Patologie di ipotalamo ed ipofisi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PATOLOGIE IPOTALAMO IPOFISI ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLe patologie che possono colpire l’ipotalamo o l’ipofisi sono molte e differenti ma portano tutte alla medesima situazione : una iperfunzione o una ipofunzione del sistema ipotalamo-ipofisi.
Una delle cause più frequenti di iperfunzione è la presenza di piccoli tumori benigni detti adenomi che producono più ormoni del dovuto e che pertanto possono determinare delle particolari sindromi cliniche a seconda dell’ormone prodotto. Tra queste ricordiamo: l’acromegalia caratterizzata da un aumento delle dimensioni delle estremità (mani e piedi) e da deformità a livello del viso; l’iperprolatinemia, in cui si ha la secrezione di latte dai capezzoli e riduzione della libibo sessuale; la malattia di Cushing in cui prevalgono le irregolarità mestruali, ipertensione arteriosa e l’obesità; l’ipertiroidismo caratterizzato da iperattività fisica, tremori e tachicardia. A questi, però, vanno aggiunti i sintomi dovuti alla compressione esercitata dagli adenomi sulle strutture anatomiche poste nelle vicinanze, come la cefalea e i disturbi visivi.

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L’ipofunzione, invece, può essere la conseguenza di tumori, traumi e interventi chirurgici, anche se il più delle volte ha un’origine sconosciuta; ultimamente, però, con l’affinarsi degli strumenti diagnostici, è aumentato il riscontro di ipofunzione ipofisaria dovuta ad una condizione detta sella vuota.
L’ipofunzione è caratterizza da quadri clinici più o meno complessi a seconda che l’ipofunzione riguardi solo un ormone o più ormoni contemporaneamente.

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Nel caso in cui il deficit riguardi un solo ormone si possono verificare le seguenti condizioni patologiche: ipostaturismo o bassa statura patologica come nel caso di deficit di ormone della crescita; la malattia di Addison caratterizzata da ipotensione, ipoglicemia e stanchezza; l’ipotiroidismo caratterizzato da rallentamento del metabolismo, sovrappeso e astenia; l’ipogonadismo con riduzione degli stimoli sessuali e della capacità di procreare; il diabete insipido caratterizzato dall’incapacità a concentrare le urine che comporta una forte disidratazione corporea nonostante l’assunzione di ingenti quantità di acqua.
Se, invece, il deficit ormonale riguarda tutti gli ormoni contemporaneamente i sintomi saranno dati dall’insieme dei sintomi precedentemente elencati (pan-ipopituitarismo).

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Differenze tra ipotalamo, ipofisi, neuroipofisi e adenoipofisi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZE IPOTALAMO IPOFISI NEURO ADENO ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’ipotalamo e l’ipofisi sono due strutture anatomiche, strettamente collegate fra loro, situate alla base del cranio. Si tratta di due strutture che rappresentano la più importante area di interconnessione fra il sistema nervoso e il sistema endocrino da cui partono gli impulsi e gli stimoli ormonali che governano l’intero sistema endocrino.
L’ipotalamo è un centro che, nel nostro corpo, regola il ritmo sonno/veglia, la fame, la sete e la temperatura corporea.
L’ipotalamo, inoltre, produce delle sostanze (neuroormoni) che stimolano la parte anteriore dell’ipofisi (adenoipofisi) a produrre degli ormoni detti tropine ipofisarie i quali, a loro volta, stimolano altre ghiandole endocrine a produrre altri ormoni. Questi ultimi, infine, agiscono a livello dell’ipotalamo e dell’ipofisi regolando, a loro volta, la produzione degli stessi neuroormoni e delle stesse tropine ipofisarie.

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Altri ormoni prodotti da cellule dell’ipotalamo, infine, possono essere liberati direttamente nella parte posteriore dell’ipofisi (neuroipofisi).
Si tratta, pertanto, di una complessa rete di interazioni e di scambio di informazioni che serve per controllare molte funzioni vitali per il nostro organismo.
In questo modo, infatti, il sistema ipotalamo-ipofisi è in grado di controllare in modo diretto l’accrescimento corporeo, l’allattamento dopo la gravidanza e l’introduzione di liquidi e, in modo indiretto, il metabolismo basale (agendo sulla tiroide), la risposta allo stress (agendo sui surreni) e la funzione sessuale (agendo sui testicoli e sulle ovaie).

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Ipotalamo: anatomia, struttura e funzioni

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IPOTALAMO ANATOMIA FUNZIONI IN SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’ipotalamo (hypothalamus in inglese) è una struttura del SNC (sistema nervoso centrale), situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali, e costituisce la parte ventrale del diencefalo. L’ipotalamo comprende molti nuclei che attivano, controllano e integrano i meccanismi autonomici periferici, l’attività endocrina e molte funzioni somatiche tra cui:

  • la termoregolazione;
  • il sonno;
  • il bilancio idro-salino;
  • l’assunzione del cibo.

Da quanto detto si comprende facilmente come l’ipotalamo rivesta un ruolo di primaria importanza nel controllo dell’omeostasi, cioè l’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di autoregolazione. Senza l’ipotalamo, la vita sarebbe letteralmente impossibile.

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Dove si trova l’ipotalamo e con cosa confina?
L’ipotalamo è situato ai lati del terzo ventricolo cerebrale e si continua col suo pavimento, è delimitato posteriormente dai corpi mammillari, anteriormente dal chiasma ottico, superiormente dal solco ipotalamico e inferiormente dall’ipofisi, con la quale è a stretto contatto non solo anatomicamente ma anche funzionalmente. La superficie inferiore dell’ipotalamo si espande leggermente verso il basso formando il tuber cinereum, dal cui centro sporge l’infundibolo, riccamente vascolarizzato, che a sua volta si prolunga nell’ipofisi.

