Video di una cistoscopia femminile

Il seguente video mostra strumenti e tecnica di esecuzione di una uretrocistoscopia femminile:

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Video di una cistoscopia maschile

Il seguente video mostra quello che è possibile osservare tramite una uretrocistoscopia maschile. Nel percorso del cistoscopio flessibile osserviamo inizialmente l’uretra, successivamente la sonda si sposta a livello del verumontanum e dei lobuli prostatici, per giungere infine nella vescica. All’interno della vescica è possibile osservare due casi di calcoli vescicali ed un caso di tumore vescicale.

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Differenza tra cistoscopia e uretroscopia

MEDICINA ONLINE CISTOSCOPIA CISTOSCOPIO RIGIDO FLESSIBILE TUBO URETRA BLADDER ANO PROSTATA VAGINA PENE MEATO ORIFIZIO GLANDE CLITORIDE SEDAZIONE ANESTESIA PREZZI MASCHILE FEMMINILE DIFFERENZA RENI PREPARAZIONE RISCHICistoscopia

Con “endoscopia” in medicina si indica in generale una tecnica diagnostica/terapeutica che usa un particolare strumento chiamato “endoscopio” (un tubo flessibile e mobile dotato di videocamera all’estremità che restituisce l’immagine su un monitor) per osservare tessuti dall’interno del corpo, raggiungibili dall’esterno tramite strutture anatomiche (bocca, naso, ano…) o piccole incisioni. Più specificatamente la “cistoscopia”  è un tipo particolare di endoscopia nella quale l’endoscopio – in questo caso chiamato cistoscopio o uretrocistoscopio – viene inserito attraverso il meato uretrale esterno (cioè lo sbocco dell’uretra alle sterno, che permette la fuoriuscita dell’urina proveniente dalla vescica). Il cistoscopio può essere rigido o flessibile e restituire l’immagine sia direttamente all’operatore, sia tramite monitor esterno. Una volta inserito, il cistoscopio risale a ritroso nell’uretra fino ad arrivare alla vescica: in questo modo può indagare l’interno dell’uretra e della vescica; proprio in virtù degli organi che indaga la cistoscopia prende anche il nome di “uretrocistoscopia“.

Perché si fa una cistoscopia?

La cistoscopia viene effettuata con lo scopo di diagnosticare, monitorare e trattare malattie che colpiscono la vescica e l’uretra. Può essere prescritta per risalire alla causa di sintomi a livello delle vie urinarie, nel percorso diagnostico per identificare o escludere la presenza di infiammazioni (cistiti), calcoli alla vescica, tumori alla vescica o iperplasie prostatiche. Inoltre la possibilità di inserire appositi strumenti nel cistoscopio permette di utilizzare la cistoscopia anche per diagnosticare (tramite biopsia) ed eventualmente trattare malattie alla vescica, ad esempio per rimuovere tumori molto piccoli. Può infine essere usata per la diagnosi di una stenosi (restringimento) dell’uretra.

Uretroscopia

L’uretroscopia è una endoscopia che indaga l’uretra. Salvo casi specifici, difficilmente l’indagine endoscopica si limita, però, all’osservazione della sola uretra: l’uretrocistoscopio raggiunge quasi sempre la vescica come completamento dell’esame, che diventa quindi una “uretrocistoscopia“.

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Tumore alla vescica: terapie, asportazione, si può guarire?

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNALa vescica è l’organo che ha il compito di raccogliere l’urina filtrata dai reni. Nella maggior parte dei casi, il tumore alla vescica ha inizio nelle cellule che compongono il suo rivestimento interno. Le cause di questa malattia non sono sempre chiare: lo sviluppo del tumore è stato messo in relazione, ad esempio, con il fumo, le infezioni da parassiti, l’esposizione alle radiazioni e a sostanze chimiche. Quel che è certo è che la neoplasia si presenta quando alcune cellule della vescica smettono di funzionare correttamente e iniziano a crescere e a dividersi in maniera incontrollata, arrivando a formare il tumore. Esistono diversi tipi di tumori alla vescica:

  • il carcinoma a cellule di transizione è il più diffuso e nasce nelle cellule che compongono il rivestimento interno dell’organo;
  • il carcinoma squamoso primitivo colpisce le cellule squamose, è raro e sembra particolarmente legato alle infezioni da parassiti;
  • l’adenocarcinoma ha inizio nelle cellule delle ghiandole presenti nella vescica e costituisce una forma molto rara.

