Differenza tra trombosi arteriosa e venosa profonda e superficiale

MEDICINA ONLINE TROMBOSI VENOSA PROFONDA FLEBOTROMBOSI FLEBOTROMBOSI FLUSSO SANGUE SANGUIGNO TROMBO EMBOLO ARTI INFERIORI GAMBE COSCIA SAFENA EMBOLIA POLMONARE MORTELa trombosi è un processo patologico che consiste nella formazione di trombi all’interno dei vasi sanguigni, che ostacolano o impediscono la normale circolazione del sangue. La differenza tra trombosi arteriosa e venosa consiste nel tipo di vaso coinvolto. Le trombosi venose o flebotrombosi, associate spesso a varici, sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori; si distinguono in trombosi venosa profonda (TVP) e superficiale. Per quanto riguarda le lesioni arteriose, i trombi possono essere in relazione all’aterosclerosi.

Ecco una sintetica classificazione delle trombosi più comuni:

Trombosi venose

      • Flebotrombosi;
      • Trombosi venosa profonda;
      • Tromboflebite;
      • Sindrome della classe economica;
      • Sindrome di Paget-von Schroetter.

Trombosi arteriose

Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:

      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina;
  • Phlegmasia coerulea dolens;
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

Per approfondire:

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Differenza tra trombo, embolo, coagulo, embolia, trombosi, aterosclerosi, placca

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TROMBO EMBOLO COAGULO EMBOLIA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpg

Un trombo nell’arteria carotide può determinare ictus cerebrale

Trombo, coagulo e trombosi

Con trombo (dal greco θρόμβος, che significa “grumo”) in medicina si identifica una massa costituita da fibrina con globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso. La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • lesione dell’endotelio;
  • stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno;
  • ipercoagulabilità (trombofilia).

Quando un trombo, per svariate cause come ad esempio le turbolenze di flusso indotte dall’ipertensione arteriosa, si stacca dalla parete vasale, può determinare embolia.

Trombosi

La trombosi (dal greco θρόμβωσις, che significa “lesione da grumo”) è un processo patologico caratterizzato dalla formazione di uno o più trombi all’interno di uno o più vasi sanguigni. La trombosi ostacola del tutto o impediscono parzialmente la normale circolazione del sangue. Se un trombo è presente in una vena, si parla di trombosi venosa (ad esempio “trombosi venosa profonda degli arti inferiori“), se invece è sito all’interno di una arteria, si parla di trombosi arteriosa (ad esempio trombi nelle arterie coronarie, capaci di determinare infarto del miocardio, o trombi nelle arterie carotidi, capaci di determinare ictus cerebrale). Se la trombosi avviene all’interno del cuore, si parla di trombosi intracardiaca. La trombosi arteriosa e quella intracardiaca solitamente sono determinate da danni endoteliali, mentre la trombosi venosa è più frequentemente associata a stasi. Le trombosi venose o flebotrombosi, associate spesso a varici, sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori; si distinguono in trombosi venosa profonda (TVP) e trombosi venosa superficiale (TVS). Per quanto riguarda le lesioni arteriose, i trombi possono essere in relazione all’aterosclerosi.

Per approfondire:

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA ATEROSCLEROSI ARTERIOSCLEROSI PLACCA EMBOLO EMBOLIA TROMBOSI INFARTO CUORE SANGUE CIRCOLAZIONE SANGUIGNA

Flusso sanguigno normale e flusso sanguigno alterato dall’aterosclerosi

Arteriosclerosi, aterosclerosi e placca aterosclerotica

Con arteriosclerosi in medicina si indica un indurimento tessutale (“sclerosi”), della parete arteriosa che compare con l’avanzare dell’età, come conseguenza dell’accumulo di tessuto connettivo fibroso a scapito della componente elastica.

L’aterosclerosi o aterosi è un tipo specifico di arteriosclerosi  caratterizzata da infiammazione cronica dell’intima (lo strato più interno delle arterie, in diretto contatto con il sangue) delle arterie di grande e medio calibro; infiammazione che è dovuta fondamentalmente, ma non solo, all’accumulo e alla ossidazione delle lipoproteine nella parete arteriosa e che produce un insieme dinamico di lesioni multifocali, la più tipica delle quali è la placca aterosclerotica. L’aterosclerosi è causata dal concorso di fattori molteplici, tra cui:

  • fattori genetici (familiarità),
  • fumo di sigaretta,
  • ipercolesterolemia,
  • sindrome metabolica,
  • diabete mellito,
  • ipertensione arteriosa,
  • sovrappeso ed obesità,
  • iperomocisteinemia,
  • vita sedentaria,
  • alcool,
  • agenti infettivi.

L’aterosclerosi è cronica e progressiva, si manifesta tipicamente nell’età adulta o avanzata, e può causare o favorire patologie cardiovascolari anche molto gravi e mortali, come l’infarto del miocardio, gli aneurismi, disturbi vascolari periferici (in particolare agli arti inferiori) ed ictus cerebrale.

