Con “macrocefalo” in medicina si intende un anomalo ingrossamento del cranio, che può essere già presente alla nascita o svilupparsi nei primi mesi di vita, quando la causa scatenante – generalmente un idrocefalo – si verifica prima della saldatura fisiologica delle suture craniche ed il cranio è ancora “elastico”. Malattie riguardanti l’osteogenesi del cranio possono inoltre provocare macrocefalia con diversi meccanismi, solitamente congeniti ed ereditari: le più note sono Continua a leggere
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Idrocefalo nel feto e neonatale: conseguenze e cura
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un Continua a leggere
Idrocefalo: cause, terapia, conseguenze, aspettativa di vita
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un aumento della pressione al suo interno (ipertensione intracranica) che comprime il cervello ed impedisce al sangue Continua a leggere
Differenza idrocefalo iperteso, normoteso, comunicante, ostruttivo
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un aumento della pressione al suo interno (ipertensione intracranica) che comprime il cervello ed impedisce al sangue Continua a leggere
Glaucoma: cos’è, sintomi premonitori, tipi, cure e terapia
Il glaucoma è una malattia degenerativa e progressiva che colpisce il nervo ottico, deputato alla trasmissione delle immagini dall’occhio al cervello. Il glaucoma può essere acquisito o congenito ed in generale è associato ad una pressione intraoculare elevata. Con “glaucoma” in realtà non si indica una sola patologia, bensì è un termine che raggruppa vari tipi di patologie: glaucoma ad angolo chiuso e ad angolo aperto, glaucoma a pressione normale e glaucoma pigmentario. Tutte queste forme hanno come denominatore comune il progressivo danno al nervo ottico e – se non trattate – possono portare a cecità permanente.
Cause del glaucoma
Per comprendere le cause di glaucoma, è necessario un breve ripasso sulla fisiologia dell’occhio. L’umor acqueo è un particolare liquido presente nell’occhio che viene continuamente prodotto e riassorbito, il che permette di mantenere una pressione stabile e fisiologica nel bulbo oculare. In condizioni normali questo ciclo continuo di produzione e riassorbimento consente di mantenere sempre una pressione positiva all’interno dell’occhio, indispensabile per garantire le corrette condizioni adatte ai processi di rifrazione e per rendere ottimale la visione: la pressione intraoculare favorisce infatti il mantenimento della corretta forma del bulbo oculare e protegge quest’ultimo da alcune deformazioni che potrebbero essere causate dalle palpebre, dai muscoli oculari o da altre strutture limitrofe. Se il normale circolo dell’umor acqueo viene ad essere alterato per una qualche ragione, la pressione intraoculare può salire oltre il normale valore di 21 mmHg e rappresentare un rischio per la vista del soggetto, dal momento che può danneggiare il nervo ottico e determinare appunto il glaucoma.
Altri fattori di rischio per il glaucoma
Oltre all’ipertensione oculare, esistono altri fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di soffrire di glaucoma:
- Età avanzata: la frequenza della malattia nella popolazione aumenta sensibilmente dopo i 40 anni di età e non si avvertono differenze tra un sesso e l’altro. È fortemente consigliato effettuare una visita oculistica dopo i 40 anni. Prima per i soggetti con familiarità o altri fattori di rischio. Oltre i 60 anni il rischio di glaucoma è doppio, oltre i 70 anni aumenta fino a cinque volte.
- Familiarità: chi ha un parente di primo grado affetto dalla malattia, come ad esempio un genitore, corre un rischio da 4 a 10 volte maggiore di manifestarla. Sono stati già individuati alcuni geni sicuramente legati alla comparsa del glaucoma.
- Fattori sistemici: pazienti affetti da malattie croniche sistemiche come il diabete o ipertensione sistemica hanno più possibilità di sviluppare il glaucoma.
- Stile di vita: vita sedentaria, scarsa attività fisica, fumo di sigaretta, dieta ricca di cibi grassi e povera di vitamine e minerali, disidratazione, sono tutti fattori di rischio per il glaucoma.
