Con il termine “farmacocinetica” si intende una branca della farmacologia che studia gli effetti che i processi dell’organismo hanno sul farmaco. I quattro processi che descrivono il destino del Continua a leggere
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Biochimica dell’alcol etilico: assorbimento e distribuzione dell’etanolo
L’etanolo (anche chiamato “alcol etilico”, i due termini sono sinonimi), è uno xenobiotico alimentare dotato di Continua a leggere
Assorbimento dei farmaci: somministrazione orale, parenterale e forme a rilascio controllato
L’assorbimento dei farmaci è determinato dalle loro proprietà fisico-chimiche, dalle loro formulazioni e dalle vie di somministrazione. I prodotti Continua a leggere
Differenza tra carboidrati semplici e complessi
Per comprendere la differenza tra carboidrati semplice e complessi, è necessario partire da una domanda apparentemente semplice: le parole “zuccheri” e “carboidrati” sono sinonimi? Molti pensano di si ma la verità non esattamente questa, quindi facciamo oggi un po’ di chiarezza.
In base alla loro struttura chimica i carboidrati vengono classificati in semplici e complessi.
- carboidrati semplici (anche chiamati “zuccheri”): comprendono i monosaccaridi, i disaccaridi ed i oligosaccaridi. L’unione di due monosaccaridi genera i disaccaridi come il saccarosio, il lattosio e il maltosio.
- carboidrati complessi: comprendono i polisaccaridi, come ad esempio l’amido, le fibre e il glicogeno. I polisaccaridi sono caratterizzati da un gran numero di unità ripetitive, legate insieme per formare molecole grandi e complesse. Si parte da piccole catene lineari di un minimo di 10 unità ripetitive (sotto questo numero si parla di oligosaccaridi). Per approfondire, leggi anche: Differenza tra monosaccaridi, disaccaridi, polisaccaridi, oligosaccaridi
Da quanto detto appare quindi chiaro che gli zuccheri sono un tipo di carboidrato. Mentre tutti gli zuccheri (carboidrati semplici) sono carboidrati, non tutti i carboidrati sono necessariamente zuccheri.
Velocità di assimilazione dei carboidrati
La distinzione dei carboidrati in “semplici” e “complessi” riguarda la velocità di assimilazione, cioè il tempo che impiegano per essere digeriti, quindi “smontati” e ridotti a molecole elementari (glucosio, fruttosio e galattosio) capaci di oltrepassare la parete intestinale e di entrare nel sangue. Sono complessi, e perciò più lenti nella digestione, i carboidrati dei legumi, della pasta, del pane o del riso (tutti ricchi di amido, una molecola molto lunga e complessa che i nostri enzimi debbono accorciare nella digestione).
Sono considerati carboidrati semplici e di rapido assorbimento quelli del miele o dello zucchero (saccarosio) con cui dolcifichiamo il caffè, quelli della frutta o delle spremute.
Possiamo chiamare zuccheri:
- glucosio;
- fruttosio;
- saccarosio;
- lattosio;
- maltosio;
- maltodestrine.
NON possiamo chiamare zuccheri:
- glicogeno;
- amido;
- fibre.
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Alcol: effetti sulla salute diretti ed indiretti a breve e lungo termine
L’alcol etilico, anche chiamato “etanolo”, è una sostanza liquida estranea all’organismo, non essenziale, è tossica per le cellule ed è un potente agente tumorale. L’alcol etilico, oltre all’acqua, è il principale componente delle bevande alcoliche; queste ultime contengono altri principi nutritivi (vitamine, sali minerali, proteine, zuccheri) ma sono presenti solo in minime tracce, per questa ragione le bevande alcoliche non possono essere considerate un alimento infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’alcol fra le droghe; pur essendo una droga giuridicamente legale, è comunque una sostanza molto tossica che provoca danni diretti alle cellule di molti organi, tra cui il fegato e il Sistema Nervoso Centrale. Pur possedendo un elevato valore calorico (7 Kcal per grammo, inferiore solo ai grassi), non è utilizzabile dall’organismo per il lavoro muscolare, ma solo per il metabolismo di base, risparmiando sull’uso di altri principi nutritivi quali grassi e zuccheri (per questo gli alcolici fanno ingrassare).
