Quando genitore e neonato si guardano negli occhi, i loro cervelli si “sincronizzano”

MEDICINA ONLINE NEWBORN NEONATO BIMBO BAMBINO FIGLIO LATTE MAMMA GENITORI FAMIGLIA PAPA MADRE PADRE NONNI AMORE PEDIATRIA.jpgUna ricerca scientifica pubblicata sulla rivista Pnas, condotta dalla neuroscienziata Victoria Leong, del Dipartimento di Psicologia della University of Cambridge, Gran Bretagna, ha dimostrato che i cervelli di genitori e neonati – quando si guardano negli occhi- hanno una sorta di “sincronia”. L’esperta ha condotto la ricerca che ha coinvolto 17 bebè di età media di 8 mesi ed un adulto di riferimento (come è ad esempio una madre) per registrare come l’interazione tra loro si traduce a livello di attività cerebrale. In uno degli esperimenti l’adulto cantava una canzoncina al bimbo (età media 8 mesi) o guardandolo dritto negli occhi, o evitando di incontrare il suo sguardo. In entrambe le situazioni, l’esperta ha misurato l’attività cerebrale di adulto e bebè con l’elettroencefalogramma.

Facilitare la trasmissione di informazioni

Nel primo caso (sguardo dell’adulto rivolto al bambino) l’attività neurale del bimbo si allinea con quella dell’adulto, creando uno stato di connessione neurale che potrebbe facilitare il successo comunicativo tra i due. Inoltre, se il bambino risponde al canto dell’adulto con la sua vocina (vocalizzi) la sincronia del profilo di attività cerebrale dei due è ancora aumentata, se invece l’adulto evita lo sguardo del bambino questa sincronia non si genera. L’interessante esperimento ha mostrato che l’esibizione di segnali sociali come lo sguardo potrebbe agire per portare i cervelli in un mutuale stato di allineamento, creando una rete congiunta strutturata per facilitare il trasferimento di informazioni durante i primissimi tentativi di comunicazione e apprendimento del bambino.

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Disfunzione erettile: 4 su 10 colpa dello stress e dell’ansia da prestazione

MEDICINA ONLINE TRISTE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DOPING DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE SAD COUPLE FRINEDS LOVER SEX GIRL MAN WALLPAPERQuasi la metà dei casi di disfunzione erettile (quella che una volta veniva chiamata “impotenza”), non dipendono da cause organiche, bensì dalla psiche: paura ed ansia da prestazione possono impedire i corretti meccanismi di erezione del pene, a tutte le età.

L’importanza della mente

Lo ha spiegato il dott. Franco Avenia, presidente dell’Associazione italiana per la ricerca in sessuologia al Simposio di Andro-sessuologia durante il XIII Congresso nazionale della Sicgem a Roma: “Si può stimare che circa un 50% di casi di disfunzione erettile dipenda da cause organiche, il 10% è conseguenza di un disturbo psicopatologico primario, come la depressione, e circa il 40% ha cause psicogene: un eccessivo carico di stress, dovuto ad aspettative personali e sociali, cioè l’ansia da prestazione. Un fenomeno abbastanza diffuso, che vediamo soprattutto fra i giovani: l’età dei primi rapporti sessuali si è abbassata di nuovo intorno ai 12-13 anni: i maschi sono meno smaliziati delle coetanee, ma piuttosto insicuri e preoccupati. E vanno in crisi”.

Un circolo vizioso

Quando capita una “défaillance” di questo tipo si può reagire senza troppe conseguenze “se il soggetto è ottimista e sicuro di sé. Ma in caso di bassa autostima la risposta può essere la paura, che genera una serie di interrogativi: cosa mi sta succedendo? E’ una malattia? Si ripeterà? Sto diventando impotente? Questo meccanismo porta alla formazione di una traccia nella memoria emotiva, incosciente. La volta successiva, questa traccia lascerà emergere la paura che l’episodio traumatico possa ripetersi, mettendo l’uomo in una condizione di forte stress, che finisce col causare una nuova défaillance. Un circolo vizioso, in cui la negatività viene amplificata dall’importanza della partner o dalla sua reazione”. Per risolvere questi circoli viziosi solitamente i formaci non sono la risposta migliore: per curare un’ansia da prestazione patologica è certamente preferibile affidarsi ad uno psicoterapeuta.