Fattori di rischio

Alcuni fattori possono aumentare il rischio di tumore alla vescica.
Tra questi:

  • età: si tratta di un tumore raro prima dei 40 anni
  • razza: la bianca è più colpita delle altre
  • sesso: gli uomini sono considerati più a rischio
  • fumo, a causa delle sostanze chimiche che si accumulano nell’urina dei fumatori
  • esposizione a sostanze chimiche quali l’arsenico e i prodotti utilizzati nella lavorazione della gomma, della pelle, delle vernici e nell’industria tessile
  • alcuni farmaci utilizzati nel trattamento del cancro, quali la ciclofosfamide
  • esposizione a radiazioni in seguito a un trattamento di radioterapia nella regione pelvica
  • infiammazioni croniche della vescica quali infezioni urinarie o cistiti, causate ad esempio da parassiti diffusi in alcuni paesi del Medio Oriente (Schistosomiasi)
  • familiarità: presenza di casi di tumore alla vescica in famiglia

Si può prevenire il tumore della vescica?

Al di là della non esposizione ad alcuni fattori di rischio sopra citati (fumo e sostanze chimiche) e della cura delle infezioni della vescica, non esiste una specifica strategia di prevenzione del tumore della vescica.

Classificazione dei tumori vescicali

I carcinomi della vescica vengono divisi in:

  • Tumori uroteliali (a cellule transizionali) a crescita:
    • papillare
      • Papilloma esofitico
      • Papilloma invertito
      • Neoplasie papillari uroteliali a basso potenziale di malignità (PUNLMP)
      • Carcinoma non invasivo (basso grado o alto grado)
      • Carcinoma invasivo papillare
    • non-papillare
      • Neoplasia intraepiteliale (basso grado o alto grado)
      • Carcinoma invasivo non papillare
  • Carcinoma a cellule squamose
  • Carcinoma misto
  • Adenocarcinoma
  • Carcinoma a piccole cellule

Mentre i carcinomi uroteliali, che costituiscono il 95% di questa casistica, originano dall’epitelio di transizione che costituisce la tonaca mucosa, gli adenocarcinomi, del tutto simili a quelli presenti nel tratto gastrointestinale, originano da residui dell’uraco siti a livello della cupola vescicali e nei tessuti periureterali. Una variante rara ed estremamente maligna dell’adenocarcinoma vescicale è rappresentata dal carcinoma a cellule con castone. Il carcinoma a piccole cellule della vescica (SCCB) del tutto simile al carcinoma polmonare a piccole cellule è estremamente raro (<1%) e connesso con prognosi infausta e sopravvivenza a 5 anni di circa il 16-20%.

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Sintomi del tumore vescicale

La macroematuria (urine a lavatura di carne) è il reperto tipico di carcinoma vescicale esofitico. La presenza di una massa intravescicale può favorire il ristagno di urina con sviluppo di quadri infettivi a livello di vescica e ureteri con conseguenti sintomi, quali:

  • disuria;
  • stranguria;
  • pollachiuria;
  • tenesmo vescicale.

L’invasione della giunzione uretero-cistica può esitare verso ostruzione ureterale e provocare intenso dolore ai fianchi. Nel soggetto di età superiore a 50 anni, metodiche ecografiche sovrapubiche attuate per l’indagine di ostruzione urinaria da ipertrofia prostatica benigna possono mettere in luce lesioni asintomatiche papillari che protrudono in vescica. L’invasione dei plessi nervosi può provocare intenso dolore o disfunzioni erettili. Fistole enteriche, anali o vaginali sono rare e indice di malattia avanzata. Molto raramente i primi sintomi sono dovuti alle lesioni metastatiche.

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Diagnosi del tumore vescicale

Una diagnosi precoce e accurata di tumore della vescica è essenziale ai fini dell’efficacia del trattamento: può ampliare lo spettro di opzioni terapeutiche a disposizione e quindi aumentare le probabilità di guarigione. La presenza di macroematuria, soprattutto in presenza di coaguli, è un indice sensibile di sanguinamento a livello delle vie escretrici. In questo senso, una volta esclusa la cistite benigna e la litiasi urinaria, il carcinoma della vescica deve essere sempre sospettato, soprattutto in soggetti di età superiore a 50 anni, fumatori e di sesso maschile. Deve essere eseguita un’ecografia renale, utile per escludere alterazioni renali e della pelvi, e un esame citologico delle urine. Quest’ultimo esame presenta un’elevata sensibilità e permette di identificare le cellule neoplastiche di sfaldamento; in caso di positività si deve procedere alla cistoscopia, metodica in grado di evidenziare la massa neoplastica e di prelevare campioni bioptici. La ecotomografia, la TC e la RMN sono utili per evidenziare il grado di invasione parietale, l’infiltrazione degli organi viciniori e l’eventuale presenza di metastasi linfonodali. Una scintigrafia ossea risulta invece utile per indagare la presenza di metastasi ossee.