Per approfondire:

Embolo

Con embolo in medicina ci si riferisce ad un corpo di varia natura (solida, liquida o gassosa) che viaggia all’interno del circolo sanguigno e capace di determinare l’occlusione di un vaso sanguifero (embolia) qualora incontri un vaso sanguigno che ha un diametro inferiore al proprio. In molti casi l’embolo origina dalla rottura di un trombo (“tromboembolo“) che si è formato nelle cavità cardiache oppure nei vasi sanguigni venosi degli arti inferiori. Quando un tromboembolo determina una embolia, si parla di “tromboembolia” (ad esempio “tromboembolia polmonare“). Gli emboli possono essere formati anche da cellule adipose, cellule neoplastiche, aria penetrata nelle vene in seguito a iniezione o a ferita e conglomerati infetti.

MEDICINA ONLINE TROMBOSI VENOSA PROFONDA FLEBOTROMBOSI FLEBOTROMBOSI FLUSSO SANGUE SANGUIGNO TROMBO EMBOLO ARTI INFERIORI GAMBE COSCIA SAFENA EMBOLIA POLMONARE MORTE

La trombosi venosa profonda è un fattore di rischio per l’embolia

Embolia

L’embolia (o “embolismo“) è l’ostruzione di un’arteria o di una vena, causata da un corpo estraneo al normale flusso sanguigno, che viene denominato embolo di dimensioni tali da ostruire un vaso arterioso o venoso. Nei casi più gravi in cui essa interessi un’arteria, l’embolia può provocare la morte del soggetto colpito per ischemia cerebrale, polmonare o cardiaca (infarto del miocardio, ictus cerebrale…). L’embolia da coaguli ematici è il tipo più frequente di embolia ed è detta tromboembolia. In base al tipo di corpo estraneo coinvolto, si parla di:

  • embolia gassosa, quando l’embolo sia causato da una bolla di gas (ad esempio azoto). A tale tipo di embolia è particolarmente esposto chi pratica immersioni subacquee; infatti, nel caso in cui non vengano rispettati i tempi di decompressione, l’improvvisa variazione di pressione può portare alla formazione di bolle d’azoto nel circolo sanguigno. Analogamente, la stessa cosa può succedere nel caso di volo ad alta quota in una cabina non pressurizzata. In generale comunque, eccezion fatta per i casi succitati, l’embolia gassosa è un evento molto raro;
  • embolia lipidica (chiamata anche liquida, adiposa o grassosa o sindrome lipido-embolica), quando l’embolo è costituito da un ammasso di grasso. I lipidi infatti essendo idrofobici e quindi insolubuli nel sangue idrofilo si dispongono a formare una micella che può provocare l’ostruzione del vaso. Tale embolia si verifica specialmente come effetto collaterale anche tardivo nel caso di eventi traumatici alle ossa del bacino e agli arti inferiori;
  • embolia da liquido amniotico, nelle donne durante la gravidanza può accadere che del liquido amniotico venga spinto nel circolo sanguigno materno;
  • embolia da colesterolo, causata da placche aterosclerotiche all’interno di un vaso sanguigno;
  • embolia settica da grumi di germi solitamente frammisti a materiale di derivazione ematica o tissutale;
  • embolia tumorale;
  • tromboembolo, quando un trombo si stacca dalla parete del vaso che lo contiene e migra in altra regione del circolo potendo ostruire altri vasi in distretti più importanti. Le più frequenti embolie venose sono le embolie polmonari, quelle arteriose sono caratteristiche dell’ictus cerebrale.

Quindi trombosi ed embolia sono entrambe condizioni che determinano una riduzione di flusso (parziale o totale) causate rispettivamente da trombo e da embolo. Il trombo è “fermo” ed “attaccato” alla parete del vaso sanguigno, mentre l’embolo viaggia all’interno del circolo ematico, almeno finché non incontra un vaso sanguigno che ha un diametro inferiore al proprio: in questo caso l’embolo si può “bloccare” in quel punto. Quando l’embolo si forma dalla rottura di un trombo (l’evenienza più frequente), si parla di tromboembolo e tromboembolia.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Trombo: cause, classificazione, trombosi venose, arteriose e sistemiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TROMBO CAUSE CLASSIFICAZIONE VENOSE ARTERI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgIl trombo è una massa solida costituita da fibrina contenente piastrine, globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso.

La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • Lesione dell’endotelio (incluso qualsiasi tipo di disfunzione endoteliale). Questo è l’unico fattore della triade in grado di determinare completamente ed autonomamente una trombosi. Un danno alla superficie interna di un vaso provoca il rilascio, da parte delle cellule endoteliali, di varie sostanze, tra cui le endoteline (potenti vasocostrittori che agiscono nelle arteriole a livello della lesione) ed il fattore di von Willebrand (vWF), una proteina che permette l’adesione piastrinica mediando l’interazione tra le piastrine e la matrice extracellulare esposta, che è trombogenica. Per indurre la formazione di un trombo non è però necessario esclusivamente un danno fisico alle cellule endoteliali, sono sufficienti alterazioni delle loro attività pro- ed anti-trombotiche, come una maggiore produzione di fattori coagulanti o una diminuita produzione dei fattori anticoagulanti. L’ulcerazione di placche aterosclerotiche può esporre la matrice sottoendoteliale e causare inoltre stasi e turbolenza ematica.
  • Stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno. La turbolenza può essere causa di danno o disfunzione endoteliale, di flussi controcorrente, o di zone di stasi; la stasi sanguigna a sua volta rappresenta la causa più importante dei trombi. Stasi e turbolenza promuovono l’attivazione dell’endotelio in senso pro-coagulativo, portano le piastrine a contatto con l’endotelio, impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della coagulazione attivati nonché l’afflusso dei fattori che inibiscono la coagulazione.
  • Ipercoagulabilità (detta anche trombofilia). L’ipercoagulabilità è l’alterazione delle vie della coagulazione, ed è il fattore meno frequente nelle trombosi; può essere classificata in forme primarie (o genetiche), e forme secondarie (od acquisite).