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Elettroshock oggi in Italia: effetti collaterali, a cosa serve, come funziona

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Immagine tratta dal film “A beautiful mind”

Con “elettroshock“, anche chiamata “terapia elettroconvulsivante” o “TEC” si intende una tecnica terapeutica basata sul provocare convulsioni nel paziente grazie alla somministrazione ed al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. Viene effettuato applicando alle tempie del paziente due elettrodi collegati ad un generatore di corrente. Le mandibole del paziente vengono bloccate, e viene applicata una corrente per un periodo di tempo di pochi secondi. Il passaggio della corrente attraverso il cervello provoca immediatamente un intenso attacco convulsivo, identico ad un grave attacco di epilessia, che dura più o meno 30 secondi. L’effetto terapeutico è dovuto alla crisi convulsiva, il passaggio di corrente elettrica è solamente il metodo più sicuro per ottenere le convulsioni: la corrente elettrica in sé non ha infatti alcun effetto terapeutico.

Storia dell’elettroshock

La TEC ha origini italiane: fu sviluppata e introdotta negli anni trenta dai neurologi italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini. Come molte altre terapie psichiatriche, nella fase iniziale l’elettroshock è stato usato in maniera grossolana, francamente pericolosa e talora utilizzata più per controllare i pazienti scomodi che per ragioni effettivamente terapeutiche. Ma dai tempi di Cerletti e Bini, la metodologia dell’ECT (per usare l’acronimo inglese di “electroconvulsant therapy”) si è evoluta e perfezionata ed oggi la pratica psichiatrica effettua quella che viene chiamata terapia elettroconvulsivante unilaterale“, così detta perché coinvolge solamente uno degli emisferi cerebrali.

Elettroshock quanto dura il trattamento?

La durata della cura è variabile; generalmente il ciclo terapeutico comprende da sei a dodici trattamenti somministrati al ritmo di tre volte a settimana. Secondo studi le sedute devono essere separate da almeno un giorno.

Elettroshock: come funziona?

Il meccanismo di azione dell’elettroshock non è attualmente del tutto chiaro, ma diverse ricerche hanno dimostrato che la ripetuta applicazione del trattamento influisce su due livelli:

  • modulazione dei neurotrasmettitori: la TEC sembra sensibilizzare due sottotipi di recettori per la serotonina (5-HT), aumentando la trasmissione del segnale. Inoltre la TEC riduce l’efficacia della norepinefrina e della dopamina inibendo gli auto-recettori rispettivamente nel locus coeruleus e nella substantia nigra, causando il rilassamento di molti pazienti;
  • modulazione dei circuiti nervosi: la TEC sembrerebbe intervenire nel riassestamento degli assoni che modifica l’architettura dei circuiti nervosi riportandola ad uno stato precedente ossia annullando le modifiche intervenute nel corso dei mesi precedenti al trattamento (e quindi ad eventuali eventi traumatici subiti).

Elettroshock: a cosa serve ed in quali patologie viene usata?

L’elettroshock è una terapia medica che attualmente viene usata per curare svariate patologie psichiatriche gravi, prevalentemente nel trattamento della depressione grave cronica, in particolare nelle forme complicate da psicosi. Può essere impiegata anche in casi di depressione grave in cui la terapia con antidepressivi ripetuta e/o la psicoterapia non si sono rivelati efficaci, nei casi in cui queste terapie siano inapplicabili o quando il tempo a disposizione è limitato (per esempio nei casi di tendenze suicide). La TEC laddove possibile è utilizzata in un caso come presidio di urgenza: nella sindrome neurolettica maligna (overdose di psicofarmaci neurolettici) qualora la gravità ne costituisca un pericolo di morte, l’applicazione immediata della TEC ha mostrato scongiurare questo rischio. Altre indicazioni specifiche si hanno nei casi di depressione associata a malattie o gravidanza, in cui la somministrazione di antidepressivi può essere rischiosa per la madre o per lo sviluppo del feto. In questi casi, dopo avere attentamente valutato il rapporto costo/benefici, alcuni psichiatri ritengono la terapia elettroconvulsivante la soluzione migliore per la depressione grave. In alcuni casi la TEC è anche usata per trattare le fasi maniacali del disturbo bipolare e condizioni non comuni di catatonia.

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L’elettroshock funziona davvero?

