Non esiste alcuna differenza tra i due termini: “slogatura” e “distorsione” sono infatti sinonimi. La distorsione è una lesione della capsula e dei legamenti di una Continua a leggere
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Differenza tra muscolo deltoide, sovraspinato, sottospinato ed altri muscoli della spalla
I muscoli della spalla sono quei muscoli che connettono il cingolo scapolare (scapola e clavicola) con l’omero, permettendo movimenti fondamentali del braccio.
Il più grande tra i muscoli della spalla è il Continua a leggere
Arnica crema e olio: proprietà terapeutiche e controindicazioni
L’Arnica montana, spesso chiamata semplicemente “arnica” è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Composite che cresce spontaneamente nelle regioni alpine e prealpine: la si trova sulle Alpi del Trentino, nel Parco Nazionale dello Stelvio, e sulle Dolomiti, ma non solo. I fiori, completamente gialli e a forma di margherita sono la parte utilizzata in fitoterapia e in erboristeria, con lo scopo principale di contrastare il dolore osteo-articolare.
Quali sono le proprietà dell’arnica?
I principi attivi contenuti nell’arnica (flavonoidi, triterpeni, lattoni sesquiterpenici come l’elenalina e olio essenziale) le conferiscono proprietà antinfiammatorie, antimicrobiche, antidolorifiche e stimolanti la circolazione, ma deve essere utilizzata solo per via esterna. L’uso interno è stato infatti abbandonato perché l’assunzione di arnica in dosi medicinali può scatenare irritazioni gastriche e altri effetti collaterali, e attualmente le cure per via orale sono a base di diluizioni omeopatiche del rimedio. Oltre a ridurre il dolore dovuto a traumi quali urti e cadute, l’arnica favorisce anche il riassorbimento dei lividi. Inoltre ad alcune delle sostanze presenti al suo interno è stata attribuita la capacità di stimolare l’attività cardiaca, di alleviare il dolore tipico dell’angina pectoris e di contrastare i cali di pressione associati a variazioni meteorologiche.
Perché usare l’arnica?
L’arnica è utile in caso di ditorsioni, slogature, contusioni, ematomi e flebiti superficiali. Inoltre può essere usata contro l’artrosi e, più in generale, i dolori muscolari e articolari, gli edemi da frattura e le emorroidi. Nonostante venga applicata solo esternamente, secondo alcuni studi preliminari riduce il dolore associato all’artrosi e riesce a migliorare la funzionalità delle articolazioni colpite dalla malattia tanto quanto un antidolorifico. Utilizzata 2 volte al giorno per 3 settimane riduce la rigidità delle articolazioni sia in caso di artrite al ginocchio che in caso di artrite alle mani. Grazie alle sue proprietà antisettiche trova impiego anche nelle infiammazioni della pelle e per trattare localmente acne, foruncoli, labbra screpolate e punture di insetto. Infine, l’arnica viene a volte proposta contro il mal di gola e altri disturbi, spesso in forma di rimedio omeopatico.
Come si usa l’arnica?
Il fiore di colore giallo, che tecnicamente viene definito “capolino”, viene raccolto e lasciato asciugare all’ombra. I fiori non saranno pronti fino a che non saranno completamente essiccati. Una tintura a base di arnica può essere preparata anche facendo macerare 10 grammi di radici secche in un bicchiere d’arnica per 20 giorni, avendo cura di sbattere l’infuso una volta al giorno. Il liquido che si ottiene dopo filtrazione del macerato deve essere conservato al buio e al bisogno può essere mescolato a glicerina e acqua (in rapporto 1:2:3) per ottenere una soluzione con cui fare impacchi sulla pelle non lesionata da piaghe o ferite cutanee.
Un altro uso casalingo dell’arnica prevede di mescolare 1 cucchiaio di tintura con 2 cucchiai di miele per ottenere una sorta di crema o pomata per la cura dei foruncoli.