I tre gruppi nucleari dell’ipotalamo
Nel suo contesto, in senso antero-posteriore si possono riconoscere tre gruppi nucleari principali:

  • gruppo anteriore: comprende i nuclei sopraottico e paraventricolare
  • gruppo intermedio: in esso, prendendo come riferimento un piano sagittale passante per la colonna del fornice, possiamo distinguere una regione mediale (con i nuclei: ventromediale, dorsomediale, perifornicale e arcuato, il quale si estende nell’eminenza mediana) e una regione laterale (nuclei: ipotalamico laterale e tuberali laterali)
  • gruppo posteriore: comprende i corpi mamillari nei quali si distinguono i nuclei mamillari mediale, laterale e intermedio, e i nuclei ipotalamici posteriori.

Ipotalamo e ipofisi
Il rapporto tra ipotalamo e ipofisi è detto asse ipotalamo-ipofisario e collega il sistema nervoso al sistema endocrino o, per meglio dire, permette al primo di svolgere azioni di regolazione sul secondo.

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Struttura e funzioni
L’ipotalamo è costituito da cellule di sostanza grigia raggruppate in numerosi nuclei, distinti topograficamente nei tre gruppi sopra descritti (anteriore, intermedio e posteriore), e collegati con la corteccia cerebrale e i centri del telencefalo, con il talamo e l’epitalamo, con il mesencefalo e il bulbo, da cui arrivano o ai quali vanno impulsi sensoriali vari e fibre nervose efferenti. L’ipotalamo svolge pertanto una duplice funzione:

  • una funzione di controllo del sistema nervoso autonomo (attraverso il quale modifica la motilità viscerale, i riflessi, il ritmo sonno-veglia, il bilancio idrosalino, il mantenimento della temperatura corporea, l’appetito e l’espressione degli stati emotivi);
  • una funzione di controllo del sistema endocrino: due dei nuclei ipotalamici (sopraottico e paraventricolare) collegano direttamente l’ipotalamo all’ipofisi tramite neuroni che, partendo da essi e terminando con i loro assoni nei capillari della neuroipofisi (porzione posteriore dell’ipofisi, minore per dimensioni), formano un fascio ipotalamo-neuroipofisario che unisce i due organi e forma così il suddetto asse ipotalamo-ipofisario.

I neuroni presenti nei due nuclei producono due ormoni, l’ossitocina che stimola la contrattura della muscolatura liscia, soprattutto quella uterina (è infatti importante nel parto) e la vasopressina (ormone antidiuretico o ADH, che agisce sui collettori del rene e viene rilasciata quando aumenta la concentrazione salina nel sangue): questi, attraverso gli assoni degli stessi neuroni, vengono trasportati alla neuroipofisi e lì accumulati fino a quando non si presenta uno stimolo adeguato; infatti questi neuroni sono sensibili ai cambiamenti di pressione osmotica del plasma per mezzo dei neuroni osmocettori (capaci di recepire i valori della pressione osmotica) che, in base alle variazioni di concentrazioni saline, si attivano stimolando la neuroipofisi.

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Il sistema portale ipotalamo-ipofisario
Altri nove nuclei ipotalamici (anteriore, sopraottico, paraventricolare, periventricolare, arcuato, soprachiasmatico, premammillare, dorsomediale e ventromediale) presentano i neuroni parvocellulari, dai quali si dipartono i relativi assoni che vanno a terminare con bottoni sinaptici su capillari infundibolari, e permettono in tal modo il controllo della adenoipofisi (ipofisi anteriore). Questo meccanismo di tipo vascolare è detto sistema portale ipotalamo-ipofisario, e si attua tramite il rilascio da parte dell’ipotalamo dei cosiddetti fattori di rilascio (RH) (ad esempio il TRH per la tireotropina, il GnRH per la gonadotropina, il CRH per l’ormone adenocorticotropo, e il GHRH per il fattore della crescita), ma anche di fattori di inibizione (IF) che vengono riversati nei capillari. Intercettati dall’ipofisi, essi controllano la produzione e il rilascio dei corrispondenti ormoni ipofisari, i quali agiscono a loro volta sulla secrezione degli ormoni secreti dagli organi bersaglio. Il rilascio dei fattori RH o IF è controllata da uno tipo di regolazione a feedback negativo: infatti, una diminuzione della concentrazione ematica degli specifici ormoni secreti dagli organi bersaglio farà aumentare il rilascio dei fattori RH; al contrario, un loro aumento provocherà una diminuzione del rilascio degli stessi fattori. Questo tipo di regolazione è molto importante e il suo malfunzionamento crea squilibri anche gravi nell’organismo.

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Ipotalamo e sistema nervoso parasimpatico
Per quanto concerne il controllo che l’ipotalamo attua sul sistema nervoso parasimpatico, esso avviene mediante l’attivazione di ulteriori nuclei, posti nella parte anteriore dell’ipotalamo, il nucleo anteriore e il nucleo preottico. Questi nuclei sono responsabili di fenomeni come la bradicardia (diminuzione della frequenza dei battiti cardiaci al di sotto dei 60 bpm), incremento di salivazione e sudorazione, ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa), a seguito di un incremento dell’attività parasimpatica (vedi sistema nervoso parasimpatico). Viceversa, quando un individuo è improvvisamente allarmato o eccitato, le aree cerebrali superiori inviano segnali ai nuclei posteriori dell’ipotalamo, che stimolano il simpatico. Questo provoca tachicardia (accelerazione del battito cardiaco), tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), midriasi (dilatazione delle pupille), aumento di flusso di sangue ai muscoli. Questo tipo di reazione si chiama “reazione di lotta o fuga” ed è un tipico esempio delle funzioni che possono essere svolte dall’ipotalamo. In particolare, aree diverse stimolano reazioni diverse. Un ulteriore esempio di quanto detto può essere riscontrato nell’azione svolta nella termoregolazione: infatti, i nuclei anteriore e preottico sono detti “centri del raffreddamento”; viceversa il nucleo posteriore è detto “centro del riscaldamento”. Le cellule di cui sono composti sono sensibili alla variazione di temperatura corporea, dato che ricavano dalla temperatura del sangue che arriva al cervello. Se la temperatura è al di sotto dei 36 °C, l’ipotalamo anteriore reagisce liberando serotonina, la quale attiva il nucleo posteriore che, stimolando il simpatico, crea un innalzamento della temperatura. Viceversa se la temperatura è elevata, il nucleo posteriore libera noradrenalina o dopamina, che stimolano i nuclei situati nella zona anteriore dell’ipotalamo, i quali agiscono aumentando la sudorazione e la vasodilatazione periferica. Questi meccanismi favoriscono la dispersione di calore e, quindi, l’abbassamento della temperatura corporea.

