Lynlee: la prima bambina che è nata due volte

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LYNLEE BAMBINA NATA DUE VOLTE Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina.jpgUna storia incredibile quella che vi racconto oggi, fortunatamente a lieto fine! Margaret Hawkins Boemer alla sedicesima settimana di gravidanza ha scoperto che la figlia, Lynlee Hope, aveva un tumore alla fine della spina dorsale. La massa tumorale, conosciuta come teratoma sacro-coccigeo, dirottava il sangue dal feto, aumentando il rischio di insufficienza cardiaca fatale. Occorreva quindi un’intervento d’urgenza sulla piccola ancora non-nata. Come riporta il sito della BBC, Lynlee pesava solo 530 grammi quando i chirurghi hanno aperto il grembo materno. Il tumore e la nascitura avevano quasi le stesse dimensioni al momento in cui è stata eseguita l’operazione.

Lynlee aveva un 50% di probabilità di sopravvivenza

“E ‘stata una decisione facile per noi: abbiamo voluto salvarle la vita”, ha raccontato la signora Boemer alla CNN. La neo mamma inizialmente era in attesa di due gemelli, ma ha perso uno dei suoi bambini prima del secondo trimestre. Inizialmente le è stato consigliato di interrompere la gravidanza.
Ma i medici Texas Children’s Fetal Center le hanno proposto come alternativa l’intervento chirurgico rischioso. “A 23 settimane, il tumore stava bloccando il suo cuore facendola andare in insufficienza cardiaca”, spiega la signora Boemer. Il teratoma sacro-coccigeo è una rara forma di tumore della regione sacro-coccigea visto in un bambino su 40 mila nati vivi. La sua causa è sconosciuta, ma le femmine sono colpite quattro volte più spesso rispetto ai maschi.

La bambina nata due volte

Il dottore Darrell Cass del Texas Children’s Fetal Center ha fatto parte del team che ha eseguito l’intervento chirurgico. Ha raccontato che il tumore era così grande che è stata necessaria un’incisione “enorme” sull’utero per raggiungerlo. La bambina è stata tirata fuori dal grembo, sospesa in aria mentre i medici eseguivano la procedura. Il cuore di Lynlee si è praticamente fermato, ma un cardiologo l’ha mantenuto in vita, mentre la maggior parte del tumore è stato rimosso. Il team ha poi rimesso la piccola nel grembo di sua madre e ricucito l’utero. La signora Boemer ha trascorso le successive 12 settimane in riposo a letto, e Lynlee è venuta al mondo per la seconda volta il 6 giugno 2016. La piccola è nata con parto cesareo quasi a pieno termine della gravidanza, del peso di circa 3,4 kg. Quando Lynlee ha compiuto otto giorni, un’ulteriore operazione ha contribuito a rimuovere il resto del tumore dal suo coccige. La bambina ora sta a casa e sta bene come potete vedere dalla foto in alto dove riposa tranquilla con la mamma e le sorelline.

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Il calendario delle vaccinazioni obbligatorie per i vostri figli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO BAMBINO PEDIATRA OSPEDALEQuali sono e quando far fare le vaccinazioni obbligatorie ai nostri figli? Sul tema il dibattito è ancora acceso e, secondo quanto denuncia il Ministero della Salute, le vaccinazioni dei piccolini sono effettivamente in calo e addirittura sono scese sotto il livello minimo previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale spingendo l’autorità ad intervenire concretamente, tutto ciò a causa di alcune teorie pseudo-scientifiche che si diffondono con estrema rapidità sul web. Ma di questo parlerò un’altra volta.

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Vaccinazioni obbligatorie: quali sono?

Le vaccinazioni obbligatorie per i bambini sono complessivamente quattro: antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica e antiepatitevirale B. Le altre, quelle contro la pertosse, il morbillo, la parotite, la rosolia e l’Haemophilus influenzae b (Hib), sono invece facoltative, ma fortemente incentivate dal Sistema sanitario che ne suggerisce l’uso garantendone la gratuità.

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Modalità di somministrazione dei vaccini

Le modalità di somministrazione dei vaccini obbligatori sono sostanzialmente due: l’antidifterica e l’antitetanica, infatti, si possono somministrare insieme con il DT, il cosiddetto vaccino combinato, oppure – se i genitori acconsentono ad aggiungere alle prime due la vaccinazione facoltativa contro la pertosse – con il vaccino trivalente antidifterico-tetanico-pertossico (DTP).

Vaccinazioni obbligatorie: da 3 a 11 mesi

I bambini iniziano a sottoporsi alle vaccinazioni a partire dal terzo mese di vita quando, sostanzialmente, sono chiamati a fare il primo ciclo delle obbligatorie che sarà seguito da un secondo ciclo al quinto mese e da un terzo all’undicesimo.

