Con “intossicazione da monossido di carbonio” in medicina si intende l’avvelenamento dell’organismo, potenzialmente mortale, causato dal Continua a leggere
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Accendere correttamente il fuoco del camino: i 12 consigli salvavita
Il freddo è tra noi e molti possessori di camino, anche per creare una bella atmosfera di festa che undubbiamente esso regala, lo accendono. Il riscaldamento domestico a legna ed a pellet non è però “amico” dell’ambiente, dal momento che è responsabile di quasi la metà delle emissioni totali di polveri sottili primarie (PM10 e PM2,5) in diverse regioni italiane, come la Lombardia, per una buona parte attribuibile agli apparecchi più vecchi, quali caminetti aperti e stufe tradizionali che spesso sono poco efficienti e molto inquinanti. Come se non bastasse, le statistiche dei Vigili del Fuoco evidenziano come – a livello nazionale – ogni anno si verifichino ben 10.000 incendi derivanti da canne fumarie non correttamente installate o manutenute. Ecco oggi allora i 12 consigli per accendere correttamente il camino, consigli che – in alcuni casi – sono davvero “salvavita”.
- nella fase di accensione lasciare il controllo dell’aria completamente aperto fino a quando la camera di combustione è piena di fiamme e ben riscaldata;
- per accendere la fiamma non gettare MAI liquidi infiammabili direttamente sulla fiamma accesa ed utilizzare la giusta quantità di legna finemente spaccata e molto secca, oppure appositi prodotti per l’accensione o una quantità minima di carta di giornale (non utilizzare carta patinata, di riviste o settimanali);
- una volta avviata la combustione, la legna dovrebbe bruciare con fiamma vivace finché non è ridotta a carbonella. Se il fuoco langue, spaccare il legno in pezzi più piccoli e usare più di un pezzo per ciascun carico. Non caricare mai una quantità eccessiva di legna: il quantitativo massimo è indicato nel libretto di istruzioni dell’apparecchio;
- mantenere sempre la fiamma vivace e calda. Le fiamme blu, giallo-rosso o rosso chiaro indicano una buona combustione; fiamme rosse o rosso scuro significano cattiva combustione;
- nella buona combustione il fumo deve essere quasi invisibile: se si nota del fumo denso all’uscita del camino, di colore da giallo a grigio scuro, la combustione non è corretta e occorre procedere a verifiche;
- dalla combustione della legna non si devono generare odori: se si sentono vuol dire che si stanno formando sostanze nocive in quantità significative;
- la cenere che proviene da una buona combustione è grigio chiaro o bianca: se si trova cenere scura e pesante, o la testa del camino è sporca di nero, significa che si sta bruciando male;
- un impianto efficiente comporta un basso consumo di combustibile e poca fuliggine nei camini: se si vede molta fuliggine significa che si ha un elevato consumo di combustibile e quindi una maggior spesa;
- è necessario mantenere gli sportelli dell’apparecchio chiusi quando non si carica o ricarica il combustibile;
- per assicurare il corretto apporto di aria, occorre rimuovere la cenere dall’apparecchio tramite un contenitore metallico dotato di coperchio. Il contenitore della cenere va lasciato all’esterno dell’abitazione sopra una lastra di mattoni o di cemento (mai sopra una copertura di legno o vicino alla legna);
- è raccomandabile l’installazione di un allarme anti-fumo per l’allertamento in caso di innesco di incendio; molte vittime in incendi residenziali sono causate dall’inalazione di fumi e gas tossici;
- è raccomandabile anche l’installazione di un identificatore di monossido di carbonio (CO), gas inodore, incolore e molto tossico che deriva da una combustione inadeguata.
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Come smaltire la cenere?
La cenere residua dalla combustione della legna è una piccola frazione (circa lo 0,5 % del peso) della legna bruciata, variabile in base ai diversi combustibili legnosi bruciati.
Considerando che una ricerca del 2006 stimava il consumo annuo di biomasse legnose per riscaldamento domestico pari a circa 19,1 Mt a livello nazionale, la questione relativa allo smaltimento delle circa 95.000 tonnellate di cenere prodotte a livello nazionale assume una certa rilevanza. I principali componenti della cenere di legna sono il calcio, il silicio, il potassio e il magnesio, presenti principalmente nella forma chimica di ossidi.
