Sclerodermia: cause, sintomi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SCLERODERMIA CAUSE SINTOMI CURE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa sclerosi sistemica (o sclerodermia, in inglese “scleroderma”) è una malattia del tessuto connettivo che coinvolge il sistema vascolare, la cute (il termine sclerodermia significa infatti “pelle dura”) e gli organi interni. La sclerodermia colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 30 e i 50 anni. Come tutte le malattie autoimmuni ha una genesi multifattoriale.  In greco antico sclerodermia significa letteralmente “pelle dura”.

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Che cos’è la sclerosi sistemica?

La Sclerosi Sistemica è una malattia del tessuto connettivo che coinvolge il sistema vascolare, la cute (il termine sclerodermia significa infatti “pelle dura”) e gli organi interni.
La caratteristica principale della malattia è l’abnorme produzione di collagene e di matrice extra-cellulare che provoca fibrosi della cute, degli organi interni, principalmente il polmone, modificazioni a carico dei vasi e del sistema nervoso autonomo con alterazioni vasomotorie, ulcere cutanee, ipertensione polmonare e disregolazione della motilità dell’apparato digerente.
Esistono forme di sclerosi cutanea senza interessamento degli organi interni (morfea e sclerodermia lineare), definite Sclerodermia Localizzata, di principale interesse dermatologico, oltre a forme di sclerosi cutanea legate all’esposizione a sostanze tossiche e associate alla graft versus host disease.
La sclerodermia colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 30 e i 50 anni, con un rapporto femmine\maschi di 3-15:1. L’incidenza è di 0,9-19 nuovi casi/milione di abitanti/anno. Possono verificarsi casi di familiarità, ma più spesso è una malattia è sporadica.

Quali sono le cause della sclerosi sistemica?

Come tutte le malattie autoimmuni la Sclerosi Sistemica ha una genesi multifattoriale: è caratterizzata da una disregolazione di fattori che regolano la nascita di nuovi vasi e del sistema immunitario, con produzione di autoanticorpi specifici, come gli anti-Scl70 e gli anticentromero, spesso associati a diverse manifestazioni d’organo. Gli anti-Scl70 sono in genere presenti nelle forme con interessamento cutaneo diffuso e con fibrosi polmonare, gli anticentromero sono più frequenti nelle forme con interessamento cutaneo limitato e con ipertensione polmonare isolata. Le più precoci manifestazioni cliniche sono a carico del sistema microvascolare e nervoso autonomo e sono costituite dal fenomeno di Raynaud, che è una trifasica (pallore, cianosi, eritema) alterazione del colorito delle estremità di mani, piedi, e qualche volta del naso, dei padiglioni auricolari e della zona periorale, talvolta associata a parestesie e ulcere cutanee.

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Quali sono i sintomi della sclerosi sistemica?

  • Cute: ispessimento e indurimento della cute, con retrazione ad artiglio delle dita delle mani, spianamento dei solchi del volto (facies amimica), microcheilia, melanodermia, calcinosi.
  • Sistema nervoso autonomo: fenomeno di Raynaud, dismotilità del tratto digerente con discinesie, reflusso gastro-esofageo, sindrome da malassorbimento, stipsi, diarrea, incontinenza fecale.
  • Sistema circolatorio: ulcere, teleangectasie, ipertensione polmonare isolata o secondaria a fibrosi polmonare.
  • Impegno polmonare: sindrome restrittiva da fibrosi polmonare.

Possono essere presenti inoltre: artralgie, artrite, impegno renale (va dalla lieve insufficienza renale cronica alla crisi renale sclerodermica, ovvero un’insufficienza renale rapidamente progressiva con ipertensione arteriosa maligna) e impegno cardiaco variabile dai disturbi di conduzione e del ritmo cardiaco alla miocardite.

Diagnosi

I criteri classificativi formulati dall’American College of Rheumatology nel 1980 prevedono un criterio maggiore, sclerosi cutanea prossimale alle dita delle mani, e uno tra i criteri maggiori o due criteri minori: sclerodattilia, fibrosi polmonaredocumentata alla radiografia del torace, ulcere cutanee o pitting scar.

Le red flags (letteralmente “bandierine rosse”) per la diagnosi precoce di malattia, ovvero i segni clinici particolarmente sospetti individuati dal gruppo europeo per lo studio della Sclerosi Sistemica, EUSTAR, comprendono:

  • la presenza di puffy hands (mani edematose e paffute),
  • il fenomeno di Raynaud,
  • la presenza di anticorpi anti-Scl70 o anticentromero e lo scleroderma pattern, una tipica alterazione dei capillari pei ungueali individuata alla capillaroscopia.

I pazienti vengono classificati anche in base al coinvolgimento cutaneo in tre subset:

  • forma diffusa: sclerosi cutanea che si estende prossimalmente ai gomiti o alle ginocchia o che interessa tronco o addome;
  • forma limitata: sclerosi cutanea distale rispetto a gomiti e ginocchia; comprende anche la forma CREST (calcinosi cutanea, Raynaud, esofagopatia, sclerodattilia, teleangiectasie);
  • forma sine scleroderma: assenza della sclerosi cutanea, ma presenza di impegno tipico degli organi interni e anticorpi specifici di malattia.

Le indagini per la diagnosi di malattia, per la ricerca e la stadiazione dell’impegno d’organo comprendono, oltre alla determinazione degli autoanticorpi ANA e anti-ENA:

  • capillaroscopia per la ricerca dello scleroderma pattern (megacapillari e aree avascolari);
  • spirometria, DLCO, TC torace ad alta risoluzione per lo studio dei polmoni;
  • ECG Holter, ecocardiogramma con eventuale cateterismo dx, RMN cardiaca per lo studio del cuore;
  • manometria esofagea e rettale, radiografia ed esofagogastroduodenoscopia per lo studio del digerente.