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Caratteristiche e classificazione dei trombi

I trombi arteriosi o intracardiaci solitamente insorgono a causa di danni endoteliali; quelli venosi invece per stasi.

A seconda della sede e delle circostanze del loro sviluppo, i trombi assumono caratteristiche differenti; essi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione (elementi corpuscolati e fibrina), le loro dimensioni e la loro sede. La caratteristica che accomuna tutti i tipi di trombi è che la loro direzione di accrescimento è sempre rivolta verso il cuore: nel caso dei trombi venosi, la distribuzione dei fattori protrombotici avviene lentamente ed omogeneamente lungo tutto il corpo del trombo permettendo una crescita in direzione del cuore; nel caso dei trombi arteriosi, l’impetuosità del flusso permette l’azione dei fattori protrombotici solo alla cima del trombo, cioè nella parte che per prima viene a contatto col flusso.

In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione:

      • Trombi bianchi: formati da piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi; sono peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi;
      • Trombi rossi o “da stasi”: formati da piastrine, fibrina e molti globuli rossi e molti globuli bianchi; sono peculiari delle vene, per la lentezza del flusso;
      • Trombi variegati: presentano zone chiare e zone rosse alternate (strie di Zahn), a causa di un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi nei momenti di bassa velocità del flusso ematico (condizione che si verifica, ad esempio, dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell’aorta).

In base alle dimensioni si distinguono in trombi:

      • ostruttivi: che occludono l’intero lume del vaso;
      • parietali: che non occludono tutto il vaso;
      • a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione.

Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede:

      • arteriosi: sono quelli che causano gli infarti; si formano in particolare nelle coronarie, nelle arterie cerebrali e in quelle degli arti inferiori;
      • venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di dilatazione del vaso (varici) o di ulcere; si formano per il 90% negli arti inferiori ma possono interessare anche gli arti superiori, la prostata, le vene ovariche ed uterine;
      • intracardiaci: localizzati in particolare negli atri
      • aneurismatici: localizzati nel falso lume di aneurismi arteriosi.

Sono inoltre detti trombi murali quelli formatisi nelle cavità cardiache o nell’aorta.

Classificazione delle trombosi

Trombosi venose

      • Flebotrombosi
      • Trombosi venosa profonda
      • Tromboflebite
      • Sindrome della classe economica
      • Sindrome di Paget-von Schroetter

Trombosi arteriose

      • Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:
      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina
  • Phlegmasia coerulea dolens
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

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Differenza tra arterie, vene, capillari, arteriole e venule

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma differenza arterie vene capillari Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgSe ti interessa capire nello specifico la differenza funzionale e morfologica tra arteria e vena, ti consiglio di leggere questo articolo: Qual è la differenza tra arteria e vena?

Cosa sono i vasi sanguigni?

I vasi sanguigni sono paragonabili alle tubature di un condotto ripieno di liquido (il sangue) e connesso ad una pompa (il cuore). La pressione generata a livello cardiaco permette un adeguato afflusso di sangue ad ogni tratto del condotto. L’insieme dei vasi sanguigni forma il sistema vascolare. Esistono tre tipi di vasi sanguigni, rispettivamente chiamati arterie, capillari e vene. I vasi che trasportano il sangue dal cuore alla periferia sono detti arterie, mentre il ritorno al muscolo cardiaco è affidato alle vene, i capillari sono invece disposti “a metà strada” tra arterie e vene.

Capillari

I capillari fanno da ponte tra i vasi arteriosi e quelli venosi, e sono deputati allo scambio di sostanze tra sangue e tessuti irrorati. Grazie alle loro sottilissime pareti costituite da un unico strato di cellule, l’endotelio, e alla bassa velocità con cui il sangue circola al loro interno, i capillari possono facilmente scambiare gas respiratori, nutrienti, enzimi, ormoni e sostanze di rifiuto. I prodotti di scarto e l’anidride carbonica passano dalle cellule attraverso le pareti dei capillari per ritornare nel flusso sanguigno.

Leggi anche: Pressione alta (ipertensione arteriosa): sintomi, cause, valori e cure

Arterie

Le pareti delle arterie, spesse ed elastiche, sono costituite da tre strati: quello più interno (tonaca intima) è uno strato di cellule endoteliali, l’intermedio – chiamato tonaca media – è formato da tessuto muscolare liscio, mentre il più esterno (tonaca esterna o avventizia) è formato da tessuto connettivo molto ricco di fibre elastiche. La presenza di tessuto muscolare ed elastico permette alle arterie di accumulare, dilatandosi, l’energia impressa alla massa sanguigna dalla contrazione del cuore; quando questo si rilassa tra una contrazione e l’altra, l’energia accumulata dalle arterie viene ceduta lentamente alla colonna ematica diretta in periferia; in questo modo le arterie contribuiscono a trasformare i flotti ematici intermittenti, provenienti dal cuore, in un flusso continuo (laminare) essenziale per consentire i normali scambi a livello capillare.

