dormire meglio si dovrebbe liberare un po’ la mente dai pensieri, dalle preoccupazioni, dagli impegni e dalle angosce. Suggeriamo una tecnica di rilassamento: chiudere gli occhi, respirare profondamente e visualizzare mentalmente un’immagine gradevole e tranquillizzante.

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Quali sono le sigarette che fanno più male alla salute? E quelle che fanno meno male?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FUMA SIGARETTA NICOTINA TABAGISMO TOSSICODIPENDENZAQuali sono le sigarette che fanno più male alla salute?

Fumare fa male. Sempre. Ma quali sono le sigarette che fanno più male alla salute? Tanto per cominciare, fumare appena svegli aumenta enormemente il rischio di ammalarsi di tumore alla bocca e ai polmoni. Lo dimostra uno studio della Penn State University, pubblicato recentemente sulla rivista Cancer, Epidemiology, Biomarkers and Prevention che ha valutato i dati di circa 2000 fumatori americani. In particolare, i ricercatori hanno analizzato i livelli nelle urine di biomarcatori specifici della presenza di cancerogeni dovuti alla combustione del tabacco. Dall’analisi è così emerso che il tasso di sostanze nocive in chi fuma entro i primi cinque minuti dal momento del risveglio è il doppio rispetto a chi aspetta almeno un’ora prima di prendere in mano una sigaretta. Fumare fa male, ma fumare appena svegli fa ancora più male.

Leggi anche: Smettere di fumare: quanto e per quanto tempo ingrasserò? L’esperienza mia e dei miei pazienti

Quali sono le sigarette che fanno meno male alla salute?

Risposta facilissima: quelle che non fumi! Delusi dalla risposta? Vi assicuro che è la risposta scientificamente più corretta che si possa dare. Ed è incredibile come, sui forum sparsi per internet, a questa domanda rispondono mediamente gli utenti (clicca qui se vuoi qualche esempio di falsità che gira su internet a proposito delle sigarette).  Volendo potete provare con la sigaretta elettronica che in teoria fa meno male delle sigarette normali (dico “in teoria” perché i dati a nostra disposizione sono ancora insufficienti per poterlo dire con certezza). Ma il mio consiglio è di smettere completamente visto che con la sigaretta elettronica correte il rischio di tornare prima o poi a fumare le sigarette standard in una quantità maggiore rispetto a prima.

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Dimmi come dormi e ti dirò chi sei

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Acari ed allergia: cosa sono, dove si trovano, come si combattono

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNO1) Cos’è l’acaro?
Con quattro paia di zampe e un corpo peloso, gli acari sono lunghi da 0,2 a 0,4 mm. Appartenenti alla stessa famiglia dei ragni e degli scorpioni, l’ordine degli Acarina (volgarmente noti come acari) è suddiviso in 5 famiglie, 18 generi e circa 50.000 specie. In caso di allergia agli acari, la causa che scatena l’allergia (allergene) non è l’acaro in sé, ma le sue feci o le secrezioni, oltre che le carcasse post-mortem. A tale proposito, una decina di acari sono particolare causa di allergia: quelli del genere Dermatophagoides (pteronyssinus e farinae) e la Blomia tropicalis.

2) Dove si trovano gli acari?
Soprattutto infestano la biancheria da letto, i peluche, i divani, i tappeti e le moquette. Tutte le case ne ospitano, persino quelle più pulite.

3) Quali misure preventive è possibile mettere in atto?
Per limitare i rischi di allergia, la disinfestazione è fondamentale, anche se è davvero efficace solo se effettuata in modo precoce, completo e prolungato. Tuttavia, alcune semplici misure permettono di alleviare in modo significativo i sintomi. È opportuno aerare al massimo le stanze, mantenere una temperatura ambiente piuttosto fresca e scegliere come arredo interno superfici lisce facilmente lavabili. Inoltre, si possono anche rivestire i materassi con apposite fodere antiacari e cambiare la biancheria del letto ogni settimana, così come passare frequentemente l’aspirapolvere e, all’occorrenza, munirla di apposito filtro. Per la stessa ragione, si consiglia di mantenere un’umidità relativa dell’aria che non superi il 50% e una temperatura ambiente compresa tra 19 e 21°C (da 16° a 18°C nelle camere da letto). Molto utile è anche l’uso di un apposito spray antiacaro, come questo: https://amzn.to/2RtEsvl

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4) Che posto occupa l’allergia agli acari tra le allergie respiratorie?
Per semplificare, si distinguono le allergie stagionali (causate essenzialmente dai pollini) dalle allergie aperiodiche (o perannuali), che possono sopraggiungere in qualsiasi momento dell’anno. L’allergia agli acari è una di quelle. Si tratta della forma di allergia più diffusa in Italia. Colpisce gran parte dei pazienti che presentano segni di rinite allergica o di asma.

5) L’allergia agli acari è più significativa nel bambino o nell’adulto?
È stato riscontrato un aumento della frequenza di allergia agli acari con il passare degli anni. Più si cresce, più si diventa sensibili agli acari. I bambini, dal canto loro, sviluppano presto questa sensibilizzazione, che si manifesta completamente come allergia solo in età adulta. Pare che questa allergia sia decisiva durante l’infanzia per evolversi poi in asma, in particolare a causa dell’interazione con le infezioni virali, spesso a ripetizione a quell’età.