Trattamenti

Il trattamento del fenomeno di Raynaud e delle ulcere cutanee si basa sull’uso di farmaci calcio-antagonisti, di prostanoidi endovena e dell’inibitore non selettivo dell’endotelina, il bosentan.

Il trattamento della fibrosi polmonare prevede la somministrazione di ciclofosfamide per bocca o endovena e una terapia di mantenimento con azatioprina.

Il trattamento dell’ipertensione polmonare isolata si basa sull’uso di inibitori dell’endotelina selettivi e non, come l’ambrisentan e il bosentan, degli inibitori delle fosfodiesterasi, come il sildenafil ed il tadalafil, e di prostanoidi come l’epoprostenolo. Sono in corso di studio trattamenti sperimentali con altri immunosoppressori come il micofenolato mofetile e con farmaci biologici.

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Artrite reumatoide: sintomi iniziali, cause, cure e mortalità

una mano normale e una mano con artrite reumatoideL’artrite reumatoide (abbreviato “AR”; in inglese “rheumatoid arthritis”, da cui l’acronimo “RA”) è una poliartrite infiammatoria cronica, anchilosante e progressiva a patogenesi autoimmunitaria e di eziologia sconosciuta, principalmente a carico delle articolazioni sinoviali. Le articolazioni interessate diventano dolenti, tumefatte e vanno deformandosi con il tempo. Può coinvolgere anche altri organi e apparati come il polmone, le sierose, l’occhio, la cute e i vasi. Si differenzia dall’osteoartrosi perché interessa inizialmente la membrana sinoviale e non la cartilagine, colpisce con meno frequenza e in età più giovane rispetto all’osteoartrosi; sono più colpite le donne (rapporto 3:1). Interessa l’1-2% della popolazione e il numero dei casi aumenta con l’età, infatti è colpito il 5% delle donne oltre i 55 anni. L’esordio si osserva prevalentemente al termine della adolescenza o tra 4º e 5º decennio di vita; un secondo picco si osserva tra i 60 e 70 anni. Una variante precoce dell’AR è costituita dall’artrite reumatoide dell’infanzia.

Leggi anche: Malattie reumatiche: cosa sono, come si curano, sono pericolose?

Che cos’è l’artrite reumatoide?

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce le articolazioni sia piccole che grandi, che diventano dolenti, tumefatte e con il tempo deformate, ma che può coinvolgere anche altri organi e apparati come il polmone, le sierose, l’occhio, la cute e i vasi.
Esistono due varianti particolari e rare di artrite reumatoide:

  • il morbo di Felty, caratterizzato da ingrandimento della milza, riduzione dei granulociti neutrofili all’emocromo e febbre;
  • la sindrome di Kaplan: una pneumoconiosi polmonare.

L’artrite reumatoide colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 40 e i 50 anni. La prevalenza è stimata intorno all’1% della popolazione generale adulta e possono verificarsi casi di familiarità, ma più spesso è una malattia sporadica.

Leggi anche: Differenze tra artrite ed artrosi: sintomi comuni e diversi

Quali sono le cause dell’artrite reumatoide?

L’Artrite Reumatoide non ha una causa unica e ben determinata: si ritiene che un fattore ambientale possa ingannare il sistema immunitario (mimetismo molecolare) o modificare alcuni antigeni che dovrebbero essere visti come propri dal sistema immunitario (self), ciò interrompe la tolleranza immunologica nei confronti di alcune proteine umane, come il collagene articolare, provocando una disregolazione dei linfociti T e dei linfociti B e conseguente produzione di citochine infiammatorie, come il TNF alpha e l’IL17. In un’alta percentuale di soggetti affetti da Artrite Reumatoide, specie in quelli portatori dell’HLA DR4 o DR1, sono presenti il fattore reumatoide e gli anticorpi anti-proteine citrullinate (anti-CCP), questi ultimi sono altamente specifici di malattia.

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Quali sono i sintomi e segni dell’artrite reumatoide?

Le articolazioni vengono generalmente interessate in maniera simmetrica e aggiuntiva; a essere colpite sono in genere le piccole articolazioni delle mani e dei piedi, ma qualsiasi articolazione diartrodiale (cioè dotata di membrana sinoviale) può essere coincolta. Più frequentemente l’infiammazione è poliarticolare, ossia interessa più di quattro articolazioni, e, se non trattata o non responsiva ai trattamenti, può provocare erosioni ossee e deformità. Una delle caratteristiche cliniche della malattia è la rigidità articolare prevalentemente al mattino, che può durare anche per molte ore. L’interessamento della colonna vertebrale non è tipico dell’artrite reumatoide sebbene tardivamente ci possa essere un coinvolgimento del rachide cervicale con impegno del dente dell’epistrofeo e possibile interessamento del midollo spinale. Per quanto concerne l’interessamento sistemico la malattia può causare fibrosi polmonare, sierositi, vasculiti, nodulosi cutanea e degli organi interni, episcleriti e scleriti, amiloidosi.

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Diagnosi

Le indagini per la diagnosi di malattia e per la ricerca e stadiazione dell’impegno d’organo comprendono, oltre all’esecuzione di esami ematici per la ricerca del Fattore Reumatoide e degli anticorpi anti-CCP, anche il dosaggio degli indici di infiammazione come la velocità di eritrosedimentazione (VES) e della proteina C reattiva (PCR). Inoltre:

  • per evidenziare versamento articolare, ipertrofia sinoviale, borsiti/tenosinoviti, erosioni ossee:
    • ecografia articolare;
    • radiografia articolare;
    • risonanza magnetica articolare;
  • per lo studio della densità minerale ossea:
    • mineralometria ossea computerizzata (MOC).