Effetti dell’alcol diretti a breve termine
Subito dopo essere assunto, l’etanolo viene in parte assorbito dallo stomaco ed in parte dall’intestino. Se lo stomaco è vuoto, tale assorbimento è più rapido. L’alcol assimilato, attraverso il sangue, passa al fegato, che ha il compito di metabolizzarlo. Finché il fegato non ha completato la digestione però l’etanolo continua a circolare diffondendosi nei vari organi. L’alcol può facilmente oltrepassare le membrane cellulari e provocare lesioni, fino alla distruzione delle cellule. Nello stato di ubriachezza l’alcol nel sangue raggiunge tutti gli organi, cervello compreso, uccidendo migliaia di neuroni, e il danno cerebrale è irreversibile.
Con un’ubriacatura si perdono circa 100.000 neuroni, tanti quanti quelli di una giornata di vita.
L’alcol provoca una iniziale euforia e perdita dei freni inibitori, ma a quantità progressivamente crescenti corrispondono effetti come riduzione della visione laterale (visione a tunnel), perdita di equilibrio, difficoltà motorie, nausea e confusione. Quantità eccessive di alcol possono portare fino al coma e alla morte. La velocità con cui il fegato riesce a rimuovere l’alcol dal sangue varia da individuo ad individuo; in media, per smaltire un bicchiere di una qualsiasi bevanda alcolica l’organismo impiega 2 ore. Se si beve molto alcol in poco tempo lo smaltimento è più lungo e difficile, e gli effetti più gravi.
Effetti dell’alcol diretti a medio/lungo termine
L’utilizzo prolungato di alcol nel tempo può aumentare il rischio di sviluppare varie patologie più o meno gravi, e anche a basse dosi l’alcol accresce il rischio per alcune malattie. Secondo dati forniti dall’OMS, il consumo di 20 grammi di alcol al giorno (pari a circa 2 bicchieri di vino) determina un aumento percentuale di rischio:
- del 100% per la cirrosi epatica;
- del 20-30% per i tumori del cavo orale, faringe e laringe;
- del 10% per i tumori dell’esofago;
- del 14% per i tumori del fegato;
- del 10-20% per i tumori della mammella;
- del 20% per l’ictus cerebrale.
Chiaramente, all’aumentare delle quantità di alcol aumenta anche la percentuale di rischio.
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Effetti dell’alcol indiretti
- L’alcol è la causa di circa la metà degli 8.000 decessi conseguenti ad incidenti stradali, che rappresentano la prima causa di morte per gli uomini al di sotto dei 40 anni. La guida sotto stato di ebbrezza ha causato, nel 2005, ben 4.107 incidenti stradali e le infrazioni accertate dalla Polizia Stradale nel 2006 per guida sotto l’influenza di alcol sono state 24.803. Tra i guidatori in stato psico-fisico alterato, chi è sotto l’effetto di alcol rappresenta il 70.2%. L’abuso di alcol è la causa della crescente mortalità giovanile per incidente stradale, per più del 40% dei casi, e del 46% dei morti di età compresa fra i 15-24 anni.
- Secondo dati forniti dall’OMS, ogni anno nella Regione Europea circa 73 mila morti e più di 2 milioni di ricoveri o visite ospedaliere, sono dovuti ad atti di violenza interpersonale. L’alcol appare come fattore determinante almeno nel 40% dei casi.
Negli Stati Uniti, le statistiche indicano come l’86% dei casi di omicidio, il 37% delle aggressioni e il 60% delle violenze sessuali avvengono sotto l’effetto dell’alcol.
Il rapporto tra uso di alcol e violenza è dovuto agli effetti di disinibizione, alterazione dei meccanismi di elaborazione delle informazioni, riduzione dell’attenzione. Ma, sempre a causa di questa alterazioni, l’assunzione di alcol aumenta anche il rischio di subire atti di violenza, perché incapaci di interpretare correttamente le situazioni. - Il 6.8% di tutte le disabilità che vengono registrate in un anno è attribuibile all’alcol e complessivamente il 10% dei ricoveri è legato all’abuso di alcol.
Ogni anno in Italia circa 40.000 individui muoiono a causa dell’alcol per cirrosi epatica, tumori, infarto emorragico, suicidi, aborti, omicidi, incidenti in ambiente lavorativo, domestico e incidenti stradali.
È fondamentale evitare l’assunzione concomitante di farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (per esempio ansiolitici e antidepressivi).
Effetti dell’alcolismo sui rapporti famigliari
La sofferenza derivante dai problemi legati all’alcol comporta un’alterazione della comunicazione e delle modalità relazionali all’interno della famiglia stessa, nei confronti sia del partner, sia dei figli. Per i giovani la famiglia è un ambiente di socializzazione particolare, dove l’individuo si forma facendo riferimento alle figure parentali presenti, secondo forme di comunicazione che sono determinanti per il processo di crescita. I problemi alcol-correlati incidono negativamente sulle modalità relazionali e sulla comunicazione, rendendola difficile o interrompendola totalmente.