Ipotesi eziopatologiche
Pur essendo ormai certo il ruolo dell’ipertensione intraoculare nel danneggiare il nervo ottico e determinare glaucoma, negli anni sono state proposte varie ipotesi relative a questa patologia:
- Ipotesi meccanica: il danno glaucomatoso è una diretta conseguenza dell’ipertensione oculare. Si ha una diminuzione del deflusso dell’umor acqueo con conseguente modificazione della lamina cribrosa, blocco del flusso assoplasmatico e danno del soma della cellula gangliare.
- Ipotesi meccanico-vascolare: l’ipertensione causa la compressione dei piccoli vasi della porzione laminare della testa del nervo ottico e dei vasi coroideali da cui originano scatenando ischemia con sofferenza e distruzione del tessuto nervoso.
- Ipotesi danno primitivo neurodegenerativo: esiste anche un’ipotesi inerente ad un danno primitivo neurodegenerativo delle cellule ganglionari, questo vale per il glaucoma ad angolo aperto, soprattutto nei casi dove la pressione non è poi così alta. La compromissione si pensa quindi sia dovuta ad un danno iniziale di tipo neurologico come si ha ad esempio nella malattia di Alzheimer.
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- Pressione oculare alta: cause, glaucoma, rimedi e terapie
Glaucoma primario e secondario
Nel glaucoma primario – per ragioni ancora sconosciute – l’aumento del tono oculare è provocato da una produzione di umore acqueo superiore al normale oppure più facilmente dall’ostruzione delle vie di deflusso. Nei casi in cui il glaucoma fosse provocato invece da affezioni oculari in evoluzione, traumi o prolungata terapia con farmaci cortisonici si parla di glaucoma secondario.
Glaucoma primitivo
Ci sono diverse specie di glaucoma primitivo:
- glaucoma congenito;
- glaucoma ad angolo di filtrazione aperto;
- glaucoma cronico semplice;
- glaucoma giovanile;
- glaucoma da cortisone;
- glaucoma pigmentario;
- glaucoma esfoliativo;
- glaucoma ad angolo di filtrazione chiuso;
- glaucoma acuto;
- glaucoma subacuto;
- glaucoma cronico;
- glaucoma assoluto.
Glaucoma secondario
- glaucoma secondario ad uso di steroidi;
- glaucoma secondario ad episclerite/uveite;
- glaucoma secondario facogenetico;
- glaucoma secondario a lussazione del cristallino;
- glaucoma secondario afachico;
- glaucoma secondario neovascolare;
- glaucoma secondario a neoplasie.
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Sintomi iniziali e tardivi di glaucoma e di ipertensione oculare
L’ipertensione intraoculare, che rappresenta il primo “step” della malattia, è subdola perché risulta spesso asintomatica, cioè non determina alcun segno o sintomo, come dolore o altro, specie nelle fasi iniziali e se l’alterazione è di pochi mmHg oltre il limite dei 21 fisiologici: basti pensare che addirittura il 50% dei malati di glaucoma attualmente non sa di avere la malattia. Nelle fasi avanzate l’ipertensione oculare potrebbe invece determinare la comparsa di alcuni sintomi relativi al glaucoma, come:
- comparsa di aloni;
- buftalmo;
- dolore oculare;
- fotofobia;
- occhi arrossati;
- restringimento del campo visivo;
- riduzione della vista.
Il glaucoma conclamato determina un progressivo peggioramento del campo visivo, che, al contrario di altre patologie oculari come la maculopatia, avviene a partire dalle zone più periferiche fino alla parte centrale, a seconda dell’entità del danno che il nervo ottico ha subito. Gli scotomi (zone cieche) vengono notati solo quando diventano estesi ed il danno al nervo ottico è già considerevole. Per questo motivo è fondamentale scoprire il glaucoma in tempo.