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Altre funzioni dell’ipotalamo
Altri ruoli fondamentali svolti dall’ipotalamo sono la regolazione del sonno, ad opera del nucleo soprachiasmatico che ha in particolare la funzione di mantenere lo stato di veglia; il controllo dell’alimentazione ad opera dei nuclei ventromediale e ipotalamico laterale, che possono essere anche detti “centri della fame, della sazietà e della sete” data la loro funzione. Questa è resa possibile grazie agli impulsi derivanti da alcuni ormoni implicati nella regolazione del metabolismo (in particolare quello del glucosio, per cui gli ormoni più importanti che regolano questa attività sono insulina e leptine) ma anche dalle informazioni ricavate dagli enterocettori relative alla concentrazione di zuccheri e acqua nel sangue che, se troppo bassa, stimola il desiderio di mangiare e di bere. L’ipotalamo è anche in grado di controllare emozioni, stati d’animo e umore, nonché anche il comportamento sessuale. Questo è possibile grazie alla connessione anatomica dell’ipotalamo con il talamo e il sistema limbico (il quale è un insieme funzionale di zone del cervello che regola impulsi e comportamenti emotivi, ma è anche legato alle funzioni organiche vegetative. D’altra parte, sembra essere una delle parti più “antiche” dal punto di vista evoluzionistico); in questa accezione, si può affermare che l’ipotalamo funge da “connessione” tra i due sistemi suddetti e la relativa risposta corporea. Infatti, stimolazioni di diversi centri dell’ipotalamo, come già detto, danno luogo anche in questo caso a risposte diverse: la stimolazione del nucleo posteriore produce risposte aggressive, viceversa accade se vengono stimolati i centri laterali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Sistema nervoso: com’è fatto, a che serve e come funziona

MEDICINA ONLINE SISTEMA NERVOSO CENTRALE GIALLO SISTEMA NERVOSO PERIFERICO AZZURRO ANATOMIA CERVELLO ENCEFALO MIDOLLO SPINALE NERVI TRONCO CEREBRALEIl sistema nervoso negli esseri umani può essere anatomicamente suddiviso in

  • sistema nervoso centrale (SNC);
  • sistema nervoso periferico (SNP).

Il SNC è racchiuso nella scatola cranica per quanto riguarda l’encefalo, e nel canale vertebrale per quanto riguarda il midollo spinale. Il SNP è invece rappresentato da strutture nervose periferiche come i gangli, le fibre nervose dei nervi, i recettori sensoriali (termocettori, propriocettori, meccanocettori, recettori per gli odori, per il gusto) e gli organi sensoriali specializzati come l’occhio, l’apparato cocleare e vestibolare.

Il SNP si occupa di raccogliere informazioni dall’ambiente esterno, le traduce poi in segnali nervosi e le invia al SNC che si occupa di integrarle e di rispondere in maniera adeguata. Tramite il SNP poi, il SNC invia comandi motori alla periferia necessari per rispondere in maniera adeguata a varie condizioni o semplicemente per il movimento volontario. C’è poi da considerare il sistema nervoso autonomo che si occupa di gestire in maniera involontaria le risposte viscerali, cioè la regolazione automatica dello stato degli organi interni. Il sistema nervoso autonomo si divide in sistema simpatico e parasimpatico. Questi due sistemi sono molto spesso contrapposti, ad esempio, nell’occhio, il simpatico induce midriasi, cioè dilatazione della pupilla, mentre il parasimpatico miosi, cioè restrizione della pupilla.
Le componenti anatomiche più importanti del SNC sono:

  • il midollo spinale,
  • il cervello,
  • il tronco dell’encefalo, anche detto tronco cerebrale o tronco encefalico (formato dal bulbo – anche detto midollo allungato – dal ponte e dal mesencefalo),
  • l’ipotalamo,
  • il talamo,
  • il cervelletto,
  • i nuclei della base,
  • l’amigdala,
  • l’ippocampo,
  • la corteccia cerebrale,
  • i ventricoli cerebrali.

Per approfondire, leggi anche:

Differenze tra SNC e SNP

La principale differenza tra il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico sta nell’anatomia: Il primo è formato da encefalo (cervello, tronco cerebrale e cervelletto) e midollo spinale, il secondo dai neuroni (sensitivi e motori) i cui assoni si estendono fuori dal sistema nervoso centrale per giungere a tessuti e organi. Entrambi i sistemi possiedono le cellule gliali “mielinizzanti”, tuttavia nel SNC si parlerà di Oligodendrociti, nel SNP di Cellule di Schwann. Entrambi i sistemi possiedono ammassi di corpi cellulari di neuroni, che nel SNC prendono il nome di Nuclei e nel SNP di Gangli (/ˈɡaŋɡlj/). Un’ultima grande differenza riguarda i raggruppamenti degli assoni in fasci: Nel SNC prendono il nome di Tratti, nel SNP prendono il nome di Nervi.

Per approdondire:

Fisiologia

Per sistema nervoso umano si intende l’unità morfo-funzionale caratterizzata dal tessuto altamente specializzato nell’elaborazione di segnali bioelettrici. Il sistema nervoso è la centrale di controllo e di comando dell’intero organismo perché, coordinando tutti gli altri sistemi, mantiene l’omeostasi permettendo la vita.

