Differenza tra fibre solubili ed insolubili

MEDICINA ONLINE LEGUMI FAGIOLI VERDURA CECI CEREALI PANE INTEGRALE CRUSCA FIBRA SOLUBILE INSOLUBILE DIETA CIBO ALIMENTI FABBISOGNO INTEGRATORE CUCINA MANGIARE  DIMAGRIRE CALORIE CARBOIDRATI DIABETE STIPSI COSTIPAZIONE FECI.jpgCon “fibra alimentare“, o più semplicemente “fibra“, si indicano i polisaccaridi non a base di amido componenti le Continua a leggere

Fibre solubili per stipsi e dimagrire: dieta, integratori, fabbisogno

MEDICINA ONLINE FRUTTA MELA BUCCIA POLPA CEREALI PANE INTEGRALE CRUSCA FIBRA SOLUBILE INSOLUBILE DIETA CIBO ALIMENTI FABBISOGNO INTEGRATORE CUCINA MANGIARE  DIMAGRIRE CALORIE CARBOIDRATI DIABETE STIPSI COSTIPAZIONE FECI.jpgLe fibre alimentari non sono tutte uguali ed in base alla loro solubilità vengono classificate in due tipologie molto differenti per funzioni: fibre insolubili e Continua a leggere

Laparoscopia addominale, ginecologica, anestesia, rischi, convalescenza

MEDICINA ONLINE LAPAROTOMIA LAPAROSCOPIA CHIRURGIA OPEN CHIUSA ENDOSCOPIO ENDOSCOPIA IMMAGINI CHIRURGO TAGLIO VANTAGGI SVANTAGGI RISCHI COLECISTECTOMIA SANGUE OPERAZIONE CHIRURGICA ANESTESILAPAROSCOPIC LAPAROTOMY CHOLECYSTE

Sul lato sinistro è raffigurata una laparoscopia

La “laparoscopia“, anche chiamata “video-laparo-chirurgia“, è una tecnica chirurgica relativamente recente che prevede l’esecuzione di un intervento chirurgico che interessa il campo dell’apparato digerente o la ginecologia, senza apertura chirurgica della Continua a leggere

Gastrina alta, bassa, valori, funzioni, cos’è e dove è prodotta

MEDICINA ONLINE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO SCOPIA APPARATO DIGERENTE CIBO DIGESTIONE TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI EPATICA FEGATO VOMITO

Fegato, cistifellea, stomaco, pancreas e duodeno

La gastrina è un ormone peptidico presente nella mucosa gastrica. Esistono diverse isoforme di gastrina, le quali si differenziano per sede di produzione, velocità di turnover, potenza d’azione e catena aminoacidica, ma tutte hanno in comune la sequenza pentapeptidica terminale, la quale è quindi la responsabile della sua funzione. Con “gastrinemia” si intende la concentrazione di gastrina nel sangue, il cui valore è utile Continua a leggere

Diverticoli e diverticolosi del colon: cause, sintomi e terapie

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TRA INTESTINO TENUE E CRASSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneLa diverticolosi è una condizione medica caratterizzata dalla presenza di estroflessioni della mucosa e della sottomucosa, definite appunto diverticoli, lungo la parete degli organi cavi dell’apparato digerente. Generalmente si formano in zone di relativa debolezza dello strato muscolare (“locus minoris resistenziæ”) del colon (soprattutto sigma e retto a causa delle maggiori pressioni) o dell’esofago. Sono rari casi che si presentano prima dei 40 anni, età dopo la quale v’è un incremento dell’epidemiologia. La diverticolosi si presenta asintomatica, se diventa sintomatica, come ad esempio nel caso della diverticolite, si parla allora di patologia diverticolare. Le diverticolosi vengono suddivise principalmente in base alla localizzazione lungo il tratto digerente. Sebbene infatti i diverticoli possano presentarsi in un qualsiasi organo cavo dell’apparato digerente, le zone di più comune insorgenza sono principalmente due:

  • diverticolosi esofagea;
  • diverticolosi colica.

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Quanto è diffusa?

La diverticolosi è una condizione relativamente comune, con un’epidemiologia influenzata da vari fattori quali età, razza, e condizione socio-economica. La forma più frequente, la diverticolite asintomatica, ha una prevalenza che varia secondo l’età, colpendo meno del 5% di individui di età inferiore ai 40 anni, arrivando a quote superiori al 65% nella fascia di età oltre gli 85 anni, con un netto incremento a partire dai 60 anni. La diverticolosi interessa più frequentemente paesi occidentali e industrializzati; la ragione non è ancora stata chiarita, ma è stato ipotizzato che la ragione sia da ricercarsi nelle abitudini alimentari e nello stile di vita. A supporto della tesi, la prevalenza del Giappone si è allineata con quella dei paesi occidentali in concomitanza con l’occidentaizzazione del Paese. Si pensa inoltre che abbia un ruolo anche il corredo genetico; la localizzazione dei diverticoli sembra infatti disporsi in base tali fattori: negli individui di etnia mongolide prevalgono i diverticoli nel colon ascendente (circa nel 75% dei casi), mentre nei caucasici la tendenza si sposta nel colon discendente.

Segni e sintomi

Il sintomo caratteristico e di presentazione più comune della diverticolosi è il dolore addominale. Questo dolore può essere di tipo crampiforme oppure diffuso e mal definito. In alcuni casi il dolore appare fin dall’esordio localizzato in fossa iliaca sinistra ed acuto.

La maggior parte delle persone che si presentano al medico con diverticolosi del colon sono già a conoscenza del loro problema e dei cambiamenti insorti gradualmente nelle loro abitudini intestinali. Quando i sintomi compaiono in una persona con più di 40 anni di età resta comunque importante una valutazione specialistica ed escludere patologie più pericolose come il cancro del colon o del retto. La maggior parte dei pazienti lamenta dolore ai quadranti inferiori dell’addome: talvolta questo sintomo si associa a stitichezza. In caso di contemporanea presenza di febbre e brividi è bene pensare alla possibilità di una diverticolite.

Le forme cliniche di diverticolosi del colon sono:

Diverticolosi sintomatica del colon

Si tratta della complicanza più comune della diverticolosi del colon. Si accompagna ad una motilità intestinale (cioè alla natura propulsiva in avanti delle contrazioni muscolari) disorganizzata. Si riflette spesso in spasmo muscolare e si traduce in dolore nei quadranti addominali inferiori, tendenzialmente a sinistra. Talvolta si accompagna all’evacuazione di piccole quantità di feci dure (fecalomi) e muco. Queste evacuazioni alleviano il dolore. I sintomi possono consistere in (1) gonfiore e senso di ripienezza addominale, (2) dolore e modificazioni nelle abitudini intestinali (diarrea o stipsi), (3) senso persistente di disagio non meglio specificato nei quadranti addominali inferiori (a sinistra con maggiore frequenza che a destra), con occasionali episodi di dolore acuto, a fitta, (4) dolore addominale, spesso in basso ed a sinistra, associato o poco dopo i pasti. Se questi sintomi persistono è consigliato eseguire approfondimenti diagnostici.

