La sindrome della fase di sonno ritardata appartiene al gruppo dei disordini del ritmo circadiano sonno-veglia ed è caratterizzata da un cronico spostamento del periodo di sonno verso le ore del mattino con conseguente difficoltà o impossibilità di ottemperare agli impegni sociali (scuola, lavoro…). In parole semplici il paziente tende ad addormentarsi più tardi del normale pur dovendosi svegliare la mattina ai soliti orari per dover andare a scuola, all’università o al lavoro o per svolgere i propri impieghi abituali: ne risulta che le ore di sonno notturno saranno insufficienti e – se questi ritmi anomali vengono forzatamente mantenuti a lungo – ne deriva sonnolenza diurna e successivo tentativo di recupero del sonno nei giorni festivi, che però non compensa le perdite di sonno totali settimanali.
Il risultato globale è una diminuzione anche marcata delle proprie performance nello studio e nel lavoro (specie nelle ore mattutine), senza considerare che la situazione può diventare talmente grave da determinare addormentamenti improvvisi che possono essere molto pericolosi e addirittura fatali, ad esempio mentre si guida e soprattutto se si svolge una professione in cui mantenere un alto livello di attenzione è di primaria importanza.
La sindrome della fase di sonno ritardata si instaura più frequentemente nell’adolescenza e può durare mesi o decadi. La sindrome è indicata anche con l’acronimo DSPS derivato dalle iniziali della dizione inglese: delayed sleep phase syndrome; in essa sono compresi anche molti casi dei così detti «cattivi dormitori» definiti «gufi».
Sindrome della fase di sonno anticipata
La sindrome della fase di sonno ritardata è fondamentalmente l’opposto della sindrome della fase di sonno anticipata, in cui ci si addormenta più presto del normale e ci si sveglia troppo presto. La sindrome della fase di sonno ritardata è più frequente della sindrome della fase di sonno ritardata.
Esordio
Come già prima anticipato, la DSPS inizia più frequentemente nell’adolescenza colpendo circa il 7 dei soggetti indipendentemente dal sesso. Più raramente inizia prima di tale periodo. Quando inizia dopo, in circa il 50% si associa a sindromi psicopatologiche o ad abuso di alcol e/o uso errato di farmaci sedativi-ipnotici. La dipendenza da queste sostanze è comunque spesso conseguenza dei tentativi di modificare il ritardo di inizio del sonno.
Sintomi e segni
Il disturbo più frequentemente lamentato da questi pazienti consiste nella difficoltà di rispettare, al mattino, gli orari richiesti dai comuni impegni sociali; non è però difficile documentare che i pazienti hanno anche difficoltà a prendere sonno. Inoltre un diario più preciso delle loro abitudini al sonno dimostra un quadro caratterizzato da:
- un orario di inizio del sonno incoercibilmente ritardato rispetto alle regole sociali, di solito costante e che si aggira intorno alle 2 del mattino, ora locale;
- inefficacia dell’ora alla quale il soggetto si corica rispetto a quella in cui inizia realmente il sonno;
- assenza di difficoltà a mantenere il sonno, una volta iniziato (quasi totale mancanza di risvegli).
Se al paziente non è consentito di dormire quanto vuole, al mattino, la durata del suo sonno scende a 2-5 ore nelle 24 durante i giorni feriali, mentre si prolunga sino a 9-14 ore in quelli festivi, in assenza di risveglio forzato. Nei giorni in cui questo si verifica, ricorre ed è lamentata sonnolenza diurna, specie nella tarda mattinata e nelle prime ore del
pomeriggio. Evidentemente la sonnolenza è conseguenza della privazione del sonno, ma anche dello spostamento della «notte endogena» che in questi soggetti cade appunto nella mattinata e nel primo pomeriggio.
Gli adolescenti e i giovani affetti da fase di sonno ritardata spesso vengono considerati da genitori e insegnanti come soggetti pigri, se non addirittura mentalmente disturbati. In realtà, in assenza di altri sintomi psicopatologici, le maggiori conseguenze sono omissioni o disfunzioni nell’ambito degli impegni occupazionali, scolastici, lavorativi e sociali. Il rendimento è compromesso da assenteismo, frequenti ritardi e sonnolenza.
La DSPS può coincidere con l’inizio di una sindrome psichiatrica maggiore, quale un episodio della ciclotimia bipolare, una depressione o un episodio di scompenso schizofrenico. Di solito in questi casi la DSPS è transitoria e decorre in parallelo a quella psichiatrica. Se persiste oltre, facilmente preesisteva ed è stata smascherata dalla sindrome psichiatrica. Spesso la DSPS si associa a sindromi psicopatologiche minori.
Quadro polisonnografico
La caratteristica fondamentale è una lunga latenza di inizio del sonno (superiore a 30 min), anche quando la registrazione viene eseguita nell’orario di sonno abituale al soggetto. Il sonno di solito non è interrotto da risvegli. Se la DSPS non è complicata da disturbi psichiatrici o da dipendenza da alcol e/o sedativi, l’architettura del sonno è normale e senza disturbi indicativi di altri problemi clinici (apnee, movimenti periodici degli arti…).