Cenni sullo sviluppo del sistema nervoso

Intorno al sedicesimo giorno dal concepimento si forma la placca neurale per differenziazione di cellule di natura ectodermica che, aumentando il loro spessore, diventano cellule neuro-ectodermiche; tale processo di differenziazione si verifica sotto l’azione induttiva della notocorda, che si esplica nell’azione degli antagonisti di BMP (chordin, noggin, follistatin).
Col passare dei giorni, sul piano mediano, a livello della placca neurale, compare un solco (solco neurale) delimitato lateralmente dalle pieghe neurali; le pieghe tendono a sollevarsi, causando indirettamente, l’approfondamento del solco neurale che in questa fase prenderà il nome di doccia neurale.
Verso il ventunesimo giorno, le pieghe che delimitano la doccia neurale si fondono sul piano mediano; si ottiene pertanto la chiusura della doccia neurale, che dà luogo al tubo neurale. Nei giorni successivi la parte craniale o anteriore del tubo neurale subisce delle modificazioni che comportano la formazione di tre vescicole: il prosencefalo (cervello anteriore), il mesencefalo (cervello medio) e il rombencefalo (cervello posteriore). Giunti al trentaseiesimo giorno, il prosencefalo si divide in due porzioni:

  • telencefalo (anteriormente) che ampliandosi darà luogo agli emisferi cerebrali;
  • diencefalo (posteriormente) da cui deriveranno il talamo, l’ipotalamo, la neuroipofisi e la retina.

Dal rombencefalo si formano per un processo di segmentazione, otto rombomeri, che daranno luogo al metencefalo (da cui deriveranno ponte e cervelletto) e il mielencefalo (da cui deriva il bulbo o midollo allungato).
Durante la vita intrauterina si formano circa 200.000 neuroni al minuto. Contrariamente, al momento della nascita la duplicazione neuronale si arresta (eccezione fatta per i neuroni olfattivi presenti a livello dell’area olfattiva, posta caudalmente alla lamina cribrosa dell’osso etmoide).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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La morte per mancanza di sonno è davvero possibile? Per quanto tempo si può restare svegli?

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La Cura Ludovico, dal film Arancia Meccanica di Stanley Kubrik (1971)

Quante volte in vita vostra avete detto:

Sto morendo dal sonno

Ma vi siete mai fermati a pensare se è davvero possibile morire per la mancanza di sonno?Il sonno è una delle componenti più importanti della nostra vita, basti pensare che passiamo quasi un terzo della nostra vita dormendo. Un uomo di 80 anni ha passato quasi 25 anni impegnato a dormire! Molti studi evidenziano che la privazione di sonno porta a cambiamenti psicologici e fisiologici importanti. In un uomo non è mai stata osservata direttamente la morte per mancanza di sonno, ma è chiaro che le conseguenze psicologiche che ne derivano (dalla paranoia alla depressione, alla difficoltà di concentrazione) possono aumentare il rischio di incidenti e suicidio. La scienza non da, per ora, una risposta netta alla domanda del titolo.

Cosa succede al corpo umano in una veglia forzata?

Dal punto di vista fisico, il non dormire per lunghi tempi colpisce non solo il sistema nervoso, ma l’intero organismo, determinando: aumento della pressione sanguigna e del rischio di infarto; alterazioni ormonali e innalzamento dei livelli di cortisolo (ormone dello stress); incapacità di metabolizzare il glucosio creando nella persona “voglia di carboidrati” che la spinge a mangiare troppo preferendo cibi calorici e poco salutari (rischio di obesità, diabete, cancro e malattie cardiocircolatorie); abbassamento delle difese immunitarie e della temperatura corporea (ipotermia); e morte delle cellule cerebrali con conseguente perdita di memoria e inattività: effetti che – spinti alle estreme conseguenze – possono trasformare l’insonne in un vegetale vivente.

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Per quanto tempo si può restare svegli?

La privazione del sonno, secondo alcuni studiosi, provoca inevitabilmente alterazioni psicotiche. La letteratura scientifica offre a questo proposito numerosi esempi di individui che, costretti a una veglia forzata, sono andati incontro a gravi disturbi della personalità. Altri studi, fondati sempre su base empirica, sostengono al contrario che i sintomi psicotici che si osservano talvolta durante la deprivazione di sonno sono il risultato dello stress e non dalla mancanza di qualche funzione fondamentale svolta dal sonno. Prova ne è che nel 1966 il diciassettenne Randy Gardner rimase sveglio per 264 ore, non mostrando alcun sintomo psicotico. Dopo la sua impresa dormì per circa 15 ore e si svegliò sentendosi bene. Quindi, come ha scritto la studiosa Wilse Webb, “l’effetto della privazione del sonno non sarebbe altro che quello di fare addormentare il soggetto”.

Melatonina: il migliore integratore selezionato per voi

Per dormire bene, è utile assumere 1 mg di melatonina circa mezz’ora prima di mettersi a letto. Il miglior integratore di melatonina, selezionato, usato e raccomandato dal nostro Staff di esperti, lo potete trovare qui: http://amzn.to/2yax2CB Questo prodotto è veramente molto efficace anche perché oltre alla melatonina, contiene melissa, tiglio, valeriana, passiflora e papavero californiano, piante le cui proprietà sono perfette per farci addormentare e riposare bene.

Rimedi pratici per smettere di russare e riposare meglio

Chi russa può risolvere il problema con dei dispositivi che migliorano il flusso d’aria e consentono di riposare meglio, come:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Meningite batterica e virale: sintomi, profilassi, cura e vaccini

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MENINGITE BATTERICA VIRALE SINTOMI CURA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpg

Charlotte Cleverley-Bisman sviluppò una grave meningite meningococcica e il rash petecchiale progredì alla gangrena così da rendere necessaria l’amputazione. È comunque sopravvissuta alla malattia ed è diventata un simbolo della campagna di vaccinazione per la meningite in Nuova Zelanda

La meningite è una patologia caratterizzata da infiammazione delle meningi, le membrane che rivestono il cervello e il midollo spinale. A provocarla possono essere vari patogeni, soprattutto batteri, virus, anche funghi. In alcuni casi la meningite può anche avere cause non infettive. In genere le forme batteriche sono le più gravi e sono portate da tre specie di batteri:

  • Haemophilus influenzae di tipo B (HiB);
  • Streptococcus o Diplococcus pneumoniae (pneumococco);
  • Neisseria meningitidis (meningococco).