  • Ecografia dell’apparato urinario: è l’indagine di prima istanza in caso di un sospetto tumore vescicale (presenza di ematuria, micro o macroscopica, o altri segni e sintomi di pertinenza urologica). E’ un esame non invasivo, attendibile per l’accertamento del tumore della vescica e utile per il monitoraggio di possibili recidive.
  • Esame citologico delle urine: è la ricerca nelle urine della presenza di cellule tumorali di origine vescicale. La sensibilità della metodica aumenta proporzionalmente con l’aumentare dell’aggressività biologica della neoplasia. L’esame citologico è ripetibile anche durante i controlli in pazienti che abbiano già avuto un tumore vescicole, allo scopo di diagnosticare con una certa celerità l’eventuale presenza di recidiva di malattia.
  • Cistoscopia: consiste nell’introduzione di un sottile strumento flessibile (cistoscopio) attraverso il canale per l’escrezione delle urine (uretra). L’estremità dello strumento è munita di un apparato illuminante costituito da lenti speciali e fibre ottiche, che permette al medico di ispezionare visivamente l’uretra e la vescica. La cistoscopia con flessibile, di ridotta invasività, risulta di estrema utilità soprattutto nel follow up dei pazienti con storia pregressa di tumore vescicale.
  • Tecniche radiodiagnostiche avanzate: l’uro-TAC e l’urografia-RM (uro RM) sono tecnologie consolidate per la valutazione delle vie urinarie e permettono al medico di servirsi di un set più preciso di strumenti diagnostici per valutare lo stato del paziente.
    La capacità della TAC di rappresentare le strutture anatomiche ha fatto sì che progressivamente abbia sostituito l’urografia convenzionale nella stadi azione del tumore vescicale.
    L’urografia RM costituisce una tecnica radiodiagnostica alternativa non invasiva per i bambini e le donne in gravidanza; non è utilizzata tanto quanto l’urografia TAC, anche se le nuove macchine e le innovazioni tecnologiche che ne migliorano l’efficienza e la risoluzione hanno suscitato un maggiore interesse per le tecniche di urografia RM.
  • PET: la tomografia a emissione di positroni (PET) è una moderna tecnica diagnostica che utilizza un radiofarmaco che si accumula nelle lesioni neoplastiche caratterizzate da elevato metabolismo, permettendone l’identificazione sulle immagini analizzate dai medici. Per le neoplasie vescicali l’applicazione di questa metodica può essere limitata dall’eliminazione urinaria di parte del radiofarmaco

Tumore maligno alla vescica: si può guarire?

L’efficacia del trattamento del tumore della vescica e le possibilità di guarigione sono strettamente connesse alla somma di molti fattori spesso legati alla diagnosi precoce o non del tumore, tra cui soprattutto il tipo e lo stadio evolutivo del tumore, oltre che l’eventuale presenza di metastasi a distanza (fattore prognostico estremamente negativo) l’età e lo stato di salute del paziente. Secondo i dati relativi alla prognosi, la sopravvivenza a 5 anni in caso di tumore vescicale è in media: dell’85% per il grado Ta, del 70% per il grado T1, del 60% per il grado T2, del 30% per il grado T3, fra lo 0 e il 5% per il grado T4. Se vi è interessamento linfonodale, le possibilità di sopravvivenza si riducono: sopravvive a un anno il 54%, il 20% a 2 anni, il 15% a 5 anni. Particolarmente grave è purtroppo la prognosi per i pazienti con metastasi polmonari, epatiche, ossee ed encefaliche.

Trattamento del tumore vescicale

In base alle variabili appena esposte, la scelta della terapia ricade su una cura specifica, tra cui:

Chirurgia
La chirurgia è il trattamento primario per il tumore della vescica. In base al bisogno clinico del paziente, la chirurgia del cancro della vescica può prevedere:

  • asportazione del tumore dalla parete vescicale per via cistoscopia (TUR-V);
  • asportazione dell’intera vescica (cistectomia radicale).

Rimozione della vescica
I pazienti sottoposti a cistectomia radicale possono essere candidati all’intervento di ricostruzione della vescica e delle vie urinarie oppure essere sottoposti a urostomia che permette il passaggio di urina verso l’esterno, in caso di rimozione della vescica. Per approfondire leggi:

Immunoterapia
In relazione al tipo di tumore, a seguito di TUR-V, può essere necessario effettuare cicli di instillazione endovescicale di chemio o immunoterapici. Nella maggioranza dei casi, si inietta una soluzione con il bacillo di Calmette-Guerin (BCG), composta di batteri poco aggressivi in grado di provocare la reazione del sistema immunitario

Chemioterapia
Per i pazienti con malattia avanzata (tumore che si è diffuso in altre sedi oltre la vescica), il medico può suggerire la chemioterapia sistemica, anche come opzione terapeutica esclusiva. In casi selezionati, può essere appropriata anche una combinazione di radioterapia e chemioterapia dopo l’intervento di asportazione parziale della vescica.