Preparare in casa un rimedio fai da te a base di fiori di arnica è invece un po’ meno semplice. I volenterosi dovrebbero procurarsi acqua, 30 grammi di fiori, mezzo litro di alcol puro, un dado di canfora e un bicchierino di trementina. La ricetta prevede di lasciar macerare i fiori nell’alcol da 8 a 10 giorni. Dopo averli scolati si devono aggiungere trementina e canfora, agitare fino a che quest’ultima non si sarà sciolta e diluire con l’acqua. L’unguento ottenuto viene consigliato per un massaggio sulle aree sottoposte a stress dai reumatismi, ma dati i metodi di preparazione non c’è nessuna garanzia della sua efficacia. Diverso è il caso dei prodotti in cui i principi attivi dell’arnica sono quantificati in modo preciso. Dai fiori si ottiene l’estratto secco titolato in rutina minimo 1%, destinato al solo uso esterno, che può essere utilizzato anche in combinazione con altri rimedi offerti dalla natura, come l’artiglio del diavolo. L’arnica è utilizzata soprattutto sotto forma di pomate, creme o gel, l’ingestione è controindicata a causa dei possibili effetti collaterali.
Arnica in omeopatia
I prodotti che possono essere assunti per via orale sono quelli omeopatici. Nel loro caso il trattamento a base di arnica viene proposto in caso di lividi, dolore muscolare o associato a procedure chirurgiche (inclusa l’estrazione del dente del giudizio) e problemi alla vista associati al diabete, ma le prove della sua efficacia non sono sufficienti a certificarne i benefici. La possibilità di assumere arnica per via orale sotto forma di prodotti omeopatici dipende dal fatto che in questi rimedi l’arnica è diluita a tal punto da non essere presente in quantità rilevabili: questa caratteristica se da un lato rende i rimedi omeopatici sicuri anche nei bambini, dall’altra dovrebbero far riflettere il lettore sulla loro reale efficacia e sulla loro pericolosità quando il rimedio omeopatico ritarda l’assunzione di un rimedio della “farmacologia” ufficiale e dalla provata efficacia.
Leggi anche: Differenza tra omeopatia, fitoterapia ed erboristeria
Gli altri impieghi dell’arnica
L’arnica non è utilizzata solo a scopo medicinale. I suoi impieghi trovano spazio anche nell’industria alimentare, che utilizza l’arnica per conferire aroma a bevande, dessert freddi a base di latticini, dolciumi, gelatine e prodotti da forno. L’olio di arnica trova invece impiego in ambito cosmetico, dove viene utilizzato come ingredienti sia nella produzione di profumi che in quella di cosmetici vari, tonici per capelli e preparazioni anti-forfora.
Controindicazioni
Per precauzione può essere raccomandato di evitare l’assunzione dell’arnica per via orale in caso di pressione alta, perché potrebbe aumentarla ulteriormente. Per lo stesso motivo l’arnica non dovrebbe essere assunta in caso di battito cardiaco accelerato (potrebbe accelerarlo ulteriormente) o di disturbi all’apparato digerente come sindrome dell’intestino irritabile, ulcere e malattia di Crohn (perché può irritare l’apparato digerente).
Effetti indesiderati
In generale l’arnica è considerata un rimedio sicuro, almeno fino a che viene applicata sulla pelle per brevi periodi di tempo. Nei soggetti sensibili può però causare dermatite da contatto. Restano invece dei dubbi sulla sicurezza della sua assunzione per via orale; sulla base di queste preoccupazioni il governo canadese ha addirittura proibito l’uso dell’arnica come ingrediente nei cibi. Infatti se ingerita l’arnica può provocare disturbi al fegato, gastriti, nausea, irritazioni della bocca e della gola, vomito, diarrea, enterocoliti, cefalea, ipotensione arteriosa, fiato corto e palpitazioni. Nei casi più gravi, l’assunzione di dosi eccessivamente alte di arnica può danneggiare il cuore, aumentare le emorragie e portare a insufficienze d’organo. Per questo motivo vi consigliamo l’uso di arnica solo come applicazione cutanea che, allergia a parte, non ha alcun rischio.
Precauzioni
Creme e pomate non devono essere utilizzate sulla cute lesionata o in caso di dermatite. L’uso in gravidanza e durante allattamento è sconsigliato. Inoltre è bene tenere presente che l’arnica può scatenare reazioni allergiche in chi è allergico a piante della famiglia delle Asteraceae (note anche come Compositae), come l’ambrosia, il crisantemo, la calendula e le margherite. In caso di dubbi prima di applicare un prodotto sulla pelle è bene chiedere consiglio al proprio medico. Nel caso in cui si acquistino i fiori è necessario controllare che al loro interno non ci siano le larve della cosiddetta mosca dell’arnica. Questo insetto, noto agli scienziati come Phytomyza arnicae, depone le sue uova proprio nei fiori dell’arnica, dove le larve possono crescere indisturbate. La loro presenza può aumentare l’effetto irritante dell’arnica a livello della cute e potrebbe scatenare reazioni simili ad allergie. Per questo fiori contaminati da larve di Phytomizae arnicae, riconoscibili come piccolissimi puntini neri, devono essere scartati. Un altro insetto cui spesso ci si riferisce chiamandolo “mosca dell’arnica” è il Tephritis arnicae (o Trypeta arnicivora). Anche le sue larve sono accusate di compromettere le proprietà benefiche dell’arnica.