6) Come distinguere questa allergia da un normale raffreddore?
L’inverno è un periodo dell’anno che può dare adito a confusione. Infatti, i raffreddori producono sintomi piuttosto simili a quelli della rinite allergica. Ciò che permette di distinguere una rinite allergica da un classico raffreddore è quando i sintomi persistono in modo anomalo (ad esempio un raffreddore che dura diverse settimane) o quando i sintomi diventano più evidenti in situazioni particolari (spostamenti in campagna o permanenza in ambienti non opportunamente aerati, caratterizzati da una concentrazione abbondante di polvere e acari…). Una buona diagnosi è certamente fondamentale, ma per prima cosa ciò che conta è curare. Infatti, è curando la rinite allergica che è possibile migliorare i sintomi di un raffreddore virale. D’altronde, uno studio ha dimostrato che i soggetti sensibili agli acari sono maggiormente esposti al rischio di infezioni virali. Succede come se l’allergia agli acari rendesse forte o distruggesse la mucosa respiratoria, preparando il terreno alle infezioni che verrebbero ad aggravare il quadro. È una sorta di circolo vizioso, poiché la rinite e la minaccia virale sono molto spesso associate.

7) Come passare dal sospetto a un’effettiva diagnosi di allergia agli acari?
Il test di riferimento è un test cutaneo noto come “prick test” (prove allergiche). Si provoca un contatto pungendo leggermente la pelle del paziente con uno specillo, attraverso una goccia di allergene purificato. In caso di reazione cutanea significa che si è in presenza di una sensibilizzazione. E, in caso di sensibilizzazione e di sintomi, significa che esiste allergia. Un esame del sangue, il Test delle IgE specifiche, prevede un dosaggio di anticorpi diretti verso l’allergene. Sarà possibile ricercare eventuali allergie incrociate, in particolare ai gamberetti o alle lumache, che possono essere talvolta estremamente pericolose nei pazienti molto allergici agli acari.

Per approfondire, leggi: Test per Allergie e Intolleranze Alimentari

8) Di fronte a queste allergie, gli antistaminici e i corticoidi locali sono efficaci?
Quando sono i pazienti stessi a sospettare l’esistenza di una causa allergica dei loro sintomi, il ricorso a questi farmaci è, infatti, frequente e spesso necessario. Sono consigliati sia dal medico curante, sia da familiari e amici. Quindi, esiste spesso anche la possibilità di un’automedicazione che, in un discreto numero di casi, si rivela insufficiente.

9) Per quali pazienti si consiglia una desensibilizzazione?
Per quei pazienti la cui rinite allergica impedisce una buona qualità di vita e la diagnosi è stata ben formulata, è possibile considerare un’immunoterapia allergenica. In un altro caso, quello dei pazienti affetti da una forma molto grave di asma, occorre in primo luogo regolarla e tenerla sotto controllo prima di considerare una desensibilizzazione per migliorarla.

10) Come avviene la desensibilizzazione?
Il principio dell’immunoterapia allergenica o desensibilizzazione è di apportare, in modo frequente e regolare, l’allergene all’organismo. Questo consente di riconoscerlo e di abituarsi poco alla volta senza sviluppare sintomi allergici. In passato, si faceva uso di un certo quantitativo di allergeni per indurre una tolleranza. Oggi, questo fenomeno immunologico si ottiene somministrando tutti i giorni delle gocce sotto la lingua, a digiuno. Nel caso di allergia agli acari, questo trattamento viene assunto tutto l’anno e la sua durata varia da tre a cinque anni. L’efficacia di questa cura varia in base alla gravità dell’allergia, anche se sarà sempre possibile apprezzare una diminuzione più o meno significativa dei sintomi. Infatti, questo trattamento comporta sempre un aumento del numero di giorni senza sintomi e una diminuzione del consumo di farmaci di emergenza. Nella migliore delle ipotesi, si riesce a farli scomparire del tutto.

Consigli antiacari

  • Aver cura della biancheria da letto (materassi, reti) e degli accessori a corredo (lenzuola, guanciali, piumoni e copripiumoni…);
  • Far prendere aria ai letti la mattina;
  • Passare regolarmente l’aspirapolvere (tutte le settimane), utilizzando sistematicamente del materiale specifico (filtro HEPA);
  • Lavare regolarmente la biancheria da letto (ogni 2 settimane) a temperature superiori a 60°C (in assenza di fodere antiacari);
  • Lavare la fodera antiacari a 60°C due volte all’anno;
  • Cambiare le lenzuola una volta alla settimana;
  • Preferire una rete con doghe in legno;
  • Evitare i piumoni in piuma naturale (nicchie in cui si annidano gli acari, difficili da pulire);
  • Pulire i pavimenti e gli oggetti a rischio;
  • Preferire il parquet e il linoleum alla moquette;
  • Lavare tende e cuscini a 60°C;
  • Prediligere i peluche lavabili in lavatrice a 60°C;
  • Rivestire guanciali, materassi e piumoni con fodere antiacari;
  • Gestire la temperatura all’interno della casa, cambiare aria, ecc.
  • Far prendere aria ai letti la mattina e aerare le camere da letto almeno un quarto d’ora al giorno, soprattutto in presenza di tempo freddo e secco;
  • Controllare l’umidità relativa (utilizzare un deumidificatore) al di sotto del 50%;
  • Mantenere una temperatura ambiente ragionevole (al massimo tra 18 e 20° C, in particolare nelle camere da letto).

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