E’ il meningococco il responsabile dei casi di epidemia. Ne esistono cinque ceppi capaci di provocare malattie pericolose: i sierotipi A, B, C, Y, W135. In Europa e USA si registrano casi da meningococco B e C.

Quanto è diffusa la meningite in Italia?
In Italia si registrano circa 900 casi di meningite batterica all’anno. Un terzo circa sono attribuibili al meningococco e un’analoga percentuale è causata dallo pneumococco. I casi residui sono dovuti a batteri diversi (stafilococchi, streptococchi, listeria, micobatteri, escherichia coli) oppure non è stato possibile identificare una causa precisa. È stato solo a partire dal 1994 che il Ministero della Salute ha implementato un sistema di sorveglianza nazionale per ottenere dati sull’incidenza delle meningiti batteriche e i loro agenti causali. Come conseguenza vi è stato un incremento notevole, di anno in anno, della segnalazione di casi di meningite e in particolare di meningiti sostenute da Haemophilus influenzae di tipo b (Hib), con il raggiungimento di un picco, nel 1999, di 1 057 casi di meningite, poi ridottosi negli anni successivi grazie al diffondersi della vaccinazione contro Hib, destinata ai bambini nel primo anno di vita. La meningite da meningococco in Italia ha un’incidenza minore rispetto al resto d’Europa: circa 200–300 casi/anno (3–5 casi/milione di abitanti contro una media europea di 12 casi/milione). La maggior parte dei casi di malattia da meningococco sono causati da sierogruppi B e C.

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Come avviene il contagio?
Il batterio si può annidare nelle mucose del distretto naso-faringeo, nella maggior parte dei casi senza dare sintomi (si stima che fino al 30% della popolazione sia portatrice inconsapevole di meningococco), e può essere trasmesso da una persona all’altra per via aerea, ma a distanza ravvicinata, soprattutto in luoghi chiusi e affollati, dato che non sopravvive a lungo fuori dall’organismo umano. Dalle prime vie aeree, il patogeno può poi raggiungere le meningi attraverso il sistema circolatorio.

Quali sono le cause non infettive di meningite?
La meningite si può verificare anche come risultato di diverse cause non infettive, come la diffusione alle meningi di neoplasie o l’assunzione di alcuni farmaci, per lo più antinfiammatori FANS, antibiotici e immunoglobuline per via endovenosa. Può anche essere causata da diverse condizioni infiammatorie come la sarcoidosi, che in tal caso prende il nome di neurosarcoidosi, malattie del tessuto connettivo, come il lupus eritematoso sistemico, e alcune forme di vasculite (infiammazione della parete dei vasi sanguigni) come la Sindrome di Behçet. Cisti epidermoidi e cisti dermoidi possono causare meningite rilasciando materiale nello spazio subaracnoideo. La meningite di Mollaret è una sindrome caratterizzata da episodi ricorrenti di meningite asettica. Raramente l’emicrania può essere causa di meningite e tale diagnosi può essere fatta solo quando le altre possibili cause sono state scartate. Infine vi sono alcune procedure mediche invasive che possono associarsi a complicanza meningitica, fra cui le tecniche di anestesia spinale e peridurale e gli interventi neurochirugici.

Come si riconosce la meningite?
I segni e sintomi possono essere facilmente confusi con quelli di una banale influenza, specie nelle prime ore. In seguito negli adulti si può manifestare con la letargia, l’irritabilità, la fotofobia, il torcicollo, la presenza di eruzioni cutanee e le convulsioni. Nei bambini molto piccoli con irritabilità, febbre o al contrario temperatura bassa, rigidità del corpo e del collo, pianto acuto. È sempre essenziale rivolgersi tempestivamente al medico. Dopo 20-36 ore i sintomi sono gravi: convulsioni, perdita di conoscenza, macchie sul corpo.

Diagnosi con esami di laboratorio e strumentali
Se si sospetta un caso di meningite, vengono immediatamente effettuati gli esami del sangue per la ricerca dei marcatori di infiammazione (ad esempio, la proteina C reattiva e la formula leucocitaria), così come la coltura. L’esame più importante per individuare o escludere la meningite è l’analisi del liquido cerebrospinale, ottenuto attraverso la puntura lombare, tuttavia, la puntura lombare è controindicata se vi è una massa nel cervello (tumore o ascesso) o se la pressione intracranica risulta elevata, in quanto può essera causa di un’ernia cerebrale. Se un individuo è a rischio per ipertensione intracranica, che si riscontra nel 45% di tutti i casi negli adulti, l’esecuzione di una tomografia computerizzata (TC) o di una risonanza magnetica (RM) è raccomandata prima della puntura lombare. Se si rileva la necessità di eseguire una TC o una RM prima della puntura lombare o se quest’ultima si dimostra di difficile esecuzione, le linee guida suggeriscono la somministrazione precoce di antibiotici per evitare ritardi nel trattamento, soprattutto se l’attesa per la TC o la RM è superiore a 30 minuti. Spesso la TC o la RM vengono eseguite in una fase successiva per valutare le complicazioni della meningite e per escludere la presenza di focolai ascessuali, ventricoliti, ependimiti ed empiemi. Nelle forme gravi di meningite, il monitoraggio degli elettroliti del sangue può essere importante. Ad esempio, l’iponatriemia è comune in caso di meningite batterica, a causa di una combinazione di fattori, tra cui la disidratazione, l’escrezione inadeguata dell’ormone antidiuretico o per l’eccessiva somministrazione di liquidi per via endovenosa

Quanto è grave?
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità ancora oggi la meningite da meningococco provoca il decesso nell’8-14% dei pazienti, ammesso che le cure siano tempestive e adeguate; altrimenti arriva quasi al 50%. In un terzo dei casi si sopravvive con complicanze serie, spesso a carico di vista, udito, del sistema neuro-motorio, degli arti.

Quanto è diffusa?
Le categorie più a rischio sono i bambini nella primissima infanzia e i giovani dai 15-18 anni ai 24-25 anni. Come già accennato precedentemente, in Italia si registrano circa mille nuovi casi ogni anno, 500.000 in Europa. Altri fattori di rischio sono la vita in comunità, il fumo attivo e passivo, le altre infezioni della vie respiratorie.