Radioterapia
La radioterapia può essere effettuata anche in associazione alla chemioterapia o in sostituzione della chirurgia nei soggetti affetti da carcinoma vescicale e non operabili per comorbidità.

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Cistoscopia maschile e femminile: preparazione, rischi, anestesia, prezzo

MEDICINA ONLINE CISTOSCOPIA CISTOSCOPIO RIGIDO FLESSIBILE TUBO URETRA BLADDER ANO PROSTATA VAGINA PENE MEATO ORIFIZIO GLANDE CLITORIDE SEDAZIONE ANESTESIA PREZZI MASCHILE FEMMINILE DIFFERENZA RENI PREPARAZIONE RISCHI.jpgCon “endoscopia” in medicina si indica in generale una tecnica diagnostica/terapeutica che usa un particolare strumento chiamato “endoscopio” (un tubo flessibile e mobile dotato di videocamera all’estremità che restituisce l’immagine su un monitor) per osservare tessuti dall’interno del corpo, raggiungibili dall’esterno tramite strutture anatomiche (bocca, naso, ano…) o piccole incisioni. Più specificatamente la “cistoscopia”  è un tipo particolare di endoscopia nella quale l’endoscopio – in questo caso chiamato cistoscopio o uretrocistoscopio – viene inserito attraverso il meato uretrale esterno (cioè lo sbocco dell’uretra alle sterno, che permette la fuoriuscita dell’urina proveniente dalla vescica). Il cistoscopio può essere rigido o flessibile e restituire l’immagine sia direttamente all’operatore, sia tramite monitor esterno. Una volta inserito, il cistoscopio risale a ritroso nell’uretra fino ad arrivare alla vescica: in questo modo può indagare l’interno dell’uretra e della vescica; proprio in virtù degli organi che indaga la cistoscopia prende anche il nome di “uretrocistoscopia“.

Meato uretrale nell’uomo

Il meato (od “orifizio”) uretrale, cioè l’apertura attraverso cui fuoriesce l’urina durante la minzione, è posizionato in zone anatomiche diverse nell’uomo e nella donna. L’orifizio nell’uomo è posizionato sul pene, all’apice del glande, ed oltre all’urina permette anche l’espulsione dello sperma durante l’eiaculazione. In caso di ipospadia, il meato uretrale maschile può essere situato in zone diverse, come lungo il pene, sullo scroto o sul perineo, a tal proposito leggi anche: Ipospadia nel bambino e nell’adulto: sintomi, diagnosi e cure

Meato uretrale nella donna

Nelle donne l’orifizio uretrale è situato invece nel vestibolo vulvare, tra il clitoride (posto superiormente) e l’apertura della vagina (posta inferiormente) e permette solo l’espulsione dell’urina.

Leggi anche:

Cistoscopia: a cosa serve e quali malattie può indagare?

La cistoscopia viene utilizzata per diagnosticare, monitorare e trattare malattie che colpiscono la vescica e l’uretra. Può essere prescritta per risalire alla causa di sintomi a livello delle vie urinarie, nel percorso diagnostico per identificare o escludere la presenza di infiammazioni (cistiti), calcoli alla vescica, tumori alla vescica o iperplasie prostatiche. Inoltre la possibilità di inserire appositi strumenti nel cistoscopio permette di utilizzare la cistoscopia anche per diagnosticare (tramite biopsia) ed eventualmente trattare malattie alla vescica, ad esempio per rimuovere tumori molto piccoli. Può infine essere usata per la diagnosi di una stenosi (restringimento) dell’uretra.

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Come si svolge la cistoscopia?

A seconda dei casi l’esame può essere effettuato in ospedale o in ambulatorio e può richiedere l’uso di un gel per anestesia locale, una sedazione o un’anestesia generale. Comunemente una cistoscopia effettuata in ambulatorio dura anche meno di 5 minuti e viene eseguita mediante uno strumento che si chiama “cistoscopio flessibile“. Il cistoscopio flessibile è uno strumento con un diametro molto piccolo che permette di essere inserito in uretra senza che il paziente percepisca dolore. Quando la cistoscopia richiede una sedazione, può durare da 10 a 30 minuti.
Prima di iniziare l’esame è necessario svuotare la vescica. Dopo che il paziente si sarà sdraiato supino sul lettino, con le ginocchia piegate e i piedi a staffa, il medico applicherà il gel anestetizzante o somministrerà, se previsto, il sedativo o l’anestetico iniettandolo in vena. Procederà quindi all’inserimento del cistoscopio, esaminerà l’uretra e la vescica e inietterà una soluzione sterile per osservare meglio l’interno della vescica ed eseguirà eventuali biopsie o altre procedure previste nel corso dell’esame.

Chi può effettuare cistoscopia?