Per approfondire:

In caso di interessamento extra-articolare:

  • spirometria, DLCO, TC torace ad alta risoluzione per lo studio dei polmoni;
  • ecocardiogramma per lo studio del cuore.

Relativamente al fattore reumatoide ed ai test che si usano per valutarlo, ti consiglio di leggere anche:

Criteri classificativi

I criteri classificativi sono stati recentemente rivisti da un gruppo internazionale di esperti e richiedono un punteggio maggiore o uguale a 6 per fare diagnosi considerando:

  • coinvolgimento articolare:
    • coinvolgimento di una grossa articolazione (0 punti),
    • coinvolgimento da 2 a 10 grandi articolazioni (1 pt),
    • coinvolgimento da 1 a 3 piccole articolazioni (2 pt),
    • coinvolgimento da 4 a 10 piccole articolazioni (3 pt),
    • coinvolgimento di più di 10 articolazioni (5 pt),
  • fattore reumatoide e anti-CCP:
    • negatività del fattore reumatoide e degli anti-CCP (0 pt),
    • bassa positività del fattore reumatoide o degli anti-CCP (2 pt),
    • alta positività del fattore reumatoide o degli anti-CCP (3 pt,
  • indici infiammatori:
    • indici di flogosi normali (0 pt),
    • indici di flogosi alterati (1 pt),
  • durata dei sintomi:
    • durata dei sintomi inferiore a sei settimane (0 pt),
    • durata dei sintomi maggiore di sei settimane (1 pt).

Stadiazione, decorso e trattamenti

Lo stato della malattia può essere identificato analizzando il tipo di lesioni sul paziente; il decorso è assai vario; sono possibili vari trattamenti farmacologici: a tale proposito leggi: Artrite reumatoide: stadiazione, decorso e trattamenti

Prognosi e mortalità

La compromissione delle articolazioni comporta una limitazione della mobilità che può sfociare in invalidità e successiva morte prematura. Un caso tristemente famoso è quello della popolare attrice e scrittrice Anna Marchesini, affetta da artrite reumatoide, morta ad appena 62 anni. Il decorso della malattia varia notevolmente da caso a caso. Alcuni pazienti presentano sintomi lievi a breve termine, ma nella maggior parte di essi la malattia progredisce per tutta la vita. Circa il 20%-30% dei casi svilupperà noduli sottocutanei (noti come noduli reumatoidi).

I fattori prognostici negativi includono:

  • Sinovite persistente.
  • Malattia erosiva precoce.
  • Reperti extra-articolari (compresi noduli reumatoidi sottocutanei).
  • Risultati sierologici positivi per artrite reumatoide.
  • Positività sierologica agli anticorpi anti-CCP.
  • Storia familiare di artrite reumatoide.
  • Stato funzionale scadente.
  • Basso status socio-economico.
  • Elevata risposta della fase acuta (velocità di sedimentazione eritrocitaria, la proteina C-reattiva).
  • Aumento rapido della gravità clinica.
  • Scarsa risposta ai farmaci ed alla fisioterapia.
  • Vita sedentaria.
  • Uso di droghe, alcolismo, tabagismo.
  • Alimentazione scorretta.
  • Età avanzata.
  • Presenza di altre patologie (cardiopatie, diabete, coagulopatie, obesità…).

Uno studio del 2006, sostiene che l’artrite reumatoide riduca la durata della vita delle persone da circa 3 a 12 anni. Uno studio del 2005 della Mayo Clinic ha osservato che gli affetti da tale condizione hanno un rischio raddoppiato di incorrere in malattie cardiache indipendente da altri fattori di rischio come il diabete, l’abuso di alcol, colesterolo elevato, pressione arteriosa e un indice di massa corporea elevati. Il meccanismo attraverso il quale l’artrite reumatoide causa questo aumento del rischio rimane sconosciuto; la presenza di una infiammazione cronica è stata proposta come un fattore, almeno in parte, responsabile. Risposte positive alla terapia possono certamente indicare una prognosi migliore.

Leggi anche: Lupus eritematoso sistemico (LES): cause, sintomi e terapie

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

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Differenze tra artrite ed artrosi: sintomi comuni e diversi

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La mano di un paziente con artrite reumatoide

Artrite ed artrosi sono due patologie che rientrano nella categoria delle reumatologia (in inglese “rheumatology”), entrambe interessano le articolazioni ed entrambe sono caratterizzate da dolore accompagnato da rigidità e limitazione nei movimenti delle articolazioni colpite. Sono proprio queste somiglianze a generare talvolta la confusione tra artrosi e artrite, a volte scambiate l’una per l’altra. Eppure sono due malattie ben distinte che si differenziano in diversi punti: l’artrite è una patologia infiammatoria cronica di origine autoimmune che può svilupparsi in soggetti di ogni età, anche nei bambini, mentre l’artrosi è una malattia degenerativa che insorge soprattutto dopo i 60 anni.

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Artrite

L’artrite (in inglese “arthritis”) si manifesta con l’infiammazione articolare caratterizzata da:

  • gonfiore,
  • tumefazione,
  • arrossamento,
  • rigidità,
  • aumento della temperatura nell’area colpita,
  • dolori che comportano anche la perdita della capacità motoria delle articolazioni interessate.