Cosa fare se si è stati accanto a un malato?
Si procede a profilassi con una terapia antibiotica per le persone che sono state a stretto contatto con un malato. In genere si considerano i conviventi, compresi colleghi di lavoro e di studio, chi ha dormito o mangiato nella stessa casa, chi ha potuto avere contatto con la saliva del paziente nella settimana precedente l’esordio della malattia. Ovviamente anche gli operatori sanitari che sono stati esposti alle secrezioni respiratorie della persona in cura. La sorveglianza dura una decina di giorni.

Trattamento e cure del paziente con meningite
La meningite è potenzialmente pericolosa per la vita e, se non trattata, presenta un alto tasso di mortalità; la mancata diagnosi precoce porta purtroppo spesso ad un ritardo nel trattamento e ciò è associato ad una prognosi maggiormente negativa, tanto che la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro dovrebbe essere iniziata anche durante la fase di conferma della diagnosi, prima ancora di avere la certezza di quest’ultima. Se si sospetta un’infezione meningococcica, le linee guida raccomandano l’assunzione immediata di benzilpenicillina PRIMA del ricovero in ospedale. Se vi sono segni di ipotensione o shock, devono essere somministrati liquidi per via endovenosa. Dato che la meningite può causare una serie di gravi complicanze, un controllo medico periodico è consigliato per limitarle e, se si ritiene necessario, può essere utile il ricovero in un’unità di terapia intensiva. La ventilazione meccanica può rendersi necessaria, se il livello di coscienza è molto basso o se vi è evidenza di insufficienza respiratoria. Se vi sono segni di ipertensione endocranica, devono essere prese adeguate misure di controllo della pressione intracranica. Le convulsioni sono trattate per mezzo di farmaci anticonvulsivanti. Il verificarsi di idrocefalo può richiedere l’inserimento di un dispositivo di drenaggio temporaneo o a lungo termine, come uno shunt cerebrale.

Prognosi
Purtroppo anche quando la diagnosi viene fatta tempestivamente, e la terapia antibiotica praticata subito e in maniera adeguata, la possibilità di guarire completamente è inferiore al 50%.

Perché vaccinarsi è IMPORTANTISSIMO?
Essendo la possibilità di guarire completamente così bassa, la prevenzione vaccinale è l’unica via per cambiare davvero la storia della malattia. Prevenire è davvero – in questo caso ancor di più del solito – meglio che curare.

Perché vaccinare è importante non solo per il proprio figlio ma per l’intera comunità?
Oltre a proteggere la persona vaccinata, si protegge la comunità. Maggiore è la percentuale di vaccinati e maggiori sono le possibilità che le persone non vaccinate siano comunque protette dal contagio, perché la circolazione della malattia in questo modo è contenuta. È la cosiddetta “immunizzazione comunitaria”, che tutela fra l’altro anche chi non può sottoporsi al vaccino, per condizioni di salute ad esempio, o chi ancora non ha potuto essere immunizzato, come i bambini appena nati.

Come funziona il vaccino?
La vaccinazione diffusa e attivamente offerta dal servizio sanitario contro il sierotipo C e contro lo pneumococco ha ridotto sensibilmente il numero di casi nel nostro Paese, mentre un vaccino contro il sierotipo B è oggi disponibile, su richiesta, per i bambini a partire dal terzo mese di vita. Il vaccino contro lo pneumocco è generalmente raccomandato prima dei 5 anni e per gli anziani; quello antimeningococco C è è disponibile in due dosi (a due mesi e un anno di età) oppure in una sola dose dopo l’anno; esiste anche un vaccino tetravalente contro il meningococco A, C, Y, e W135, disponibile per chi pensa di poter venire a contatto con forme della malattia diffuse in altre aree del  mondo. L’ultimo arrivato è il vaccino contro il meningococco B, somministrabile in tre dosi.

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Casa Iride: viaggio nella clinica delle vite sospese tra carezze e speranze di risveglio

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CASA IRIDE CLINICA VITE SOSPESE RISVEGL  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgC’è un luogo a Roma, dove ci si prende cura delle vite spezzate. Si chiama Casa Iride. Un posto dove le esistenze stanno sospese tra il cielo e la terra, incapaci di esserci e incapaci di andarsene, come Alessandra, che ha poco più di 40 anni e faceva la barista. Nelle foto che la sua mamma ha appeso al muro della stanza sul parco, sembra una concorrente di miss Universo. E’ mora, luminosa e ha gli occhi che dicono: guardami. Anche sua figlia era molto fiera di lei. Poi Alessandra ha sbandato con la macchina sulla strada ghiacciata ed è andata a sbattere contro un albero. Il suo corpo l’hanno tirato fuori dalle lamiere, ma un pezzo di lei si è perso da qualche parte che nessuno sa dove sia. Ecco. Le vite spezzate sono queste. Uomini e donne ridotte allo stato vegetativo a causa di gravi lesioni cerebrali, incastrate in un limbo irreale destinato a durare per un tempo infinito che nessun medico è in grado di pronosticare. Eluana Englaro è stata la più famosa di tutti. Poi è arrivato il silenzio. Come se il problema non esistesse più. Invece esiste ancora. Ed è enorme.  Ogni quindici secondi una persona subisce un trauma cranico. E ogni cinque minuti una di queste persone muore o diventa invalida, trascinando nell’invalidità tutta la famiglia.

Come ci si prende cura delle vite spezzate? A Casa Iride, struttura pubblica unica in Italia, una risposta ce l’hanno. Ci si arriva guidando verso Cinecittà e poi girando in via di Torre Spaccata. La si riconosce perché è incastrata nel verde e perché la struttura, in legno, sembra un quadro norvegese. Lì ci abitano due uomini e quattro donne prigionieri nell’acquario della loro mente, ma di fianco hanno i padri, le madri, i fratelli e le sorelle. «Casa Iride non è un ospedale, ma il posto dove queste persone abitano davvero. Hanno i loro spazi singoli, ma anche spazi condivisi, come la cucina o la palestra. I loro cari possono entrare e uscire quando vogliono, continuando a vivere un’esistenza accettabile. Siamo una grande famiglia». L’avvocato Francesco Napolitano, Claudio Taliento e la neurologa e psichiatra Maria Rachele Zylberman dell’Associazione Risveglio, si sono inventati questa formula che non esisteva poco meno di dieci anni fa. La Città Metropolitana di Roma ha messo a disposizione l’immobile, la Asl garantisce la parte infermieristico assistenziale e l’associazione Risveglio quella organizzativa. Ci sono infermieri, logopedisti, fisiatri, psicoterapeuti. E se uno degli inquilini ha un problema specifico – un’infezione, per esempio – viene portato all’ospedale, curato, e riportato a casa.