Leggi anche: Cos’è il vaccino esavalente? Quando, come e perché farlo?

Vaccinazioni facoltative e richiami: da 13 mesi a 6 anni

A partire dai tredici mesi, e comunque entro i quindici, arriva quindi il momento delle vaccinazioni facoltative che poi devono essere ripetute al sesto anno di età quando si dovranno rifare anche tre delle quattro obbligatorie (ovvero antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica). In questa occasione, poi, i bambini che avranno optato per il vaccino trivalente saranno nuovamente vaccinati anche contro la pertosse.

Vaccinazioni nell’adolescenza

Il rischio di difterite, tetano e pertosse, infine, verrà nuovamente combattuto con un ultimo ciclo di vaccinazioni tra i 14 e i 16 anni di età. Questo, in sostanza, è il calendario delle vaccinazioni obbligatorie e facoltative ma le scadenze non sono determinanti: se per qualche ragione si allungano infatti i tempi tra una dose e l’altra, infatti, l’efficacia del ciclo non viene compromessa a patto che questo venga portato a termine.

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Febbre dopo vaccino: come curarla e quanto dura?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO NEONATO PIANGE BAMBINO FEBBRE LACRIME DOLORE LATTANTEA vostro figlio è venuta la febbre dopo aver fatto il vaccino? E’ un fatto assolutamente comune e che non deve destare eccessiva preoccupazione. Molti genitori sono spaventati dalla possibilità che si verifichi questo effetto collaterale, specie col primo figlio, e quasi 2 su 10 preferiscono – anche per questo – addirittura evitare del tutto i vaccini, incuranti dei grandi rischi che questa scelta, sempre più comune, comporta. La vaccinazione, infatti, resta il modo più sicuro ed efficace di combattere alcune gravi malattie e la febbre che può comparire dopo le vaccinazioni non deve in alcun modo spaventare: ecco perché viene e quanto dura.

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Vaccini neonati (e bambini): perché viene la febbre?

Le vaccinazioni (sia quelle obbligatorie che quelle facoltative) agiscono tramite l’iniezione nell’organismo dei virus che devono prevenire anche se in forma attenuata o non più vivi per attivare gli anticorpi necessari ad ottenere l’immunità. La comparsa di questi microrganismi aggressivi nel corpo, però, stimola una risposta immediata e la difesa attuata come reazione dal corpo – specialmente in neonati e bambini – può manifestarsi con la comparsa di qualche episodio febbrile.

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Febbre da vaccino: quali sono le tempistiche

Sulla durata della febbre dopo i vaccini non esiste uno standard fisso ma, generalmente, l’aumento della temperatura si manifesta tra 2 e 24 ore dopo l’iniezione e scompare entro un paio di giorni. Fa eccezione il caso del vaccino trivalente (contro morbillo, parotite e rosolia): in questo caso, infatti, la febbre da vaccino può manifestarsi tra 5 e 15 giorni dopo la somministrazione.

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Febbre post vaccino: i rimedi

La cura per la febbre dopo il vaccino è la stessa consigliata in caso di febbre in età pediatrica. Tra le azioni indispensabili c’è quella di tenere i piccoli ben idratati (somministrando loro acqua, tè deteinato e succhi di frutta o spremute) rinfrescandoli spesso con panni umidi o impacchi di ghiaccio. Dietro consulto con il medico, poi, è possibile somministrare paracetamolo o creme specifiche per far passare il gonfiore dalla zona dove è stata praticata l’iniezione.

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Raffreddore nel neonato: come curarlo, cosa fare e prevenirlo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO NEONATO PIANGE TRISTE NERVOSO DEPRESSIONE POST PARTO PARTUM GENITORI PANNOLINI BIBERON LATTEIl raffreddore è un’infezione del tratto respiratorio superiore che può essere causato da diversi virus ma che non risparmia nemmeno i bambini più piccoli visto che il neonato può contare solo su un sistema immunitario ancora in formazione. Malanno stagionale per eccellenza, comunque, il nasino chiuso (e tutto quello che ne consegue) non devono spaventare le mamme e i papà ma, visto che – specialmente nei primi mesi di vita del bebè – i timori sono all’ordine del giorno, ecco rimedi contro il raffreddore.

Raffreddore bambini: come curarlo?

Se si presenta nel corso dei primi tre mesi di vita, anche il più banale dei raffreddori deve essere visto da un pediatra che saprà consigliare ai neo-genitori il metodo migliore per intervenire. Nell’attesa della visita, però, è necessario liberare il naso dei bebè (che, in questo periodo della loro vita, non hanno ancora imparato a respirare con la bocca) utilizzando delle semplicissime pompette create ad hoc e facilmente disponibili in farmacia. Se il muco è abbondante, poi, è preferibile – prima dell’aspirazione – lavare le narici del bimbo con qualche goccia (2 o 3 al massimo) di soluzione fisiologica di modo che la pulizia risulti più approfondita.