La cenere di legna naturale contiene quindi importanti elementi di fertilità, in particolare il potassio e il fosforo: il riutilizzo agronomico delle ceneri consentirebbe pertanto la reale chiusura del ciclo della filiera “legna-energia”, riportando al terreno le sostanze chimiche che la pianta aveva da questo assorbito durante la sua crescita. Al di là delle considerazioni di opportunità agronomica, però, in Italia lo spandimento diretto su suolo agricolo o forestale di ceneri di combustione di biomassa non è consentito dalle norme vigenti (D.Lgs.22/1997) in quanto si tratterebbe dello smaltimento di un rifiuto. Fortunatamente, si fa sempre più strada la strategia di recupero delle ceneri come materia prima per la produzione di compost, sempre che la cenere derivi dalla combustione di materiale consentito (legna naturale, cippato e pellet). Come noto, il sistema di raccolta dei rifiuti spetta ai Comuni: in ogni contesto territoriale tale sistema dipende da numerosi fattori strutturali; esso deve comunque consentire il raggiungimento di standard di igiene e pulizia da un lato e l’intercettazione ottimale dei singoli flussi di rifiuti dall’altro, anche in funzione della tecnologia degli impianti di trattamento posti a chiusura del ciclo di gestione delle materie. Seppur sulla scorta delle indicazioni pianificatorie della regione d’appartenenza, ogni Comune adotta propri sistemi di raccolta dei rifiuti urbani, e proprie strategie di raccolta differenziata. La maggior parte dei Comuni che raccolgono separatamente la frazione umida dei RSU richiede di eliminare con tale frazione la cenere spenta di legno, finalizzando tale frazione alla produzione di compost di qualità. Alcuni Comuni, invece, richiedono specificatamente di non introdurre cenere nei rifiuti compostabili.
I Comuni che non raccolgono separatamente la frazione umida chiedono di eliminare la cenere di legna con i rifiuti generici indifferenziati. Se ne deduce che è indispensabile chiedere direttamente all’amministrazione comunale – nel cui territorio ricade l’impianto domestico a legna – la corretta modalità di smaltimento delle ceneri.
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GP Imola 1989: l’auto di Gerhard Berger va a fuoco nell’incidente al Tamburello
Il Gran Premio di San Marino 1989 fu la seconda gara della stagione 1989, disputata il 23 aprile sul Circuito di Imola; venne vinto dal grande Ayrton Senna su McLaren Honda che partiva dalla pole, seguito dal compagno di squadra Alain Prost, che in griglia partiva da secondo, e dall’italiano Alessandro Nannini su Benetton Ford Cosworth che partiva col settimo tempo di qualifica. Nigel Mansell sulla Ferrari, che partiva terzo, si ritirò al 23 giro per problemi al cambio.
Quel GP però viene da molti ricordato per il terribile – e letteralmente pirotecnico – incidente capitato all’altro ferrarista, l’austriaco Gerhard Berger, alla tristemente nota curva Tamburello: a causa di un cedimento meccanico la sua Ferrari finì a muro a 290 km/h e prese drammaticamente fuoco facendo presagire il peggio.
L’incidente ed i soccorsi
L’austriaco partiva col quinto tempo di qualifica e sembrava lo aspettasse una bella gara, ma all’inizio del quarto giro di gara, mentre si trova in quarta posizione dietro all’italiano Riccardo Patrese (partito in quarta posizione con la Williams Renault) la 640 di Berger perde improvvisamente l’alettone anteriore. La sua vettura, diventata incontrollabile, si schianta contro il muro esterno del Tamburello, con una dinamica molto simile a quella del tragico incidente di Senna che avverrà cinque anni dopo, il primo maggio 1994. La Ferrari prende fuoco quasi immediatamente: il radiatore ha sfondato i serbatoi disposti lateralmente. Le efficienti squadre antincendio composte dagli eroici “Leoni” della CEA intervengono con le Alfa 75 rosse in meno di 15″ salvando la vita al pilota austriaco. 15 secondi che sembrarono un’eternità a quanti assistevano alla corsa, tra cui il sottoscritto, perché si vedeva un’auto completamente avvolta dalle fiamme e nessuna reazione da parte del pilota. Berger resta esposto alle fiamme per 23″ in tutto e dopo 30″ arrivano anche i soccorsi medici. In totale alla squadra CEA bastarono appena 8 secondi circa per spegnere l’incendio ed aiutare l’austriaco ad uscire dalla vettura: ancora oggi, a distanza di anni, quell’episodio è universalmente riconosciuto come esempio di grandissima efficienza da parte degli uomini della sicurezza di un GP.