Le forme più severe possono deformare le articolazioni, compromettendo la capacità di svolgere anche i più semplici compiti quotidiani. Possono esserne colpite persone di ogni età e con il passare degli anni l’infiammazione tende a peggiorare se non riconosciuta e curata adeguatamente. Esistono diversi tipi di artrite, tra cui l’artrite reumatoide (anche nella forma giovanile), la gotta, e l’artrite nell’ambito di malattie del connettivo quali il lupus eritematoso sistemico. Le cause possono essere di origine metabolica, traumatica, infettiva o idiopatica.

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Classificazione eziologica delle artriti

  • Artrite Reumatoide
  • Spondilo artriti o marker negative:
    • Spondilite anchilosante
    • Spondilite psoriasica
    • Intestinali (Entesoartrite enteropatica)
    • Reattive
    • Indifferenziate
  • Del bambino (idiopatica giovanile)
  • Da cristalli (dismetaboliche)
  • Settiche (da agenti infettivi)

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Artrosi

L’artrosi (o osteoartrosi, in inglese “Osteoarthritis”) a differenza dell’artrite, non è una malattia infiammatoria, ma una forma degenerativa cronica. È una delle cause più comuni di disturbi dolorosi, colpisce circa il 10% della popolazione adulta generale, e il 50% delle persone che hanno superato i 60 anni di età. Costituiscono fattori predisponenti l’obesità, il sesso femminile, parenti affetti da tale malattia, traumi articolari, stress continuo, umidità. I sintomi e i segni clinici che si presentano sono tutti localizzati nell’articolazione interessata:

  • dolore,
  • limitazione del movimento,
  • rigidità,
  • deformità articolare.

Durante il manifestarsi di tale patologia nascono nuovo tessuto connettivo e nuovo osso attorno alla zona interessata. Colpisce soprattutto le persone più avanti con gli anni perché è connessa all’usura delle articolazioni. Le strutture articolari più frequentemente colpite sono quelle maggiormente sollecitate dal peso e dall’attività, tra cui ginocchia, anche, spalle, mani, piedi e colonna vertebrale. Con il processo degenerativo dell’artrosi si assiste a un assottigliamento della cartilagine articolare e in seguito a deformità ossee che causano il dolore e i sintomi specifici dell’artrosi, particolarmente evidenti a livello delle falangi distali delle mani. L’articolazione interessata presenta caratteristiche alterazioni della cartilagine, con assottigliamento, fissurazione, formazione di osteofiti marginali e zone di osteosclerosi subcondrale nelle aree di carico. La membrana sinoviale si presenta iperemica e ipertrofica, la capsula è edematosa e fibrosclerotica.

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Terapie

Riguardo alla terapia dell’artrosi, i cambiamenti nello stile di vita, specialmente la perdita di peso e l’attività fisica, uniti alla terapia analgesica, rappresentano il perno del trattamento. Il paracetamolo rappresenta il farmaco di prima linea, mentre gli antinfiammatori non steroidei (FANS) sono indicati solo nel caso il sollievo dal dolore non sia sufficiente, in relazione alla minore incidenza di effetti collaterali del primo nella terapia cronica.
Allo stato attuale non esiste una cura universale e definitiva in grado di debellare le forme più diffuse di artrite, come l’artrite reumatoide. Attraverso un trattamento appropriato, mirato alla riduzione del dolore, alla rivisitazione delle proprie abitudini comportamentali ed alla prevenzione delle lesioni articolari, è comunque possibile convivere con la malattia e mantenere una buona qualità di vita.

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Glucosamina e condroitina: dose, efficacia e controindicazioni

MEDICINA ONLINE ARTRITE ARTROSI ARTICOLAZIONE GLUCOSAMINA CONDROITINA INTEGRATORE OSSO LEGAMENTO TENDINE DIFFERENZA MOBILI SEMIMOBILI ARTRITE REUMATOIDE SINOVIALI FISSE FATTORE REUMATOIDE.jpgLa glucosamina (anche glucosammina) è un aminopolisaccaride coinvolto nella sintesi di proteine glicosilate e lipidi. È stata identificata la prima volta nel 1876 da un chirurgo tedesco, Georg Ledderhose, ma si dovette attendere fino al 1939 perché, grazie al lavoro di Walter Norman Haworth, un chimico britannico, se ne comprendesse appieno la stereochimica. La glucosamina è una sostanza abbondantemente presente nei gusci dei crostacei ed è da questi gusci che per idrolisi viene prodotta commercialmente. La glucosamina è coinvolta nella produzione dei glicosaminoglicani, fondamentali per la cartilagine. Come molte altre sostanze, con l’invecchiamento, la quantità di glucosamina prodotta dall’organismo diminuisce e ovviamente le cartilagini si degradano. La ricerca ha dimostrato che l’integrazione con glucosamina è in grado di bloccare l’artrosi nell’85% dei casi. Nessun effetto collaterale di rilievo è stato registrato dalla somministrazione di glucosamina per via orale.

Tipi di glucosamina

Esistono varie forme di glucosamina; fra le più conosciute possiamo ricordare la glucosamina solfato, la glucosamina idrocloridrato e la n-acetilglucosamina. Queste varie forme sono molto simili tra loro, ma, non si ha la certezza che, qualora vengano assunte come integratori alimentari, abbiano gli stessi effetti. La ricerca scientifica ha centrato maggiormente la sua attenzione sulla glucosamina solfato. Di norma, gli integratori a base di glucosamina solfato vengono utilizzati nella terapia per artrosi e artrite. In molte formulazioni, la glucosamina solfato viene associata ad altre sostanze quali, per esempio, la condroitina solfato, il metilsulfonilmetano (MSM) e la cartilagine di squalo.