Esami di laboratorio
Non esistono documentazioni su modificazioni bioumorali caratteristiche della sindrome. Il monitoraggio della temperatura corporea in un gruppo di soggetti con DSPS, lasciati dormire secondo il proprio orario, ha dimostrato che i valori assoluti giornalieri bassi della loro temperatura corporea cadono durante o dopo la fase medio-bassa (punto medio della porzione del ritmo al di sotto della media), mentre in un gruppo di soggetti normali di ugual sesso e pari età lo stesso valore assoluto basso cade prima o dopo la fase
medio-bassa della curva termica. Ciò induce a ritenere che nella DSPS I’intero sistema circadiano è fase-ritardato rispetto all’orario solare.
Evoluzione
È tendenzialmente cronica, tuttavia con possibilità di recupero in pazienti motivati e a seguito di corretto trattamento con supporto familiare. I casi ad evoluzione cronica sono più spesso quelli con associati disordini psichici di varia natura ed entità. In soggetti
schizoidi, ad esempio, è difficile stabilire se la sindrome è primaria o dipendente dal loro atteggiamento oppositivo agli schemi sociali. La stessa difficoltà può esistere anche in alcuni casi di schizofrenia.
Fisiopatogenesi
Con riferimento ai concetti espressi nell’introduzione di questo capitolo, la DSPS viene ritenuta conseguenza di una debole capacità di avanzamento di fase del ritmo circadiano sonno-veglia in risposta alle richieste temporali dell’ambiente. In altri termini, situazioni transitorie di ritardo del sonno, imposte ad esempio da necessità di studio o altro, normalmente superate in breve tempo, pongono invece in questi casi problemi più seri data la loro debole capacità di riaggiustamento del ciclo stabilitosi con la DSPS.
Diagnosi differenziale
In primo luogo è necessario distinguere i casi con ritardo transitorio del periodo di sonno da vere DSPS. Un test efficace è quello di sottoporre il soggetto ad un periodo con risvegli mattutini coatti di 10 giorni. Se dopo tale periodo il soggetto riferisce di essersi adattato al nuovo orario verosimilmente non si tratta di una vera DSPS. Un secondo problema è quello dell’associazione di sindromi psicopatologiche, talora non gravi e non così manifeste, ma tali da rendere la DSPS resistente al trattamento. Infine i casi diventano ancor più difficili nella diagnosi, nel trattamento e nella prognosi se si
associano dipendenza da alcol e/o sedativi. Queste ultime sindromi, a loro volta, possono essere causa, ma anche effetto di una DSPS. Ovviamente la diagnosi è premessa indispensabile per un trattamento corretto e per una prognosi valida.
Terapie non farmacologiche
La cura specifica è la cronoterapia, che consiste nel ritardare di 3 ore il momento di
andare a letto e ugualmente l’orario del risveglio al mattino seguito da immediato abbandono del letto. Così procedendo, si raggiunge l’orario desiderato in rapporto agli impegni sociali del paziente. Tale orario è raggiunto di solito in 5-7 giorni, ma ovviamente la fase iniziale del trattamento deve essere rinforzata da un periodo più lungo (in genere 27 giorni) durante il quale il controllo dell’orario è strettamente controllato e mantenuto. Non è consentito di derogare nemmeno un giorno a rischio di ricadere nella sindrome. Per approfondire: Cronoterapia nel trattamento non farmacologico dell’insonnia
In casi con ritardo lieve della fase del sonno si può tentare un trattamento opposto alla cronoterapia con un programma di anticipo dell’orario di inizio del sonno e del risveglio di 30-60 min. Si tratta comunque di un processo rieducativo più lento e tale da lasciare il paziente esposto alla tentazione di cedere alle pressioni sociali che lo spingono
a ritardare il sonno.
Un altro metodo suggerito da Thorpy e coll. consiste nella privazione di sonno per una notte intera alla settimana, seguita da un avanzamento di 90 minuti dell’orario del sonno e del successivo risveglio. L’operazione va ripetuta sino al raggiungimento della condizione desiderata.
Tutti questi trattamenti richiedono che il paziente sia edotto sui concetti che sono alla base della terapia, che egli sia consenziente e sufficientemente motivato ad eseguirla. La collaborazione dei familiari o dei parenti è fondamentale al buon esito.
Sembra infine che l’esposizione del paziente alla luce nelle ore del mattino (2500 lux dello spettro totale dalle 7 alle 9) contribuisca in modo sensibile al buon risultato della cronoterapia originale e delle sue varianti.
Terapia farmacologica
Non vi è alcuna indicazione farmacologica per i casi puri di DSPS con eccezione della melatonina. Un lavoro di Dahlitz e coll. dimostra l’efficacia di questo ormone nella
re sincronizzazione del ciclo circadiano sonno-veglia. Le DSPS che non traggono
giovamento dalla cronoterapia sono spesso associate a sindromi depressive e/o ansiose. Nei pazienti che associano una sindrome psichiatrica vi può essere indicazione specifica per questa ultima con appositi farmaci psichiatrici, ad esempio antidepressisi SSRI. Per approfondire:
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Lo Staff di Medicina OnLine
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