La gara sospesa
La gara fu sospesa e si decise di organizzare una nuova procedura di partenza, disputando poi altri 55 giri oltre ai 3 già percorsi e stilando la classifica finale in base ai risultati complessivi. Per la cronaca, al secondo via Prost scattò meglio del compagno di squadra, ma questi lo sopravanzò alla Tosa, nonostante i due avessero stabilito di non superarsi tra loro in quella curva nel corso del primo passaggio: a fine gara il francese criticò aspramente Senna per la manovra, che diede inizio ad un’aperta rivalità tra i due. Il brasiliano condusse senza problemi fino al traguardo, precedendo il suo compagno di squadra; Nannini approfittò dei ritiri di Mansell e Patrese per conquistare il terzo gradino del podio, mentre i piazzamenti a punti andarono a Boutsen, Warwick e Palmer.
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Conseguenze sul pilota e le indagini di Maranello
Gerard Berger, a causa della frattura a una costa e alla scapola ma soprattutto per le ustioni alle mani, dovrà saltare la gara di Montecarlo. Per la sua sostituzione in vista del GP del Messico del 28 maggio si preparava Larini ma Berger riuscirà a recuperare quasi miracolosamente e tornerà in pista in tempi record all’Autodromo Hermanos Rodriguez di Città del Messico, appena un mese e cinque giorni dopo l’incidente.
Per una settimana alla Ferrari avevano cercato inutilmente il pezzo di musetto che si era staccato dalla vettura. Approfittando della confusione un tifoso lo aveva sottratto ai commissari ma poi aveva anche provveduto a inviare la documentazione fotografica del reperto, la quale confermava il cedimento strutturale di questo particolare, probabilmente dovuto a microfratture delle fibre di carbonio, causate forse da alcune uscite di pista del pilota austriaco durante le prove. Si sarebbe rotto dapprima lo spoiler anteriore sinistro e in un secondo momento il musetto. In seguito questo punto critico verrà adeguatamente irrobustito. L’incendio successe anche perché all’epoca si ammettevano serbatoi di carburante anche esterni, che però da quell’incidente in poi furono vietati dal regolamento.
Il ritorno in pista ed il resto della stagione
Dopo aver saltato solo il successivo Gran Premio a Montecarlo, come già prima accennato Berger si ripresentò al Gran Premio del Messico, ma il prosieguo della stagione fu caratterizzato da continui ritiri, complici le innumerevoli rotture del cambio semi-automatico. A luglio, intanto, venne ufficializzato il passaggio del pilota alla McLaren nel 1990, con un contratto triennale dal valore superiore ai trenta milioni di dollari. Durante la stagione l’austriaco ebbe anche modo di protestare contro la sua scuderia, accusandola di privilegiare il suo compagno di squadra. Solo al Gran Premio d’Italia poi Berger riuscì a realizzare i primi punti con un secondo posto, vincendo poi la successiva gara in Portogallo e concludendo ancora secondo in Spagna. Terminò la stagione con 21 punti, in settima posizione.
Impossibile spostare la curva
Alcuni anni fa il pilota austriaco ha raccontato un aneddoto riguardante le settimane seguenti al suo incidente della curva del Tamburello nel 1989.
“Dopo il mio incidente con la Ferrari, che avvenne proprio al Tamburello, Ayrton mi chiamò e decidemmo di andare a fare un sopralluogo in quella curva, per vedere se poteva essere modificata data la sua pericolosità. Nel corso dei test successivi alla mia dimissione dall’ospedale andammo insieme a vedere il Tamburello, ma constatammo che sarebbe stato impossibile spostare la curva, perché a pochi metri dal muro scorreva il fiume Santerno. Allora non pensammo di proporre una chicane, che invece oggi ha sostituito il vecchio layout della pista. Oggi però siamo qui a ricordare Ayrton. Ricordiamolo sempre“.
I due incidenti (di Berger e di Senna) sono effettivamente simili. L’austriaco però ebbe la fortuna di uscire in un punto dove il muro seguiva la stessa piega della pista: in questo modo la vettura andò a sbattere quasi lateralmente. Nel 1994 Ayrton Senna andò purtroppo fuori strada più avanti, poco dopo la “divisione” del muro: in quel punto la protezione era più “dritta” e la Williams picchió più frontalmente. Con le conseguenze che sappiamo. La differenza tra la vita e la morte – specie per un pilota di F1 – a volte è una questione di pochi centimetri.