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Prevenire il raffreddore: come fare?

Nel caso dei bambini (piccoli o più grandi che siano), poi, vige sempre l’antica regola secondo la quale prevenire è meglio di curare. Per assicurare ai figli un autunno e un inverno lontani dal raffreddore, quindi, è indispensabile far loro respirare il più possibile aria pulita evitando di tenerli chiusi in casa e senza rinunciare alle passeggiate all’aperto anche durante i mesi più freddi. Contemporaneamente, poi, ci si dovrà ricordare di areare la loro cameretta e gli spazi della casa nei quali i piccoli trascorrono la maggior parte del tempo. Anche un ambiente troppo secco, poi, può facilitare la comparsa del raffreddore: per questo è utile servirsi di umidificatori ad hoc e, quando si riscontrano i primi sintomi di nasino chiuso, sottoporre i bambini a bagni di vapore lasciando scorrere l’acqua calda in bagno finché l’ambiente non diventerà “nebbioso” e rimanendo poi nella stanza il più a lungo possibile almeno una volta al giorno.

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Cos’è il vaccino esavalente? Quando, come e perché farlo?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VACCINO BAMBINI PUNTURA INIEZIONE SPALLACos’è il vaccino esavalente?

E’ una iniezione – generalmente da somministrare tre volte nel corso primo anno di vita del bambino, a 2, 5 e 12 mesi – che protegge i piccoli dal rischio di contrarre sei diverse malattie, vale a dire difterite, epatite B, infezioni da Haemophilus Influenzae tipo B, pertosse, poliomielite e tetano. Solo quattro di queste sei protezioni fanno parte delle vaccinazioni obbligatorie ma lo Stato – tramite il consenso informato – suggerisce e incentiva (assicurandone la gratuità) una copertura su tutti e sei i rischi di patologie. La protezione assicurata dal vaccino esavalente è molto lunga nel tempo e, per alcune delle patologie che combatte, può durare anche per l’intero arco della vita.

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Da cosa è composto il vaccino esavalente

Il vaccino esavalente è composto da tossoide difterico (contro la difterite), antigene di superficie ricombinante del virus dell’epatite B (appunto contro l’epatite B), polisaccaride dell’Haemophilus Influenzae tipo B (per combattere il rischio di infezioni da questo virus), antigeni della pertosse, virus inattivati della poliomielite tipo 1, 2 e 3 e tossoide tetanico oltre che aminoacidi, sali minerali e vitamine.

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Effetti collaterali vaccino esavalente

Le reazioni allergiche gravi al vaccino esavalente sono estremamente rare mentre è comune che, qualche ora dopo la somministrazione della vaccinazione, il bambino lamenti una sensazione di gonfiore e dolore nella zona dove è stata praticata l’iniezione (che, tra l’altro, potrebbe arrossarsi leggermente). La febbre dopo vaccino esavalente e una diminuzione dell’appetito seguita da irritabilità e sonnolenza sono reazioni normali a circa 48 ore dopo la vaccinazione.

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Richiamo vaccino esavalente

Oltre alle tre dosi da somministrare durante il primo anno di vita, per la poliomielite è previsto un richiamo a 6 anni mentre difterite, tetano e pertosse richiedono altri due richiami, il primo a 6 anni e il secondo a 14.

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Poliomielite: cause, sintomi, diagnosi, importanza del vaccino e controindicazioni

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VACCINO BAMBINI PUNTURA INIEZIONE SPALLA (2)Cos’è la poliomielite e come si trasmette?

La poliomielite è una grave malattia infettiva altamente contagiosa che colpisce il sistema nervoso centrale e si trasmette per via oro-fecale (attraverso l’ingestione di prodotti contaminati, tramite saliva dei soggetti ammalati o tramite contatto con le feci di persone colpite dal virus). La poliomielite è stata riconosciuta come malattia da Jakob Heine nel 1840, mentre il suo agente eziologico, il poliovirus, è stato identificato nel 1908 da Karl Landsteine.

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Classificazione della poliomielite

La poliomielite si presenta, generalmente, in tre forme distinte: la prima (poliomielite abortiva) porta solo a febbre alta senza interessare il sistema nervoso, la seconda (meningite asettica) porta a una paralisi lieve e momentanea, mentre la terza – che è la forma più grave in assoluto – comporta sia febbre che “paralisi flaccida” acuta che porta gli arti inferiori a perdere molto velocemente tono muscolare fino a diventare, appunto, flaccide (oltre che paralizzate).