La cistoscopia è controindicata in caso di infezione acuta, stenosi uretrale (in questo caso l’esame sarà limitato all’uretra) o ipersensibilità al lattice o alla lidocaina.

La cistoscopia è un esame doloroso?

Una delle domande più frequenti è: “la cistoscopia fa male?” Nel caso in cui vengano utilizzati i cistoscopi flessibili di ultima generazione la cistoscopia maschile e femminile sono certamente fastidiose ma il paziente NON avverte dolore. Il dolore associato alla cistoscopia, nel caso in cui esso renda la procedura non tollerabile, viene contrastato con l’uso di anestetici.

Cistoscopia: quali sono i rischi e gli effetti collaterali?

L’esame non è pericoloso, ma può avere effetti collaterali come irritazioni, emorragie, infezioni, dolore addominale, bruciori durante la minzione, ematuria (urina con tracce ematiche, sangue nell’urina). In genere questi sintomi sono lievi e sono destinati a scomparire gradualmente.

Come ci si prepara alla cistoscopia?

In preparazione a una cistoscopia potrebbe essere necessario assumere degli antibiotici. Meglio inoltre aspettare a svuotare la vescica prima dell’esame: potrebbe essere richiesto un prelievo per un test delle urine. Nel caso in cui sia prevista un’anestesia è necessario attenersi alle indicazioni fornite dal medico.

Cistoscopia: prezzo

Il prezzo di una biopsia effettuata privatamente varia molto a seconda dello studio medico, del professionista che la esegue, alla presenza di sedazione ed eventuale biopsia. Generalmente i prezzi di una cistoscopia oscillano tra 150 ed i 300 euro.

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Uroflussometria: indicazioni, preparazione, come si esegue

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma DIECI ABITUDINI TI DANNEGGIANO RENI Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Pancia Sessuologia Filler BotulinoL’uroflussometria, a volte chiamata “uroflussimetria” (in inglese “uroflowmetry“) è un esame non invasivo che permette di studiare il flusso urinario. E’ un indagine semplice, considerata di prima istanza nei pazienti che riferiscono disturbi della minzione.

Uroflussometria: a che serve?

L’obiettivo di una uroflussometria è quello di evidenziare un eventuale disturbo urinario ostruttivo riferito dal paziente, quindi distinguere un soggetto con flusso normale da uno affetto da qualche patologia del basso apparato urinario che influisce effettivamente sulla sua minzione, come la comune iperplasia prostatica benigna, i calcoli dell’apparato urinario, la stenosi dell’uretra, la vescica neurologica o altre patologie.

Leggi anche: PSA totale e free alto: capire i risultati dell’esame e rischio di tumore alla prostata

Uroflussometria: per quali malattie è indicata?

L’uroflussometria è indicata nei pazienti che presentano sintomi e segni relativi ad una disfunzione urinaria, come sensazione di difficoltà ad urinare, mitto rallentato, gocciolamento post-minzionale, pollachiuria, nicturia, urgenza minzionale, incontinenza urinaria e senso di incompleto svuotamento vescicale. Negli uomini spesso tale sintomatologia può essere legata ad aumento di volume della ghiandola prostatica (ad esempio a causa di una iperplasia prostatica benigna o di un cancro della prostata), mentre nelle donne può essere frequentemente associata a cistite (infiammazione della vescica) o cistouretrite (infiammazione di vescica ed uretra). Di seguito riporto una serie di sintomi e segni che possono spingere il medico a richiedere una uroflussometria:

  • pollachiuria: emissione con elevata frequenza (a meno di 4 ore di distanza) di piccole quantità di urina;
  • nicturia: ripetuto bisogno di urinare durante il riposo notturno;
  • poliuria: eliminazione di una quantità di urina superiore a 2000 ml nelle 24 ore (2500 ml o 3000 ml secondo alcune fonti), generalmente associata ad un aumento della frequenza della minzione;
  • disuria: difficoltà ad urinare;
  • stranguria: dolore durante la minzione;
  • enuresi: perdita involontaria di urina durante la notte;
  • ritenzione urinaria (o iscùria): accumulo di urina nella vescica, come conseguenza dell’incapacità – parziale o totale – della vescica di svuotarsi;
  • tenesmo vescicale: contrazione spasmodica e dolorosa, dello sfintere vescicale accompagnata da pressione e fastidio in regione uretrale o sovrapubica e stimolo minzionale urgente, con emissione minima di urina. Anche subito dopo aver urinato, il paziente avverte ancora lo stimolo di urinare ma nel tentativo di minzione spesso non riesce ad emettere urina;
  • urine torbide: segno di probabile infezione lungo le vie urinarie;
  • incontinenza urinaria: incapacità di trattenere l’urina che porta a perdita involontaria di urina;
  • globo vescicale: aumento di volume della vescica che può arrivare a contenere fino a 4000 ml (4 litri) di urina.