Diagnosi di glaucoma
Pur essendo un importante indizio di glaucoma, la pressione intraoculare più elevata del normale (misurata con un tonometro ad applanazione di Goldmann o con un tonometro a soffio), non giustifica necessariamente la diagnosi di glaucoma: esistono infatti molti casi di ipertensione oculare che non determinano la patologia in questione. Lo stato della papilla ottica (testa del nervo ottico) e lo studio del campo visivo potrebbero evidenziare o meno danni al nervo ottico e sciogliere ogni eventuale dubbio, di conseguenza la mera misurazione della pressione intraoculare è da sola completamente insufficiente a definire una diagnosi certa di tale patologia. Esistono esami specifici (GDX-OCT e RTA-TALIA) che aiutano a diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali, quando la malattia è sicuramente più controllabile e gestibile. L’esame OCT del nervo ottico fornisce informazioni prevalentemente sulla morfologia della papilla ottica, mentre l’esame GDX mostra la funzionalità delle fibre nervose. Gli esami elettrofunzionali, come i potenziali evocati visivi (PEV) e l’elettroretinogramma (ERG), misurano la risposta di un nervo ottico a uno stimolo sensoriale a differenti frequenze d’onda. Entrambi prevedono una variazione di contrasto e luminanza costante, ottenuta attraverso uno stimolo pattern a scacchi o a griglia sinusoidale, verticale od orizzontale. Un altro esame importante è la gonioscopia, ovvero lo studio del cosiddetto angolo iridocorneale, quella struttura responsabile del deflusso dell’umore acqueo dall’occhio. La gonioscopia viene eseguita dal medico oculista dopo instillazione di collirio anestetico e mediante lenti apposite (a contatto).
Per approfondire le tecniche diagnostiche, leggi anche:
- esame dell’acuità visiva (esame della vista);
- esame del campo visivo;
- esame del fondo oculare;
- tomografia ottica computerizzata (OCT);
- esame alla lampada a fessura (o biomicroscopia);
- retinografia tradizionale e a fluorescenza;
- autorefrattometria;
- fluorangiografia retinica;
- potenziali evocati visivi;
- elettrooculografia (EOG);
- elettroretinografia (ERG);
- ecografia oculare;
- tavole di Ishihara;
- tonometria.
Terapia del glaucoma
Le aree del campo visivo perse a causa dei danni provocati al nervo ottico non possono essere recuperate con nessuna terapia attualmente: le cure hanno funzione esclusivamente conservativa o preventiva nei confronti di un ulteriore danno della visione ed evitare la perdita della vista completa e permanente. Tutte le terapie attuali hanno fondamentalmente lo scopo di abbassare la pressione intraoculare facilitando il deflusso dell’umor acqueo in vari modi, ad esempio rimuovendo una eventuale ostruzione al suo circolo.
Terapia chirurgica
La terapia del glaucoma ha vari tipi di approcci, sia medici che chirurgici come l’intervento al laser o la scleroplastica. La prima metodica è la più diffusa, mentre la seconda è tendenzialmente adottata solo per i casi più gravi. La trabeculoplastica selettiva (SLT-Selective Laser Trabeculoplasty) sembrerebbe dare i migliori risultati nei pazienti non ancora sottoposti a trattamento farmacologico. Di solito la terapia farmacologica è incentrata sulla somministrazione di appositi colliri mentre l’intervento consiste in una trabeculectomia (letteralmente: “taglio del trabecolato”, che è il canale di fuoriuscita dell’umor acqueo). L’utilità della parachirurgica è limitata a pochi casi mentre l’SLT è indicata in tutti i casi di glaucoma ad angolo aperto.
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- Iridectomia: cos’è, come si esegue, rischi e convalescenza
- Iridotomia con laser: convalescenza, conseguenze, rischi, costo
- Trabeculectomia: convalescenza, complicanze, rischi, recupero
Terapia medica
La terapia medica attuale è basata essenzialmente sull’uso di colliri che hanno la funzione di ridurre la produzione di umor acqueo o aumentarne l’eliminazione; il capostipite è stata la pilocarpina che per circa un secolo è rimasta l’unico presidio possibile, ma oggi è poco usato a causa di alcuni fastidiosi effetti collaterali. Attualmente sono usati maggiormente i betabloccanti, gli inibitori dell’anidrasi carbonica (fra cui l’acetazolamide e la diclofenamide), gli alfa stimolanti e le prostaglandine con il capostipite latanoprost. In alcuni casi si è assistito alla riduzione della pressione oculare con la marijuana e la cocaina, droghe il cui uso terapeutico è ancora considerato illegale per questa patologia.