Glucosamina e condroitina

Fra le associazioni più frequenti c’è quella tra glucosamina e condroitina; il motivo è da ricercarsi nel fatto che, secondo quanto riportato da alcune ricerche,l’efficacia della glucosamina sarebbe superiore se le si associa la condroitina, una sostanza che attrae e trattiene l’acqua che serve per nutrire e lubrificare le articolazioni. In realtà, tale posizione non è condivisa da tutti gli autori e altre ricerche sembrano mostrare che il ruolo della condroitina sia marginale, anche tenendo conto degli effetti collaterali (disturbi digestivi, vertigini, dermatiti  e alcuni rari casi di Edema di Quincke).

I migliori integratori di glucosamina, testati personalmente dal nostro Staff, sono:

Glucosamina: funziona contro l’artrosi?

Per quanto la glucosamina venga spesso presentata come la pillola anti-artrosi si deve dire che in realtà si è ancora molto lontani da una reale cura della patologia artrosica: l’effetto della glucosamina esiste, ma si limita a bloccare la patologia. È fondamentale quindi per la prevenzione, ma non si può ancora parlare di efficacia a livello curativo. La questione viene comunque approfondita nel paragrafo successivo. Anche se le voci dell’effetto anti-artrosi sono state eccessivamente enfatizzate, esse hanno avuto il merito di far sapere al grande pubblico che l’artrosi si può combattere, rallentare e farla regredire in misura lieve con l’uso di semplici integratori alimentari. La glucosamina è stata suggerita anche nel trattamento di glaucoma e persino come sostanza dimagrante, ma allo stato attuale non esiste alcuna evidenza scientifica di una sua efficacia in tal senso.

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Glucosamina: è efficace?

L’NMCD (Natural Medicines Comprehensive Database) fornisce delle valutazioni sui medicinali naturali basandosi sulle prove scientifiche disponibili; la valutazione si basa su una scala che va da 1 a 7 (1=efficace, 2=probabilmente efficace, 3=forse efficace, 4=forse inefficace, 5=probabilmente inefficace, 6=inefficace, 7=prove non sufficienti per valutare l’efficacia). Secondo l’NMCD, la glucosamina solfato viene considerata probabilmente efficace (valore della scala 2) relativamente all’artrosi del ginocchio; possibile efficacia anche per quanto riguarda l’artrosi femorale e quella della colonna vertebrale. Relativamente all’artrosi del ginocchio, alcuni studi hanno mostrato un rimarchevole effetto analgesico, paragonabile a quello di ibuprofene e piroxicam, anche se non in termini di rapidità d’effetto; peraltro l’efficacia sembra riferirsi soprattutto a casi di artrosi di non grave entità; va anche segnalato che alcuni soggetti non hanno riportato benefici dall’assunzione di glucosamina solfato. Si ritiene che la glucosamina sia in grado di rallentare la lacerazione delle articolazioni in quei soggetti sofferenti d’artrosi che assumono glucosamina per lunghi periodi di tempo. La glucosamina solfato è considerata, sempre basandosi sulla scala NMCD, forse efficace nel trattamento dell’artrite dell’articolazione temporo-mandibolare, un processo infiammatorio alquanto fastidioso che oltre al dolore crea problemi di masticazione e difficoltà nell’articolare correttamente le parole.

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Glucosamina: somministrazione e dosaggio

In linea generale è consigliata una supplementazione di glucosamina (3 cicli annui) ai soggetti che praticano attività fisica e hanno superato i 35 anni e ai sedentari che hanno superato i 45, con artrosi agli esordi. Per quanto riguarda i dosaggi,  per la prevenzione dell’artrosi le dosi consigliate (in soggetti fra i 54 e i 90 kg di peso ) sono 750 mg al giorno, normalmente suddivisi in tre somministrazioni. In caso di patologia a uno stadio già avanzato, tali dosi andrebbero raddoppiate. Durante il trattamento, i dosaggi di glucosamina possono subire modifiche in base all’andamento della malattia.

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La glucosamina è sicura?

Relativamente alla questione sicurezza, in linea generale il solfato di glucosamina è ritenuto un integratore sicuro. Come per tutti gli integratori alimentari però, in alcune circostanze viene consigliato di evitarne l’assunzione. Alcuni soggetti hanno riportato, in seguito all’assunzione di glucosamina, effetti collaterali di modesta entità quali bruciore di stomaco, costipazione, diarrea e nausea. Per quanto non esistano evidenze che l’assunzione di glucosamina possa creare problemi alle donne in stato interessante o in quelle che stanno allattando, tali soggetti dovrebbero astenersi dall’usare integratori alimentari a base di glucosamina. Lo stesso consiglio vale per coloro che soffrono di asma; esiste, infatti, una ricerca che ha mostrato un probabile collegamento fra assunzione di glucosamina e attacchi di asma.

L’assunzione di glucosamina veniva in passato sconsigliata anche ai soggetti affetti da diabete, ma ricerche più recenti e ritenute più affidabili suggeriscono che la glucosamina solfato non abbia alcun effetto sui livelli di glicemia e, conseguentemente, non dovrebbero verificarsi problemi di alcun genere; tuttavia, a scopo precauzionale, il diabetico che assume glucosamina dovrebbe sempre verificare attentamente che non si verifichino alterazioni sospette in seguito all’assunzione di integratori alimentari contenenti la sostanza in questione.

Dal momento che alcuni prodotti a base di glucosamina solfato contengono, fra le altre cose, anche gusci di aragosta, granchio o gamberetti, alcuni autori sconsigliano l’assunzione di tali prodotti a coloro che sono allergici ai crostacei. Va comunque ricordato che le reazioni di tipo allergico ai crostacei sono relative non ai gusci, ma alla carne, tanto che, fino ad ora, non sono stati segnalati casi di reazioni allergiche in soggetti allergici ai crostacei che assumono glucosamina.