L’effettiva utilità e opportunità di questa tecnica è tutt’oggi molto dibattuta: alcune tipologie di pazienti presentano oggettivi miglioramenti in seguito al trattamento, in altri casi la TEC ha creato effetti indesiderati nei pazienti cui è stata somministrata. Il dizionario medico Larousse nell’edizione del 1974 riporta: «la maggior parte degli psichiatri pensano che nessuna terapia ha ancora dato in psichiatria risultati comparabili alla TEC». La terapia ha comunemente una fama negativa, a causa sia dell’abuso e della pratica aggressiva che se ne è fatta in taluni casi, sia della presentazione che ne è stata a volte data in letteratura e cinematografia.

Tecnica terapeutica

Per indurre le convulsioni viene fatta passare per una frazione di secondo una corrente elettrica continua (tipicamente 0,9 Ampere) attraverso il cervello per mezzo di due elettrodi applicati in specifici punti della testa, previa apposizione di un gel, una pasta o una soluzione salina per evitare bruciature della pelle. La TEC bilaterale è più efficace di quella unipolare. Poiché nelle moderne apparecchiature viene somministrata la corrente continua, la tensione varia fino a un massimo che tipicamente è di 450 volt, ma solitamente si colloca a valori pari a circa la metà. Il dizionario medico Larousse riporta i valori sperimentati e utilizzati da Cerletti: 125-135 volt, 0,3-0,6 ampere, per 1/10 di secondo; specifica anche che la crisi si ottiene anche con soli 60 volt (assenza epilettica o infra-crisi); più è alto il voltaggio, più la crisi è intensa, e con essa l’effetto terapeutico. Gli apparecchi usati prendono il nome di “apparecchio di Lapipe e Rondepierre” e “apparecchio di Delmas-Marsalet”. Spesso le macchine sono programmabili in joule, in modo che il neurologo possa somministrare la minima energia possibile, riducendo la durata dello shock. Il manifestarsi delle convulsioni viene constatato con un monitoraggio elettroencefalografico (non sempre lo stato convulsivo si presenta con manifestazioni fisiche). Le convulsioni indotte dalla corrente elettrica, se non modificate tramite adeguamento del voltaggio, sono più intense di quelle prodotte durante una crisi epilettica. L’induzione di adeguate convulsioni generalizzate è necessaria per produrre l’effetto terapeutico.

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Cosa succede al termine del trattamento?

Terminate le convulsioni si ha un periodo di tempo durante il quale l’attività corticale è sospesa e il tracciato elettroencefalografico è piatto. Alcuni psichiatri oppositori della TEC affermano che questa fase equivalga alla morte cerebrale e sia causa di danno cellulare, tuttavia non esistono prove certe al riguardo. Al risveglio i pazienti non hanno alcun ricordo delle convulsioni e dei momenti precedenti la sessione, anche se si sentono stanchi e senza forze. Alcuni medici hanno paragonato la TEC e il meccanismo terapeutico che offre al reset dei computer.

Elettroshock: rischi ed effetti collaterali

I rischi maggiori presentati dalla TEC sono quelli dovuti all’anestesia generale, che viene somministrata a chi vi viene sottoposto. Non ci sono altri gravi rischi che ne precludano l’uso. I principali effetti collaterali sono confusione e perdita della memoria degli eventi prossimi al periodo del trattamento. Entrambi gli effetti scompaiono generalmente nell’arco di un’ora dal risveglio. Un effetto indesiderato minore è il dolore muscolare sofferto al risveglio a causa dei rilassanti muscolari. Gli effetti persistenti sulla memoria sono variabili. Tipicamente, nel trattamento bilaterale, con gli elettrodi posti cioè ai due lati del cranio, si può avere una parziale perdita di memoria per gli eventi accaduti nel periodo delle sessioni terapeutiche e nei sei mesi precedenti, con difficoltà a memorizzare nuove informazioni per un periodo di due mesi dopo il trattamento. Alcuni studi di neuropsicopatologia hanno mostrato un ritorno alla normalità delle capacità di memorizzazione ed apprendimento dopo diversi mesi, sebbene l’entità del danno alla memoria ed il recupero sia molto variabile da individuo ad individuo. I timori che la TEC possa indurre danni cerebrali strutturali non trovano conferma in decenni di ricerche effettuate sia sugli esseri umani sia su animali. Altri studi al contrario suggeriscono che il trattamento TEC a lungo termine sembra proteggere il cervello dagli effetti dannosi della depressione. La TEC incrementa l’espressione di fattori neurotrofici cerebrali nel sistema limbico, stimolando la crescita e proteggendo i neuroni dall’atrofizzazione indotta dalla depressione.