Diverticolosi del colon complicata

Questo evento è piuttosto raro ma molto pericoloso. I diverticoli possono sanguinare, sia rapidamente (causando emorragie attraverso il retto) sia lentamente (con conseguente anemia). I diverticoli possono infettarsi ed evolvere in ascessi, oppure anche perforare. Si tratta di complicanze molto gravi che richiedono un immediato intervento medico. Quando alla febbre si associa una dolorabilità da rimbalzo ed all’auscultazione non sono più percepibili suoni addominali, ci si trova verosimilmente di fronte ad un quadro di perforazione intestinale con peritonite. Quando il quadro clinico evolve verso l’infezione dei diverticoli e lo sviluppo di ascessi è corretto parlare di diverticolite. Raramente ma è possibile che il processo infiammatorio si estenda alle vicine vie urinarie associandosi pertanto a disuria e pollachiuria. La presenza di una fistola enterovescicale può essere sospettata in caso di pneumaturia o di fecaluria. È bene ricordare che un primo sanguinamento dal retto, soprattutto in soggetti di età superiore ai 40 anni, potrebbe essere correlato al cancro del colon, polipi del colon o malattia infiammatoria intestinale, piuttosto che alla diverticolosi. Ne discende la necessità di ulteriori indagini diagnostiche.

Eziologia

L’esatta eziologia della diverticolosi del colon non è ancora stata completamente chiarita e molte affermazioni sono solo aneddotiche. Oggi si tende molto ad enfatizzare l’importanza del contenuto di fibre nella dieta. Le prime segnalazioni in tal senso hanno inizio con gli studi di Cleave. Tra i lavori più importanti sulla carenza di fibre alimentari come causa di malattia diverticolare è necessario citare quelli di Neil Painter e Adam Smith. Essi sostengono che i muscoli del colon debbono contrarsi con forza per riuscire ad espellere le piccole feci che si associano ad una dieta carente di fibre. L’aumento di pressione che si registra all’interno dell’intestino con il trascorrere degli anni dà luogo ad un’erniazione nel punto della parete intestinale più vulnerabile, e cioè là dove i vasi sanguigni penetrano nella parete del colon. Denis Burkitt ha rilevato che vi possono essere differenti caratteristiche meccaniche tra il colon di soggetti africani ed europei. Poiché gli africani si alimentano con una dieta contenente molte più fibre rispetto agli europei ed utilizzano la naturale posizione accovacciata per la defecazione, sarebbero in grado di espellere feci ingombranti con maggiore facilità, e quindi raramente se non mai, sviluppano la diverticolosi del colon. Il National Institutes of Health degli USA (NIH) considera la teoria delle fibre “non provata”. Nel novembre 2011 uno studio pubblicato su un giornale di gastroenterologia ha riferito che “una dieta ricca di fibre e l’aumentata frequenza dei movimenti intestinali sono associate con una maggiore, piuttosto che minore, prevalenza di diverticolosi”. Una variazione della forza della parete del colon legata all’età potrebbe essere un fattore eziologico. Il tessuto connettivo dà infatti un contributo significativo alla forza della parete del colon. Le proprietà meccaniche del tessuto connettivo dipendono da numerosi fattori: il tipo di tessuto e la sua età, la natura dei legami covalenti intramolecolari ed intermolecolari e la quantità di glicosaminoglicani associati alle fibrille collagene. La sottomucosa del colon è composta quasi interamente di collagene, sia di tipo I che di tipo III. Diversi strati di fibre di collagene formano la sottomucosa del colon umano. I diametri delle fibrille di collagene ed il loro numero sono diversi tra colon destro e sinistro e cambiano con l’età e nella diverticolosi del colon.

In altre parole i cambiamenti che sono normalmente associati all’invecchiamento sono più marcati nella diverticolosi del colon. Iwasaki in uno studio autoptico ha scoperto che la resistenza alla trazione del colon di soggetti giapponesi diminuisce con l’età. Allo stesso modo le proprietà meccaniche del colon sono più forti nei soggetti africani rispetto ai soggetti europei. Tuttavia, questa affermazione basata sulla razza è contraddetta dall’incidenza praticamente identica della malattia diverticolare negli americani bianchi e di colore.

La forza della parete del colon diminuisce con l’età in tutte le sezioni, tranne che nel colon ascendente. La caduta in resistenza alla trazione che si registra con l’età è dovuta ad una diminuzione nell’integrità del tessuto connettivo. I legami covalenti incrociati del collagene sono aumentati nella diverticolosi del colon. Lo strato mucoso è forse più elastico ed è probabile che gli strati esterni più rigidi si rompano e consentano alla mucosa elastica di erniare attraverso le fibre formando un diverticolo.

Il collagene ha collegamenti trasversali intermolecolari ed intramolecolari che stabilizzano e danno forza al tessuto in cui si trova. Un accumulo di molecole di glucidi con legami covalenti e l’aumento dei relativi prodotti di con legami covalenti incrociati è stata trovata in una varietà di tessuti con l’invecchiamento: la pelle, il tessuto vascolare, le corde tendinee delle valvole cardiache ed il colon. Questo fatto riduce la forza e la duttilità del collagene. I diverticoli del colon aumentano di frequenza con l’età. Con l’età si assiste ad una riduzione di forza della mucosa del colon. L’aumento delle contrazioni nel colon discendente e nel sigma dovute ad una dieta a basso contenuto di fibre causano la protrusione attraverso questa parete indebolita. La diverticolosi del colon generalmente è una condizione benigna dell’intestino che diventa sintomatica in una minoranza di casi ed ancor meno frequentemente si trasforma in un problema clinico complicato.

Fattori di rischio

  1. Aumento dell’età
  2. Stipsi
  3. Dieta a scarso consumo di fibre alimentari
  4. Elevato consumo di carne e carni rosse
  5. Disturbi del tessuto connettivo (ad esempio la sindrome di Marfan) che possono causare debolezza della parete del colon
  6. Ereditarietà o predisposizione genetica

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Diagnosi

In caso di diverticolosi asintomatica, la diagnosi è un reperto accidentale solitamente riscontrato nel corso di altre indagini. Una buona anamnesi è spesso sufficiente per condurre alla corretta diagnosi di diverticolosi o diverticolite. Tuttavia è importante che la diagnosi sia confermata e si possano escludere altre patologie (in particolare il cancro del colon-retto) ed eventuali complicanze.

Indagini diagnostiche

Una radiografia diretta dell’addome può mostrare i segni di una parete intestinale ispessita, ileo, stipsi, ostruzione del piccolo intestino oppure aria libera (in caso di perforazione). Questa indagine da sola non è sufficiente a diagnosticare la malattia diverticolare.

È possibile far assumere al paziente del pasto baritato per os in unica soluzione,e quindi eseguire, a distanza di 48-72 ore, una radiografia diretta dell’addome. Con questa tecnica si sfrutta il fatto che i diverticoli, non avendo parete muscolare, espellono il bario con ritardo rispetto al colon propriamente detto. La tecnica favorisce perciò la visualizzazione dei diverticoli ed in alcuni pazienti diviene addirittura possibile “contare” il numero di queste formazioni, in particolare se l’esame viene eseguito in periodi di scarsa infiammazione.

  • Una TC addome con mezzo di contrasto è l’indagine di scelta per gli episodi di diverticolite acuta ed in tutti quei casi in cui si riscontrano complicazioni.
  • La colonscopia permette di mettere in evidenza il diverticolo ed esclude una eventuale neoplasia. La colonscopia dovrebbe essere eseguita entro 4-6 settimane da un episodio acuto.
  • Il clisma opaco è inferiore alla colonscopia in termini di qualità di immagine. Questo esame di solito viene eseguito solo se il paziente presenta delle stenosi od un colon-sigma eccessivamente tortuoso che rende la colonscopia pericolosa o di difficile esecuzione.
  • La risonanza magnetica fornisce un quadro chiaro dei tessuti molli dell’addome, tuttavia il costo di questo esame spesso supera di gran lunga i vantaggi che presenta rispetto alla TC con contrasto od alla colonscopia.
  • Un’angiografia può essere utile in tutti quei pazienti nei quali vi è evidenza di un sanguinamento grave e che possono richiedere un intervento chirurgico. Perché questa procedura sia diagnostica l’entità del sanguinamento deve essere almeno di 0,5 ml al minuto.
  • Non esiste un esame del sangue specifico ed indicativo di diverticolosi.