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Glucosamina e farmaci

Per quanto concerne le interazioni con altre sostanze, l’assunzione di glucosamina va evitata da coloro che assumono warfarin, un anticoagulante, in quanto varie ricerche hanno dimostrato che la glucosamina solfato ne potenzia l’azione; peraltro, detto per inciso, sono molti gli integratori e i prodotti fitoterapici che interagiscono con il warfarin e che non vanno quindi assunti se si utilizza tale medicinale. Una certa cautela va utilizzata anche nel caso si assuma paracetamolo. I soggetti sottoposti a chemioterapia devono consultare lo specialista che li ha in cura prima di assumere prodotti contenenti glucosamina.

Cenni sull’artrosi

Milioni di persone soffrono di artrosi; alcuni in forma lieve, altri in forma grave e devastante. Alcuni cercano di controllarla assumendo farmaci antinfiammatori dai pesanti effetti collaterali, altri sono costretti a ricorrere a interventi chirurgici. In un individuo sano la cartilagine opera come ammortizzatore e consente un movimento morbido e regolare. Per eseguire il suo compito impiega il liquido sinoviale (una sostanza oleosa prodotta dalla membrana sinoviale), che viene assorbito e rilasciato dalla cartilagine (proprio come una spugna) durante il suo funzionamento. Durante la sua vita la cartilagine si usura e l’organismo la ripara. In condizioni normali c’è equilibrio fra danno e riparazione, in condizioni patologiche il danno e i prodotti di rifiuto descritti nell’articolo sull’artrosi prevalgono, facendo degenerare il sistema. Si parla di artrosi secondaria quando è conseguente a lesioni traumatiche più o meno ripetute (come negli atleti) e di artrosi primaria quando sostanzialmente è dovuta all’invecchiamento. Da qualche anno vengono diffuse voci eccessivamente ottimistiche relative alla possibilità di curare l’artrosi utilizzando la glucosamina; ma, in realtà, come si può intuire da quanto riportato sopra, le cose stanno un po’ diversamente.

Prodotti consigliati

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Dolore che interessa varie articolazioni (poliarticolare): cause e rimedi

MEDICINA ONLINE DOLORE ARTICOLAZIONE SINGOLA VARIE OSTEOARTRITE ARTRITE ARTROSI SCHELETRO MUSCOLO TENDINE LEGAMENTO PAINIl vero dolore articolare (artralgia) non è necessariamente accompagnato da infiammazione articolare (artrite). Il sintomo più comune di infiammazione articolare è il dolore. Le articolazioni infiammate possono anche essere calde e gonfie e, più raramente, la pelle che le ricopre può essere arrossata. L’artrite può colpire solo le articolazione degli arti o anche le articolazioni della parte centrale dello scheletro, come la colonna vertebrale o il bacino. Il dolore può manifestarsi solo quando viene mossa l’articolazione, oppure può essere presente anche a riposo. Possono manifestarsi anche altri sintomi, come eruzione cutanea, febbre, dolore oculare o ulcere della bocca, a seconda della causa del dolore articolare. Ogni disturbo tende a colpire un diverso numero di articolazioni. Di conseguenza, il medico prende in considerazione cause diverse del dolore, quando questo colpisce una sola articolazione, rispetto a quando colpisce più articolazioni. Quando sono coinvolte più articolazioni, alcuni disturbi hanno più probabilità di altri di interessare la stessa articolazione su entrambi i lati del corpo (ad esempio, entrambe le ginocchia o entrambe le mani). Questa viene definita artrite simmetrica. Inoltre in alcuni disturbi un attacco di artrite rimane nelle stesse articolazioni per l’intera durata dell’attacco. In altri disturbi, l’artrite si sposta da un’articolazione all’altra (artrite migratoria). I dolori che sembrano provenire dalle articolazioni a volte possono derivare da strutture all’esterno di esse, come i legamenti, i tendini o i muscoli. Esempi di questi disturbi sono borsiti e tendiniti.

Cause

Nella maggior parte dei casi, la causa del dolore che proviene dall’interno di più articolazioni è l’artrite. I disturbi che causano l’artrite possono differire in alcune tendenze, come ad esempio:

  • quante e quali articolazioni siano solitamente coinvolte;
  • se sia coinvolta la parte centrale dello scheletro, come la colonna vertebrale o il bacino;
  • se l’artrite sia improvvisa (acuta) o di lunga durata (cronica).

L’artrite acuta che colpisce più articolazioni è dovuta il più delle volte a:

  • infezione virale;
  • l’inizio di una patologia articolare o l’acutizzazione di una patologia articolare cronica esistente (come l’artrite reumatoide o l’artrite psoriasica).

Le cause meno comuni di artrite acuta in più articolazioni includono:

  • la malattia di Lyme (che può colpire anche una sola articolazione);
  • la gonorrea;
  • le infezioni batteriche da streptococco;
  • l’artrite reattiva (arterite che si sviluppa dopo un’infezione del tratto digestivo o delle vie urinarie);
  • la gotta.

L’artrite cronica che colpisce più articolazioni è dovuta il più delle volte a:

  • disturbi infiammatori, come artrite reumatoide, artrite psoriasica o lupus eritematoso sistemico (negli adulti);
  • la malattia non infiammatoria osteoartrite (negli adulti);
  • artrite idiopatica giovanile (nei bambini).

Altre cause di artrite cronica in più articolazioni includono i disturbi autoimmuni che colpiscono le articolazioni, ad esempio:

  • lupus eritematoso sistemico;
  • artrite psoriasica;
  • spondilite anchilosante;
  • vasculite.