Utili consigli per diminuire la pressione intraoculare ed abbassare il rischio di glaucoma e di sua progressione sono lo svolgere periodicamente attività fisica, smettere di fumare, assumere molta acqua durante il giorno, alimentarsi con una dieta ricca di vitamine e minerali e povera di grassi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Pressione oculare alta: cause, glaucoma, rimedi e terapie
Con “pressione intraoculare” o più semplicemente “pressione oculare” si intende la pressione fisiologicamente presente all’interno degli occhi, determinata dall’equilibrio tra la produzione di liquido prodotto all’interno dell’occhio, chiamato umor acqueo, ed il suo ricambio: più liquido c’è nel bulbo oculare e più alto è il valore della pressione. L’umor acqueo viene infatti continuamente prodotto e riassorbito, il che permette di mantenere una pressione stabile e fisiologica.
Se il normale circolo dell’umor acqueo viene ad essere alterato per una qualche ragione, la pressione intraoculare può salire oltre il valore normale di 21 mmHg e ciò può rappresentare un rischio per la vista del soggetto. Quando la pressione oculare è troppo elevata si parla di “ipertensione oculare“, una condizione spesso asintomatica che – se non trattata – può portare al glaucoma, una malattia che può provocare cecità a causa di danni al nervo ottico. Spesso i medici consigliano di seguire un’apposita terapia con i farmaci quando la pressione intraoculare sale oltre i 28 mmHg, a causa del rischio elevato di un danneggiamento del nervo ottico.
Ecco alcuni consigli e terapie usati per abbassare la pressione intraoculare e diminuire il rischio di glaucoma:
Smetti di fumare
Il fumo è un fattore di rischio per qualsiasi patologia esistente, anche per il glaucoma: smettere di fumare è un’ottima idea non solo per prevenire il glaucoma, ma per migliorare la tua salute in generale.
Riduci i livelli di insulina
Le persone obese, diabetiche o con la pressione arteriosa alta, spesso sono resistenti all’insulina, cosa che innesca una maggior produzione di questo ormone. Gli alti livelli insulinici sono stati correlati all’ipertensione oculare. Per risolvere il problema, si consiglia ai pazienti di evitare alcuni cibi che possono innescare un picco improvviso di insulina. Questi sono gli zuccheri, i cereali (anche quelli integrali e biologici), il pane, la pasta, il riso e le patate.
Fai attività fisica
L’attività fisica regolare come la ginnastica aerobica, la corsa, la camminata veloce, il ciclismo e gli allenamenti di forza ti permettono di abbassare il livello di insulina, proteggendo quindi anche gli occhi dalla pressione alta.
L’insulina è un ormone che permette il passaggio dello zucchero presente nel sangue (glucosio) verso le cellule che lo usano come fonte di energia. Se consumi questa energia con l’allenamento, la glicemia si riduce e di conseguenza i livelli di insulina. Se l’insulina è bassa, allora non c’è l’iperstimolazione del sistema nervoso simpatico dell’occhio e quindi non aumenta la pressione intraoculare.
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Integratori alimentari di omega-3
L’acido docosaesaenoico (DHA) è un tipo di omega-3 che mantiene una sana funzionalità renale e previene l’aumento della pressione nell’occhio. Il DHA e gli altri omega-3 si trovano nei pesci grassi di acqua fredda come il salmone, il tonno, le sardine, l’aringa e i molluschi. Per aumentare l’apporto di DHA, cerca di mangiare due o tre porzioni di questi pesci ogni settimana. In alternativa, puoi aumentare l’assunzione di omega-3 prendendo delle capsule di olio di pesce o degli integratori a base di alghe. Per ottenere dei buoni risultati prendi capsule standard di olio di pesce da 3000-4000 mg al giorno oppure scegli gli integratori a base d’alga con un dosaggio di 200 mg al giorno.