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F1 Hockenheim 1994: Verstappen va a fuoco nel pit stop, foto e video
Il 1994 fu un anno decisamente sfortunato per quanto riguarda la storia della Formula 1: il tragico Gran Premio di San Marino rimase negli annali grazie ad un bollettino medico che ricorda più quello di una guerra che quello di un evento sportivo: 15 feriti e 2 morti, Ratzemberger ed il mitico Senna, a tal proposito vi consiglio di leggere anche: La morte di Ayrton Senna, campione di Formula 1 mai dimenticato
A tre mesi da quel drammatico GP, il 31 luglio si corse ad Hockenheim il Gran Premio di Germania, la gara che segnò il ritorno alla vittoria della Ferrari con l’austriaco Gerhard Berger, dopo quasi quattro anni di assenza dal gradino più alto del podio, ovvero dal Gran Premio di Spagna 1990 vinto dall’ex ferrarista Alain Prost. Alla partenza avviene un primo incidente nelle retrovie che coinvolge quattro monoposto, ma il peggio accade qualche istante dopo: alla fine del rettilineo, Hakkinen stringe verso il centro della pista e causa un contatto con la Williams-Renault di Coulthard. Il pilota della Mclaren perde il controllo della vettura, che si gira ed esce di pista tagliando la strada alle monoposto che sopraggiungono. Ben sei vetture vengono coinvolte in questo incidente e sono costrette al ritiro, mentre altre, essendo danneggiate, rientrano ai box il giro seguente. Anche l’italiano Alex Zanardi, in Lotus, è costretto ad abbandonare la gara senza aver completato neanche un giro. Per fortuna non c’è nessuna conseguenza fisica per nessuno dei piloti coinvolti.
Anche Alesi è costretto a ritirarsi poche centinaia di metri più avanti per problemi all’elettronica della monoposto Ferrari. Nonostante il pericolo di detriti in pista e di vetture ferme in vari punti del tracciato, la gara non viene interrotta. Uno degli sfortunati protagonisti in questo caso fu il pilota olandese Jos Verstappen, padre di Max Verstappen, che è attualmente pilota della Red Bull. Sfortunato per l’incidente che gli capitò, ma fortunatissimo per come ne uscì, incredibilmente solo con qualche graffio e lieve ustione sul viso.
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Verstappen era alla guida della Benetton ed al 15esimo giro si fermò ai box per il consueto pit stop per il rifornimento e il cambio gomme. Tutto sembrava procedere per il meglio ma qualcosa andò storto: mentre i meccanici tentavano di inserire il bocchettone della benzina (che già in precedenza – durante il rifornimento del compagno di squadra Schumacher – aveva avuto qualche problema), il carburante finì in grande quantità sulla monoposto, come si vede chiaramente nel video. Questo accadde perché nel completare le operazioni i meccanici sfilarono troppo rapidamente il bocchettone di rifornimento del carburante: tale manovra impropria, complice la particolare soluzione implementata dalla scuderia britannica sulla valvola d’immissione del liquido (priva di filtro, in modo tale da velocizzare il travaso nel serbatoio e rendere l’operazione più veloce), causa una copiosa fuoriuscita di benzina che inonda la monoposto e, a contatto con il retrotreno rovente, s’incendia.
L’olandese si sbracciò immediatamente indicando il pericolo, ma subito una fiammata incredibile avvolse la Benetton che andò letteralmente a fuoco assieme al proprio pilota e ad alcuni meccanici che iniziarono a dimenarsi in una scena che faceva presagire il peggio agli spettatori, tra cui il sottoscritto. Per fortuna invece l’incendio fu domato in pochi secondi, ma il rischio corso da Verstappen e dai suoi meccanici è stato sicuramente grandissimo.
In seguito si scoprì che il team aveva modificato artigianalmente – male – le apparecchiature di rifornimento per velocizzare l’immissione del carburante nel serbatoio e per questo fu anche punito. Ora un incidente simile non si potrebbe verificare con le stesse modalità dal momento che il rifornimento in gara è stato abolito. Qualcosa di simile, anche se in misura minore, era successa anche alla Renault di Magnussen in pitlane nelle prime libere a Sepan, nel 2016.