Tutte le procedure diagnostiche che prevedono l’insufflazione di aria nel colon, ad esempio il clisma opaco con doppio contrasto e la stessa colonscopia, sono controindicate durante gli episodi infiammatori acuti di diverticolite: in particolare per il rischio di una perforazione della parete intestinale. Inoltre il bario potrebbe fuoriuscire nella cavità addominale.

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Gestione

Molti pazienti con diverticolosi hanno un minimo disagio o sono asintomatici, pertanto non richiedono alcun trattamento specifico. Una dieta con un alto contenuto di fibre od una integrazione di fibre non assorbibili sono consigliabili al fine di prevenire la stitichezza. L’American Dietetic Association raccomanda almeno 20-35 grammi di fibre al giorno.

La crusca derivante dal frumento sembra essere molto efficace in quanto ha dimostrato di ridurre le pressioni che si sviluppano all’interno del colon. L’ispagula (conosciuta anche come psillio: è il sottile strato superficiale che riveste i semi della Plantago ovata, una pianta che cresce spontanea in Afghanistan, Iran, Arabia Saudita ed Egitto) è efficace al dosaggio di 1-2 grammi al giorno. È invece bene evitare gli stimolanti del colon. Secondo l’Istituto Nazionale del Diabete e di Malattie Digestive e Renali degli USA (NIDDK) alcuni alimenti quali le noci, i popcorn, i semi di girasole, i semi di zucca, i semi di cumino ed i semi di sesamo sono stati tradizionalmente classificati come in grado di determinare una accentuazione dei disturbi in soggetti affetti da questa patologia. Tuttavia, non esistono dati scientifici a sostegno di questa ipotesi. Sempre secondo il NIDDK altri alimenti quali i semi di pomodoro, le zucchine, i cetrioli, le fragole, i lamponi ed i semi di papavero, non sono considerati dannosi.

Alcune cure, come alcuni trattamenti di pulizia colon che provocano feci dure, stipsi, ed una accentuazione dello sforzo della defecazione, non sono raccomandati. Secondo alcuni medici è consigliabile evitare cibi fritti, noci, mais e semi per prevenire le complicanze della diverticolosi. Se queste restrizioni dietetiche siano favorevoli è ancora incerto. Recenti studi hanno affermato che le noci ed i popcorn non influiscono su pazienti con diverticolosi o complicazioni diverticolari. Quando il dolore spastico diviene fastidioso l’uso di olio di menta piperita (1 goccia in 50 ml di acqua), o di compresse di menta piperita può essere utile.

Le complicanze della diverticolosi vanno trattate. Queste complicanze sono spesso raggruppati sotto la singola diagnosi di diverticolite e richiedono cure mediche specialistiche sia per il sanguinamento, sia dell’infezione, sia della perforazione. Queste complicanze spesso richiedono un intenso trattamento antibiotico, fluidi per via endovenosa e talvolta il ricorso all’intervento chirurgico. Le complicazioni sono più comuni nei pazienti che assumono aspirina od altri FANS. Dal momento che la diverticolosi si verifica in una popolazione più anziana, tali complicanze sono spesso eventi decisamente gravi.

Complicazioni

L’infezione di un diverticolo può causare diverticolite. Questo evento si verifica in circa il 10%-25% delle persone con diverticolosi. In circa il 15% dei pazienti con diverticoli si può manifestare un sanguinamento. Nella gran parte dei pazienti il sanguinamento si arresta spontaneamente e non tende a ripresentarsi. La perforazione è un evento che si presenta con una frequenza inferiore. Altre complicanze possibili sono l’ostruzione intestinale (la stipsi o la diarrea non escludono questa possibilità), la peritonite, la formazione di ascessi, la fibrosi retroperitoneale, la sepsi e la formazione di fistole (ad esempio fistole colon vescicali). Raramente si possono formare dei coproliti. Una dieta a basso contenuto di fibre ed alto contenuto di grassi, la stipsi e l’uso di lassativi irritanti e stimolanti la mucosa intestinale aumentano il rischio di sanguinamento. Anche una storia di diverticolite aumenta la possibilità di sanguinamento. L’infezione si verifica spesso a causa della presenza di un coprolita all’interno di un diverticolo. Oltre il 10% della popolazione statunitense di età superiore ai 40 ed il 50% di età superiore ai 60 presenta diverticolosi. Questa malattia è comune negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Australia e Canada. Risulta invece rara in Asia ed in Africa. Più in generale è corretto dire che la malattia è tipica di tutte le società industrializzate occidentali ed esiste un’ampia letteratura scientifica che ne documenta l’assenza o la minore incidenza nei paesi in cui permane un alto consumo di fibre nella dieta e nelle popolazioni vegetariane.

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Si può vivere senza stomaco? Conseguenze della gastrectomia

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STOMACO ANATOMIA FUNZIONI SINTESI macro Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneLo stomaco ha varie funzioni tra cui quella principale è digerire in filamenti lineari le molecole proteiche ingerite con l’alimentazione (denaturazione), mediante l’azione dell’acido cloridrico e di alcuni enzimi, al fine di consentirne poi l’assorbimento al livello dell’intestino tenue. In caso di gastrectomia parziale o totale (rimozione chirurgica dello stomaco che si rende necessaria specie in presenza di cancro gastrico), la vita è possibile? La risposta è insita nell’intervento chirurgico che di fatto collega una parte dell’intestino (quasi sempre il digiuno) con l’esofago, ricreando quindi una continuità del tratto digerente. Aiutati dai succhi biliari e pancreatici, anche i gastrectomizzati riescono a digerire il cibo. Risulta anche importante una lunga masticazione. Certo, cambia il tipo di alimentazione: alcuni cibi diventano indigeribili, altri creano fastidi. Ma mangiando poco e spesso, e provando varie combinazioni si riesce quasi sempre a trovare una buona soluzione per la nuova alimentazione. L’aiuto più grande deve venire da un nutrizionista“esperto, che potrà fornire i consigli migliori su come adattarsi alla nuova alimentazione. Certamente la vita non sarà la stessa del pre-intervento in quanto ci si sentirà più spesso stanchi e si dovrà essere una costante integrazione vitaminica (Vit B, Vit. D, ferro, folina ecc ecc.) da valutare con il medico in base agli esami.