Mangia più cibi ricchi di luteina e zeaxantina
Entrambe sono caroteni che svolgono una funzione antiossidante proteggendo l’organismo dai radicali liberi. Questi ultimi indeboliscono le difese immunitarie, con conseguente propensione alle infezioni e danni al nervo ottico.
La luteina e la zeaxantina contribuiscono ad abbassare la pressione intraoculare riducendo il danno di ossidazione attorno al nervo ottico; questo dettaglio è molto importante, perché ogni lesione al nervo ottico aumenta la pressione oculare.
I cibi che contengono molta luteina e zeaxantina sono i cavoli, gli spinaci, il cavolo nero, i cavoletti di Bruxelles, i broccoli e i tuorli crudi d’uovo. Dovresti incorporare uno di questi alimenti in ogni pasto principale del giorno.
Mangia più alimenti antiossidanti
I frutti di bosco dal colore scuro, come i mirtilli e le more, migliorano la salute oculare nel suo complesso, rinforzando i capillari che trasportano i nutrienti ai nervi e muscoli. Questo perché le bacche scure contengono antiossidanti che rafforzano i vasi sanguigni, riducendo le possibilità di emorragia e lesioni. Cerca di mangiare almeno una porzione di frutti di bosco scuri una volta al giorno. L’acido lipoico (ALA) è un antiossidante che si utilizza per prevenire e trattare molti disturbi dell’occhio, fra cui il glaucoma e l’ipertensione. Il dosaggio standard è di 75 mg due volte al giorno.
I mirtilli vengono utilizzati per migliorare l’acutezza visiva e combattere le malattie oculari degenerative, ipertensione inclusa. Uno studio condotto su un particolare prodotto che contiene mirtilli e pycnogenolo (un estratto della corteccia di pino) ha riscontrato che questi elementi sono in grado di abbassare la pressione intraoculare.
L’estratto di vinaccioli è un antiossidante che si è dimostrato efficace per abbassare lo stress oculare dovuto alla fissazione. In genere viene utilizzato per migliorare la visione notturna e combattere i segni dell’invecchiamento.
Trattamenti chirurgici
Se l’ipertensione persiste, arriva a danneggiare il nervo ottico innescando una condizione patologica chiamata glaucoma. Con il tempo, il glaucoma porta alla cecità. Solitamente questa malattia viene trattata con una combinazione di colliri e farmaci per via orale. Tuttavia, se queste cure non portano ai risultati sperati, è necessario ricorrere alla sala operatoria per abbassare la pressione intraoculare. L’obiettivo dell’intervento è quello di migliorare il flusso di umor acqueo all’interno dell’occhio e, di conseguenza, abbassare la pressione. A volte una sola operazione non è sufficiente per portare la pressione a livelli normali e trattare il glaucoma. In questi casi è necessario un secondo intervento di ritocco.
Esistono diverse procedure che vengono messe in atto in base alla gravità della situazione.
Impianti drenanti
Questi dispositivi vengono utilizzati per trattare l’ipertensione intraoculare nei bambini e pazienti con glaucoma in fase avanzata. Durante la procedura, il chirurgo inserisce un piccolo tubicino nell’occhio per agevolare il deflusso del liquido intraoculare e, di conseguenza, ridurre la pressione.
Chirurgia laser
La trabeculoplastica è una procedura che sfrutta un fascio laser ad alta intensità per aprire i canali di drenaggio otturati all’interno dell’occhio, permettendo all’umor acqueo di defluire. Dopo l’intervento, il paziente si sottopone a controlli periodici, per essere certi che la procedura abbia avuto successo. Un’altra procedura viene chiamata iridotomia. Questo tipo di laser viene utilizzato nelle persone con angoli di drenaggio chiusi. Il chirurgo pratica un piccolo foro nella parte superiore dell’iride per permettere al fluido di scorrere. Se l’iridotomia laser non funziona, allora si passa a un’iridotomia periferica. Questa procedura prevede la rimozione di una piccola parte dell’iride per migliorare il drenaggio dell’umor acqueo. Si tratta di un intervento piuttosto raro.