La presenza di uno o più di questi sintomi può essere legata a molte patologie, e il fine della flussimetria non è di distinguere quale sia la causa del disturbo fra esse (a questo scopo il medico richiederò altri esami), bensì di oggettivare il disturbo e fornire parametri numerici  che possano quantificarlo con precisione. L’uroflussometria è anche un valido strumento di monitoraggio dei risultati di un trattamento, medico o chirurgico. Viene quindi raccomandata nei pazienti che devono effettuare una terapia medica o sottoporsi ad un intervento chirurgico, e poi ripetuta ad intervalli di tempo stabiliti dall’urologo.

Leggi anche: Nicturia: cos’è, cosa la provoca e come si cura

L’uroflussometro

L’apparecchiatura con cui si effettua questo esame è chiamata uroflussometro. Di fatto è un vaso che misura la velocità del flusso urinario e la registra su un tracciato. L’atto minzionale viene quindi rappresentato graficamente in un asse cartesiano, con tempo e flusso in ascisse e ordinate. I parametri più utili sono Qmax (flusso massimo), Qave (flusso medio), Vol (volume urinato, molto utile specie se rapportato allo stimolo minzionale del paziente o al suo residuo postminzionale). L’interpretazione di questo diagramma consente di confermare od escludere la presenza di una disfunzione del primo tratto urinario.

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Uroflussometria: come si esegue?

L’uroflussometria si esegue urinando nel vaso raccoglitore dell’apparecchio, come in un normale WC. E’ importante che l’esame si svolga in un ambiente confortevole, così da ridurre al minimo ansia e stati emozionali in grado di ostacolare la minzione.

Uroflussometria: come ci si prepara all’esame?

Arrivare all’esame con un moderato desiderio di urinare è necessario per rendere l’esame attendibile, infatti urinare uno scarso volume o forzare la minzione con un eccessivo carico di acqua sono frequenti motivi di falsamento del test. Il consiglio è di non urinare nelle 3 ore prima dell’esame, e prepararsi bevendo una moderata quantità di acqua.

Oltre alla uroflussometria

In base ad i sintomi e segni del paziente ed alla patologia sospettata dal medico, per raggiungere una diagnosi – oltre alla uroflussometria – potrebbero essere indicati uno o più dei seguenti esami:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Urodinamica: cos’è, a che serve e come funziona

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNAL’urodinamica è un esame medico che consiste nello studio e nella verifica dello stato operativo del sistema urinario, in particolare della vescica e dell’uretra. È un esame prescritto sia agli uomini che alle donne per cercare ed offrire la cura più adatta per l’incontinenza urinaria, la disuria ed altri disturbi della minzione in genere. L’urodinamica fornirà al medico le informazioni necessarie per diagnosticare la causa e la natura, ad esempio, dell’incontinenza del paziente, dando così le migliori opzioni di trattamento disponibili.

L’urodinamica è in genere condotta da un urologo, un uroginecologo, o da infermieri specialisti di urologia. L’urodinamica viene eseguita per mezzo di due cateteri (uno inserito in vescica, l’altro nel retto) in grado di rilevare le variazioni di pressione endovescicale ed endoaddominale: si introduce quindi in vescica una soluzione fisiologica e si valutano sensibilità, capacità, stabilità e distensibilità della muscolatura vescicale, mediante la registrazione delle pressioni intravescicali. Si può anche valutare in che modo il paziente avverte lo stimolo minzionale, fornendo quindi informazioni utili sul funzionamento della vescica. Tali variazioni vengono trasmesse e documentate da una centralina collegata ad un comune computer.

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Prostata: anatomia, dimensioni, posizione e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PROSTATA ANATOMIA POSIZIONE FUNZIONI SIN Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa prostata (in inglese “prostate“) o ghiandola prostatica è una ghiandola che fa parte esclusivamente dell’apparato genitale maschile. Posta al di sotto della vescica ed alla base del pene, la sua funzione principale è quella di produrre ed emettere il liquido prostatico, uno dei costituenti dello sperma, che contiene gli elementi necessari a nutrire e veicolare gli spermatozoi. La prostata differisce considerevolmente tra le varie specie di mammiferi, per le caratteristiche anatomiche, chimiche e fisiologiche. La prostata dell’uomo può essere palpata mediante esame rettale, essendo collocata circa 5 cm anteriormente al retto e all’ano.

Pronuncia corretta
La parola prostata va pronunciata con l’accento sulla “o”: pròstata. E’ quindi sbagliata la pronuncia “prostàta”.

Dimensioni della ghiandola prostatica
La prostata ha un diametro trasversale medio di 4 cm alla base, verticalmente è lunga 3 cm e antero-posteriormente circa 2 cm per un peso di 10-20 g nei soggetti normali, che tuttavia può aumentare di svariate volte in caso di IPB (ipertrofia prostatica benigna).