Pasti consigliati

Quasi tutti i pazienti dopo l’intervento si sentono meglio se consumano pasti piccoli e frequenti: poco e spesso. Tuttavia il poco, con il passare dei mesi, aumenterà sempre di più fino a consentire pasti quasi normali.
Se si fa un pasto eccessivamente abbondante, il cibo può rimanere nel neo-stomaco troppo a lungo causando nausea e gonfiore ed in qualche caso questa sintomatologia si risolverà solo dopo avere vomitato il cibo ingerito. Non esistono farmaci che evitino questi episodi ed è quindi molto importante che abbiate l’accortezza di limitare la quantità di cibo ingerita per ogni pasto.
In qualche altro caso, può capitare, subito dopo il pasto, di sentirsi male con vertigini, senso di calore, sudorazione abbondante, aumento della frequenza cardiaca (tachicardia) e quasi sempre forti dolori addominali accompagnati da episodi di diarrea. Questo corteo di sintomi viene definito “Dumping Syndrome”. La Sindrome Dumping è dovuta al fatto che il cibo a causa dell’operazione subita può passare troppo rapidamente attraverso il tubo digerente richiamando liquidi dal circolo e provocando un’ipoglicemia. Questa sintomatologia può essere di solito aggravata dall’assunzione di cibi dolci o bevande zuccherate. Questi episodi non devono comunque crearvi eccessivo allarme ed i dolori addominali non indicano nessun danno e normalmente scompaiono in % -1 ora circa. Per fare in modo che questi episodi non si ripetano mangiate lentamente e, soprattutto all’inizio, solo piccole quantità di cibo finché non conoscete le vostre capacità; ulteriore accorgimento sarà quello di evitare l’assunzione contemporanea di cibi liquidi e solidi: bevete dopo circa 15-20 minuti dal pasto!
Ricordate infine che le bevande gassate (dall’acqua minerale alla Coca Cola) sono da evitare. Mangiare spesso può essere anche un piacere. Caffè e biscotti la mattina; un dolcetto con il thè del pomeriggio; una piccola sosta tra il primo ed il secondo durante i pasti principali, uno spuntino prima di andare a coricarsi. Cercate di rendere il momento del pasto una piacevole attività, ora avete tutto il tempo per conversare, non c’è bisogno di arrabbiarsi se il servizio è lento quando uscite a cena.

Guadagnare peso

Mangiare tra un pasto e l’altro è ciò che normalmente si deve evitare quando si vuole dimagrire; ora, soprattutto nel primo anno dopo la gastrectomia, è quello che dovrete fare se volete guadagnare un po’ del peso che avete perso. E’ piuttosto frequente continuare a dimagrire anche dopo avere lasciato l’ospedale, spesso per alcuni mesi, fino a quando il nostro organismo non comincia a normalizzarsi ed un po’ alla volta il peso aumenta. Non preoccupatevi di tutto ciò. Generalmente non si guadagna mai il peso precedente, ma si arriva comunque ad un “nuovo peso forma”. E’ possibile che impieghiate anche un anno o più e l’abitudine a mangiare poco e spesso può essere di aiuto per raggiungere questo scopo.
Se nei primi giorni dopo l’intervento non avete appetito cercate almeno di assumere integratori alimentari ricchi di proteine, vitamine, carboidrati etc. (per esempio Fortimel, Meritene, Nutrikal, Nutridrink, ecc… ) che vi consentiranno di mantenere il peso senza introdurre quantità troppo abbondanti di cibo. Il personale medico ed infermieristico sarà felice di consigliarvi in proposito.

Il ristagno di cibo

Alcune volte può accadere che la guarigione delle anastomosi (giunzione fra esofago e digiuno o fra stomaco residuo e digiuno) possa provocare una zona di fibrosi sulla cicatrice, con conseguente restringimento del lume del viscere, per questo motivo il cibo potrebbe ristagnare provocando episodi di vomito alimentare. Se ciò dovesse accadere si procederà alla dilatazione dell’anastomosi per via endoscopica. Questa manovra viene eseguita ambulatoriamente e senza necessità di anestesia generale ma con solo una blanda sedazione (Valium e.v.). Qualora dovesse presentarsi questo problema di ristagno di cibo con vomito alimentare non aspettate troppo a lungo, ma contattate telefonicamente il reparto dove siete stati operati.

Il reflusso biliare

Dopo l’intervento, soprattutto se si è trattato di una gastrectomia totale, potreste avere un rigurgito amaro con un bruciore retrosternale intenso. Ciò è dovuto al reflusso di bile che risale l’ansa digiunale che sostituisce lo stomaco e va a bagnare l’esofago provocando questa spiacevole sensazione. La possibilità che questo inconveniente si verifichi si riduce con il passare del tempo (nella maggior parte delle persone entro i 6-8 mesi dall’intervento) anche se a volte può succedere a distanza anche di anni. Per evitare o ridurre questo fenomeno è importante che non passi molto tempo tra uno spuntino e l’altro (massimo 1 ora e mezza). Il cibo infatti nel vostro intestino neutralizza la bile e previene il rigurgito; questa azione possono averla anche alcuni farmaci antiacidi attualmente in commercio in forma di sciroppo o bustine (Maalox, Gastrogel, ecc…). Dal momento che il rigurgito biliare insorge spesso la notte, è consigliabile dormire con 2-3 cuscini sotto le spalle in modo da evitare la posizione orizzontale ed inoltre potrebbe essere utile l’assunzione di un piccolo spuntino prima di coricarsi.

Intolleranza al latte

Dopo una gastrectomia la digestione del latte può essere alterata ed i piatti che lo contengono possono provocare nausea o diarrea: Ricordate però che non tutti hanno questo problema: è consigliabile quindi fare dei tentativi ed in caso si presentassero disturbi sostituire il latte con altre bevande (thè al limone, caffè) e tenersi alla larga da creme e budini per almeno un paio di mesi. Trascorso tale periodo potete riprovare il tentativo magari con latte scremato o a basso contenuto di lattosio o ancora latte di soia.

Flatulenza ed eruttazione

Dopo questi interventi avrete una tendenza maggiore all’eruttazione ed alla flatulenza ed alcune volte ciò potrebbe essere imbarazzante, ma con il tempo si riesce a controllare il fenomeno.

Diarrea

Soprattutto nei primi mesi dopo l’intervento vi può essere una tendenza ad avere la diarrea. Spesso essa si presenta senza un motivo apparente e non ha alcun legame con ciò che avete mangiato. Come detto in precedenza (Sindrome Dumping) la diarrea potrebbe essere accompagnata da colica addominale.
Può essere saggio in tale evenienza ridurre i cibi ricchi di fibre (insalata, frutta,pane e pasta integrali, fagioli e piselli,eco…)e sarà utile attenersi ad una dieta ricca di carne, pesce, uova, patate fino a quando questi sintomi non si siano risolti. E’ senza dubbio una seccatura, ma non dovete preoccuparvi e piuttosto, imparate a controllare questa diarrea con i cibi. La diarrea può avere naturalmente anche altre cause e consultate quindi il medico se dovesse persistere.

Gli alcolici

Non c’è alcuna ragione per cui non si possano bere alcolici in moderata quantità, ma il loro effetto può essere sentito più rapidamente di prima e quindi bisogna essere attenti e moderati.

Ferro e Vitamina B12

Lo stomaco nell’uomo ha solo funzioni di contenitore e non ha quindi alcun ruolo nei processi digestivi che vengono effettuati dai succhi pancreatici e dalla bile. Questo fatto consente agli operati di gastrectomia di non avere alcuna limitazione di tipo qualitativo. Potete infatti mangiare qualsiasi alimento, esattamente tutto quello che mangiavate prima dell’intervento. L’unico accorgimento deve riguardare, come detto, unicamente la quantità che dovrà essere limitata per singolo pasto.
lo stomaco riveste però grande importanza per l’assorbimento del Ferro e della Vitamina B12. Per quel che riguarda il Ferro è comunque consigliabile un controllo semestrale dei valori di Sideremia, Tranferrina e soprattutto di Ferritina per poter valutare l’eventuale necessità di una terapia sostitutiva. Se siete stati sottoposti a gastrectomia subtotale si ha un recupero dei processi di assorbimento, per cui la carenza di Ferro diviene più rara. Diverso è il discorso per quanto riguarda la Vitamina B12 che non sarete più in grado di assorbire per tutta la vita in quanto è stato asportato il pezzo di stomaco dove viene prodotto il cosiddetto fattore intrinseco che, coniugato alla Vitamina B12, ne consente l’assorbimento. Per questo motivo ricordatevi che è necessario eseguire una volta all’anno un ciclo di 12 iniezioni di Vitamina B12 per via intramuscolare.