Sintomi della poliomielite

Sebbene circa il 90% delle infezioni da polio non causi sintomi, gli individui affetti possono presentare una serie di condizioni se il virus entra nella circolazione sanguigna. In circa l’1% dei casi, il virus penetra nel sistema nervoso centrale, dove colpisce di preferenza i neuroni motori, portando a debolezza muscolare e paralisi flaccida acuta. A seconda dei nervi coinvolti, possono presentarsi diversi tipi di paralisi. La polio spinale è la forma più comune, caratterizzata da paralisi asimmetrica che spesso coinvolge le gambe. La polio bulbare porta alla debolezza dei muscoli innervati dai nervi cranici. La polio bulbospinale è una combinazione di paralisi bulbare e spinale.

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Cause della poliomielite

La poliomielite è causata dall’infezione con un virus appartenente al genere degli enterovirus, noto come poliovirus (PV). Questi virus a RNA colonizzano il tratto gastrointestinale, specificamente l’orofaringe e l’intestino. Il periodo di incubazione, ovverosia il tempo tra la prima esposizione e i primi sintomi, varia da tre a 35 giorni, con un arco più comune che va dai sei ai venti giorni. Il poliovirus infetta e provoca la malattia soltanto negli esseri umani. La sua struttura è molto semplice: è composto da un genoma a RNA racchiuso in un involucro proteico chiamato capside. Oltre a proteggere il materiale genetico del virus, le proteine del capside consentono al poliovirus di infettare alcuni tipi di cellule. Tre sierotipi di poliovirus sono stati identificati: il poliovirus di tipo 1 (PV1), di tipo 2 (PV2) e di tipo 3 (PV3), ognuno con una proteina del capside leggermente diversa. Tutti e tre sono estremamente virulenti e producono gli stessi sintomi della malattia. PV1 è la forma che si riscontra più frequente e quella più strettamente correlata alla paralisi. Gli individui che sono esposti al virus, tramite infezione o tramite l’immunizzazione con il vaccino antipolio, sviluppano l’immunità. Negli individui immuni, gli anticorpi IgA contro il poliovirus sono presenti nelle tonsille e nel tratto gastrointestinale e sono in grado di bloccare la replicazione del virus mentre gli anticorpi IgG e IgM possono prevenire la diffusione del virus ai neuroni motori del sistema nervoso centrale. L’infezione o la vaccinazione con un sierotipo di poliovirus non fornisce immunità contro gli altri sierotipi e l’immunità completa richiede l’esposizione a ciascun sierotipo.

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Trasmissione della poliomielite

La poliomielite è altamente contagiosa e si può trasmettere per via oro-orale (fonte orofaringea) e fecale-orale (di origine intestinale). Nelle aree endemiche, il poliovirus può infettare praticamente l’intera popolazione umana. Il virus si presenta per lo più stagionalmente nelle fasce climatiche temperate, con il picco di trasmissione che si verifica in estate e in autunno. Queste differenze stagionali sono molto meno pronunciate nelle aree tropicali. Il periodo di incubazione è di solito compreso tra sei e venti giorni, con un intervallo massimo che va dai tre ai trentacinque giorni. Dopo l’infezione iniziale le particelle virali sono escrete, per diverse settimane, con le feci, che pertanto risultano infette. La malattia si trasmette principalmente per via fecale-orale, con l’ingestione di cibo contaminato o acqua. Talvolta viene trasmessa via oro-orale, una modalità di trasmissione più comune nelle zone in cui vi è una buona igiene. La poliomielite è maggiormente infettiva tra i sette e i dieci giorni prima e dopo la comparsa dei sintomi, ma la trasmissione è possibile finché il virus rimane nella saliva o nelle feci. I fattori che aumentano il rischio di infezione da polio o influenzano la gravità della malattia comprendono: deficienza immunitaria, malnutrizione, tonsillectomia, attività fisica subito dopo l’inizio della paralisi, lesioni muscolo-scheletriche a causa di iniezione di vaccini e la gravidanza. Anche se il virus può attraversare la placenta, il feto non sembra essere influenzato da una infezione materna o dalla vaccinazione contro la polio. Anche gli eventuali anticorpi materni possono attraversare la placenta, fornendo l’immunità passiva che protegge il neonato dalle infezioni da polio durante i primi mesi di vita. Come precauzione contro le infezioni, durante le epidemie di poliomielite le piscine pubbliche delle zone colpite sono state spesso chiuse.