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Pressione oculare: come si misura e quali sono i valori normali
Con “pressione intraoculare” o più semplicemente “pressione oculare” (in inglese “intraocular pressure” da cui l’acronimo “IOP”) si intende la pressione fisiologicamente presente all’interno degli occhi, determinata dall’equilibrio tra la produzione di liquido prodotto all’interno dell’occhio, chiamato umor acqueo, ed il suo ricambio: più liquido c’è nel bulbo oculare e più alto è il valore della pressione.
Fisiologia del movimento dell’umor acqueo
L’umor acqueo viene continuamente prodotto e riassorbito, il che permette di mantenere una pressione stabile e fisiologica:
- viene prodotto da una parte del corpo ciliare (dietro l’iride) e circola attraverso la camera posteriore dell’occhio, passando attraverso il foro della pupilla ed arrivando nella camera anteriore dell’occhio;
- viene riassorbito da un’altra zona anatomica chiamata trabecolato sclerocorneale, che si trova nell’angolo della camera anteriore dell’occhio.
In condizioni normali questo ciclo continuo di produzione e riassorbimento consente di mantenere sempre una pressione positiva all’interno dell’occhio, indispensabile per garantire le corrette condizioni adatte ai processi di rifrazione e per rendere ottimale la visione: la pressione intraoculare favorisce infatti il mantenimento della corretta forma del bulbo oculare e protegge quest’ultimo da alcune deformazioni che potrebbero essere causate dalle palpebre, dai muscoli oculari o da altre strutture limitrofe. Se il normale circolo dell’umor acqueo viene ad essere alterato per una qualche ragione, la pressione intraoculare può salire oltre il normale e rappresentare un rischio per la vista del soggetto.
Pressione intraoculare: valori normali
Il valore della pressione interna dell’occhio come quelli della pressione arteriosa, si misurano in millimetri di mercurio (mmHg). La pressione intraoculare normale è compresa tra 10 e 21 mmHg.
Pressione intraoculare alta: a cosa può portare?
Quando la pressione oculare è al di sopra dei 21 mmHg, si parla di “ipertensione oculare“, una condizione che – se non trattata – può portare al glaucoma, una malattia che può provocare cecità a causa di danni al nervo ottico. La pressione oculare elevata non porta però necessariamente a glaucoma: esistono infatti molti casi di ipertensione oculare innocua. Per approfondire, leggi anche:
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Ipertensione oculare: quali sono i sintomi?
L’ipertensione intraoculare è subdola perché risulta spesso asintomatica, cioè non determina alcun segno o sintomo, come dolore o altro, specie nelle fasi iniziali e se l’alterazione è di pochi mmHg. Nelle fasi avanzate l’ipertensione oculare potrebbe invece determinare la comparsa di alcuni sintomi relativi al glaucoma, come:
- comparsa di aloni;
- buftalmo;
- dolore oculare;
- fotofobia;
- occhi arrossati;
- restringimento del campo visivo;
- riduzione della vista.
Come si misura la pressione intraoculare?
Esistono diversi metodi per la sua misurazione, che rientrano nell’ampio gruppo di tecniche diagnostiche chiamate “tonometrie”. Alcuni esempi sono:
- tonometria ad applanazione;
- tonometria Goldmann;
- tonometria di rimbalzo;
- pneumotonometria;
- tonometria ad indentazione;
- tonometria non-corneale e transpalpebrale;
- tonometria digitale;
- tomografia a coerenza ottica;
- tonometria dinamica a contorno;
- tonometria senza contatto;
- analizzatore di risposta oculare;
- tonometria ad indentazione elettronica.
Attualmente lo strumento più diffuso negli ospedali è il tonometro ad applanazione di Goldmann, mentre per gli screening di massa la tecnologia più diffusa è il tonometro a soffio (anche chiamata “senza contatto” o “a getto d’aria”), che non richiede contatto con la cornea perché si impiega un piccolo getto di aria compressa, anche se è importante ricordare che la tonometria a soffio non è così attendibile e accurata come quella per applanazione.