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Differenza tra intestino tenue e crasso (anatomia e funzioni)

MEDICINA ONLINE INTESTINO COLON TENUE CRASSO APPENDICE TRASVERSO ASCENDENTE DISCENDENTE RETTO ANO COLECISTI STOMACO DUODENO ILEO PARALITICO ADINAMICO MECCANICO OSTRUZIONE OCCLUSIONE SUBOL’intestino è l’ultima parte dell’apparato digerente ed è un tubo di diametro variabile con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso e lungo circa 8 metri in tutto.

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L’intestino è distinto in due parti principali:

  • intestino tenue;
  • intestino crasso.

L’intestino tenue (o piccolo intestino) è la prima parte dell’intestino dopo lo stomaco, è lungo circa 5 metri ed è composto da:

  • duodeno;
  • digiuno;
  • ileo.

Digiuno ed ileo insieme formano l’intestino tenue mesenteriale. L’ileo si continua con l’intestino crasso tramite la valvola ileo-cecale. L’intestino crasso (o grande intestino) è lungo mediamente 170 cm, con un diametro di circa 7 cm. Il punto di collegamento tra l’intestino tenue e quello crasso sono l’ileo (ultimo tratto del tenue) ed il cieco del crasso (primo tratto). Anatomicamente viene suddiviso in tre tratti che vengono rispettivamente chiamati:

  • cieco;
  • colon (ulteriormente diviso in ascendente, trasverso, discendente e sigmoideo o ileopelvico);
  • retto.

Differenze nella morfologia (in sintesi)
L’intestino crasso si differenzia fisicamente dal piccolo intestino, in quanto il primo risulta essere molto più ampio. La parete del grosso intestino è rivestita da epitelio colonnare semplice; invece di avere le evaginazioni dell’intestino tenue (villi intestinali), l’intestino crasso ha invaginazioni (le ghiandole intestinali). Anche se sia l’intestino tenue che quello crasso hanno cellule caliciformi, queste sono più abbondanti nel secondo.

Differenze nelle funzioni

  • All’interno del duodeno (la prima porzione del tenue) si portano a termine la maggior parte dei processi digestivi (digestione chimica). Infatti la bile proveniente dal pancreas attraverso il coledoco serve a emulsionare (ridurre a piccole goccioline) i grassi e renderli digeribili. Inoltre il succo pancreatico serve a digerire carboidrati,proteine e lipidi – in compartecipazione con la bile – grazie al cocktail di enzimi prodotti dalla sua porzione esocrina, quali proteasi, lipasi e amilasi pancreatica. Inoltre gli stessi enterociti partecipano attivamente alla digestione chimica grazie ad alcuni enzimi presenti al loro interno che hanno a che fare sopratutto con la digestione di carboidrati e proteine. Contengono infatti esopeptidasi (per le proteine), lattasi, saccarasi e maltasi per i glucidi, dato che possono essere assorbiti solo sotto forma di monosaccaridi.
  • L’intestino tenue mesenteriale (cioè digiuno ed ileo) è invece in particolar modo il teatro dell’assorbimento delle sostanze nutritizie. Il processo è favorito dalla vasta superficie di assorbimento partecipata da villi, microvilli e pliche circolari.
  • Il compito dell’intestino crasso è assorbire acqua ed elettroliti, pari a circa 1,5 litri al giorno, che passano attraverso la valvola ileocecale. Il colon assorbe vitamine che vengono create dai batteri del colon, come la vitamina B, vitamina K, cobalamina, tiamina e riboflavina. Inoltre compatta le feci e mantiene la materia fecale nel retto fino a quando può essere scaricata attraverso l’ano durante la defecazione.

Per approfondire: Differenza tra intestino, duodeno, digiuno, ileo, tenue, crasso, retto, ano

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Pancreas: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE PANCREAS ADDOME TUBO DIGERENTE INTESTINO DUODENO DIABETE INSULINA GLUCAGONE SOMATOSTATINA POLIPEPTIDE PANCREATICO GHIANDOLA ENDOCRINA ESOCRINA ANFICRINA DOVE SI TROVA FUNZIONI DESTRA SINISTRAIl pancreas è una grande ghiandola annessa all’apparato digerente, lunga e piatta, situata trasversalmente nella parte superiore e posteriore della cavità addominale. Il pancreas è formato da una parte esocrina e una endocrina. La sua principale funzione è quella di produrre succo pancreatico (prodotto dalla parte esocrina), insulina e glucagone (entrambi prodotti dalla parte endocrina). Il succo pancreatico ha la funzione di digerire alcune sostanze nell’intestino tenue, mentre l’insulina ed il glucagone hanno come principale funzione quella di controllare la concentrazione di glucosio nel sangue.

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Anatomia del pancreas
Il pancreas è una grossa ghiandola di forma allungata, rassomigliante ad una lingua più spessa nella sua porzione mediale, accolta nella concavità del duodeno, e più sottile e schiacciata nella sua porzione laterale che si spinge fino all’ilo della milza, in direzione antero-superiore rispetto alla testa. Si trova compreso tra L1 e L2 (prime due vertebre lombari) la coda risale sino alla 7ª costa, ed è un organo retroperitoneale. Anteriormente al pancreas vi è lo stomaco, che lo copre completamente, le arterie e le vene gastroepiploiche, la prima porzione del duodeno (presso la testa), l’arteria gastroduodenale, medialmente la seconda e terza porzione del duodeno che lo separano dal rene destro, lateralmente la milza, i vasi splenici, le arterie gastriche brevi, posteriormente il condotto coledoco, l’aorta, la vena cava inferiore, i vasi genitali e i vasi mesenterici superiori (a livello della testa e del collo), il rene sinistro (presso la coda), superiormente l’arteria splenica (che vi è incorporata) e il tronco celiaco con i suoi rami, inferiormente la quarta porzione del duodeno e il mesocolon trasverso e che lo unisce al colon trasverso. Nei soggetti giovani raggiunge un peso di circa 80-100 grammi, e misura circa 12–15 cm dalla testa alla coda in età adulta, anche se il suo tessuto esocrino tende a diminuire con l’avanzare dell’età diventando atrofico, è largo 4 cm e spesso 2 cm. È di colore rosa salmone, e una consistenza piuttosto dura e mostra una superficie lobulata. Il parenchima del pancreas è distinto in quattro parti che prendono il nome di testa, collo, corpo e coda, cui si deve aggiungere il processo uncinato, che ha una differente origine embriologica rispetto alle altre porzioni. Il pancreas è mantenuto stabile nella sua posizione dal duodeno, che ne accoglie la testa, dal peritoneo parietale posteriore, che lo riveste, e dal “legamento pacreaticolienale”, che ne fissa la coda all’ilo della milza.