Le famiglie non sono più prigioniere e le spese si dimezzano. Patrick, che ha quasi 30 anni ed è arrivato qui quando ne aveva 29, è rimasto incastrato nel limbo per colpa di un incidente in motorino mentre stava andando a giocare a pallone. C’è suo zio che si prende cura di lui, mentre Daniela è arrivata due settimane fa. Ha due figli e un marito che le sta di fianco da mattina a sera. Una famiglia classica straziata da un incidente d’auto. Raffaella invece ha avuto un’ipossia. Anche lei era molto bella. Ed è entrata nel limbo durante un intervento chirurgico. Una anestesia sbagliata. Gianfranco, che faceva il vigile invece è rimasto prigioniero di un versamento cerebrale. Suo fratello non lo molla un momento. Qual è il loro futuro? Difficile dirlo. Non reagisco agli stimoli vocali e neppure a quelli acustici. O almeno così sembra.

Ma gli scienziati americani dicono che: «the absence of evidence is not the evidence of absence». L’assenza dell’evidenza non è l’evidenza dell’assenza. E’ un labirinto complicato come nessun altro. «I circuiti del dolore sono attivi. Ma non è detto che queste persone ne abbiano coscienza», spiega la professoressa Zylberman. Ci provano ogni giorno ad aiutarli un po’. Ma nessuno sa fino a che punto serva. «E’ nostro dovere garantire loro assistenza e attenzione», dice l’avvocato Napolitano.  Per Alice, che con i suoi 21 anni a Casa Iride è la più giovane, qualche speranza di miglioramento c’è. Il suo non è uno stato vegetativo, ma uno stato di minima coscienza. No ha avuto un incidente. Le hanno fatto male. A botte. Una persona che doveva volerle bene, La sua mamma la imbocca fissandola con curiosità, come se volesse orientarsi nella folla di ombre che intasano la testa della figlia. Alice abbozza un sorriso. Forse. E la segue con lo sguardo. Ha piccole reazioni. Il papà le accarezza la testa. Dice: «la mia bambina», con una tenerezza che spacca il cuore. Sei ospiti, una sola esperienza in Italia (che funziona meravigliosamente). Non è un po’ poco? «Lo è. E noi spingiamo perché il modello di Casa Iride si allarghi. La buona notizia è che la Asl ci ha appena comunicato l’intenzione di esportare questa esperienza anche in altri distretti», dice Napolitano. «Le famiglie che passano da noi si sentono più leggere. Aiutarle è un dovere. Mia moglie è rimasta per sei anni in stato vegetativo.

E a me e a mio figlio il mondo è crollato addosso. Poi è stato un tumore a chiudere la sua vita, portandosi via anche un pezzo di me. Eppure ogni volta che una persona spicca il volo personalmente dico: forse è meglio così, lei e la sua famiglia hanno sopportato un peso enorme. Ecco, noi cerchiamo di farci carico di parte di quel peso», dice Claudio Taliento.  E’ mezzogiorno. La cucina è piena. E c’è davvero un’aria casalinga. La mamma di Alice si rimette a imboccare la figlia, continuando con questa forma di accudimento che si spinge fino alle soglie del mistero.

Poliomielite: cause, sintomi, diagnosi, importanza del vaccino e controindicazioni

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VACCINO BAMBINI PUNTURA INIEZIONE SPALLA (2)Cos’è la poliomielite e come si trasmette?

La poliomielite è una grave malattia infettiva altamente contagiosa che colpisce il sistema nervoso centrale e si trasmette per via oro-fecale (attraverso l’ingestione di prodotti contaminati, tramite saliva dei soggetti ammalati o tramite contatto con le feci di persone colpite dal virus). La poliomielite è stata riconosciuta come malattia da Jakob Heine nel 1840, mentre il suo agente eziologico, il poliovirus, è stato identificato nel 1908 da Karl Landsteine.

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Classificazione della poliomielite

La poliomielite si presenta, generalmente, in tre forme distinte: la prima (poliomielite abortiva) porta solo a febbre alta senza interessare il sistema nervoso, la seconda (meningite asettica) porta a una paralisi lieve e momentanea, mentre la terza – che è la forma più grave in assoluto – comporta sia febbre che “paralisi flaccida” acuta che porta gli arti inferiori a perdere molto velocemente tono muscolare fino a diventare, appunto, flaccide (oltre che paralizzate).

Sintomi della poliomielite

Sebbene circa il 90% delle infezioni da polio non causi sintomi, gli individui affetti possono presentare una serie di condizioni se il virus entra nella circolazione sanguigna. In circa l’1% dei casi, il virus penetra nel sistema nervoso centrale, dove colpisce di preferenza i neuroni motori, portando a debolezza muscolare e paralisi flaccida acuta. A seconda dei nervi coinvolti, possono presentarsi diversi tipi di paralisi. La polio spinale è la forma più comune, caratterizzata da paralisi asimmetrica che spesso coinvolge le gambe. La polio bulbare porta alla debolezza dei muscoli innervati dai nervi cranici. La polio bulbospinale è una combinazione di paralisi bulbare e spinale.