La tonometria per applanazione rappresenta il “gold standard” per la misurazione della pressione intraoculare a livello mondiale, e può essere eseguita solo dal medico oculista in quanto prevede l’instillazione di collirio anestetico nell’occhio e il contatto dello strumento con la superficie oculare. Oggi si ritiene fondamentale, per una corretta valutazione della IOP, affiancare alla lettura della pressione introculare i dati relativi allo spessore centrale medio della cornea (pachimetria centrale), in quanto una cornea più “spessa” del normale necessita di una forza maggiore per essere applanata dal tonometro, con conseguente lettura sovrastimata della IOP.
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Come, dove e quando si misura la frequenza cardiaca?
Cos’è la frequenza cardiaca?
La frequenza cardiaca corrisponde al numero di battiti del cuore al minuto e si misura in “bpm”, cioè “battiti per minuto“. In italiano spesso si usa l’acronimo “Fc” per indicarla, mentre in inglese viene usato “Hr” (heart rate). Insieme alla temperatura corporea, la pressione sanguigna ed il ritmo respiratorio, la frequenza cardiaca è una delle funzioni vitali dell’essere umano e sue alterazioni possono compromettere il funzionamento normale dell’organismo, per tale motivo la sua misurazione è uno dei dati più importanti sia durante una normale visita medica di routine, sia – a maggior ragione – nelle emergenze, quando possono verificarsi arresti cardiaci. La frequenza cardiaca può essere misurata anche da personale non sanitario, in modo semplice e sicuro, con due metodi fondamentali: usando particolari strumenti elettronici o a mano.
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Con quali strumento si misura automaticamente la frequenza cardiaca?
La frequenza cardiaca può essere misurata facilmente con uno strumento chiamato “cardiofrequenzimetro“, molto utile in vari ambiti oltre quello medico, ad esempio quello sportivo. Un ottimo cardiofrequenzimetro, perfetto anche per il fitness, è questo: http://amzn.to/2DBxIZq
Anche i moderni pulsiossimetri (anche chiamati ossimetri o saturimetri) oltre alla quantità di emoglobina legata nel sangue, restituiscono anche il valore della frequenza cardiaca. Un esempio di pulsiossimetro è questo: http://amzn.to/2DtGJQ6
Come misurare la frequenza cardiaca “a mano”?
Anche se non si dispone di un cardiofrequenzimetro o di un saturimetro, è comunque misurare la frequenza dei battiti cardiaci “a mano”.
Si devono contare i battiti avvertiti per un minuto intero, annotandoli su un taccuino se necessario per poterli eventualmente confrontare o per riferirli al proprio medico.
Se la frequenza cardiaca deve essere ottenuta rapidamente si possono contare i battiti per 15 secondi e poi moltiplicarli per 4, anche se ciò potrebbe determinare una misurazione lievemente meno attendibile.
Dove si misura la frequenza cardiaca?
La frequenza cardiaca può essere misurata palpando con uno o due dita l’arteria radiale (al polso), vedi foto in basso:
oppure palpando l’arteria carotide (sul collo), vedi foto in basso:
La pressione applicata dev’essere leggera soprattutto in corrispondenza della carotide, ma abbastanza elevata per avvertire chiaramente la frequenza. Un polso “debole” può essere più difficile da misurare da personale non sanitario.
Auscultazione e polso apicale
L’auscultazione, cioè l’ascolto dei battiti cardiaci per mezzo di uno stetoscopio o di un fonendoscopio posato sul petto, è un metodo di misurazione certamente più efficace (così come l’elettrocardiogramma) ma sarà ovviamente il medico a metterlo in pratica. Tramite stetoscopio il medico effettuerà la misurazione del “polso apicale” situato in corrispondenza del quinto spazio intercostale emiclaveare sinistro; la sua auscultazione permette di percepire i primi due suoni cardiaci (S1 e S2). Per approfondire, leggi i nostri articoli sulla semeiotica del cuore:
- Esame obiettivo cardiovascolare: guida completa all’esecuzione
- Semeiotica del cuore: i focolai di auscultazione cardiaca
- Semeiotica del cuore: i 4 toni cardiaci ed i toni aggiunti
- Semeiotica del cuore: i soffi cardiaci sistolici e diastolici
Quando misurare la frequenza cardiaca e cosa può influire su di essa?