Interazioni
Non sono note interazioni con farmaci o altre piante. Dato, però, che un’eventuale assunzione per via orale potrebbe rallentare la coagulazione del sangue viene raccomandato di fare attenzione all’utilizzo contemporaneo di erbe, integratori o farmaci che interferiscono con questo processo, che includono anticoagulanti ed antiaggreganti. In caso di dubbio, chiedete consiglio al vostro medico curante.
Terapie e prodotti utili per contrastare il dolore
Vi riportiamo una lista di prodotti estremamente utili per contrastare i dolori articolari, ossei o muscolari ed indispensabili per accelerare i processi riabilitativi. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff di medici e fisioterapisti seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile:
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Braccio sinistro dolorante, intorpidito e pesante: mi devo preoccupare?
Il dolore, l’intorpidimento, il formicolio e qualsiasi altra sensazione inusuale, quando sono localizzati al braccio sinistro, in assenza di traumi, sono tipi di sintomi che generano molta ansia nelle persone in quanto vengono immediatamente associati all’attacco di cuore. In realtà, pur essendo in effetti il dolore e l’intorpidimento al braccio sinistro dei sintomi distintivi dell’infarto del miocardio, sono molte le condizioni che possono provocarli e, nella maggior parte dei casi, certi timori sono fortunatamente infondati. Bisogna considerare, infatti, che un braccio è costituito da varie strutture (muscoli, ossa, tendini ecc.) e, conseguentemente, un problema a una di queste (un’infezione, un processo infiammatorio, un problema muscolare, un disturbo nervoso, un trauma di vario tipo ecc.) può essere, fra le altre cose, causa di dolenzia o di alterata sensazione rispetto al solito. Il dolore, come qualsiasi sensazione riferita al braccio, inoltre, può essere determinato da patologie di un’altra parte del corpo apparentemente “insospettabile”: in questo caso si parla di “dolore riferito”.
Dolore al braccio sinistro: quali sono le cause principali
Come detto, una sensazione particolare al braccio sinistro può riconoscere diverse cause e, se in certi casi può essere piuttosto facile capirne i motivi (come nel caso di un trauma diretto), in determinate circostanze può non essere facile identificarli. Le due cause più “pericolose” per la salute, sono:
- angina pectoris: una sindrome clinica provocata da un’ischemia miocardica di tipo transitorio (diminuzione temporanea del flusso sanguigno al muscolo cardiaco);
- infarto del miocardio: provocato da una prolungata assenza di flusso sanguigno al cuore, quasi sempre causata da una ostruzione a livello delle coronarie.
Altre cause di dolore al braccio sinistro, sono:
- artrosi cervicale;
- attacco di panico;
- cattiva circolazione (sanguigna e linfatica);
- contratture muscolari;
- errata postura;
- recente mastectomia (rimozione del seno in caso di cancro alla mammella);
- lesioni del plesso brachiale;
- epicondilite (gomito del tennista);
- lesioni e traumi muscolari, tendinei, articolari;
- neuropatia periferica;
- sindrome del cuore infranto;
- reflusso gastroesofageo;
- sindrome dello stretto toracico superiore;
- vaccinazione recente;
- tendiniti.
Quando preoccuparsi?
Come appena visto, una sensazione di dolore, formicolio o intorpidimento può essere determinata da molte cause, alcune più gravi, altre meno gravi quindi è necessario non sopravvalutare, ma neanche sottovalutare il fenomeno, specie se intenso ed improvviso. La patologia più temuta è ovviamente l’infarto del miocardio, per riconoscerla bisogna ricordare quali sono gli altri sintomi che si associano al dolore al braccio, che sono:
- dolore toracico,
- senso di oppressione,
- sensazione di pesantezza a livello toracico,
- sensazione di bruciore al petto,
- sudori freddi,
- vomito,
- respiro affannoso,
- senso di svenimento,
- perdita di coscienza,
- frequenza cardiaca aumentata.