Diagnosi della poliomielite

La poliomielite paralitica può essere clinicamente sospettata in individui che con insorgenza acuta di paralisi flaccida a livello di uno o più arti e riflessi tendinei diminuiti o assenti negli arti colpiti, con conservazione delle funzioni sensoriale o cognitiva e in assenza di altre cause apparenti. Una diagnosi di laboratorio può essere effettuata in seguito all’isolamento del poliovirus in un campione di feci o in un tampone faringeo. Gli anticorpi anti-poliovirus possono essere trovati nel sangue durante la fase infettiva. L’analisi del liquido cerebrospinale (CSF) del paziente, prelevato tramite puntura lombare, mostra un elevato numero di globuli bianchi (principalmente linfociti) e un lieve incremento nella concentrazione proteica. L’individuazione del virus nel liquor attesta l’avvenuta infezione del sistema nervoso centrale ed è pertanto diagnostica per la polio paralitica, sebbene ciò si verifichi raramente. Se il poliovirus è isolato da un paziente che presenta paralisi flaccida acuta, viene ulteriormente testato tramite mappatura genetica o, più recentemente, mediante reazione polimerasica a catena (PCR), per determinare se esso è “wild type” (cioè, il virus che si incontra in natura) o “da vaccino” (derivato da un ceppo del virus della poliomielite utilizzato per produrre il vaccino antipolio). È importante determinare l’origine del virus, poiché per ogni caso segnalato di polio paralitica causato da poliovirus selvaggi si stima che possano esistere altri 200 a 3000 portatori asintomatici contagiosi.

Vaccino poliomielite

Il vaccino anti-polio, contro la poliomielite, come quella contro la difterite, l’epatite b e il tetano fa parte delle vaccinazioni obbligatorie per i neonati. Per l’immunizzazione dei nuovi nati, infatti, viene utilizzato il vaccino esavalente che viene somministrato in tre dosi, da praticare entro il primo anno di vita (al 3, 5 e 11 mesi), e in un richiamo da effettuare tra il 5 e i 6 anni. Esistono due tipi diversi di vaccino, quello inattivato (o di Salk) e quello vivo attenuato (o di Sabin), ma in Italia viene praticato solo il primo, mentre il Ministero della Salute mantiene una scorta del secondo in caso di emergenza.

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Controindicazioni vaccino

Non esistono controindicazioni alla vaccinazione nei bambini sani che possono essere vaccinati senza alcun pericolo. Se sono invece presenti malattie infettive in forme acute, con febbre o con diarrea, è preferibile rimandare la vaccinazione al momento in cui il piccolo abbia recuperato la buona salute. Oltre a questo, poi, è consigliato attendere almeno 4 settimane dall’iniezione prima di sottoporsi all’asportazione di tonsille o adenoidi.

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La diarrea è pericolosa nel bambino e neonato? Quando chiamare il pediatra? Cosa fare?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO NEONATO PIANGE TRISTE NERVOSO DEPRESSIONE POST PARTO PARTUM GENITORI PANNOLINI BIBERON LATTEIn un’altra occasione , in questo post, abbiamo analizzato i motivi e le cure relativi alla diarrea “comune”, articolo che vi consiglio di leggere per meglio comprendere cause e cure per la diarrea. Ma cosa fare quando la diarrea colpisce un bambino o un neonato?
Se il paziente è neonato si può continuare ad allattarlo e, se già svezzato, si può introdurre nella dieta alimenti altamente digeribili come il riso (che ha proprietà astringenti), la tapioca, la farina di mais e carne di tacchino e pollo.

  • idratare il bimbo facendogli bere una adeguata quantità di acqua e spremute di arancia ed evitando i succhi di frutta  del commercio che contengono  zuccheri aggiunti.
  • offrire al bambino durante lo spuntino pomeridiano, yogurt bianco naturalmente ricco di fermenti lattici per normalizzare la flora intestinale.

Quando bisogna chiamare il pediatra?

Interpellate subito il proprio pediatra se:

  • il bambino ha meno di 6 mesi;
  • ha una diarrea ininterrotta da 1 giorno;
  • se si riscontra del muco o sangue nelle feci;
  • se il bimbo vomita;
  • se urina di rado e poca quantità;

Consigli per prevenire la diarrea

Di seguito troverete alcuni consigli utili per prevenire eventuali tossinfezioni batteriche che causano la diarrea:

  • lavare sempre le mani per due minuti con sapone liquido contenente antibatterico;
  • bere acqua solo in bottiglia se si viaggia in paesi stranieri;
  • mangiare cibi cotti evitando quelli crudi, abbrustoliti o conservati che hanno un aspetto dubbio.