È molto importante che in famiglia ci sia da parte dei genitori, al di là delle parole, un “esempio educativo” al non uso di alcol e sostanze psicoattive. L’abitudine al consumo eccessivo di bevande alcoliche da parte dei genitori influenza il comportamento dei figli. Infatti, considerando i giovani tra 11 e 17 anni, la percentuale di chi consuma anche in maniera saltuaria o occasionale bevande alcoliche è pari al 26,3%. Percentuale che sale al 32,8% se almeno uno dei genitori fa uso non moderato di bevande alcoliche. (ISTAT – L’Uso e l’Abuso di Alcol in Italia 2006). È opportuno ricordare che il nesso tra le relazioni famigliari deteriorate e i comportamenti alcol-correlati non è determinata, ma piuttosto rappresenta un fattore di rischio.
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Differenza tra Eutirox e Ibsa nella cura dell’ipotiroidismo
Il trattamento standard dell’ipotiroidismo in tutto il mondo è attualmente basato sulla somministrazione della levotiroxina sodica (L-T4), prodotto sostanzialmente identico all’ormone tiroideo naturale, che – grazie all’azione delle desiodasi – viene trasformato nell’ormone attivo, la triiodotironina (T3). La levotiroxina è uno dei farmaci più prescritti al mondo, abitualmente commercializzato in formulazione solida sotto forma di compresse con il nome commerciale di Eutirox. Le compresse si assumono per bocca, quotidianamente. La lunga emivita del farmaco, (circa 7 giorni in condizione di eutiroidismo, 9-10 giorni in caso di ipotiroidismo o gravidanza), tuttavia, evita problematiche importanti in caso di sporadiche inosservanze nell’assunzione giornaliera. Una recente innovazione è rappresentata dalla formulazione orale di levotiroxina liquida. Il principio attivo, già in soluzione, non ha bisogno della fase di dissoluzione gastrica e pertanto l’assorbimento della levotiroxina liquida avviene in maniera molto più rapida. Quest’aspetto consente la netta riduzione dei tempi di attesa tra l’assunzione del farmaco e la prima colazione poiché, quando il cibo arriva nell’intestino tenue, l’assorbimento della levotiroxina liquida (T4) è già in gran parte avvenuto.
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Tiroide Ibsa
Alcune recenti evidenze scientifiche indicano però che la levotiroxina in monoterapia (Eutirox) non sia sempre in grado di assicurare lo stato di eutiroidismo in tutti i tessuti contemporaneamente, suggerendo un possibile impiego della terapia combinata Levotiroxina (T4) + Liotironina (T3) (farmaco chiamato “Tiroide Ibsa”, o comunemente “Ibsa”)
Sono attuamente disponibili alcune formulazioni precostituite in frazioni fisse di tetraiodotironina (Levotiroxina sodica, T4) e triiodotironina (Liotironina sodica, T3):
Tiroide Ibsa 33 (T4 19,54 mcg + T3 5,69 mcg), confezione da 50 Cpr.
Tiroide Ibsa 125 (T4 74 mcg + T3 21.4 mcg), confezione da 25 Cpr.
La differenza tra Eutirox e Tiroide Ibsa
Da quanto detto appara chiara la differenza tra i due farmaci: l’Eutirox contiene solo T4 (levotiroxina, in monoterapia), mentre Tiroide Ibsa contiene T3 e T4 (levotiroxina e liotironina in terapia combinata).
Meglio Eutirox o Tiroide Ibsa
Non esiste un farmaco migliore dell’altro. Sebbene alcuni studi abbiano dimostrato una maggior preferenza da parte dei pazienti e migliori profili metabolici per la terapia combinata, le evidenze scientifiche suggeriscono tuttavia che la terapia combinata (Tiroide Ibsa) non sia generalmente superiore alla monoterapia con levotiroxina. Pertanto la monoterapia con levotiroxina rimane il trattamento standard per l’ipotiroidismo ma, in pazienti selezionati, può anche essere presa in considerazione la terapia combinata. Sarà il vostro medico a decidere quale terapia sia per voi la più indicata.