In questi casi è opportuno richiedere un intervento medico il più tempestivamente possibile in quanto c’è una forte probabilità di un attacco di cuore. In ogni caso, anche se non si riscontrano gli ultimi sintomi elencati, è opportuno un controllo medico che, in base alla causa che determina la strana sensazione al braccio, vi fornirà la terapia adeguata.
I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Articolazioni mobili, semimobili, sinoviali e fisse: struttura e funzioni
Con il termine “articolazione” (in inglese “joint”) si intende invece strutture giunzionali tra capi ossei, interconnessi tramite i tessuti connettivi. A seconda della loro differente mobilità, cioè della loro escursione, possono essere di tipo:
- mobile (ad esempio l’articolazione della spalla o del ginocchio);
- semimobile (inter-vertebrale);
- fisso (ossa del cranio).
A che servono le articolazioni?
Nel loro insieme, il compito delle articolazioni è di tenere uniti i vari segmenti ossei, in modo tale che lo scheletro possa espletare la sua funzione di sostegno, mobilità e protezione.
Le articolazioni sono costituite da diversi elementi:
- le superfici articolari di due ossa;
- lo strato di tessuto cartilagineo;
- la capsula articolare;
- la cavità articolare;
- la membrana sinoviale;
- la sinovia;
- i legamenti intrinseci.
Un’articolazione è costituita da due superfici cartilaginee strettamente a contatto, separate da un sottile film di liquido sinoviale, e tenute così dalla capsula, dai legamenti e dalle strutture tendinee che la scavalcano. Una trazione dell’articolazione può provocare una depressione all’interno di essa in seguito alla quale, per il fenomeno di cavitazione, i gas disciolti nel liquido sinoviale formano una bolla che implode provocando un’onda sonora e un effetto meccanico. Questa è l’ipotesi più diffusa sul fenomeno dello “scrocchio” delle articolazioni, ma non esistono studi su di essa e su un possibile effetto meccanico che potrebbe avere effetti negativi sulle superfici cartilaginee.
Le articolazioni si dividono in sinartrosi (che includono le anfiartrosi, separate in altre classificazioni) e diartrosi.
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Sinartrosi
Le sinartrosi sono dispositivi giunzionali tra due capi ossei continui. Sono immobili. Possono essere suddivise in tre sottocategorie rispetto al tessuto connettivo che si interpone tra gli stessi capi ossei in sinfibrosi (tessuto fibroso) (esempio particolare: sinfisi pubica che in verità sarebbe una sincondrosi data la presenza di un disco fibrocartilagineo fra i capi ossei, ma che non può andare, o molto raramente, incontro a ossificazione come le normali sincondrosi che diventano sinostosi), sincondrosi (tessuto cartilagineo ialino) e sinostosi (mera unione dei capi ossei, esempio: ossa del cranio individuo adulto).
Sinfibrosi (Anfiartrosi)
Nelle sinfibrosi, o articolazioni fibrose, il tessuto di congiunzione è prevalentemente costituito da connettivo ricco di collagene, e in alcuni casi abbondante in fibre elastiche. Si distinguono all’interno delle articolazioni fibrose tre diverse categorie: suture, gonfosi e sindesmosi. Queste sono articolazioni immobili. Le anfiartrosi includono invece le sinfisi, e sono articolazioni ipomobili, ossia con limitate possibilità di movimento.
Gonfosi
Le gonfosi, o articolazioni a piolo-alveolo o alveolodentarie, sono un tipo di articolazioni fibrose caratteristiche per la fissazione dei denti nelle proprie cavità alveolari. La fissazione avviene grazie al collagene del parodonto che connette il cemento del dente all’osso mandibolare o mascellare. Non viene considerata una vera e propria articolazione in quanto non prevede l’unione di segmenti ossei.
Sindesmosi
Le sindesmosi sono articolazioni fibrose in cui il mezzo congiungente le due ossa che vanno ad articolarsi è un legamento interosseo, una sottile corda fibrosa o una membrana aponevrotica. Ne sono un esempio l’articolazione radio-ulnare media, la tibio-fibulare distale.