Leggi anche: Trombo: cause, classificazione, trombosi venose, arteriose e sistemiche

Vene

Al pari delle arterie, le vene sono costituite da tre strati, ma le loro pareti sono meno estensibili e spesse rispetto alle arterie di pari calibro; ciò permette il transito di grosse quantità di sangue senza opporre una grossa resistenza. Lungo alcune vene, in particolare in quelle di maggiori dimensioni localizzate a livello degli arti inferiori, sono dislocate speciali valvole – dette a mezzaluna o a nido di rondine – che assicurano l’unidirezionalità del flusso ematico in senso centripeto (dalla periferia al cuore).

La struttura dei vasi sanguigni

Nell’uomo, l’arteria di dimensioni maggiori – l’aorta – ha un diametro di circa 2,5 cm, mentre nel capillare più piccolo il calibro si riduce a 5 µm, arrivando poi a 3 cm nella vena più grossa, la vena cava. Il sistema vascolare inizia con grandi arterie che si diramano poco a poco in arterie più piccole e ramificate, quindi in altre ancora più piccole (dette arteriole) che si continuano in una rete di vasi sanguigni piccolissimi, i già citati capillari. Dopo aver ceduto il necessario ed aver accumulato gli scarti, il sangue passa dai capillari a piccolissime vene (le venule), quindi in vene più grosse attraverso le quali ritorna al cuore. Tale conformazione delle vene, dalla più piccola alla più grande, permette di mantenere una adeguata pressione sanguigna venosa e favorire il ritorno del sangue al cuore. In parole semplici, nella circolazione sistemica i vasi arteriosi partono “grandi” per poi diventare gradatamente “piccoli”, mentre quelli venosi partono “piccoli” per arrivare al cuore “grandi”.

Leggi anche: Differenza tra pressione arteriosa e venosa

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma differenza arterie vene capillari Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pen.jpg

Arteriole

L’arteriola è un vaso sanguigno, di diametro molto piccolo (mm 0.2) che si estende e si dirama dalle arterie, precedendo i capillari. Le arteriole possiedono una sottile parete muscolare (solitamente costituita da uno o due strati di muscolatura liscia) e costituiscono il sito principale della resistenza vascolare. A spiegazione di ciò va detto che la pressione sanguigna nelle arterie è il risultato dell’interazione tra il volume di sangue pompato dal cuore al minuto e la resistenza vascolare, chiamata tecnicamente resistenza periferica totale. La fluttuazione della pressione arteriosa è dovuta alla natura pulsatile della pressione cardiaca in uscita ed è determinata dall’interazione del volume del battito cardiaco con l’elasticità delle arterie principali. In un sistema vascolare sano, l’endotelio (il rivestimento più interno delle arteriole e degli altri vasi sanguigni) si presenta sottile e rilassato; questa condizione è prodotta da una notevole produzione di ossido nitrico nelle cellule dell’endotelio, le cui reazioni biochimiche sono regolate da un complesso sistema costituito da polifenoli, enzimi (del tipo sintasi dell’acido nitrico) e L-arginina.

Leggi anche: Com’è fatto il cuore, a che serve e come funziona?

Venule

La venula è un vaso sanguigno di piccole dimensioni che permette al sangue venoso di ritornare dai capillari verso vasi sanguigni più grandi, quali le vene. Le venule sono costituite di tre strati: uno strato più interno di endotelio, formato da cellule epiteliali squamose, che funge da membrana, uno strato intermedio elastico di tessuto muscolare ed uno strato più esterno di tessuto connettivo fibroso. Rispetto alle arteriole, nelle venule lo strato intermedio è più scarsamente sviluppato e la parete vasale si presenta dunque più sottile a parità di diametro.

Microcircolo

Arteriole, capillari e venule formano il cosiddetto microcircolo. I vasi sanguigni – grazie agli sfinteri precapillari – hanno la capacità di variare il loro tono indirizzando un maggior flusso sanguigno verso gli organi che compiono un lavoro più intenso e viceversa.

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Differenza tra aterosclerosi e arteriosclerosi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA ATEROSCLEROSI ARTERIOSCLEROSI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgLe arterie sono vasi sanguigni che trasportano il sangue ricco di ossigeno (nella circolazione sistemica) e povero di ossigeno (nella circolazione polmonare). E’ importantissimo per la nostra salute che le pareti delle arterie siano flessibili, forti ed elastiche, tuttavia – a causa di abitudini di vita poco salutari, patologie e con l’avanzare dell’età –  queste pareti possono diventare spesse e indurite. Quando questo capita il sangue non affluisce più correttamente negli organi e nei tessuti, con evidenti danni e rischi aumentati di ictus. Il processo di deterioramento delle pareti dei vasi sanguigni è detto arteriosclerosi.

Leggi anche: Differenza tra trombo, embolo, coagulo, embolia e trombosi

L’arteriosclerosi è quindi una condizione di indurimento tissutale, o sclerosi, della parete arteriosa che compare fisiologicamente con l’avanzare dell’età, come conseguenza dell’accumulo di tessuto connettivo fibroso a scapito della componente elastica.