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Elettroshock oggi in Italia e secondo la legge italiana

L’elettroshock viene attualmente usata in Italia, anche se in casi selezionati. Nel nostro Paese la TEC deve essere somministrata in condizioni controllate e da personale specializzato, come prescritto da diverse legislazioni relative alla salute mentale. In Italia il riferimento principale è la circolare del Ministero della Salute del 15 febbraio 1999. La circolare stabilisce che la TEC deve essere somministrata esclusivamente nei casi di “episodi depressivi gravi con sintomi psicotici e rallentamento psicomotorio“, dopo avere ottenuto il consenso informato scritto del paziente, al quale devono essere esposti i rischi ed i benefici del trattamento e le possibili alternative.

In Italia tale orientamento è stato ulteriormente statuito dalla Regione Piemonte con la Legge Regionale 14/2002:

Art. 1. La Regione Piemonte, ai sensi degli articoli 2, 4 e 6 dello Statuto, persegue la finalita’ di: 
a) indirizzare e guidare lo sviluppo sociale del Piemonte verso obbiettivi di progresso civile e democratico; 
b) organizzare gli strumenti più efficaci per un preciso intervento a tutela della salute dei cittadini.

Art. 2. La Regione Piemonte, per le finalita’ di cui all’articolo 1, aderisce ai deliberati delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa e alle disposizioni della Repubblica italiana in materia di diritti umani.

Art. 3. 1. Nella Regione Piemonte la terapia elettroconvulsivante (T.E.C.) puo’ essere praticata solo quando il paziente esprime un consenso libero, consapevole, attuale e manifesto. A tal fine occorre che lo psichiatra interessato fornisca, sia oralmente che in forma scritta, oltre che ai vantaggi attesi, esaurienti informazioni in ordine agli effetti collaterali eventuali, ai possibili trattamenti alternativi ed alle modalita’ di somministrazione. L’assenso del paziente deve essere scritto ed allegato alla cartella clinica e va ripetuto ad ogni applicazione. 
2. Nei casi in cui esista una limitazione della capacita’ del paziente nel comprendere l’informazione e nell’esprimere il consenso, si applica la vigente normativa civilistica in tema di capacita’ di agire delle persone.

Art. 4. 1. E’ fatto divieto di utilizzare in tutte le strutture regionali la T.E.C. sui bambini e gli anziani. Per le donne in gravidanza viene posto il medesimo divieto a meno che l’applicazione della T.E.C. venga espressamente richiesta dalla paziente e autorizzata anche dal coniuge e dai familiari diretti della paziente, secondo le modalita’ espresse dall’articolo 3. Viene fatto divieto di utilizzare in tutte le strutture regionali la lobotomia prefrontale e trasorbitale, ed altri simili interventi di psicochirurgia.

Art. 5. E’ eliminato ogni riferimento che possa contemplare una responsabilita’ professionale del medico che decida di non ricorrere alla T.E.C., alla lobotomia prefrontale e transorbitale e ad altri simili interventi di psicochirurgia, salvo rispondere dei propri atti nei termini previsti dalla normativa sulla responsabilita’ professionale.

Art. 6. Tutte le T.E.C. sono corredate da dati analitici che permettano di avviare rigorosi studi clinici. I pazienti vengono sottoposti a verifiche e controlli sanitari generali periodici per un lungo periodo di tempo successivo allo shock. A tal fine l’Assessorato regionale alla sanita’ mettera’ in atto procedure di valutazione e revisione periodica delle applicazioni della T.E.C. su scala regionale attraverso una Commissione composta da professionisti esterni e rappresentanti locali, professionalmente qualificati, delle associazioni di settore.

L’applicazione dello shock deve avvenire in narcosi e spasmolisi ossia su paziente incosciente per l’effetto di anestetici e trattato con rilassanti muscolari per controllare le contrazioni muscolari. Esistono casi in cui la validità del consenso informato è dubbia a causa dello stato mentale del paziente. Questi casi impongono gravi problemi decisionali, in cui contrastano tra loro la salute del paziente, la sua capacità decisionale, la responsabilità del medico e la relazione medico-paziente. La legislazione e la giurisprudenza delle diverse nazioni che si trovano ad affrontare il problema sono in progressiva evoluzione.