Sincondrosi
Le sincondrosi sono caratterizzate dalla presenza di un sottile strato di cartilagine che può, col tempo, essere sostituito da tessuto osseo, determinando la trasformazione della sincondrosi in sinostosi. Classici esempi di sincondrosi sono l’articolazione sterno-costale della prima costa e le varie articolazioni che si instaurano durante lo sviluppo di ossa lunghe tra epifisi e diafisi.
Sinfisi
Le sinfisi presentano un disco fibrocartilagineo di connessione, le superfici articolari delle ossa a contatto con il disco fibrocartilagineo della sinfisi sono rivestite da cartilagine ialina. Esempi sono la sinfisi pubica e mentoniera, l’articolazione tra i corpi delle vertebre (anfiartrosi) e quella tra il manubrio e il corpo dello sterno. La maggior parte delle sinfisi non va incontro a sinostosi, sussistono tuttavia alcune eccezioni.
Diartrosi
Le diartrosi sono dispositivi giunzionali tra due capi ossei contigui. Questo tipo di articolazione permette un certo grado di mobilità alle ossa affrontate. Nelle diartrosi i capi ossei sono rivestiti da cartilagine ialina la quale svolge una funzione motoria di compressibilità ed elasticità. La cartilagine consta di tre strati di collagene (profondo, intermedio e superficiale).
Le diartrosi possono, inoltre, essere armoniche, con capi ossei corrispondenti, e disarmoniche; in tal caso le discordanze sono eliminate tramite i menischi fibrocartilaginei. Questi permettono scambi nutritivi e una maggiore sollecitazione meccanica. Esternamente la capsula articolare, un manicotto fibroso, ricopre l’intera articolazione, fissandosi ai margini della cartilagine.
Profondamente ad essa si trova la membrana sinoviale che può essere: semplice se ridotta ad un esile strato fibroso o complessa se spessa e ricca di cellule, vasi e nervi. L’articolazione è costituita anche da legamenti a distanza o periferici. Infine la cavità articolare è lo spazio presente tra i capi ossei e capsula articolare ripieno di liquido sinoviale (funzione nutritiva) proveniente dal plasma sanguigno e arricchito con sostanze nutritive; attutisce gli urti.
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Le diartrosi possono essere classificate come:
Artrodie
Le due superfici articolari sono pianeggianti e consentono solo movimenti di scivolamento dei due capi articolari, (non consentono movimenti angolari) un esempio sono quelle tra i processi articolari delle vertebre. Poiché la capsula di un’articolazione a superfici piane è sempre tesa, il movimento concesso è limitato ma multidirezionale (uniassiale).
Enartrosi
I due capi ossei sono “sferici”, uno concavo e l’altro convesso e compiono movimenti angolari su tutti i piani, inclusa la rotazione. I capi articolari, sempre a contatto, ruotano reciprocamente e così le relativi diafisi compiono movimenti angolari su tutti i piani. Un esempio è l’articolazione coxo-femorale (articolazione dell’anca) e la gleno-omerale (articolazione della spalla propriamente detta).
Condiloartrosi
Sono ellissoidali uno concavo (cavità glenoidea) e l’altro convesso (condilo) e permettono un movimento angolare su due piani perpendicolari ai due assi dell’ellissoide. Un tipico esempio è l’articolazione temporo-mandibolare. Per precisione l’articolazione temporo mandibolare è una diartrosi doppia formata da due articolazioni sovrapposte con interposto un disco completo che le separa. Sono una superiore (articolazione disco-fossa glenoide) e una inferiore (articolazione disco-condilo).
A sella
I due corpi sono biassiali concavi e convessi a incastro reciproco e permettono una rotazione assiale. Si chiamano così perché le superfici articolari hanno la forma di una sella di cavallo concava longitudinalmente e convessa trasversalmente, come per esempio l’articolazione fra il trapezio e il primo osso metacarpale. Si può parlare di articolazione a sella anche per l’articolazione femoro-rotulea.
Ginglimo laterale o trocoide
I due capi ossei sono cilindri, uno cavo e uno pieno, con l’asse del cilindro parallelo all’asse longitudinale delle ossa. Il movimento è rotatorio, per esempio le articolazioni prossimale e distale tra radio e ulna e l’articolazione atlantoassiale (o atlo-assiale) mediana tra il dente dell’epistrofeo e un anello osteofibroso formato dall’arco anteriore e dal legamento trasverso dell’atlante.