L’aterosclerosi è un particolare tipo di arteriosclerosi in cui il danno endoteliale è causato dalla formazione di placche ateromatose data dall’accumulo di grassi all’interno e sulla superficie delle pareti arteriose. Queste placche impediscono la corretta circolazione del sangue e creano turbolenze nel flusso sanguigno ed inoltre possono portare alla formazione di un trombo che può causare trombosi arteriosa o venosa (flebotrombosi).

Leggi anche: Differenza tra arterie, vene, capillari, arteriole e venule

Quindi, anche se i due termini vengono spesso usati erroneamente come sinonimi, l’aterosclerosi è sempre un fenomeno arterioclerotico, essendo un tipo di arteriosclerosi, invece l’arteriosclerosi non è sempre causato da aterosclerosi: può essere determinato anche da altre cause. Altri tipi di arteriosclerosi sono la sclerosi calcifica mediale di Mönckeberg e l’arteriolosclerosi, a sua volta distinta in arteriolosclerosi ialina e arteriolosclerosi iperplastica.

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Autoregolazione ed importanza del flusso sanguigno cerebrale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma AUTOREGOLAZIONE FLUSSO SANGUIGNO CEREBRALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgI meccanismi fisiologici alla base dell’autoregolazione vascolare del flusso arterioso cerebrale sono molteplici e finalizzati alla modulazione del tono arteriolareIl tono arteriolare aumenta (per aumentare la pressione) quando la pressione sistolica si abbassa e si riduce (per diminuire la pressione) quando la pressione sistolica si eleva. Il termine d’autoregolazione cerebrovascolare si riferisce alla proprietà dei vasi di resistenza cerebrali di dilatarsi quando la pressione arteriosa è ridotta e di costringersi quando è aumentata. Lo scopo di questo meccanismo è di mantenere costante il flusso durante le variazioni della pressione di perfusione cerebrale.

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Danni ai vasi 
Gli aggiustamenti vascolari responsabili dell’autoregolazione dipendono dall’integrità dell’endotelio. Il circolo cerebrale in condizioni di normale funzionamento non risente pertanto delle variazioni della forza con cui il cuore pompa sangue in circolo: poiché il flusso a livello di circolazione cerebrale deve essere costante: non c’è una pressione diastolica ed una sistolica e la pressione venosa è anch’essa costante. Tramite il meccanismo di autoregolazione il cervello “non vede” l’escursione della pressione sistolico-diastolica come accade negli altri tessuti del corpo, meno sensibili a variazioni di flusso/pressione. Con l’età questa autoregolazione viene mano a mano a diminuire a causa delle alterazioni degenerative della parete vasale (arteriosclerosi). Se infatti l’autoregolazione è resa difficoltosa dalla presenza di lesioni arteriose arteriosclerotiche c’è maggior rischio che il flusso ematico diminuisca a livelli “anossici” per il non adeguato innesco delle variazioni di tono arteriolare. Così accade, ad esempio, che la riduzione della gittata cardiaca quale si può avere nella insufficienza cardiaca o nell’infarto cardiaco, produce riduzione del flusso cerebrale solo se l’autoregolazione è inefficiente (per rigidità arteriosclerotica delle arteriole cerebrali).

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L’importanza dei barocettori
Importante anche ricordare che a livello del bulbo è situato un centro vasomotore la cui attività ha lo scopo di mantenere stabile la pressione arteriosa generale: a tale centro arrivano impulsi provenienti da recettori di pressione (barocettori) situati nel seno carotideo e nell’arco aortico, impulsi di tipo inibitorio nei confronti dell’aumento dei valori pressori. Se tali barocettori non funzionano, a causa della presenza di placche arteriosclerotiche sui grossi vasi del collo, manca tale azione inibitoria con il risultato di notevoli fluttuazioni pressorie, di per sé pericolose per il flusso cerebrale specie se è inefficiente l’autoregolazione.Va sottolineato che il cervello consuma 1/10 del sangue ossigenato di tutto il corpo pur pesando solo 1/40 del peso corporeo totale. Ciò dovuto al suo metabolismo rigorosamente aerobico che utilizza pertanto ossigeno. È sufficiente un arresto del flusso cerebrale di circa 10 secondi per produrre perdita di coscienza ed arresti di flusso che durino 4-8 minuti sono in grado di generare lesioni cerebrali gravi ed irreversibili.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Stenosi carotidea, placche, ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STENOSI CAROTIDEA PLACCHE ICTUS TIA ATTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, ti consiglio di leggere prima questo articolo: Carotide comune, interna, esterna: dove si trova ed a che serve

Le arterie carotidi sono flessibili e dotate di pareti interne lisce, tuttavia – a seguito di un processo chiamato aterosclerosi – le loro pareti possono tuttavia andare incontro ad un progressivo irrigidimento accompagnato dalla riduzione del lume interno; tale fenomeno è causato dal graduale accumulo di depositi (placche ateromatose) costituiti da grassi, proteine, tessuto fibroso ed altri detriti cellulari. Nel tempo, queste placche possono formare una grande massa che riduce il diametro interno dell’arteria, limitando il flusso sanguigno (si parla di stenosi carotidea). I depositi ateromasici si formano soprattutto nel seno carotideo, cioè a livello della biforcazione che divide l’arteria carotide comune in carotide interna ed esterna.
La malattia ostruttiva dell’arteria carotidea si sviluppa lentamente e spesso passa inosservata: il primo indizio della presenza dell’ateroma può essere già molto grave, come la comparsa di un ictus cerebrale o di un attacco ischemico transitorio (TIA).
Il trattamento della stenosi carotidea mira a ridurre il rischio che venga ridotto significativamente l’apporto di sangue al cervello, rimuovendo la placca ateromatosa e controllando la coagulazione del sangue (per prevenire l’ictus tromboembolico).