Articolo di Dr. Alessandro Scuotto su medicitalia.it

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Perché viene la diarrea? Quando diventa pericolosa? Cura farmacologica e rimedi casalinghi

Tutti noi, almeno una volta nella vita ne abbiamo sofferto, è molto fastidiosa ma per fortuna nella maggioranza dei casi innocua, sto parlando della diarrea. La diarrea consiste nella emissione di abbondante materiale fecale (quantità oltre i 300 – 400 grammi) di consistenza molto liquida o semiliquida in modo frequente durante la giornata (più di tre evacuazioni al giorno).
Tramite le scariche diarroiche, l’organismo elimina le sostanze tossiche dannose, il cibo non digerito contaminato o i batteri patogeni che risiedono nel nostro intestino.
La diarrea non è una classica malattia come la gastrite o il reflusso gastro esofageo ma è un sintomo, cioè la manifestazione associata a patologie gastrointestinali dovute a batteri, virus, intolleranze alimentari o neoplasie. E’ importante tenere d’ occhio la diarrea perché induce la perdita di parecchi liquidi e sali minerali e materiale non digerito dall’intestino tenue fino a portare alla disidratazione. La diarrea è associata spesso ad altri sintomi: crampi addominali, gonfiore, nausea e tenesmo (la sensazione di dover evacuare senza riuscire a farlo).

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Tipi di diarrea

Esistono varie tipologie di diarrea che si possono raggruppare in termini di frequenza di ondate diarroiche:

  • Diarrea acuta: spesso provocata da infezioni intestinali batteriche o virali, da tossine o in seguito all’assunzione di antibiotici che modificano l’equilibrio della normale flora batterica intestinale;
  • Diarrea cronica: persiste nel tempo ed è causata da infiammazioni croniche e allergie alimentari.
  • Diarrea ricorrente: compare a periodi alterni, talvolta in relazione all’assunzione di alimenti a cui si è intolleranti (per esempio lattosio).

Si può ulteriormente classificare la condizione in base alle varie cause scatenati in:

  • Diarrea da alterato assorbimento: causata da un cattivo funzionamento dei meccanismi intestinali che si occupano dell’assorbimento dei principi nutritivi contenuti negli alimenti; il mancato assorbimento può essere dovuto ad alterazioni della mucosa intestinale per infiammazioni o neoplasie, alla riduzione o scomparsa dei villi intestinali (celiachia), alla mancata digestione degli alimenti da parte degli enzimi (malattie del pancreas), ad interventi chirurgici (ad esempio il bypass intestinale) che riducono la superficie di contatto e di assorbimento.
  • Diarrea osmotica: causata da farmaci lassativi osmotici come sali di magnesio che alterano l’ equilibrio elettrolitico e richiamano acqua nell’intestino.
  • Diarrea secretoria: che causa una secrezione elevata a livello intestinale di acqua ed elettroliti, nel caso di tumori (adenoma del colon), di malattie endocrine, o di infezioni batteriche che producono tossine (colera) o che danneggiano l’ epitelio intestinale causando anche infiammazione, ulcerazioni e perdite di sangue che si può ritrovare nelle feci (shigella).
  • Diarrea motoria: aumento della velocità del transito del materiale e la riduzione del tempo a disposizione dell’intestino per assorbire i nutrienti per motivi neurologici.

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Diarree sostenute da germi patogeni

Questo tipo di diarrea (dissenteria) rappresenta circa la metà delle diarree riscontrabili negli esseri umani: sono innescate da batteri come Shigella o Salmonella e dai virus Rotavirus,Adenovirus e  della epatite. Sono molto comuni le salmonellosi soprattutto nei piccoli a seguito di ingestione di uova, latte non pastorizzato o di carne contaminati. La diarrea si manifesta nelle prime 48 ore dal contagio con delle feci con muco e sangue e scariche frequenti (ogni 3 ore circa). Oltre ai virus influenzali e parainfluenzali, un altro virus in grado di capace di provocare diarrea, è quello della epatite A; il serbatoio di questo patogeno sono i molluschi e i frutti di mare. La manifestazione clinica principale è  l’ittero.

Le tossinfezioni alimentari

Per tossinfezioni alimentari si intendono quelle patologie dovute all’azione di tossine prodotte da batteri presenti  nel cibo o acqua contaminati. La diarrea  si manifesta rapidamente, dopo 30 minuti dall’ingestione degli alimenti contaminati. Uno degli agenti batterici frequentemente responsabile è lo Stafilococco.
Un’altra possibile causa di diarrea è un’alimentazione con elevato apporto di proteine o di carboidrati come pasta, legumi, pane e dolci che rendono difficile la defecazione, favoriscono l’ emissione di gas e conseguente diarrea; infine anche le intolleranze e le allergie alimentari a cibi particolari come latte e glutine sono importanti cause di diarrea soprattutto nel bambino e l’ adolescente.

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Quali sono le cause di diarrea?