Il rilevamento della frequenza cardiaca può essere effettuato in qualsiasi momento della giornata, tuttavia, per fare un corretto raffronto, sarebbe bene misurarla sempre nello stesso orario e nelle stesse condizioni. E’ preferibile effettuare la misurazione la mattina, appena alzati e dopo essere rimasti a sedere per qualche minuto (lasciar passare almeno un quarto d’ora dall’ultimo sforzo effettuato). E’ inoltre preferibile misurare la frequenza cardiaca lontano dai pasti, dall’assunzione di caffè e dall’aver fumato una sigaretta (è preferibile lasciar passare almeno mezz’ora da caffè e sigaretta). E’ importante anche ricordare che una forte emozione, uno stress o l’uso di droghe, potrebbe aumentare i battiti cardiaci. Infine un soggetto temporaneamente ipoteso (ad esempio a causa del caldo) potrebbe avere a riposo un aumento compensatorio della frequenza cardiaca, mentre uno sportivo potrebbe avere una frequenza apparentemente troppo bassa, ma normale a causa dell’elevato allenamento.
Cos’è il “deficit di polso”?
In medicina il “deficit di polso” è la differenza della frequenza cardiaca rilevata dal polso radiale (sul polso) rispetto a quella rilevata dal polso apicale (sul petto nel quinto spazio intercostale emiclaveare sinistro).
Frequenza cardiaca: valori normali a riposo in neonati, bambini ed adulti
A riposo la frequenza cardiaca di un essere umano adulto è di circa 70 bpm nell’uomo e di circa 75 bpm nelle donne, mentre nei neonati la frequenza a riposo è di circa 100-180 bpm.
Età | Frequenza cardiaca normale a riposo |
---|---|
Neonati | da 90 a 180 |
Bambini | da 80 a 100 |
Adolescenti | da 70 a 120 |
Adulti | da 60 a 90 |
Valori al di sotto di questi range di valori possono determinare una bradicardia che determina ridotto afflusso sanguigno agli organi vitali, tra cui il cervello (particolarmente “avido” di nutrimento sanguigno) e determinare sincope (cioè uno svenimento con perdita di sensi e caduta per perdita di tono posturale).
Frequenze cardiache al di sopra di questi range possono essere raggiunti anche da individui sani, quando compiono uno sforzo. I valori massimi possibili, raggiunti (salvo patologie) quando il soggetto è sottoposto a sforzo elevato e prolungato, variano da persona a persona in funzione dell’età, dello stato di salute generale e dell’allenamento (un giovane sportivo sano gestisce frequenze cardiache elevate più facilmente di un sedentario anziano con patologie).
Bradicardia nell’adulto | < 60 battiti al minuto |
---|---|
Normale nell’adulto | 60-90 battiti al minuto |
Tachicardia nell’adulto | > 90 battiti al minuto |
Per approfondire:
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- Extrasistole: a riposo, ansia, sono pericolose, cure e gravidanza
- Bradicardia: sintomi, conseguenze, rimedi, notturna e grave
Valori massimi possibili
Il cuore sotto sforzo aumenta la sua frequenza fino a un valore massimo. Tale valore può essere determinato in modo diretto solo mediante una specifica prova sotto sforzo. In alternativa alla misura diretta, la frequenza cardiaca massima può essere stimata con la formula di Cooper:
- FC_max = 220 – età,
oppure con una formula più precisa (Tanaka H, Monahan, Seals), secondo cui:
- FC_max = 208 – (0,7 × età).
La frequenza cardiaca massima è correlata ad altri parametri come la gittata sistolica, e la quantità massima di ossigeno che un individuo può utilizzare nell’unità di tempo. I valori massimi sono in riferimento ad attività continuative, potendosi reggere il carico massimo per un tempo indicativo di 10 minuti, che si riduce sensibilmente da persona a persona.
Patologie del ritmo cardiaco
Le irregolarità del battito cardiaco (aritmie) sono numerose: come già prima accennato, se la frequenza cardiaca è più alta della norma, si parla di tachicardia, se più bassa di bradicardia; sia tachicardia che bradicardia possono essere sia normali che patologiche.
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