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Feci galleggianti e maleodoranti: cause e quando chiamare il medico
In condizioni normali, le feci vanno a fondo nell’acqua del water; tuttavia, in diversi casi, associati soprattutto alla dieta, si possono verificare cambiamenti nelle feci, e le mutazioni della loro struttura possono causarne il galleggiamento. Le feci galleggianti di solito non dovrebbero preoccupare ed è molto probabile che tornino alla normalità senza alcun trattamento. Non si tratta di una malattia o di un disturbo, ma possono esserne il sintomo.
Cause
Le due cause principali delle feci galleggianti e maleodoranti sono un eccesso di gas e il malassorbimento (assorbimento insufficiente) delle sostanze nutritive. Alcuni cibi causano la presenza di gas nelle feci; tra questi si annoverano quelli che contengono grandi quantità di zucchero, lattosio, amido o fibre, come i fagioli, il latte, i broccoli, le mele, le bibite e le caramelle senza zucchero. Il malassorbimento può verificarsi quando le feci passano attraverso l’intestino troppo rapidamente, ad esempio in caso di diarrea, oppure quando l’organismo non elabora né assorbe correttamente le sostanze nutritive. In presenza di malassorbimento grave, le feci galleggianti possono emanare un forte odore e avere un aspetto oleoso. Una causa comune del malassorbimento è rappresentata dalle infezioni del tratto gastrointestinale, che possono essere di natura virale o batterica. Normalmente queste infezioni si risolvono senza alcun trattamento. Le feci galleggianti si presentano frequentemente nelle persone con intolleranza al lattosio, quando bevono o mangiano prodotti caseari. L’intolleranza al lattosio è l’incapacità di digerire il lattosio, ovvero lo zucchero che si trova nel latte e nei suoi derivati. L’ingestione di prodotti caseari da parte di persone intolleranti al lattosio può causare la formazione di gas nelle feci e diarrea, il che, a sua volta, può comportare malassorbimento.
Leggi anche: L’apparato digerente: cos’è, com’è fatto, a che serve e come funziona?
Le feci galleggianti possono inoltre essere dovute alle condizioni seguenti:
Celiachia
La celiachia è una malattia autoimmune che danneggia il rivestimento dell’intestino tenue quando si ingerisce il glutine. Per malattia autoimmune si intende una condizione in cui il sistema immunitario produce erroneamente sostanze (anticorpi) per combattere i propri tessuti. Il glutine è una sostanza presente soprattutto nei prodotti a base di frumento. La celiachia è una malattia ereditaria, i cui sintomi possono insorgere nell’infanzia o in età adulta. Non esistono cure per la celiachia e i sintomi scompaiono evitando il consumo di glutine.
Fibrosi cistica
La fibrosi cistica è una malattia ereditaria e spesso letale, che causa una produzione eccessiva di muco denso e appiccicoso nei polmoni e nell’apparato digerente. L’eccesso di muco nel pancreas impedisce un corretto assorbimento delle sostanze nutritive, e ciò può causare le feci galleggianti. Per la fibrosi cistica non esistono cure; i trattamenti, compresi quelli farmacologici, possono ridurre le feci galleggianti e altri sintomi della malattia.
Leggi anche: Quanto è lungo l’intestino in adulto e neonato (tenue e crasso)
Sindrome dell’intestino corto
La sindrome dell’intestino corto si ha quando l’intestino non assorbe correttamente le sostanze nutritive. Può manifestarsi a causa di un disturbo intestinale o quando manca una parte dell’intestino tenue per via di un difetto genetico o di asportazione chirurgica.
Altro
Tra le malattie genetiche estremamente rare che possono causare le feci galleggianti sono comprese le seguenti:
- sindrome di Bassen-Kornzweig (una malattia genetica per cui l’intestino non riesce ad assorbire i grassi);
- atresia biliare (un difetto di sviluppo dei dotti biliari che rende l’intestino meno capace di assorbire i grassi);
- deficit di disaccaridasi (insufficienza o assenza di enzimi, quali la saccarasi e l’isomaltasi, necessari per scomporre alcuni zuccheri e amidi).
Quando rivolgersi al medico?
Il medico va consultato quando si producono feci galleggianti per più di due settimane. Se il fenomeno è accompagnato da sangue nelle feci, capogiri, febbre o perdita di peso, occorre rivolgersi al medico immediatamente, poiché questi sintomi possono indicare una malattia o malassorbimento grave.
Leggi anche: Feci nere e melena: cause e cure in adulti e neonati
Diagnosi e trattamento
Il medico farà domande riguardanti la durata del disturbo, la dieta, l’anamnesi e altri sintomi. In casi rari, potrà prescrivere esami del sangue e delle feci per diagnosticare la causa specifica del fenomeno. Il trattamento, se necessario, dipenderà dalla causa del disturbo. In caso di infezioni batteriche, si possono prescrivere degli antibiotici, mentre, per la diarrea, farmaci antidiarroici. Il medico potrà inoltre consigliare di modificare la dieta.