Ecco di seguito le possibili cause della dissenteria:

  • infezioni batteriche o virali, inclusa la diarrea del viaggiatore;
  • intolleranze alimentari (glutine, lattosio);
  • presenza di parassiti intestinali (spesso i bambini li prendono a scuola o all’asilo);
  • effetto collaterale indesiderato della terapia antibiotica;
  • malattie dell’intestino come colite, celiachia, malattie infiammatorie croniche (m. di Crohn, colite ulcerosa), colon irritabile;
  • stress psicofisico:
  • tumori intestinali o gastrici;
  • assunzione di farmaci lassativi o antinfiammatori non steroidei (FANS);
  • malattie genetiche o auto immuni.

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Diagnosi della causa della diarrea

Il medico per diagnosticare in modo esatto la causa della diarrea dovrà prima di tutto svolgere un’ anamnesi accurata del paziente a cui porrà domande specifiche sulla insorgenza, sulla durata e sull’eventuale esposizione ad agenti ambientali (principalmente cibo e bevande).
Inoltre esistono nella pratica clinica dei test diagnostici molto utili:

  • esami delle feci per verificare la presenza di batteri oltre a quelli già presenti in intestino o di parassiti;
  • esame del sangue;
  • colonscopia per osservare attentamente l’intero colon in cerca di eventuali infiammazioni.

Cosa fare in caso di diarrea

Se siete affetti da diarrea è bene seguire queste indicazioni:

  • non bere acqua di provenienza sconosciuta, ma sempre e solo quella nelle bottiglie con tappo sigillato;
  • se avete un bambino piccolo, sterilizzate sempre il suo biberon e i  giochi con cui viene a contatto.
  • in caso di diarrea in atto cercare di evitare la disidratazione assumendo almeno 2 litri di acqua al giorno o bevande con integratori alimentari per rimpiazzare la perdita di sali minerali;
  • prediligere dei pasti leggeri e poco complessi come il riso, patate lesse, carote,  mele e pere. Quando le condizioni inizieranno a migliorare si potranno reintrodurre nella dieta della carne di pollo, tacchino o vitello;
  • evitare di assumere farmaci anti diarroici perché vanno ad interferire con la motilità intestinale, ma non risolvono la causa della diarrea;
  • evitare bevande fredde o stimolanti come il vino, sia rosso sia bianco, la birra, il caffè, gli alcolici e la cioccolata; assumere delle tisane rilassanti e rinfrescanti che porteranno da subito sollievo e miglioramenti, si trovano facilmente in erboristeria.

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Diarrea e disidratazione

Una delle più grandi complicazioni della diarrea è la disidratazione perché riduce la quantità di acqua a disposizione degli organi come cuore e  sistema nervoso, arrecando seri problemi al loro funzionamento. La disidratazione è pericolosa nei bambini e negli anziani perché essi riescono più difficilmente a ripristinare l’equilibrio idrico; i sintomi riscontrati in un soggetto disidratato sono:

  • sete;
  • scarsa quantità di urine;
  • stanchezza;
  • secchezza del cavo orale;
  • febbre alta;
  • irritabilità;
  • mancanza di appetito;
  • sonnolenza.

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Diarrea: terapia farmacologica

Sono disponibili molti farmaci per curare la diarrea. Molte volte, la diarrea tende ad autorisolversi senza necessità di trattamenti particolari; prima di intraprendere un iter terapeutico per la cura del disturbo, il controllo del medico è sicuramente necessario, dato che, come abbiamo analizzato, alla base della diarrea si annoverano moltissimi e differenti fattori. A detta di ciò, ben si comprende come il trattamento per la diarrea dovrebbe differenziarsi proprio sulla base della condizione patologica che l’ha scatenata.

IMPORTANTE: Nell’evenienza di assunzione di farmaci per patologie più o meno gravi, uno dei problemi più frequenti legati alla co-manifestazione della diarrea è la modulazione dell’assorbimento dei principi attivi: la posologia del farmaco che si sta assumendo dovrà essere modificata dal medico, dato che la diarrea può favorire l’espulsione del principio attivo ancora prima che l’organismo possa averlo assorbito.

Ecco una lista di farmaci usati per la cura della diarrea:

1) Inibitori della motilità intestinale (antidiarroici): da utilizzarsi anche in caso di diarrea acuta, complicata o meno. Si raccomanda, inoltre, di assumere soluzioni elettrolitiche per via endovenosa qualora la diarrea fosse accompagnata da disidratazione. È doveroso puntualizzare che l’assunzione degli antidiarroici non è utile per la cura della patologia sottostante alla diarrea, ma ne cura semplicemente i sintomi.