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

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Sintomi e segni

Nelle fasi iniziali, la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea spesso non produce alcun segno o sintomo. La stenosi potrebbe rendersi evidente solo quando diviene abbastanza grave da privare il cervello di sangue, causando un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA), entrambi segno di allarme precoce per un futuro attacco apoplettico. Segni e sintomi di un attacco ischemico transitorio o di un ictus possono includere:

  • improvviso intorpidimento del volto o debolezza degli arti, spesso su un solo lato del corpo;
  • incapacità di spostare uno o più arti;
  • difficoltà a parlare e a comprendere;
  • improvvisa difficoltà nella visione, in uno o entrambi gli occhi;
  • vertigini e perdita di equilibrio;
  • un improvviso, forte mal di testa, senza causa nota.

Anche se i segni e sintomi durano solo poco tempo (talvolta, meno di un’ora) è possibile che il paziente abbia sperimentato un TIA. Se si verifica una qualsiasi di queste manifestazioni è importante cercare cure d’emergenza, per aumentare le possibilità che la malattia dell’arteria carotidea venga individuata e trattata tempestivamente, prima che si verifichi un ictus invalidante. Non è escluso che un TIA possa essere dovuto alla mancanza di flusso di sangue anche in altri vasi: il medico è in grado di stabilire quali test sono necessari per accertare la condizione.

Complicanze della stenosi carotidea

La complicanza più grave della malattia ostruttiva dell’arteria carotidea è l’ictus, in quanto può provocare danni permanenti al cervello e, nei casi più gravi, può essere fatale.
Ci sono tre diversi modi in cui la presenza di una placca ateromatosa aumenta il rischio che questo possa verificarsi:

  • Riduzione del flusso di sangue. A seguito dell’aterosclerosi, il lume della carotide può andare incontro ad una tale riduzione, che l’apporto di sangue non è sufficiente per raggiungere alcune parti dell’encefalo. L’ateroma può eventualmente occludere completamente l’arteria.
  • Rottura della placca. Un pezzo di placca ateromatosa può rompersi e staccarsi, viaggiando fino alle più piccole arterie nel cervello. Il frammento può rimanere bloccato in una di queste arterie cerebrali, creando un’ostruzione che blocca l’afflusso di sangue alla zona del cervello che il vaso sanguineo irrora.
  • Ostruzione da coagulo di sangue. Alcune placche sono inclini alla fessurazione e a deformare la parete dell’arteria. Quando questo accade, il corpo reagisce come ad una lesione, inviando localmente piastrine, per agevolare il processo di coagulazione. In questo processo, può svilupparsi un grande coagulo di sangue e bloccare o rallentare il flusso di sangue attraverso un’arteria carotidea o cerebrale, fino a provocare un ictus.

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Fattori di rischio

La combinazione di diversi fattori può aumentare il rischio di lesioni, la formazione di placche e l’insorgenza della stenosi carotidea sono:

  • Pressione alta. L’ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio per la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea. Un eccesso di pressione sulle pareti delle arterie può indebolirle e renderle più vulnerabili ai danni.
  • Fumo. La nicotina può irritare il rivestimento interno delle arterie. Inoltre, aumenta la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
  • Età. Le persone anziane hanno più probabilità di essere colpite da stenosi carotidea, in quanto con l’età, le arterie tendono a essere meno elastiche.
  • Livelli anormale di grassi nel sangue. Alti livelli di lipoproteine €‹a bassa densità (LDL, il colesterolo “cattivo”) e di trigliceridi nel sangue, favoriscono l’accumulo di placche ateromatose.
  • Diabete. La patologia non solo influenza la capacità di gestire il glucosio in modo appropriato, ma anche la capacità di elaborare in modo efficiente i grassi, disponendo il paziente a maggior rischio di ipertensione e aterosclerosi.
  • Obesità. I chili in eccesso contribuiscono ad altri fattori di rischio, come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e il diabete.
  • Eredità. Se il paziente presenta una storia familiare di aterosclerosi o di malattia coronarica, presenta un rischio aumentato di sviluppare queste patologie.
  • Inattività fisica. La mancanza di regolare esercizio fisico predispone ad una serie di condizioni, tra cui l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

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Diagnosi

Oltre a considerare l’anamnesi completa, la presenza di fattori di rischio ed eventuali segni o sintomi, il medico può effettuare diversi test per valutare la salute delle arterie carotidi:

  • Esame obiettivo. Il medico può auscultare la carotide posizionando uno stetoscopio a livello del collo, per rilevare suono simile ad un “risucchio”, caratteristico del flusso sanguigno turbolento causato dall’aterosclerosi. Il medico può eseguire una valutazione neurologica per verificare lo stato fisico e mentale del paziente, come la capacità di resistenza, memoria e parola.