Ecco alcune incredibili immagini ed un video dell’accaduto:
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Differenza tra arma bianca, da fuoco e da taglio
Una “arma da fuoco” o “arma a fuoco” (in inglese “gun”) è per definizione una macchina termobalistica che sfrutta l’energia cinetica (cioè l’energia legata al movimento) dei gas in espansione da una carica di lancio o scoppio per scagliare dei proiettili. L’energia è utilizzata per proiettare un oggetto (che viene chiamato proiettile o proietto se il suo diametro è maggiore di 20 mm) a grandissima velocità verso un bersaglio: sarà l’azione perforante del proiettile a causare i danni al bersaglio. Esempi di arma da fuoco sono il fucile semiautomatico americano Garand M1 ed il fucile d’assalto Sturmgewehr MP44.
Con “arma bianca” (in inglese “melee weapon”) si intende un gruppo di armi che provocano ferite per mezzo di:
- punte (come pugnali e baionette);
- forme contundenti (come martelli e arieti);
- lame di metallo (come spade e sciabole);
- lancio di oggetti bellici (come archi, balestre, cerbottane e catapulte);
- potere offensivo di strutture usate come difesa (come scudi e armature).
La locuzione deriverebbe dal bianco riflesso del sole sopra le superfici metalliche da parte di queste armi.
Con “arma da taglio” si intende un tipo particolare di arma bianca, dove il danno all’obiettivo è causato dall’azione di lame. Esempi di arma da taglio sono sciabole, spade, asce, machete e scimitarra.
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Elenco di varie tipologie di armi suddivise per tipo
In foto: armi improprie (levachiodi, cutter, martello americano, catena per la moto), arma bianca antica (mazzafrusto), armi contundenti (tirapugni, pugno di ferro con punte, sfollagente telescopico, shuriken 8 punte), arma non letale per difesa (spray al peperoncino), arma bianca da taglio (coltello a lama fissa) e arma bianca da punta (coltello da allenamento in plastica dura con lama in GRIVORY e manico in KRATON).
Elenco di varie tipologie di armi:
- Armi da fuoco: (armi automatiche, semiautomatiche, ad azione manuale, pistole, fucili, mitra, mitragliatrici, …).
- Armi da taglio: (lame, coltelli, machete, spade, pugnali, asce, stiletti, katane…).
- Armi da lancio o da getto: (arco, fionda, lancia, balestra, catapulta, shuriken e kunai, coltello da lancio, giavellotto…).
- Armi esplosive: (bombe, mine, granate, Molotov…).
- Armi ad aria compressa: (o ad aria precompressa o con altri gas come il CO2. Le munizioni di solito sono a pallini di piombo o di plastica dura).
- Armi bianche: (mazze, clave, tirapugni, nunchaku, sai, bolas, daghe, sciabole…).
- Armi non letali: (armi a salve, taser, phaser, gas lacrimogeni, spray al peperoncino o gas OC, DSLAD, LRAD, granate stordenti, tonfa, gas OC, sfollagente, armi con proiettili di gomma, armi da paintball).
- Armi passive: (scudi, corazze…).
- Armi improprie: (catena, martello, coltelli da cucina, spranghe, tubo di piombo, piccone, multitool, piede di porco, mazza da baseball, chiave inglese…).
- Arma di distruzione di massa: (nucleari, biologiche, chimiche, radiologiche).
- Armi da guerra: (lanciarazzi, missili, armi d’artiglieria…).
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Differenza tra arma automatica e semiautomatica con esempi
Con “arma automatica” (in inglese “automatic firearm”) si intende un’arma da fuoco con la capacità di sparare in modo automatico, senza bisogno di ricaricare le stesse tra l’esplosione di una cartuccia e l’altra, in grado quindi di generare un fuoco continuo (continuano a sparare fino a che non finiscono i proiettili o viene rilasciato il grilletto). Esempi di arma a fuoco automatico, sono:
- AK-47, senza dubbio il più celebre e diffuso tra i fucili di assalto, chiamato anche Kalašnikov, dal nome del suo inventore, il militare sovietico Michail Timofeevič Kalašnikov;
- Beretta MAB 38 e Thompson, due mitra;
- Breda Mod.30, un fucile mitragliatore;
- SIG SG 510, un fucile da battaglia.