Alcuni disturbi infiammatori cronici possono colpire la colonna vertebrale e le articolazioni degli arti (le cosiddette articolazioni periferiche). Alcune colpiscono determinate parti della colonna vertebrale con maggior frequenza. Ad esempio, la spondilite anchilosante colpisce più comunemente la zona inferiore (lombare) della colonna vertebrale, mentre l’artrite reumatoide colpisce maggiormente la zona superiore (cervicale) della colonna vertebrale e del collo.

I disturbi più comuni all’esterno delle articolazioni che causano dolore intorno alle articolazioni sono:

  • fibromialgia;
  • polimialgia reumatica;
  • borsite;
  • tendinite.

Le borsiti o le tendiniti derivano spesso da un trauma, che solitamente colpisce una sola articolazione. Tuttavia, alcuni disturbi causano borsite o tendinite in molte articolazioni.

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Valutazione

Nella valutazione del dolore articolare, il medico cerca prima di stabilire se il dolore articolare sia causato da un disturbo delle articolazioni o da una malattia dell’intero organismo (sistemica). I disturbi diffusi gravi possono richiedere un trattamento specifico immediato. Le seguenti informazioni possono aiutare a decidere se sia il caso di consultare un medico e cosa aspettarsi nel corso della valutazione.

Segnali d’allarme

Nei soggetti che lamentano dolore in più di un’articolazione, i sintomi che richiedono una valutazione tempestiva includono:

  • gonfiore, calore e arrossamento dell’articolazione;
  • eruzioni cutanee, macchie o chiazze violacee;
  • ulcere della bocca o nel naso oppure degli organi genitali;
  • dolore toracico, respiro affannoso o tosse recente o grave;
  • dolore addominale;
  • febbre, sudori o brividi;
  • dolore o rossore oculare.

Quando rivolgersi a un medico?

Le persone che presentano segnali d’allarme devono consultare immediatamente un medico. I soggetti senza segnali d’allarme devono chiamare un medico. Il medico deciderà con quale rapidità si debba procedere alla valutazione, sulla base della gravità e della localizzazione del dolore, se le articolazioni sono gonfie, se la causa è stata diagnosticata precedentemente e altri fattori. In genere, un ritardo di qualche giorno non comporta ripercussioni negative.

Leggi anche: Differenza tra artrite ed artrosi: come riconoscerle

Come si comporta il medico?

Il processo diagnostico da parte del medico inizia con l’anamnesi, cioè ponendo al soggetto domande sui sintomi, su altre malattie di cui il paziente soffre, su eventuali operazioni chirurgiche subite, sul tipo di professione che si svolge, ed altre informazioni utili ad indagare il caso. Il medico fa domande sulla gravità del dolore (improvviso o graduale), sulle variazioni dei sintomi nel tempo e sull’eventuale riduzione o aumento del dolore (ad esempio con riposo o movimento oppure in momenti specifici della giornata). Rivolge domande sulla rigidità o sul gonfiore articolare, sulle patologie articolari diagnosticate precedentemente, sui rischi di esposizione a malattie a trasmissione sessuale e sulla malattia di Lyme.

In seguito il medico esegue un esame obiettivo. Controlla tutte le articolazioni (incluse quelle della colonna vertebrale) per controllare la presenza di gonfiore, rossore, calore, dolorabilità e rumori quando si muove l’articolazione (crepitio). Viene controllata la completa mobilità dell’articolazione, prima con movimenti compiuti dal soggetto senza assistenza (mobilità attiva), poi dal medico (mobilità passiva). Questo esame aiuta a determinare quale struttura causi dolore e se sia presente infiammazione. Il medico controlla anche occhi, bocca, naso e organi genitali per verificare la presenza di ulcere o di altri segni di infiammazione. Si esamina la pelle per individuare eventuali eruzioni cutanee. Si palpano i linfonodi e si esaminano polmoni e cuore. Il medico esamina solitamente la funzione del sistema nervoso, in modo da poter rilevare disturbi ai muscoli o ai nervi. Il medico controlla anche il peso corporeo ed un eventuale eccesso di grasso che può gravare sulle articolazioni.

Alcuni dati acquisiti durante l’esame obiettivo possono dare indicazioni utili sulla causa. Ad esempio, se la dolorabilità è presente intorno all’articolazione ma non sull’articolazione, è probabile che la causa sia una borsite o una tendinite. Se è presente una dolorabilità generale, è possibile che si sia in presenza di fibromialgia. Se il dolore è presente sia nella colonna vertebrale che nelle articolazioni, le cause possibili includono osteoartrite, artrite reattiva, spondilite anchilosante e artrite psoriasica. Analizzando la mano, il medico può stabilire la differenza fra artrite reumatoide e osteoartrite, due tipi di artrite particolarmente comuni. Ad esempio, l’artrite reumatoide coinvolge, il più delle volte, le articolazioni delle nocche grandi (quelle delle dita della mano) e del polso. L’osteoartrite coinvolge solitamente l’articolazione del dito vicino all’unghia. Solitamente, il polso non è colpito dall’osteoartrite, ad eccezione della base del pollice.

In base ai risultati dell’esame obiettivo e dell’anamnesi, il medico potrà suggerire una causa di dolore articolare e – se necessario – indicare gli esami da effettuare per avere una diagosi di certezza, come ad esempio esami di diagnostica per immagini (una ecografia articolare, una TC, una radiografia o una risonanza magnetica) e/o altri esami (esami di laboratorio, biopsia…).

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Esami di diagnostica per immagini

Per raggiungere la diagnosi, a volte sono necessari esami di diagnostica per immagini, soprattutto se si sospetta un tumore osseo o articolare. In genere viene prima effettuata una ecografia e/o una radiografia, ma a volte è necessaria una tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica (RM).