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“È solo stress”, ma ha un aneurisma: muore un ragazza di 14 anni

MEDICINA ONLINE AMBULANZA URGENZA EMERGENZA PRONTO SOCCORSO OSPEDALE INCIDENTE STRADALE MORTE CHIRURGIA AUTO MEDICA STRADAPer i medici dell’Ospedale Pertini di Roma era solo stress ma, invece, si trattava di un aneurisma cerebrale: dopo un calvario di ore una 14enne è morta il 6 novembre scorso. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine, al momento contro ignoti, e procede per omicidio colposo.

La giovane si è sentita male intorno alle 8,30, pochi minuti dopo essere entrata a scuola, nel liceo classico Orazio, ed stata subito chiamata l’ambulanza che in codice giallo ha trasportato la ragazza all’ospedale Pertini. Lì la raggiunge la madre. La ragazza viene tenuta in osservazione per circa due ore; i medici dicono alla madre che è stress e solo dopo insistenze fanno una TAC dalla quale emerge l’aneurisma.

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I capelli della donna incinta svelano il rischio di depressione post-partum

MEDICINA ONLINE PARTO DEPRESSIONE POST PARTUM BABY BLUE NEWBORN GRAVIDANZA INCINTA ACQUA LATTE MATERNO SENO MAMMA FIGLIO BAMBINO BIMBO NEONATO PERICOLOSO BAMBINA IN TERAPIA INTENSIVA BIRTH WATER PICTURE WALLPAPER PICS HDI capelli della donna incinta possono prevedere se la madre soffrirà di depressione post-partum misurandone la quantità del principale ormone dello stress (il cortisolo): lo dimostra uno studio spagnolo condotto da María Isabel Peralta Ramírez pubblicato sulla rivista PLoS ONE, condotto presso l’Università di Granada e facente parte del progetto di ricerca “Gestastress”. Tale risultati potrebbero aprire nuove strade per la diagnosi precoce di depressione post partum.

Lo studio

Gli scienziati hanno coinvolto 44 donne incinte e ne hanno seguito tutta la gravidanza misurando i livelli di cortisolo depositati sui capelli nel primo e terzo trimestre. Il cortisolo nel capello è indicativo del grado di stress affrontato nei tre mesi precedenti l’analisi. Dallo studio è emerso che a livelli alti di cortisolo sia nel primo sia nel terzo trimestre, aumenta il rischio di depressione post-partum per la donna. Questo potrebbe aprire la strada ad un test facile ed economico che permette di aiutare la madre a rischio di depressione, ancora prima che questa di manifesti e che diventi pericolosa per la madre e per il neonato.

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Primo trapianto di testa umana al mondo eseguito con successo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO OSPEDALE CHIRURGIA SALA OPERATORIA OPERAZIONE CHIRURGICAIl primo trapianto di testa umana al mondo è stato eseguito con successo, lo ha annunciato in una conferenza stampa a Vienna, il neurochirurgo italiano Sergio Canavero, spiegando che un’équipe dell’università medica di Harbin ha realizzato il primo trapianto di testa umana su cadavere al mondo ed affermando che un’operazione su un essere umano vivo potrebbe essere “imminente”.

Il trapianto su cadavere è un evento storico per la medicina. E’stato effettuato dal team guidato dal chirurgo Xiaoping Ren, che l’anno scorso ha trapiantato con successo una testa sul corpo di una scimmia. L’operazione si è svolta in Cina, con un intervento durato ben 18 ore, in cui sono stati connessi con successo la colonna vertebrale, i nervi ed i vasi sanguigni. Il prossimo passo, ha spiegato Canavero, sarà lo scambio e il trapianto di testa da donatori in stato di morte cerebrale.

Questa è la strada che porterà l’uomo ad essere potenzialmente immortale. Voi cosa ne pensate?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Giornate più corte, meno luce e Sindrome da depressione autunnale: come combatterla

MEDICINA ONLINE VOLTO TRISTE DONNA RAGAZZA CAPELLI SGUARDO ESTATE SUMMER MORA PELLE SKIN OCCHI OCCHIAIE TERAPIA TRATTAMENTO EYES TRUCOS DE BELLEZZA VISO DONNA RIMEDI SEXY SEX MEDICINA EI sintomi sono abbastanza tipici: insonnia, inappetenza o al contrario di troppa fame, risveglio difficile al mattino, senso di stanchezza, difficoltà di concentrazione e brusca riduzione del desiderio sessuale. Sono sintomi tipici che molte persone sperimentano in questo periodo dell’anno, quando, dopo l’equinozio del 21 settembre, è cominciato ufficialmente l’autunno e fa buio sempre più presto, cosa che può ulteriormente condizionare il nostro carattere. Questa condizione ha un nome preciso nell’ambito della psicologia: Sindrome da depressione autunnale (SAD, che curiosamente in inglese significa “triste”) e tende a manifestarsi maggiormente in individui che già si trovano in una situazione di equilibrio dell’umore precario o che soffrono di depressione.

