James Mark Baldwin ed effetto Baldwin
Nella biologia evolutiva, l’effetto Baldwin descrive l’effetto del comportamento appreso sull’evoluzione. La psicologo statunitense James Mark Baldwin (Columbia, 12 gennaio 1861 – Parigi, 8 novembre 1934) da cui l’effetto prende il nome, ha suggerito – durante l’eclissi del darwinismo alla fine del XIX secolo – che la capacità di un organismo di apprendere nuovi comportamenti (ad esempio “acclimatarsi” ad un nuovo fattore di stress comparso nell’ambiente) influirà sul suo successo riproduttivo e avrà quindi un effetto sulla genetica della sua specie attraverso la selezione naturale. Sebbene questo processo appaia simile all’evoluzione di Lamarck, Lamarck propose che gli esseri viventi ereditassero le caratteristiche acquisite dai loro genitori. L’adattamento all’ambiente secondo Baldwin avviene in due momenti:
- assimilazione, formazione di abitudini sulla base dell’integrazione degli elementi esterni in schemi;
- accomodamento, formazione di nuovi comportamenti.
Secondo il principio della selezione organica, gli individui meglio adattati all’ambiente tramite gli accomodamenti sviluppati nella loro ontogenesi sopravvivono più a lungo e riproducendosi danno luogo a una discendenza in cui è conservata la loro modalità di adattamento individuale. Nel 1915 James Mark Baldwin pubblicò le sue idee nella sua celebre opera Teoria genetica della realtà.
Charles Darwin e darwinismo
Il darwinismo (noto anche come teoria darwiniana) è una teoria evoluzionistica sviluppata dal noto naturalista britannico Charles Darwin e altri autori. Secondo questa teoria, tutte le specie viventi derivano dalla selezione naturale di piccole caratteristiche ereditate, le quali incrementano le abilità dell’individuo di competere, sopravvivere e riprodursi. Questa teoria introdusse i concetti base della trasmutazione delle specie e dell’evoluzione, concetti che iniziarono a guadagnare l’accettazione scientifica, nonché l’attenzione del pubblico generalista, dopo che Darwin pubblicò il saggio L’origine delle specie nel 1859. I principi base dell’evoluzione per selezione naturale definiti da Darwin sono:
- per ogni generazione che sopravvive, vengono prodotti più individui;
- fra gli individui esiste una variazione fenotipica e tale variazione è ereditabile;
- quegli individui con tratti ereditabili meglio adatti all’ambiente sopravviveranno;
- qualora avrà luogo l’isolamento riproduttivo, allora si sarà formata una nuova specie.
Jean-Baptiste de Lamarck e lamarckismo
Il lamarckismo fu la prima teoria evoluzionistica e fu elaborata dal naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829), attualmente considerata errata e non conforme alle prove disponibili in tutti i settori della biologia. Nella sua opera Philosophie zoologique (1809), Lamarck avanzò la sua teoria sull’evoluzione, che suscitò critiche da parte dei contemporanei. In quest’opera Lamarck credeva che gli organismi, così come si presentavano, fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione attiva delle condizioni ambientali. A partire dalle sue osservazione sugli invertebrati, elaborò l’idea che gli organismi, così come si mostravano in natura, fossero in realtà il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Formulò, perciò, l’ipotesi che in tutti gli esseri viventi sia sempre presente una spinta interna al cambiamento che sarebbe prodotta da due forze: la capacità degli organismi di percepire i propri bisogni, e la loro interazione con l’ambiente in funzione di un migliore adattamento. La teoria di Lamarck può essere riassunta in due leggi, collegate tra loro:
- legge dell’uso e del non uso” (disuso): un organo si sviluppa quanto più è utilizzato e regredisce quanto meno è sollecitato;
- legge dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti: il carattere acquisito dall’animale durante la sua vita viene trasmesso alla progenie.
Per spiegare la sua tesi usò come esempio le giraffe: in un primo momento, secondo Lamarck, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto; queste ultime, a causa dello sforzo fatto per raggiungere i rami più alti, avrebbero sviluppato collo e zampe anteriori e quindi avrebbero acquisito nel tempo organi adatti alle circostanze. Tutte queste parti del corpo, di conseguenza, sarebbero diventate progressivamente un poco più lunghe e sarebbero state trasmesse alla generazione successiva. La nuova generazione avrebbe avuto in partenza parti del corpo più lunghe e le avrebbe allungate ulteriormente, poco per volta. In questo modo i vari adattamenti, accumulandosi e trasmettendosi attraverso le generazioni, avrebbero dato luogo a nuove specie, diverse da quelle originarie per effetto del costante adattamento all’ambiente. Secondo Lamarck questi due principi fornivano la spiegazione più plausibile dell’esistenza dei fossili, delle attuali diversità delle forme viventi e delle evidenti parentele tra gli organismi. Ogni specie sarebbe il risultato di una continua ed incessante trasformazione ed è proprio questo concetto il fondamento delle teorie evolutive.
SEMPLIFICANDO
L’evoluzione quindi, in base alle tre teorie, avviene in tre modi diversi:
- Jean-Baptiste de Lamarck: c’è un cambiamento nell’ambiente, il cambiamento porta a ad un cambio nel comportamento, si verifica l’uso/disuso di determinati organi (che si modificano), tale modifiche passano alla progenie;
- James Mark Baldwin: c’è un cambiamento nell’ambiente, il cambiamento porta a ad imparare nuovi comportamenti per adattarsi al cambiamento; tra tutti gli individui ce ne sono alcuni con nuovi comportamenti meglio adattabili di altri al cambiamento ambientale e sopravvivono passando il proprio comportamento vantaggioso alla progenie; tra tutti gli individui ce ne sono alcuni con nuovi comportamenti poco adattabili al cambiamento ambientale e NON sopravvivono quindi NON passano il proprio comportamento vantaggioso alla progenie;
- Charles Darwin: c’è un cambiamento nell’ambiente e c’è una variabilità fenotipica casuale determinata da variazioni genetiche casuali; tra tutti gli individui ce ne sono alcuni con fenotipo meglio adattabile di altri al cambiamento ambientale e sopravvivono passando il proprio fenotipo vantaggioso alla progenie; tra tutti gli individui ce ne sono alcuni con fenotipo poco adattabile al cambiamento ambientale e NON sopravvivono quindi NON passano il proprio fenotipo vantaggioso alla progenie.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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