Ginglimo angolare o troclea
In questo caso, una superficie articolare è a forma di puleggia (una sorta di cilindro scavato trasversalmente al centro da una gola), il cui asse è perpendicolare alla diafisi dell’osso; tale puleggia prende il nome di troclea. L’altra superficie articolare è rappresentata da una incavatura percorsa longitudinalmente da una cresta corrispondente alla gola della troclea. Esempi di tale articolazione sono rappresentati dall’articolazione omero-ulnare e dalla articolazione femoro-tibiale.
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Differenza tra legamento e tendine con esempi
Cos’è un legamento?
Con “legamento” (o ligamento, in inglese “ligament”) si identifica in campo medico una robusta formazione di tessuto connettivo denso di tipo fibroso che ha principalmente queste funzioni:
- tenere unite fra loro due o più strutture anatomiche, come ad esempio due segmenti di osso, permettendo la formazione di una articolazione;
- mantenere un organo nella posizione che gli è propria, impedendosi di muoversi nell’organismo;
- concorrere a delimitare aperture o cavità nelle quali si trovano altre formazioni anatomiche (come nervi, vasi sanguigni o linfatici).
Esempi classici di legamenti sono:
- Il legamento ileofemorale: ha forma di ventaglio; origina al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, con due fasci che divergono a ventaglio, il fascio obliquo, diretto al margine anteriore del grande trocantere e il fascio verticale,verso la parte più bassa della linea intertrocanterica.
- Il legamento pubofemorale: nasce dal tratto pubico del ciglio dell’acetabolo, dall’eminenza ileo-pettinea e dalla parte laterale del ramo superiore del pube per perdersi nella capsula davanti al piccolo trocantere.
- Il legamento collaterale ulnare: è conformato a ventaglio e s’irradia dall’epitroclea al margine mediale dell’incisura semilunare.
- Il legamento largo dell’utero: è la porzione di peritoneo che portandosi lateralmente all’utero va a rivestire le tube uterine di falloppio.
In caso di rottura di un legamento di una articolazione, potrebbe essere impossibile il movimento correlato a quella articolazione. Per approfondire: Lesione del legamento crociato anteriore: ricostruzione in artroscopia
Cos’è un tendine?
Con “tendine” (in inglese “tendon”) si intende invece tutti quegli insiemi di fibre che permettono ai muscoli di fissare le proprie estremità ad un osso o alla pelle consentendo all’apparato contrattile di svolgere le sue funzioni. L’esempio di classico di tendine è il tendine di Achille, quello comune ai due muscoli gastrocnemi e al solco, che, seguendo la direzione di questi nella parte posteriore e inferiore della gamba, va ad inserirsi sulla faccia posteriore del calcagno. In caso di lesioni tendinee gravi, che comportano una totale o parziale rottura del tendine, si ha la perdita del movimento generato dal muscolo interessato. Ad esempio, in caso di rottura del tendine di Achille, si verifica l’impossibilità di eseguire una flessione plantare della caviglia.
Legamenti e tendini: qual è la differenza?
Legamenti e tendini sono spesso confusi tra loro, tuttavia sono strutture anatomiche diverse; pur essendo entrambi formati da fibre di collagene di tipo I (che possiedono una elevata resistenza alle forze applicate in trazione), dal punto di vista ortopedico hanno una grande differenza: mentre i legamenti collegano tra loro ossa diverse o parti dello stesso osso, invece i tendini collegano i muscoli alle ossa o ad altre strutture di inserzione.
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- Differenza tra legamento ed articolazione con esempi
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra legamento ed articolazione con esempi
Con “legamento” (o ligamento, in inglese “ligament”) si identifica in campo medico una robusta formazione di tessuto connettivo denso di tipo fibroso che ha principalmente queste funzioni: tenere unite fra loro due o più strutture anatomiche, come ad esempio due segmenti di osso; mantenere nella posizione che gli è propria un organo; concorrere a delimitare aperture o cavità nelle quali si trovano altre formazioni anatomiche (come nervi, vasi sanguigni o linfatici). Esempi di legamenti sono:
- Il legamento ileofemorale: ha forma di ventaglio; origina al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, con due fasci che divergono a ventaglio, il fascio obliquo, diretto al margine anteriore del grande trocantere e il fascio verticale,verso la parte più bassa della linea intertrocanterica.
- Il legamento pubofemorale: nasce dal tratto pubico del ciglio dell’acetabolo, dall’eminenza ileo-pettinea e dalla parte laterale del ramo superiore del pube per perdersi nella capsula davanti al piccolo trocantere.