  • La testa del pancreas è la porzione più spessa e voluminosa della ghiandola, schiacciata antero-posteriormente come il resto dell’organo, si trova accolta nella concavità duodenale, è in rapporto anteriormente con il canale pilorico e la prima porzione del duodeno, il mesocolon trasverso che la separa dal colon trasverso e talvolta alcune anse ileali, medialmente con la seconda e terza porzione del duodeno, inferiormente con la quarta porzione, lateralmente con la vena mesenterica superiore, posteriormente con il condotto coledoco, la vena cava inferiore, la vena lienale, l’aorta, l’arteria e la vena genitale destra. In alcuni casi parte della testa del pancreas è letteralmente incorporata nella parete duodenale. Inferiormente e lateralmente la testa si continua con un processo a forma di uncino, che prende proprio il nome di processo uncinato, mentre superiormente e lateralmente il parenchima si restringe e diventa più sottile, questa porzione è detta collo. È quasi completamente ricoperta dal peritoneo.
  • Il collo (o istmo) è la prosecuzione laterale della testa, è più stretto e sottile di questa e si continua lateralmente con il corpo. Si considera facente parte del corpo una regione molto stretta del pancreas, di circa due centimetri, definita come la porzione del parenchima pancreatico anteriore alla vena porta (la confluenza tra vena mesenterica superiore e vena lienale è proprio posteriore a questa porzione). Superiormente è in rapporto con il tronco celiaco e con la vena porta, posteriormente con la vena porta, la vena mesenterica superiore (talvolta anche l’arteria mesenterica superiore) e la vena lienale, anteriormente con il piloro e i vasi gastroduodenali, inferiormente con il mesocolon trasverso. È ricoperto dal peritoneo.
  • Il corpo è una porzione allungata e appiattita della ghiandola che ne forma gran parte del suo prolungamento laterale, è lungo infatti 8–10 cm. La sua forma triangolare in sezione ne fa distingue tre facce (antero-superiore, antero-inferiore e posteriore) e tre margini (superiore, anteriore e inferiore). La faccia antero-superiore forma la metà superiore della porzione anteriore della ghiandola ed è divisa dalla antero-inferiore dal margine superiore; è quasi completamente ricoperta dal peritoneo. È separata dallo stomaco dalla borsa omentale. La faccia antero-inferiore forma la metà inferiore della porzione anteriore, è completamente rivestita dal peritoneo e si continua con il mesocolon trasverso che prende inserzione sul margine superiore. La faccia posteriore non è rivestita dal peritoneo. Il corpo del pancreas è in rapporto superiormente con l’arteria splenica, posteriormente con il rene sinistro e la vena splenica, inferiormente con il digiuno e si continua lateralmente con la coda del pancreas.
  • La coda è l’estremità laterale della ghiandola e ne forma solo una piccola porzione, lunga mediamente 2,5 cm. Presenta un margine laterale arrotondato ed è situata tra i due foglietti del legamento lieno-renale. È in rapporto posteriormente con la vena splenica, superiormente o posteriormente con l’arteria splenica, posteriormente con il rene sinistro, lateralmente con l’ilo della milza, anteriormente con il colon trasverso. Non è ricoperta dal peritoneo.
  • Il processo uncinato si estende lateralmente ed inferiormente alla testa del pancreas. È collocato posteriormente alla vena mesenterica superiore, qualche volta all’arteria mesenterica superiore, è anteriore all’aorta, superiore alla terza o quarta porzione del duodeno.

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Dotti pancreatici
Il pancreas esocrino è costituito da gruppi di cellule acinose, a loro volta costituenti lobuli i quali sono separati tra loro da esili setti connettivali derivanti da una sottile capsula. Il secreto è riversato all’interno di un sistema di condotti pancreatici che poi si svuotano nel duodeno. Il condotto pancreatico principale (o condotto di Wirsung) scorre all’interno del pancreas, centralmente, più vicino alla faccia posteriore che a quella anteriore, seguendo la forma della ghiandola e dirigendosi dalla coda verso la testa con un percorso leggermente sinuoso. Dei dotti lobulari lo raggiungono formando con esso angoli acuti e così la struttura dei dotti pancreatici del corpo e della coda rassomiglia a quella di una lisca di pesce.

Il calibro del condotto pancreatico principale cresce dalla coda verso la testa passando da 1 mm nella coda a 3 mm nella testa, in virtù della necessità di accogliere quantità sempre maggiori di succo pancreatico. Giunto presso la testa il condotto pancreatico principale piega inferiormente per poi curvare di nuovo verso destra e collegarsi con il condotto coledoco, formando una struttura più espansa detta ampolla epatopancreatica comune (del Vater). Anche nella testa il condotto pancreatico comune riceve condotti lobulari, di calibro maggiore rispetto a quelli di corpo e coda, che lo raggiungono con una disposizione quasi radiale. A sua volta l’ampolla del Vater sbocca nella parete postero-mediale della seconda porzione del duodeno, rappresentando lo sbocco comune della bile e del succo pancreatico nell’intestino. Un secondo dotto pancreatico accessorio (del Santorini) è quasi sempre presente, raccoglie il succo pancreatico della porzione anteriore della testa del pancreas, ed è di calibro decisamente inferiore rispetto al condotto principale, con cui è collegato da condotti secondari di piccolo calibro.

Il succo pancreatico raccolto dal dotto pancreatico accessorio può sboccare nel condotto principale qualora non vi sia sbocco nel duodeno, ma di norma presenta uno sbocco separato costituito da una papilla arrotondata posta un paio di centimetri superiormente ed anteriormente rispetto all’ampolla di Vater. In generale, però, entrambi i dotti presentano notevole variabilità anatomica. Il succo pancreatico, secreto dal pancreas esocrino è basico a causa dell’elevato contenuto in ioni bicarbonato e contiene enzimi proteolitici (tripsina, chimotripsina, elastasi), enzimi glicolitici (amilasi), enzimi lipolitici (lipasi pancreatiche), nucleasi, ribonucleasi e desossiribonucleasi.