Uomo e donna
Il sesso femminile è sprovvisto di tale ghiandola, tuttavia le donne possiedono delle microscopiche ghiandole periuretrali, definite ghiandole di Skene, site nell’area prevaginale in prossimità dell’uretra, ghiandole che sono considerate l’omologo della prostata e, se infiammate, possono causare una sintomatologia simile alla prostatite (infiammazione della prostata). A tale proposito leggi anche: Prostatite batterica ed abatterica: cause e cure dell’infiammazione della prostata

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Anatomia della prostata
La prostata dell’uomo è una ghiandola fibromuscolare di forma variabile, nel soggetto normale è piramidale, simile ad una castagna, ma talvolta assume una forma a mezzaluna o in caso di ipertrofia a ciambella. Possiede una base, un apice, una faccia anteriore, una faccia posteriore e due facce infero-laterali. La base è appiattita e superiormente in rapporto con il collo della vescica, mentre l’apice è la porzione inferiore della ghiandola e segna il passaggio dalla porzione prostatica a quella membranosa dell’uretra. La faccia anteriore è convessa e collegata con la sinfisi pubica (che gli è anteriore) dai legamenti puboprostatici, ma la ghiandola ne è separata dal plesso venoso del Santorini, posto all’interno della fascia endopelvica, e da uno strato di tessuto connettivo fibroadiposo lassamente adeso alla ghiandola. Dalla faccia anteriore, antero-superiormente rispetto all’apice, e tra il terzo anteriore e quello intermedio della ghiandola, emerge l’uretra. Nella prostata la porzione anteriore è generalmente povera di tessuto ghiandolare e costituita perlopiù da tessuto fibromuscolare.
La faccia anteriore e le facce infero-laterali sono ricoperte rispettivamente dalla fascia endopelvica e dalla fascia prostatica laterale su entrambi i lati, che ne rappresenta la continuazione laterale e si continua poi posteriormente andando a costituire la fascia rettale laterale che ricopre le porzioni laterali del retto. Le facce infero-laterali sono in rapporto con il muscolo elevatore dell’ano e i muscoli laterali della pelvi, da cui sono separati da un sottile strato di tessuto connettivo.
La faccia posteriore della prostata è trasversalmente piatta o concava e convessa verticalmente ed è separata dal retto dalla fascia del Denonvilliers, anch’essa continua con le fasce prostatiche laterali, che vi aderisce nella porzione centrale mentre racchiude due fasci neurovascolari postero-lateralmente alla ghiandola. Posteriormente alla fascia del Denonvilliers la prostata è comunque separata dal retto dal tessuto adiposo prerettale contenuto nell’omonimo spazio fasciale.
Lo spazio delimitato dalla fascia del Denonvilliers ha come “soffitto” il peritoneo che ricopre la base della vescica. I due condotti eiaculatori entrano postero-medialmente alla faccia posteriore presso due depressioni e poco al di sotto di queste vi è un lieve solco mediano che originariamente divideva la prostata nei lobi laterali destro e sinistro. La prostata è composta anche da tessuto muscolare. Lo sfintere uretrale interno è costituito da fasci circolari di muscolatura liscia posti all’interno della ghiandola, presso la sua base, che si fondono con la muscolatura del collo della vescica. Davanti a questo strato del muscolo scheletrico discende e si fonde con lo sfintere uretrale esterno, posto attorno all’apice della prostata nella loggia perineale profonda.
Questa muscolatura è ancorata tramite fibre collagene agli strati fasciali attorno alla prostata che ne costituiscono la sua “capsula” e allo stesso tessuto fibromuscolare della prostata. Posteriormente alla prostata decorre il muscolo rettouretrale, che origina dalla parete del retto (strato longitudinale esterno) tramite due fasci muscolari che si uniscono per poi andarsi ad inserire nel centro tendineo del perineo. Il tessuto ghiandolare prostatico può essere diviso in tre zone cui si aggiunge, a completare l’organo, lo stroma fibromuscolare anteriore.