- Il legamento collaterale ulnare: è conformato a ventaglio e s’irradia dall’epitroclea al margine mediale dell’incisura semilunare.
- Il legamento largo dell’utero: è la porzione di peritoneo che portandosi lateralmente all’utero va a rivestire le tube uterine di falloppio.
Con il termine “articolazione” (in inglese “joint”) si intende invece strutture giunzionali tra capi ossei, interconnessi tramite i tessuti connettivi. A seconda della loro differente mobilità, cioè della loro escursione, possono essere di tipo:
- mobile (ad esempio l’articolazione della spalla o del ginocchio);
- semimobile (inter-vertebrale);
- fisso (ossa del cranio).
Le articolazioni sono comunemente costituite anche da legamenti a distanza o periferici. Da quanto detto si comprende qual è la differenza tra “articolazione” e “legamento”: i legamenti sono in pratica una delle componenti di una articolazione dotata di possibilità di movimento.
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Differenza tra stiramento, strappo, contrattura, distorsione e distrazione
Le lesioni muscolari sono frequenti e si rilevano soprattutto nei soggetti che praticano sport; le più frequenti lesioni muscolari sono (in ordine di gravità):
- contrattura;
- stiramento;
- distrazione;
- strappo (di I°, II° e III° grado).
Delle patologie elencate nel titolo, fa eccezione la distorsione, che non interessa i muscoli. Cominciamo proprio con questa patologia.
Cos’è una distorsione?
La distorsione è una lesione della capsula e dei legamenti, a volte con lacerazione, ma senza rottura; provoca una fuoriuscita di sangue nella sede articolare per cui si verifica gonfiore e tumefazione. Ci può essere anche dolore intenso e il movimento è bloccato. Interessa di solito la caviglia, il ginocchio e il polso, è favorita da un tono muscolare insufficiente ed è provocata da un movimento brusco che sposta l’articolazione portando temporaneamente i capi articolari al di là dei limiti fisiologici (al contrario della lussazione, dove la perdita di contatto dei due capi è permanente). E’ più frequente negli adulti che nei bambini e la sua gravità è estremamente variabile in quanto può comportare danni di varia entità alle componenti dell’articolazione: capsula, legamenti, tendini e menisco. La distorsione a carico della caviglia può portare a distorsioni recidivanti anche per tutta la vita, a causa di disfunzioni permanenti e mancanza di risposta muscolo-tendinea. In caso di distorsione è necessario mettere immediatamente l’arto in posizione sollevata, applicare una borsa del ghiaccio e rivolgersi al medico, anche per escludere la presenza di fratture.
Cosa fare in caso di distorsione?
Nella maggior parte dei casi, per risolvere una distorsione, basta riposo e fasciatura seguite a riabilitazione con esercizi e mezzi fisici (magnetoterapia, ultrasuoni…); per alcune distorsioni più gravi si ricorre ad immobilizzare con un’ingessatura come per le fratture, ma raramente si ricorre all’intervento chirurgico per ricostruire i legamenti lesionati, per evitare esiti permanenti o complicazioni come l’artrosi.
Cos’è una contrattura muscolare?
La contrattura muscolare è una delle lesioni più frequenti e consiste in una contrazione del muscolo superiore alle possibilità fisiologiche della fibra stessa. Tale contrattura produce dolore e rigidità della fibra, limitazione nella deambulazione e dolore vivo nei movimenti di contrazione muscolare. La contrattura, però, è la lesione meno grave tra le lesioni muscolari poiché non causa una rottura di fibra.
Cosa fare in caso di contrattura muscolare?
In caso di contrattura muscolare il riposo è la terapia più efficace. Per guarire da una contrattura muscolare di solito occorre una settimana di pausa. Per accelerare il recupero possiamo abbinare il riposo a massaggi decontratturanti, effettuati da fisioterapisti e a tutte quelle attività che permettono di allungare la muscolatura.
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Cos’è uno stiramento muscolare?
Questa lesione muscolare provoca un dolore acuto e improvviso, anche se spesso sopportabile. È un tipo di lesione facilmente riscontrabile in ambito sportivo ed è provocato da un allungamento eccessivo delle fibre del muscolo.
Cosa fare in caso di stiramento muscolare?