Con “arma semi-automatica” (in inglese “semi-automatic firearm”) si intende un’arma da fuoco che necessita della pressione del grilletto, con un meccanismo tale per cui successivamente al fuoco viene ricaricata la munizione successiva. Le armi semi-automatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche: ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente un colpo ad ogni pressione del grilletto mentre le armi automatiche continuano a sparare fino a che non finiscono i proiettili o viene rilasciato il grilletto, anche se a volte il termine automatico viene incorrettamente usato per le armi semiauto. Storicamente sono comparse prima le armi automatiche rispetto a quelle semiautomatiche, ciò si spiega in virtù della maggiore complessità del sistema di scatto di un’arma semiautomatica rispetto ad una automatica. Esempi di arma a fuoco semi-automatico, sono:
- M1 Garand;
- M1 Carbine;
- Tokarev SVT 40;
- Mauser Gewehr 41/43.
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Differenze tecniche tra arma automatica e semiautomatica
Tecnicamente la differenza tra le due armi è una diversa organizzazione della catena di scatto: mentre nelle armi automatiche, una volta premuto il grilletto viene liberato il dispositivo di percussione che non viene più intercettato per essere bloccato in posizione armata durante la fase di ritorno dell’otturatore finché non viene rilasciato il grilletto stesso, nelle armi semiautomatiche, ogni volta che l’otturatore arretra durante la fase di sparo, il dispositivo di percussione viene intercettato e bloccato in posizione armata. Il successivo avanzamento dell’otturatore non cambia lo stato di armamento del percussore, che per essere liberato per effettuare una nuova azione di sparo deve essere di nuovo intercettato dagli elementi della catena di scatto durante il rilascio del grilletto, il quale potrà nuovamente liberare il dispositivo di percussione solo dopo essere stato premuto nuovamente.
Avvenuto ciò, ogni qualvolta si prema il grilletto si otterrà la risposta al fuoco e, oltre all’espulsione del bossolo, l’inserimento di una nuova cartuccia con conseguente riarmo del percussore. Queste operazioni proseguono sino a che il caricatore non si svuota a seguito di ripetute pressioni del grilletto: a quel punto l’arma può rimanere con l’otturatore aperto per segnalare che non può più sostituire nella canna vuota una nuova cartuccia.
Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a differenza delle armi a ripetizione manuale, che necessitano ad ogni colpo dell’azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.
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Emette gas intestinali durante l’intervento chirurgico: i risultati sono disastrosi
Si era recata in un ospedale di Tokyo per un intervento chirurgico ma durante l’operazione una donna trentenne ha emesso dei gas intestinali che hanno causato l’incendio della sala operatoria, provocandole ustioni in tutto il corpo.
Colpa di un laser
L’incendio è scoppiato il 15 aprile al Tokyo Medical University Hospital, secondo il giornale Asahi Shimbun, nel momento in cui un medico stava utilizzando un laser sul collo dell’utero della donna. Il fuoco provocato dal contatto tra il laser ed il gas emesso dalla paziente, ha bruciato la maggior parte del corpo della donna, la vita e le gambe, secondo News.com.au. Secondo un rapporto sull’incidente, in sala operatoria non erano presenti materiali infiammabili durante l’intervento chirurgico e le attrezzature funzionavano normalmente. Quando il gas intestinale della paziente si è disperso nello spazio della camera (operatoria) si è acceso con l’irradiazione del laser, e la fiamma si è diffusa fino al telo chirurgico causando l’incendio.
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I dubbi
C’è qualcosa in questa storia che non quadra, secondo il chirurgo di Los Angeles dr. Michael Zadeh che, in una dichiarazione rilasciata alll’Huffington Post americano, ha detto: “Ho eseguito moltissimi interventi chirurgici al colon-retto e anali e questo non è mai accaduto. È necessaria una quantità superiore di metano nel colon per provocare delle lesioni così gravi”. Zadeh ha dichiarato che la quantità di gas rilasciata durante un peto si potrebbe incendiare quando fonti di calore come gas ed elettrocoagulazione sono utilizzate nelle vicinanze. Ma rimane comunque scettico. “Tutte le informazioni che ho sentito coinvolgono casi di occlusione intestinale dovuti all’accumulo di gas metano. Dubito che questo sia l’unico fattore determinante in questa storia” ha aggiunto il chirurgo.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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