Uno o più test diagnostici possono essere eseguiti per valutare il restringimento di una carotide:

  • Ecografia Doppler: test non invasivo che si avvale di onde sonore riflesse per valutare il flusso di sangue attraverso il vaso sanguineo e verificare la presenza di una eventuale stenosi. La sonda ad ultrasuoni è collocata sul collo, a livello delle arterie carotidee. L’ecografia Doppler rivela come fluisce il sangue attraverso l’arteria e in che misura l’apporto è ridotto (stenosi carotidea minore 0-49%, moderata 50-69% e grave 70-99%, fino alla completa ostruzione).
  • Angio-CT (CTA): fornisce immagini dettagliate delle strutture anatomiche del collo e del cervello. L’indagine comporta l’iniezione di un agente di contrasto nel flusso sanguigno, in modo da evidenziare le anomalie di vasi sanguigni (tramite angiografia) e tessuti molli (mediante tomografia computerizzata). La CTA consente ai medici di visualizzare la carotide ristretta e determinare il grado patologico della stenosi.
  • Angiografia tramite risonanza magnetica (MRA): come la CTA, questo test di imaging utilizza un mezzo di contrasto, per evidenziare le arterie che irrorano il collo e l’encefalo. Il campo magnetico e le onde radio vengono utilizzate per creare immagini tridimensionali.
  • Risonanza magnetica (MRI): consente di visualizzare il tessuto cerebrale per evidenziare precocemente un ictus o altre anomalie.
  • Angiografia cerebrale: è un test minimamente invasivo che utilizza i raggi X e un agente di contrasto iniettato nelle arterie, attraverso un catetere infilato direttamente nelle carotidi. L’angiografia cerebrale consente ai medici di visualizzare in dettaglio tutte le arterie che irrorano l’encefalo.

L’imaging può anche rivelare le prove di molteplici attacchi ischemici transitori. I medici possono definire la diagnosi di stenosi carotidea, se le prove dimostrano che il flusso sanguigno è diminuito in una o entrambe le arterie carotidi.

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Trattamenti e farmaci

L’obiettivo dalla terapia è di ridurre il rischio di ictus. Le opzioni di trattamento per la stenosi carotidea variano a seconda della gravità del restringimento arterioso e se si verificano sintomi o meno (asintomatica).

Stenosi carotidea da lieve a moderata

  • Cambiare stile di vita. Cambiamenti nel comportamento possono aiutare a ridurre la pressione sulla carotide e rallentare la progressione dell’aterosclerosi. Tali cambiamenti includono smettere di fumare, perdere peso, bere alcol con moderazione, mangiare cibi sani, ridurre la quantità di sale e praticare regolare esercizio fisico.
  • Gestire le condizioni croniche. Con il medico è possibile stabilire un piano terapeutico per affrontare correttamente specifiche condizioni croniche, come la pressione alta, l’eccesso di peso o il diabete, che possono produrre effetti patologici anche sulle arterie carotidi.
  • Farmaci. I pazienti asintomatici o che presentano una stenosi carotidea di basso grado sono trattati con farmaci. Il medico può prescrivere un antiaggregante piastrinico (come aspirina, ticlopidina, clopidogrel), da assumere quotidianamente per fluidificare il sangue e prevenire la formazione di pericolosi coaguli di sangue. Possono essere raccomandati anche farmaci antipertensivi per controllare e regolare la pressione sanguigna (ACE-inibitori, bloccanti dell’angiotensina, beta-bloccanti, calcio-antagonisti ecc.) e delle statine per abbassare il colesterolo e contribuire a ridurre la formazione della placca nell’aterosclerosi. Le statine possono ridurre il colesterolo LDL “cattivo” in media del 25-30%, quando combinate con una dieta ipocalorica e a basso contenuto di colesterolo.

Grave ostruzione della carotide

Quando si dispone di una grave stenosi, soprattutto se il paziente ha già subito un TIA o un ictus correlato all’occlusione, è meglio procedere chirurgicamente ripulendo l’arteria dalla placca ateromatosa.