Quale contenitore sterile usare per l’esame delle feci?
In caso di un eventuale esame delle feci, per raccogliere e conservare correttamente il campione di feci da inviare in laboratorio, è necessario usare un contenitore sterile apposito, dotato di spatolina. Il prodotto di maggior qualità, che ci sentiamo di consigliare per raccogliere e conservare le feci, è il seguente: http://amzn.to/2C5kKig
Leggi anche: Capacità massima dello stomaco: si può “mangiare fino a scoppiare”?
Prevenzione
Se il disturbo non è accompagnato da altri sintomi, si può procedere a un trattamento domiciliare. Vi sono buone probabilità che il problema sia dovuto alla dieta, quindi è utile tenere un diario dei cibi che si consumano e della defecazione, annotando quando si sono manifestate le feci galleggianti, e identificando i cibi che potrebbero averle provocate. Tenendo traccia dell’assunzione di alimenti e della defecazione, si possono identificare i cibi che causano il disturbo; una volta individuati gli alimenti responsabili, è possibile evitarli in futuro.
I migliori prodotti per la salute dell’apparato digerente
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere del vostro apparato digerente, in grado di combattere stipsi, fecalomi, meteorismo, gonfiore addominale, acidità di stomaco, reflusso, cattiva digestione ed alitosi:
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra proteine caseine e whey
Caseine e whey sono due classi di proteine di derivazione del latte, molto usate nell’integrazione in ambito sportivo, quali sono le differenze?
Le caseine, a causa della loro struttura e della loro natura micellare, sono più difficili da digerire, per questo motivo sono considerate proteine a lento assorbimento, infatti sono chiamate anche “slow protein”.
Studi scientifici hanno dimostrato che le caseine garantivano un rilascio di proteine nel sangue più dilazionato nel tempo rispetto alle whey: in seguito alla loro assunzione si nota un picco di indice amminoacidico nel sangue solo dopo 3-4 ore. La sintesi proteica può durare anche fino a 7 ore dall’ingestione di caseine.
Le proteine whey (proteine del siero del latte) invece garantivano un innalzamento del livello amminoacidico sanguigno più veloce e più intenso, anche se di minor durata, favorendo però una sintesi proteica del 68%, rispetto al 31% delle caseine.
La caseine però, dal canto loro, riducono il catabolismo proteico (ovvero la degradazione delle proteine per formare amminoacidi o composti più semplici) del 34%.
Per questi motivi, il nostro consiglio, è di assumere le caseine lontano dagli allenamenti, specialmente prima di andare a dormire, in modo da avere :
- lenta disponibilità di aminoacidi – perfetta per le ore notturne;
- riduzione del catabolismo delle proteine, provocato dal digiuno notturno.
Al contrario le whey, essendo ad assorbimento più veloce, devono essere assunte subito dopo l’allenamento. Questo perché i loro amminoacidi riescono ad essere assorbiti dall’intestino in tempi molto brevi, per essere velocemente disponibili per l’anabolismo proteico (ovvero per la sintesi di proteine complesse a partire da amminoacidi semplici). Le proteine whey inoltre provocano l’innalzamento dei livelli di insulina: tale ormone, legandosi alla superficie delle cellule muscolari, permette di facilitare l’ingresso del glucosio nei muscoli, tramite l’attivazione di specifiche proteine trasportatrici, le GLUT 4. In questo modo si vanno ad integrare più velocemente le scorte di glicogeno consumate durante un allenamento intenso, il che si traduce in un recupero più veloce post-workout. Da non sottovalutare infine un altro ruolo importante dell’insulina, che è quello di ridurre i fenomeni di proteolisi (ovvero di catabolismo proteico), per questo si ritiene che l’insulina non agisca direttamente ma indirettamente sulla sintesi proteica, ma solo quando si è in presenza di un’elevata disponibilità di amminoacidi liberi nel sangue (che invece hanno un ruolo prettamente anabolico).
Per questi motivi, il nostro consiglio, è di assumere le whey subito dopo l’allenamento, in modo da avere :
- rapida disponibilità di aminoacidi – perfetta per il post-workout;
- rapida ricostruzione delle scorte di glicogeno consumate durante un allenamento intenso (recupero più veloce);
- maggiore sintesi proteica;
- riduzione di proteolisi (ovvero catabolismo proteico).
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