  • La zona transizionale è una zona rotondeggiante, costituisce appena il 5% del volume della ghiandola ed avvolge l’uretra preprostatica. È completamente interna alla ghiandola, anteriormente è ricoperta dallo stroma fibromuscolare anteriore, posteriormente è in rapporto con la zona centrale, lateralmente ed inferiormente con la zona periferica ed è appena anteriore ai condotti eiaculatori che si immettono nell’uretra prostatica.
  • La zona centrale è pensabile come un tronco di cono interno alla ghiandola, ne costituisce il 25% del volume. Anteriormente è in rapporto con la zona transizionale, posteriormente e lateralmente con la zona periferica. È attraversata per tutta la sua lunghezza dai condotti eiaculatori (che decorrono solo in questa porzione del tessuto ghiandolare della prostata) e il suo apice determina la sporgenza del verumontanum. In questa zona, appena sopra la zona transizionale e attorno all’uretra preprostatica vi sono ghiandole mucose semplici non assimilabili a quelle prostatiche volte alla produzione di liquido seminale.
  • La zona periferica è la porzione più grande del tessuto ghiandolare, anch’essa a tronco di cono o a coppa, ne costituisce il 70% del volume. Racchiude in parte l’uretra preprostatica e l’uretra prostatica, contiene la zona transizionale, è in rapporto anteriormente e medialmente con la zona centrale e anteriormente con lo stroma fibromuscolare anteriore.
    Lo stroma fibromuscolare anteriore costituisce gran parte della porzione anteriore (e della faccia anteriore) della prostata, racchiude la parete antero-superiore dell’uretra preprostatica (la posteriore è compresa nella zona centrale e transizionale, l’antero-inferiore nella transizionale). La sua forma è assimilabile ad un cuneo o ad un cono rovesciato.

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Arterie
La prostata è irrorata da rami delle arterie pudenda interna, vescicale inferiore e dall’arteria rettale mediale che sono rami dell’arteria iliaca interna. I rami delle arterie principali della prostata decorrono nel fascio neuromuscolare postero-laterale alla ghiandola e da lì vi si distribuiscono sulla faccia posteriore. L’arteria vescicale inferiore irrora generalmente con due rami il collo della vescica e la base della prostata, inviando anche rami anteriormente alla ghiandola. I vasi posteriori decorrono dietro la prostata emettendo rami che vi entrano perpendicolarmente.

Vene
Le vene si distribuiscono alla prostata mediante un plesso venoso anteriore (plesso del Santorini) e tramite vene che decorrono nel fascio neurovascolare postero-laterale alla ghiandola. Il plesso del Santorini è situato subito all’interno della fascia endopelvica, dietro la sinfisi pubica, e contiene le vene di maggior calibro in cui drena il sangue della prostata, mentre le vene dei fasci posteriori sono più piccole. Le vene prostatiche e vescicali anteriori drenano nel plesso vescicale che ha nella vena pudenda interna, e queste a loro volta nella vena iliaca interna.

Linfa
I vasi linfatici della prostata drenano nei linfonodi iliaci interni (vasi linfatici della faccia anteriore) ed esterni (vasi linfatici della faccia posteriore), sacrali ed otturatori.

Innervazione
La prostata è innervata dal plesso ipogastrico inferiore ed i suoi rami creano un ulteriore plesso arcuato sulla ghiandola. Buona parte dei nervi decorrono lungo i fasci neurovascolari postero-laterali accollati alla ghiandola. Lo sfintere uretrale esterno è molto innervato, così come la capsula, scarse invece le fibre nervose sulla faccia anteriore e ancora di più nella zona periferica. I nervi perforano la capsula e si distribuiscono nella tonaca muscolare, nello stroma e lungo le arterie. Lo sfintere vescicale esterno è innervato dal nervo pudendo che emette due rami che si dirigono postero-medialmente per innervare la giunzione prostatovescicale.

Funzioni della prostata
La prostata ha la principale funzione di produrre e secernere un liquido particolare, detto liquido prostatico, che al momento dell’eiaculazione si riversa nell’uretra, combinandosi ad altri secreti. L’insieme di tutte queste componenti dà origine al liquido seminale (anche chiamato sperma), che fuoriesce dal pene al culmine dell’atto sessuale (eiaculazione). La prostata produce il 70% della parte liquida dello sperma.
Gli spermatozoi, prodotti nei tubuli seminiferi dei testicoli, beneficiano del liquido prostatico, il quale serve per aumentarne sopravivenza e motilità. Lo sperma, o liquido seminale, contiene infatti numerosi componenti con funzione tampone (per neutralizzare l’ambiente acido della vagina), lubrificante e nutriente. Oltre alla prostata, partecipano alla formazione del liquido seminale altre ghiandole accessorie: le bulbo uretrali e le vescicole seminali, che producono il 30% della parte liquida dello sperma. Nel loro insieme le secrezioni prostatiche costituiscono circa il 99% del volume spermatico.
Oltre ad assicurare una maggiore vitalità ai circa 50-200 milioni di spermatozoi immessi nella vagina all’atto dell’eiaculazione, le secrezioni spermatiche proteggono l’apparato riproduttivo maschile dai patogeni. Esse contengono infatti immunoglobuline, lisozima ed altri composti con attività antibatterica.
Un particolare componente dello sperma è lo zinco; dal momento che questo minerale raggiunge concentrazioni importanti nel liquido prostatico, anche se mancano dati certi sul suo ruolo nella riproduzione, viene spesso aggiunto agli integratori dedicati alla salute dell’apparato riproduttivo maschile.

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