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Cause della poliomielite

La poliomielite è causata dall’infezione con un virus appartenente al genere degli enterovirus, noto come poliovirus (PV). Questi virus a RNA colonizzano il tratto gastrointestinale, specificamente l’orofaringe e l’intestino. Il periodo di incubazione, ovverosia il tempo tra la prima esposizione e i primi sintomi, varia da tre a 35 giorni, con un arco più comune che va dai sei ai venti giorni. Il poliovirus infetta e provoca la malattia soltanto negli esseri umani. La sua struttura è molto semplice: è composto da un genoma a RNA racchiuso in un involucro proteico chiamato capside. Oltre a proteggere il materiale genetico del virus, le proteine del capside consentono al poliovirus di infettare alcuni tipi di cellule. Tre sierotipi di poliovirus sono stati identificati: il poliovirus di tipo 1 (PV1), di tipo 2 (PV2) e di tipo 3 (PV3), ognuno con una proteina del capside leggermente diversa. Tutti e tre sono estremamente virulenti e producono gli stessi sintomi della malattia. PV1 è la forma che si riscontra più frequente e quella più strettamente correlata alla paralisi. Gli individui che sono esposti al virus, tramite infezione o tramite l’immunizzazione con il vaccino antipolio, sviluppano l’immunità. Negli individui immuni, gli anticorpi IgA contro il poliovirus sono presenti nelle tonsille e nel tratto gastrointestinale e sono in grado di bloccare la replicazione del virus mentre gli anticorpi IgG e IgM possono prevenire la diffusione del virus ai neuroni motori del sistema nervoso centrale. L’infezione o la vaccinazione con un sierotipo di poliovirus non fornisce immunità contro gli altri sierotipi e l’immunità completa richiede l’esposizione a ciascun sierotipo.

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Trasmissione della poliomielite

La poliomielite è altamente contagiosa e si può trasmettere per via oro-orale (fonte orofaringea) e fecale-orale (di origine intestinale). Nelle aree endemiche, il poliovirus può infettare praticamente l’intera popolazione umana. Il virus si presenta per lo più stagionalmente nelle fasce climatiche temperate, con il picco di trasmissione che si verifica in estate e in autunno. Queste differenze stagionali sono molto meno pronunciate nelle aree tropicali. Il periodo di incubazione è di solito compreso tra sei e venti giorni, con un intervallo massimo che va dai tre ai trentacinque giorni. Dopo l’infezione iniziale le particelle virali sono escrete, per diverse settimane, con le feci, che pertanto risultano infette. La malattia si trasmette principalmente per via fecale-orale, con l’ingestione di cibo contaminato o acqua. Talvolta viene trasmessa via oro-orale, una modalità di trasmissione più comune nelle zone in cui vi è una buona igiene. La poliomielite è maggiormente infettiva tra i sette e i dieci giorni prima e dopo la comparsa dei sintomi, ma la trasmissione è possibile finché il virus rimane nella saliva o nelle feci. I fattori che aumentano il rischio di infezione da polio o influenzano la gravità della malattia comprendono: deficienza immunitaria, malnutrizione, tonsillectomia, attività fisica subito dopo l’inizio della paralisi, lesioni muscolo-scheletriche a causa di iniezione di vaccini e la gravidanza. Anche se il virus può attraversare la placenta, il feto non sembra essere influenzato da una infezione materna o dalla vaccinazione contro la polio. Anche gli eventuali anticorpi materni possono attraversare la placenta, fornendo l’immunità passiva che protegge il neonato dalle infezioni da polio durante i primi mesi di vita. Come precauzione contro le infezioni, durante le epidemie di poliomielite le piscine pubbliche delle zone colpite sono state spesso chiuse.

Diagnosi della poliomielite

La poliomielite paralitica può essere clinicamente sospettata in individui che con insorgenza acuta di paralisi flaccida a livello di uno o più arti e riflessi tendinei diminuiti o assenti negli arti colpiti, con conservazione delle funzioni sensoriale o cognitiva e in assenza di altre cause apparenti. Una diagnosi di laboratorio può essere effettuata in seguito all’isolamento del poliovirus in un campione di feci o in un tampone faringeo. Gli anticorpi anti-poliovirus possono essere trovati nel sangue durante la fase infettiva. L’analisi del liquido cerebrospinale (CSF) del paziente, prelevato tramite puntura lombare, mostra un elevato numero di globuli bianchi (principalmente linfociti) e un lieve incremento nella concentrazione proteica. L’individuazione del virus nel liquor attesta l’avvenuta infezione del sistema nervoso centrale ed è pertanto diagnostica per la polio paralitica, sebbene ciò si verifichi raramente. Se il poliovirus è isolato da un paziente che presenta paralisi flaccida acuta, viene ulteriormente testato tramite mappatura genetica o, più recentemente, mediante reazione polimerasica a catena (PCR), per determinare se esso è “wild type” (cioè, il virus che si incontra in natura) o “da vaccino” (derivato da un ceppo del virus della poliomielite utilizzato per produrre il vaccino antipolio). È importante determinare l’origine del virus, poiché per ogni caso segnalato di polio paralitica causato da poliovirus selvaggi si stima che possano esistere altri 200 a 3000 portatori asintomatici contagiosi.

Vaccino poliomielite

Il vaccino anti-polio, contro la poliomielite, come quella contro la difterite, l’epatite b e il tetano fa parte delle vaccinazioni obbligatorie per i neonati. Per l’immunizzazione dei nuovi nati, infatti, viene utilizzato il vaccino esavalente che viene somministrato in tre dosi, da praticare entro il primo anno di vita (al 3, 5 e 11 mesi), e in un richiamo da effettuare tra il 5 e i 6 anni. Esistono due tipi diversi di vaccino, quello inattivato (o di Salk) e quello vivo attenuato (o di Sabin), ma in Italia viene praticato solo il primo, mentre il Ministero della Salute mantiene una scorta del secondo in caso di emergenza.

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Controindicazioni vaccino

Non esistono controindicazioni alla vaccinazione nei bambini sani che possono essere vaccinati senza alcun pericolo. Se sono invece presenti malattie infettive in forme acute, con febbre o con diarrea, è preferibile rimandare la vaccinazione al momento in cui il piccolo abbia recuperato la buona salute. Oltre a questo, poi, è consigliato attendere almeno 4 settimane dall’iniezione prima di sottoporsi all’asportazione di tonsille o adenoidi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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