Lo stiramento muscolare generalmente guarisce nel giro di 2-3 settimane di riposo; è utile applicare impacchi di ghiaccio per i primi giorni e bendaggi compressivi. Eventualmente il medico può prescrivere una terapia antinfiammatoria ed un’ecografia può risultare utile.
Cos’è uno strappo muscolare?
Lo strappo muscolare provoca una rottura delle fibre muscolari, che è molto dolorosa e può essere più o meno seria a seconda di quante fibre vengono coinvolte. Lo strappo può riguardare qualsiasi muscolo del corpo, ma solitamente sono più soggetti a strappo i muscoli di gambe e braccia. Più raramente si ‘strappano’ i muscoli di addome e schiena. La lesione viene provocata da una eccessiva sollecitazione alle fibre muscolari, a causa di scatti o contrazioni improvvise. Gli strappi possono essere di I°, II° e III° grado a seconda del numero delle fibre coinvolte:
- Lesione di I° grado: vengono danneggiate poche fibre muscolari, il danno è localizzato a fibrille e filamenti senza perdita di continuità del muscolo; il fastidio è lieve ed i movimenti sono quasi completamente senza dolore.
- Lesione di II grado: è caratterizzata da un maggior numero di fibre muscolari lesionate: si ha l’interruzione di un certo numero di fibre muscolari senza coinvolgere una porzione macroscopicamente riconoscibile del ventre muscolare; il dolore compare ogni volta che si cerca di contrarre il muscolo.
- Lesione di III° grado: causa una vera e propria lacerazione del muscolo, si ha la rottura di un’ampia porzione del ventre muscolare con soluzione di continuo clinicamente evidente, accompagnata da un dolore molto intenso.
Cosa fare in caso di strappo muscolare?
Se si è avuto uno strappo in primo luogo è necessario sospendere subito l’attività che si sta compiendo, che sia sportiva o lavorativa. È meglio consultare subito l’ortopedico per valutare l’entità del problema. Se la lesione è lieve serve un riposo completo per un paio di settimane, associato ad impacchi freddi che esercitano una potente azione sulla circolazione sanguigna, riducendo il flusso di sangue ai vasi lesionati. Inoltre è opportuno ricorrere all’assunzione, su prescrizione medica, di antidolorifici e miorilassanti. Le indagini devono essere completate con un’ecografia e una eventuale risonanza magnetica. I casi più seri richiedono tempi di recupero maggiori e sedute di fisioterapia, come tecarterapia, laserterapia.
Cos’è una distrazione muscolare?
La distrazione muscolare (o rottura sottocutanea del muscolo) è da molti considerata come sinonimo di strappo muscolare, ma nella prima non si verifica mai la rottura delle fibre di tutto il muscolo (percentuale di rottura delle fibre inferiore al 50%) e si tratta pertanto una lesione sì di una certa importanza, ma senz’altro meno grave di uno strappo muscolare vero e proprio. Può avvenire per scatti improvvisi o improvvise e violente contrazioni muscolari e colpisce soprattutto gli sportivi.
Le sedi muscolari maggiormente coinvolte sono i muscoli lunghi degli arti inferiori (meno coinvolti sono i muscoli addominali e i dorsali), soprattutto quelli della coscia come gli adduttori, i flessori e il quadricipite oppure quelli della gamba come il tricipite surale. La lesione avviene in genere a livello delle giunzioni muscolo-tendinee, la zona fisiologicamente e meccanicamente più debole, mentre molto raramente si verifica a livello del ventre del muscolo.
Cosa fare in caso di distrazione muscolare?
Valgono le stesse raccomandazioni usate per i lievi strappi muscolari, prima elencate.
Come prevenire le lesioni muscolari ed articolari
Ci sono delle generiche accortezze, che diminuiscono il rischio di lesioni muscolari ed articolari. Certamente è importantissimo – prima dello sforzo fisico intenso – un buon riscaldamento graduale generale, e se necessario un riscaldamento più specifico. Importante anche lo stretching, per garantire elasticità a muscoli e tendini. Per prevenire le lesioni muscolari è infine importante eseguire in maniera adeguata i vari esercizi, con calma e sempre facendo attenzione al movimento che si sta effettuando ed ai carichi che si stanno usando: l’ideale è evitare il fai da te, specie se non siete sportivi esperti, e farsi seguire da un professionista, che vi guiderà nella corretta esecuzione dei singoli esercizi.
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