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Vasi e nervi del pancreas

  • Arterie del pancreas. Le arterie principali che irrorano il pancreas sono: l’arteria pancreaticoduodenale superiore e l’arteria pancreaticoduodenale inferiore, a queste si aggiungono rami dell’arteria splenica.
    • L’arteria pancreaticoduodenale superiore è un ramo di piccolo calibro dell’arteria gastroduodenale, che subito dopo essere emersa dalla precedente si divide in un ramo anteriore e in uno posteriore. Il ramo anteriore si dirige a destra passando anterioremente ed inferiormente tra la testa del pancreas e il margine mediale della seconda porzione del duodeno, fornisce numerosi rami con la testa del pancreas i quali si anastomizzano con i corrispondenti dell’arteria pancreaticoduodenale inferiore, la stessa cosa fa il posteriore passando però dietro la testa del pancreas. Entrambi i rami confluiscono inferiormente con i corrispondenti dell’arteria pancreaticoduodenale inferiore.
    • L’arteria pancreaticoduodenale inferiore è un ramo dell’arteria mesenterica superiore, nasce al di sotto del corpo del pancreas, subito si biforca in un ramo anteriore e in uno posteriore che si portano a destra e superiormente (anteriormente e posteriormente alla testa del pancreas), descrivendo una curva con la concavità rivolta verso sinistra, dopodiché si anastomizzano con i rami corrispondenti dell’arteria pancreaticoduodenale superiore. È la principale arteria responsabile della vascolarizzazione del processo uncinato.
    • L’arteria pancreatica dorsale è costituita da due rami dell’arteria splenica, uno si porta a destra posteriormente al corpo del pancreas che irrora, per confluire nell’arteria pancreaticoduodenale superiore (ramo posteriore), l’altra si porta inferiormente e a sinistra prima posteriormente al corpo, poi lungo il margine inferiore ed infine nella porzione inferiore della faccia antero-inferiore della ghiandola, irrorando la porzione inferiore del corpo ed anastomizzandosi con l’arteria pancreatica maggiore.
    • L’arteria pancreatica maggiore è un ramo dell’arteria splenica che si porta a sinistra e posteriormente al corpo del pancreas, che irrora emettendo numerosi rami. Prosegue verso la coda costituendo l’arteria della coda del pancreas che invece irrora la parte della ghiandola da cui prende il nome.
    • L’arteria mesenterica superiore, che nasce dall’ aorta addominale sotto il tronco celiaco, oltre all’ intestino tenue mesenteriale e la metà destra dell’ intestino crasso irrora anche il pancreas.
  • Vene del pancreas. La testa, il collo e il processo uncinato del pancreas sono drenati da piccole vene, rami delle vene pancreaticoduodenali superiori ed inferiori, che decorrono nella faccia antero-superiore del pancreas decorrendo insieme ai rami anteriore e posteriore dell’arteria pancreaticoduodenale superiore. La vena pancreaticoduodenale inferiore sbocca nella vena mesenterica superiore che a sua volta drena nella vena porta dietro il collo del pancreas, mentre la vena pancreaticoduodenale superiore sbocca direttamente nella vena porta. Alcune piccole vene non sboccano nelle vene pancreaticoduodenali ma direttamente nella vena porta e vengono dette vene della testa e del collo del pancreas. Il corpo e la coda del pancreas sono drenate da numerose vene minori (vene del corpo e della coda del pancreas) che drenano direttamente nella vena lienale, che decorre posteriormente al corpo, oppure nella vena mesenterica inferiore, che subito dopo però sbocca di nuovo nella vena lienale. Alcuni vasi venosi formano anastomosi con le vene lombari.
  • Linfatici. Il pancreas possiede un complesso sistema di vasi linfatici. I capillari linfatici originano attorno agli acini della sua porzione esocrina, mentre sono assenti all’interno delle isole di Langerhans, poi drenano in vasi di calibro sempre maggiore seguendo il decorso arterioso e sboccando infine nei molteplici gruppi linfonodali vicini all’organo. In particolare, in vasi linfatici del processo uncinato, della testa e del collo drenano nei linfonodi collocati presso l’arteria mesenterica superiore, le arterie pancreaticoduodenali e l’arteria epatica e in misura minore i linfonodi celiaci e preaortici. I vasi linfatici di corpo e coda drenano nei linfonodi pancreaticolienali e in misura minore nei preaortici.
  • Innervazione. Il pancreas è innervato dal sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico. Le fibre simpatiche pregangliari originano nei mielomeri toracici T5-T10, penetrano nei gangli della catena del simpatico e da qui discendono attraverso il nervo grande splancnico toracico nel plesso celiaco e nel plesso pancreaticoduodenale dove sinaptano nei gangli nervosi. Le fibre nervose postgangliari di questi due plessi seguono il decorso dei vasi arteriosi (arterie pancreaticoduodenali, arteria lienale) che irrorano il pancreas per innervarlo penetrando sin tra gli acini. Le fibre simpatiche hanno azione vasocostrittrice e in parte secretomotoria. Le fibre parasimpatiche derivano dal nervo vago posteriore e dai nervi parasimpatici del plesso celiaco ed hanno funzione vasodilatatrice e secretomotoria. Le fibre pregangliari provenienti dal vago sinaptano a direttamente nel parenchima pancreatico dove sono presenti gangli nervosi, le fibre postgangliari terminano sugli acini, per cui ciascun lobulo è innervato da una rete di fibre simpatiche e parasimpatiche e così ogni acino. La sensibilità dolorifica (o di altro tipo) pancreatica ha afferenze simpatiche e parasimpatiche.

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Anatomia microscopica
Il pancreas è funzionalmente suddiviso in una parte esocrina (lat. pars esocrina), preponderante (97-99% del totale) formata dagli acini pancreatici e in una endocrina (1-3%) costituita dalle isole di Langerhans (lat. pars endocrina).

  • Esocrino. Il pancreas esocrino è una ghiandola tubuloacinosa composta, suddivisa in due lobuli da sepimenti connettivali lassi che si dipartono dalla sua capsula e in cui decorrono i vasi sanguigni, i vasi linfatici e i nervi. Ciascun lobulo pancreatico è suddiviso in centinaia di acini, raggruppamenti cellulari sferici e unità secernenti della ghiandola. Da ciascun acino parte un dotto preterminale che confluisce in un dotto intralobulare e molti dotti intralobulari confluiscono a formare un dotto intercalare che a sua volta si getta in dotti di calibro sempre maggiore sino a sboccare nel condotto pancreatico principale o in quello accessorio. Le cellule acinose pancreatiche hanno forma piramidale con la base spesso a contatto con sottili capillari, da cui è separata dall’endotelio e da una lamina basale, e con apici rivolti verso il dotto intralobulare. Possiedono un nucleo tondeggiante in cui è comune reperire due nucleoli, circondato ai lati e alla base da un reticolo endoplasmatico rugoso particolarmente sviluppato data la loro funzione secretoria, un reticolo endoplasmatico liscio discretamente sviluppato, molti mitocondri, soprattutto nella regione basale, numerosi i ribosomi, piuttosto sviluppato l’apparato di Golgi e in posizione centrale, mentre nella porzione apicale della cellula si riscontrano quasi sempre grandi granuli sferici contenenti sostanze elettrondense, i granuli di zimogeno, con dimensioni alquanto variabili. Lo zimogeno in questo caso è un cocktail di numerosi proenzimi, in forma inattiva che costituiscono il succo pancreatico. Le sue proteine sono sintetizzate nel reticolo endoplasmatico ruvido, processate nel Golgi ed escrete nel lume del dotto intralobulare all’apice della cellula. Ciascuna cellula acinosa è collegata con le adiacenti da numerose giunzioni specializzate collocate sulla membrana plasmatica laterale, mentre sulla sua porzione basale spesso si riscontrano terminazioni nervose colinergiche (eccitosecretorie e parasimpatiche). La porzione apicale della membrana è provvista di numerose estroflessioni. Colorate con ematossilina-eosina le cellule acinose sono fortemente basofile a causa del loro reticolo endoplasmatico rugoso, del nucleo e dei ribosomi. La stimolazione ormonale di queste cellule avviene con il rilascio di colecistochinina duodenale (CKK) da parte del duodeno. Le cellule centroacinose, poste per l’appunto al centro dell’acino, sono adiacenti ai dotti intralobulari e vi si affacciano. La loro funzione concerne la produzione di ioni bicarbonato e il trasporto dell’acqua. Questi aspetti sono regolati neuralmente dal nervo vago posteriore mediante terminazioni colinergiche ed ormonalmente mediante la secretina da parte del duodeno e del digiuno. Le cellule che delimitano i dotti intralobulari sono inizialmente appiattite, man mano che il calibro del dotto aumenta diventano prima cubiche ed infine cilindriche. Disperse tra le cellule degli acini e dei dotti pancreatici si riscontrano occasionali cellule neuroendocrine. Le cellule stellate sono cellule simili a miofibroblasti con un corpo centrale e lunghi processi citoplasmatici che abbracciano una porzione o un intero acino, anche se si riscontrano anche presso il sistema duttale. La loro funzione, non del tutto compresa, sembrerebbe quella di facilitare lo svuotamento della secrezione nei dotti. Sono regolate da stimolazione ormonale. L’azione secernente del pancreas è continua, ma si svolge a un livello modesto; essa aumenta però considerevolmente sotto lo stimolo neuroendocrino della secretina e della pancreozimina, prodotti nel duodeno che raggiungono il pancreas attraverso il circolo sanguigno. Il succo pancreatico viene immesso nel duodeno non in modo episodico, come la bile: al momento della digestione avviene un rilascio massivo e rapido di succo pancreatico. La mancanza di un serbatoio per il succo pancreatico rende necessaria l’esistenza di altri meccanismi di regolazione, in primo luogo le formazioni sfinteriche della “papilla duodenale“, che occludono parzialmente il condotto pancreatico principale: ciò tuttavia non spiega il rilascio massivo nella fase digestiva. La secrezione pancreatica viene resa notevolmente attiva da stimolazioni di natura nervosa ed endocrina (pancreozimina e secretina). Questa stimolazione determina uno svuotamento massivo delle cellule sierose, i granuli di “zimogeno” si fondono tra loro e si ha lo svuotamento massivo.
  • Endocrino. Il pancreas endocrino è costituito da circa 1 milione di isole di Langerhans, ammassi cellulari (diametro: 100 micrometri) di forma tondeggiante costituiti da cordoni, distribuiti in particolare nella coda e nel corpo della ghiandola. In ematossilina-eosina appaiono come aggregati cellulari poco colorati in mezzo al parenchima esocrino fortemente basofilo. Non possiedono vasi linfatici ma sono percorse da un fitto plesso di capillari fenestrati in cui riversano i loro ormoni e possiedono una ricca innervazione tanto che quasi tutte le cellule sono a contatto con un capillare e molte con terminazioni nervose. Sono stati identificati cinque tipi cellulari all’interno di ciascuna isola di Langerhans. Le cellule α sono disposte alla periferia dell’isola, sono piuttosto numerose (15-20% del totale) e secernono glucagone, le cellule β sono le più numerose (65-80%), poste perlopiù centralmente nelle isole e secernono insulina e amilina, le cellule δ sono rare (3-10%), distribuite uniformemente e secernono somatostatina, le cellule F (o cellule PP) sono molto rare (1-2%) spesso sono quasi tutte raggruppate in una singola zona periferica dell’isola e secernono il polipeptide pancreatico (PP) ed infine le cellule ε sono rarissime (meno dell’1%) e secernono grelina. Una cellula β ha forma piramidale, un nucleo basale con un singolo nucleolo, un reticolo endoplasmatico liscio e rugoso sviluppato attorno al nucleo, apparato di Golgi sviluppato e in posizione centrale, pochi mitocondri in posizione basale, numerose vescicole secretorie nella porzione apicale che si affaccia all’endotelio fenestrato di un capillare. È stato in realtà provato con tecniche di fluorescenza che il modello sopra descritto è quello comune del pancreas di topo; nel pancreas umano, i capillari e le venule post-capillari anastomizzandosi formano dei compartimenti deputati ai singoli citotipi, in modo tale che cellule alfa e beta (e gamma) si trovino sia alla periferia che profondamente nelle isole di Langerhans. Le membrane plasmatiche laterali possiedono giunzioni serrate nella parte superiore e numerose giunzioni comunicanti in quella inferiore, mentre le terminazioni nervose sono a contatto con la base della cellula. Le cellule α hanno forma romboidale, le cellule δ sono spesso tondeggianti con un unico prolungamento citoplasmatico mentre le F sono tendenzialmente piramidali. Le terminazioni nervose presenti alla base della membrana plasmatica delle cellule delle isola di Langerhans possono essere colinergiche, adrenergiche o noradrenergiche. Le terminazioni adrenergiche stimolano la secrezione di glucagone ed insulina, quelle noradrenergiche inibiscono il rilascio di insulina, mentre possono agire coordinatamente per regolare il rilascio di somatostatina e polipeptide pancreatico. Queste fibre sono quasi tutte parasimpatiche. Ciascuna terminazione può essere distinta al microscopio elettronico in base al diametro delle vescicole, piccole nelle adrenergiche, più grandi nelle colinergiche, ve n’è infine un terzo tipo con vescicole molto grandi. Nessuna tipologia di cellule ha una tipologia di terminazione nervosa preferenziale.