Come poter fronteggiare questo problema?

Esistono molti “trucchi” psicologici per provare a gestire questa sindrome:

  • impara a prendere la vita così com’è, senza risentire a livello emozionale dei suoi alti e bassi;
  • riempi la giornata di cose belle, di momenti interessanti ed evolutivi, cioè capaci di farci migliorare, di esperienze piacevoli sia per il corpo che per la mente, può sicuramente essere uno strumento per impedire all’umore di scivolare giù”;
  • riconosci una positiva immagine di te, un buon tessuto di relazioni, esperienze in grado di gratificarci facendoci sentire importanti. L’umore si nutre di feed back positivi che giungono dalle relazioni, quelle significative: dunque è importante distaccarsi dalle persone cosiddette negative e coltivare relazioni in grado di stimolare in modo positivo la nostra creatività, il nostro entusiasmo, facendoci nascere passioni e idee;
  • impara a ritagliarti nell’arco di ogni giornata cinque minuti per te, da dedicare a te ed al tuo benessere, cinque minuti per “stare bene”, significa far crescere il picco di benessere dell’umore, mantenendolo ben oltre il livello soglia che può risentire degli agenti destabilizzanti ambientali, garantendogli stabilità;
  • prenditi cura del tuo corpo: è molto importante aver cura del proprio corpo con una attività fisica moderata e momenti di profondo benessere (come le sedute in una spa), e della propria mente, con interessi da coltivare a livello personale, ad esempio la lettura, o passioni da far nascere e grazie alle quali stimolare la fantasia creativa;
  • sole: se possibile trascorrere 30 minuti al giorno all’aria aperta senza occhiali da sole e arrotolando le maniche dei vestiti (se è il caso) per far prendere sole alla pelle. Tutto ciò contribuisce ad alleviare i sintomi di malessere.
  • luce: luogo di lavoro e casa devono essere se possibile ben illuminate. Meglio tirare le tende per far entrare la luce naturale;
  • farmaci: se luce, sole ed esercizio non sono abbastanza per contrastare il malessere, si può consultare un professionista della salute mentale. Due classi di farmaci (che devono essere prescritti dal medico) possono essere efficaci (Inibitori della monoamino ossidasi e Inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina).

Ovviamente questi sono consigli che possono anche non risolvere il problema: in questi casi è importante il supporto di uno psicoterapeuta e di uno psichiatra.

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Lo sport aerobico potenzia la memoria e fa crescere il cervello

MEDICINA ONLINE TREADMILL RUNNER CARDIO CORRERE CORRIDORE CORSA APERTO TAPIS ROULANT MAGNETICO ELETTRICO MECCANICO DIFFERENZE DIETA DIMAGRIRE AEROBICA GRASSO CALORIE SALITA BOSCO CITTA SMOGIl dott. Joseph Firth della Western Sydney University, in collaborazione con la University of Manchester (GB), ha pubblicato sulla rivista Neuroimage uno studio unico nel suo genere, una meta-analisi di precedenti studi per un totale di 734 persone coinvolte, che ha portato alla considerazione finale che l’esercizio fisico aerobico (ad esempio la corsa o la cyclette) potenzia la memoria, fa “crescere” il cervello, infine ne contrasta l’invecchiamento che avviene fisiologicamente dopo i 40 anni.

Dall’esame dei dati a disposizione è emerso che la pratica sportiva aerobica contrasta il fisiologico restringersi del cervello che avviene a un tasso del 5% ogni decade che passa dopo i 40 anni. Inoltre è emerso che favorisce la crescita della parte sinistra dell’ippocampo (sede principale della memoria nel cervello) e potenzia le capacità mnemoniche. I risultati potrebbero avere implicazioni per la prevenzione delle demenze, conclude Firth.

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