  • Lactobacillus Acidophilus (es. Lacteol, Lacteol Forte): si tratta di un antidiarroico di origine microbica, costituito da microbi inattivati di Lactobacillus acidophilus. In particolare, è indicato per il trattamento della diarrea associata a dispepsia o colite, specie nel neonato. Per la cura della diarrea acuta, iniziare la terapia con 2 capsule da 5 miliardi di Lactobacillus acidophilus, tre volte al dì; proseguire con 2 capsule, due volte al giorno.
  • Bismuto salicilato: la posologia di questo antidiarroico (utilizzato anche per la cura della gastrite) varia dagli 87 ai 262 mg, da assumere ogni 30-60 minuti, al bisogno. Generalmente, questo farmaco è indicato per il trattamento della diarrea nei bambini. Consultare il medico.
  • Saccharomyces boulardii lyo: questo antidiarroico/probiotico è indicato per la cura della diarrea acuta: indicativamente, la posologia è 250 mg (1 capsula), due volte al giorno.
  • Loperamide (es. Imodium): iniziare il trattamento per la diarrea acuta con 4 mg di farmaco per os, da assumere dopo la prima evacuazione. Proseguire la terapia con 2 mg di sostanza (non superare i 16 mg in 24 ore). Generalmente, il disturbo svanisce in 48 ore. Non assumere il farmaco per oltre 5 gg consecutivi.  Per il trattamento della diarrea cronica, assumere 4 mg di farmaco per os, seguiti da 2 mg di attivo a seguito di ogni evacuazione. Non superare i 14 mg in 24 ore. La dose di mantenimento varia dai 4 agli 8 mg. In genere, il netto miglioramento clinico è osservabile dopo 10 gg di terapia.
  • Difenoxilato: assumere 2 tavolette o 10 ml di soluzione per os, 4 volte al dì. La terapia di mantenimento prevede l’assunzione di 2 tavolette una volta al dì. La posologia appena descritta è indicata per il trattamento della diarrea acuta nell’adulto; per il bambino, la dose varia in base all’età (1,5-10 ml, 4 volte al dì). Consultare il medico.
  • Codeina (es. Hederix Plan, Codein F FN): oltre che per la cura della tosse, la codeina viene talvolta impiegata in terapia per il trattamento della diarrea acuta non complicata degli adulti. La dose indicativa è 30 mg, 3-4 volte al dì. Il farmaco non è indicato per i bambini.

2) Antispastici e anticolinergici: non sono i farmaci utilizzati come prima linea per la cura della diarrea. Sono indicati per ridurre i sintomi che accompagnano il disturbo, come crampi e dolori addominali. Tra questi, i più indicati sono:

  • Scopolamina (es. Erion, Addofix): particolarmente indicata per dare sollievo sintomatico a disturbi gastrointestinali (spasmo della muscolatura liscia). Assumere per os 20 mg di principio attivo 4 volte al dì (dimezzare la dose per bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni). È possibile somministrare il farmaco anche per via endovenosa, alla stessa posologia.
  • Alverina citrato: si consiglia la somministrazione orale di 60-120 mg 1-3 volte al giorno. È sconsigliata la somministrazione ai bambini sotto i 12 anni.
  • Atropina solfato (es. Atropina Lux): utile in caso di spasmo della muscolatura liscia nel contesto della diarrea. Generalmente, si somministra il farmaco per iniezione sottocutanea o intramuscolare alla posologia di 20 mcg per chilo di peso corporeo (dose massima 600 mcg).

3) Antiemetici: sono indicati in caso di vomito nel contesto della diarrea. Sono sconsigliati nei bambini. Non costituiscono il trattamento di prima linea per la cura della diarrea.

4) Antibiotici a largo spettro: indicati in caso di diarrea dipendente da infezioni batteriche. Ad ogni modo, gli antibiotici non sono generalmente utilizzati per il trattamento della diarrea associata a gastroenteriti semplici, anche in caso di presunta infezione batterica, dato che la condizione tende a risolversi da sé in pochi giorni. Solo in caso di diarrea nel contesto di accertata co-infezione batterica, il medico può prescrivere farmaci antibiotici.

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Quando chiamare il medico?

E’ bene contattare il medico di famiglia:

  • se il paziente è un neonato e la diarrea continua per oltre 24 ore;
  • in caso di diarrea cronica;
  • in caso di probabili patologie infettive;
  • in caso di feci di color nero (non semplicemente scuro) per la presenza di sangue digerito proveniente da emorragie gastrointestinale;
  • quando il paziente ha la febbre alta;
  • se la diarrea nell’ adulto perdura per oltre 3 giorni;
  • se ci sono sintomi di disidratazione del malato.

Consigli per prevenire la diarrea

Di seguito troverete alcuni consigli utili per prevenire eventuali tossinfezioni batteriche che causano la diarrea:

  • lavare sempre le mani per due minuti con sapone liquido con antibatterico;
  • bere acqua solo in bottiglia se si viaggia in paesi stranieri;
  • mangiare cibi cotti evitando quelli crudi, abbrustoliti o conservati che hanno un aspetto dubbio.

Articolo di Dr. Alessandro Scuotto su medicitalia.it

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