Funzioni del Pancreas
Il pancreas è dotato di una duplice funzione, endocrina da un lato ed esocrina dall’altro. Il primo termine fa riferimento alla sua capacità di secernere nel circolo sanguigno gli ormoni che sintetizza, mentre la funzione esocrina consiste nella produzione di enzimi digestivi da immettere nel tubo digerente.

Pancreas Esocrino
Gli acini pancreatici rappresentano le aree anatomiche deputate alla secrezione esocrina; al loro interno troviamo particolari cellule, dette acinose, che producono enzimi digestivi in forma inattiva, per poi riversarli, sotto l’influenza di determinati stimoli fisiologici, nel duodeno. Giunti in questa sede, dopo aver percorso un albero di canali convergenti nei dotti pancreatico principale (dotto di Wirsung) e pancreatico accessorio (dotto di Santorini), tali enzimi vengono attivati da altre proteine e possono finalmente svolgere la loro azione chimica. I vari enzimi digestivi prodotti dal pancreas possono essere classificati, in base alla loro attività, in differenti categorie, che nel complesso danno origine al cosiddetto succo pancreatico:

  • AMILASI: trasformano l’amido alimentare in una miscela di zuccheri semplici (disaccaridi, maltosio, glucosio) che verrà poi assorbita a livello della mucosa intestinale.
  • CHIMOTRIPSINA, TRIPSINA, CARBOSSIPEPTIDASI: idrolizzano i legami peptidici presenti all’interno delle strutture proteiche, frammentandole nei singoli aminoacidi che le compongono.
  • LIPASI: coadiuvate dalla bile e dagli enzimi colipasi, catalizzano l’idrolisi dei trigliceridi scindendoli nei loro componenti più elementari (glicerolo ed acidi grassi).
  • RIBONUCLEASI e DESOSSIRIBONUCLEASI: demoliscono, rispettivamente, gli acidi ribonucleici (RNA) e desossiribonucleici (DNA).

Oltre a questi enzimi digestivi, il succo pancreatico è ricco di ioni bicarbonato fondamentali per tamponare l’acidità del chimo proveniente dallo stomaco e garantire un ambiente leggermente alcalino favorevole all’attività degli stessi enzimi digestivi.

Pancreas Endocrino
La secrezione endocrina del pancreas è svolta dalle isole del Langerhans, che ricoprono un ruolo di primo piano nel controllo del metabolismo degli zuccheri, dei grassi e delle proteine. La porzione endocrina del pancreas produce due ormoni importantissimi per regolare il livello di glucosio nel sangue:

  • insulina: viene prodotta dalle cellule beta che rappresentano, quantitativamente, circa 3/4 delle isole del Langehrans;
  • glucagone: viene prodotto dalle cellule alfa (20% della massa complessiva degli isolotti del Langehrans).

L’insulina viene rilasciata quando c’è un picco glicemico nel sangue (ad esempio dopo un pasto abbondante in carboidrati) con lo scopo di abbassare la glicemia, mentre il glucagone viene rilasciato quando la glicemia è troppo bassa, con l’obiettivo di innalzarla.

Somatostatina e polipeptide pancreatico
La parte endocrina del pancreas secerne anche somatostatina polipeptide pancreatico. La somatostatina ha molti scopi, tra cui quello di inibire:

  • il rilascio di insulina;
  • il rilascio di glucagone;
  • il rilascio di acido cloridrico nello stomaco;
  • la produzione esocrina del pancreas.

Il polipeptide pancreatico viene invece rilasciato con lo scopo di:

  • ridurre la motilità intestinale;
  • ridurre lo svuotamento gastrico;
  • aumentare la durata del transito intestinale;
  • inibire la secrezione acida gastrica indotta dalla gastrina;
  • inibire la secrezione esocrina del pancreas tramite una via mediata dal nervo vago.

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