  • Endoarteriectomia carotidea. Questa procedura chirurgica è il trattamento più comune per rimuovere l’ateroma in presenza di un grave quadro clinico. L’intervento viene eseguito in anestesia generale. Dopo aver effettuato un’incisione lungo la parte anteriore del collo, il chirurgo apre l’arteria carotide colpita e rimuove la placca ateromatosa. L’arteria viene riparata con punti di sutura o, preferibilmente, con un innesto. L’endoarteriectomia carotidea è generalmente indicata per i pazienti sintomatici (ictus o TIA) e con un’ostruzione superiore al 50%. Si raccomanda anche per i pazienti che non hanno sintomi (asintomatici), con blocco superiore al 60%. Gli studi hanno dimostrato che, in caso di ostruzione moderata, la chirurgia apporta benefici duraturi ed aiuta a prevenire un eventuale ictus su un periodo di circa cinque anni. Un’endoarteriectomia carotidea non è raccomandata quando la posizione dell’ostruzione o del restringimento è di difficile accesso per il chirurgo o quando si dispone di altre condizioni di salute che rendono l’intervento chirurgico troppo rischioso. In questi casi, il medico può raccomandare una procedura chiamata angioplastica carotidea associata ad uno stenting.
  • Angioplastica carotidea e stenting. Il posizionamento di uno stent carotideo è una procedura meno invasiva rispetto all’endoarteriectomia carotidea, in quanto non comporta un’incisione nel collo. L’angioplastica carotidea con inserimento di uno stent permette di ottenere buoni risultati nel breve termine, ed è tipicamente indicata per pazienti che: 1) presentano un grado di stenosi carotidea moderato-grave; 2) soffrono di altre condizioni mediche che aumentano il rischio di complicanze chirurgiche; 3) manifestano una recidiva. Nell’angioplastica carotidea, un catetere viene infilato fino all’area carotidea ostruita nel collo. Un filtro appositamente progettato su un filo guida (chiamato dispositivo di protezione embolica) viene inserito per raccogliere eventuali detriti che possono staccarsi dalla placca durante la procedura. Una volta in posizione, viene gonfiato un piccolo palloncino all’estremità del catetere per alcuni secondi, allo scopo di aprire o allargare l’arteria. Uno stent viene inserito in modo permanente per costituire una impalcatura, che aiuti a sostenere le pareti delle arterie e a mantenere pervio il lume della carotide. Il palloncino viene poi sgonfiato ed il catetere e il filtro vengono rimossi. Dopo diverse settimane, l’arteria guarisce attorno allo stent. Come per l’endoarteriectomia carotidea, esistono alcuni rischi connessi alla procedura (ictus o decesso). Lo stenting sarà pertanto consigliato solo in caso di una grave stenosi.

Angioplastica carotidea Stent

Il recupero dalle procedure chirurgiche generalmente richiede una breve degenza in ospedale. I pazienti spesso ritornano alle normali attività entro una o due settiman. Dopo un’endoarteriectomia carotidea, la stenosi può recidivare ed è spesso correlata alla progressione della malattia aterosclerotica. Queste nuove placche possono essere trattate con la ripetizione dell’intervento chirurgico.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Poligono di Willis: anatomia e varianti anatomiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma POLIGONO DI WILLIS ANATOMIA VARIANTI ANA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl Poligono di Willis, anche chiamato Circolo di Willis (Circle of Willis in inglese) è importante sistema di anastomosi arteriose (cioè di comunicazioni tra vasi arteriosi) a pieno canale presente alla base della scatola cranica, così chiamato in onore al medico inglese Thomas Willis. Rappresenta la confluenza di tre arterie principali:

  • l’arteria basilare, che è formata dalla confluenza delle arterie vertebrali destra e sinistra (prime collaterali della succlavia);
  • le due arterie carotidi interne (destra e sinistra).

Il Poligono di Willis può essere ricondotto idealmente ad un ettagono (cioè un poligono che ha sette lati e sette angoli) avente come lati: anteriormente le 2 arterie cerebrali anteriori (destra e sinistra) che si uniscono attraverso l’arteria comunicante anteriore; posteriormente le 2 arterie cerebrali posteriori (destra e sinistra); tra arteria cerebrale anteriore e posteriore di ogni lato c’è l’arteria comunicante posteriore.

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Quindi andando in senso orario troviamo:

  • arteria cerebrale anteriore di sinistra;
  • arteria comunicante anteriore;
  • arteria cerebrale anteriore di destra;
  • arteria comunicante posteriore di destra;
  • arteria cerebrale posteriore di destra;
  • arteria cerebrale posteriore di sinistra;
  • arteria comunicante posteriore di sinistra.

Tutti questi rami, ad eccezione dell’arteria cerebrale posteriore, ramo dell’arteria basilare, derivano dall’arteria carotide interna. La terminologia poligono è tuttavia anatomicamente poco corretta, e dovrebbe essere abbandonata in favore del nome più appropriato, ovvero circolo. Difatti la grande variabilità anatomica dell’organismo umano raramente si traduce in forme poligonali (o riconducibili a poligoni) del circolo arterioso, che comunemente risulta addirittura incompleto per l’assenza dell’arteria comunicante anteriore. Questa vasta anastomosi garantisce un’equa distribuzione di sangue alle strutture encefaliche, che si realizza attraverso un continuo compenso pressorio tra le arterie carotidi e le arterie vertebrali.

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L’interconnessione tra vasi sanguigni (anastomosi) dovrebbe proteggere il cervello quando parte del suo rifornimento è bloccata. Il sistema anastomotico dovrebbe garantire un’appropriata irrorazione dei tessuti cerebrali, ma le anastomosi non sono sempre in grado di compensare l’ostruzione di una delle arterie del circolo, risultando in una ridotta capacità di prevenire efficacemente l’anossia di una o più parti del territorio di distribuzione vascolare. È infine da notare che questo sistema, per mezzo dell’arteria cerebrale anteriore, forma un arco anastomotico con l’arteria angolare del naso (ramo della carotide esterna), pur non creando un’anastomosi funzionale.

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Poligono di Willis: varianti anatomiche
Nei soggetti normali possono riscontrarsi varianti anatomiche, essenzialmente rappresentate da:

  • nascita delle due arterie cerebrali anteriori da una sola carotide;
  • arteria cerebrale posteriore dipendente dalla carotide invece che dalla basilare;
  • grande differenza di calibro delle due arterie vertebrali.

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