Esami di laboratorio

I seguenti esami di laboratorio possono essere usati per una corretta diagnosi:

  • analisi del liquido articolare;
  • esami del sangue per la ricerca di anticorpi;
  • velocità di eritrosedimentazione (VES) e livelli di proteina c-reattiva.

Se le articolazioni sono gonfie, il medico inserisce solitamente un ago nell’articolazione per prelevare un campione di liquido da esaminare (una procedura chiamata aspirazione articolare o artrocentesi). Il medico intorpidisce la zona prima di prelevare un campione, in modo che il paziente non provi dolore durante la procedura. Il medico effettua, generalmente, un coltura del liquido per verificare la presenza dell’infezione. Poi riscontra al microscopio la presenza di cristalli nel liquido, che indicano una gotta o disturbi ad essa correlati. Il numero di globuli bianchi nel liquido indica se l’articolazione è infiammata.

Spesso, il medico effettua anche analisi del sangue per cercare gli anticorpi. Esempi di questi esami includono gli anticorpi antinucleo, gli anticorpi anti-DNA a doppia elica, l’anti-peptide ciclico citrullinato e il fattore reumatoide. La presenza di autoanticorpi nel sangue può indicare un disturbo autoimmune, come l’artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico.

La VES è un esame che misura la velocità con cui i globuli rossi si depositano sul fondo di una provetta che contiene un campione di sangue. Il sangue che si deposita rapidamente in genere significa che probabilmente è presente un’infiammazione in tutto il corpo (sistemica), ma molti fattori possono influenzare l’esame della VES, inclusa l’età e l’anemia, quindi l’esame spesso è impreciso. Per stabilire più facilmente la presenza di un’infiammazione diffusa, il medico effettua, di solito, un altro esame del sangue, chiamato proteina c-reattiva (una proteina che circola nel sangue e il cui livello aumenta drasticamente in presenza di infiammazione), oltre all’esame della VES.

Se si sospetta un disturbo particolare, possono essere necessari altri esami ( Alcune cause e caratteristiche del dolore in più articolazioni).

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Trattamento

Non esiste un unico trattamento che sia valido in tutti i casi: la terapia deve essere specifica e mira a curare la causa a monte che genera il dolore. Ad esempio, i soggetti che soffrono di una malattia autoimmune (come il lupus eritematoso sistemico) possono aver bisogno di un farmaco che sopprima il sistema immunitario. I soggetti con un’infezione da gonorrea all’articolazione necessitano di antibiotici. In caso di tumore, le terapie possono essere farmacologiche e/o chirurgiche.

I sintomi in genere possono essere alleviati prima di conoscere la diagnosi. L’infiammazione può essere alleviata con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, come l’ibuprofene o l’aspirina). In caso di dolore ed infiammazione più intensa, possono essere usati i farmaci antinfiammatori steroidei. Il dolore senza infiammazione viene solitamente trattato in modo più sicuro con il paracetamolo.

A volte il dolore può essere alleviato tramite immobilizzazione dell’articolazione con una stecca o una benda. Gli impacchi caldi (ad esempio, con cuscinetti caldi) possono diminuire il dolore calmando gli spasmi ai muscoli intorno alle articolazioni (ad esempio, dopo un trauma). Gli impacchi freddi (ad esempio, con ghiaccio) possono aiutare ad alleviare il dolore causato da infiammazione articolare. Gli impacchi caldi o freddi devono essere applicati per almeno 15 minuti, in modo che penetrino in profondità. La pelle deve essere protetta dal caldo o dal freddo estremo. Ad esempio, il ghiaccio deve essere inserito in una borsa di plastica e avvolto in un asciugamano.

Quando il dolore intenso e l’infiammazione si sono attenuati, può essere utile la fisioterapia per recuperare o conservare l’ampiezza di movimento e rafforzare i muscoli circostanti. Per i soggetti che soffrono di artrite cronica, è importante continuare l’attività fisica, al fine di evitare la rigidità permanente articolare (contratture) e la perdita muscolare (atrofia).

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Indicazioni di base per gli anziani

L’osteoartrite è la causa più comune di dolore articolare negli anziani. Anche se compare più comunemente negli adulti giovani (di età compresa fra i 30 e i 40 anni), l’artrite reumatoide può cominciare anche più tardi (dopo i 60 anni). Gli adulti in età più avanzata che possono soffrire di artrite reumatoide potrebbero avere anche un tumore. I soggetti di età superiore ai 55 anni, con rigidità e dolore alle anche e alle spalle che peggiora la mattina, possono anche soffrire di polimialgia reumatica. È importante riconoscere la polimialgia reumatica perché curandola si possono evitare altri problemi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra artrite ed artrosi: come riconoscerle

MEDICINA ONLINE ARTRITE ARTROSI ARTICOLAZIONE GLUCOSAMINA CONDROITINA INTEGRATORE OSSO LEGAMENTO TENDINE DIFFERENZA MOBILI SEMIMOBILI ARTRITE REUMATOIDE SINOVIALI FISSE FATTORE REUMATOIDEArtrite e artrosi rientrano nella più ampia categoria delle patologie reumatiche, entrambe interessano le articolazioni ed entrambe sono caratterizzate da dolore accompagnato da rigidità e limitazione nei movimenti delle articolazioni colpite. Sono proprio queste somiglianze a generare talvolta la confusione tra artrosi e artrite, a volte scambiate l’una per l’altra. Eppure sono due malattie ben distinte che si differenziano in diversi punti.

Differente età di insorgenza
La prima differenza fondamentale riguarda l’età dei soggetti colpiti:

  • l’artrite è una patologia infiammatoria cronica di origine autoimmune che può svilupparsi in soggetti di ogni età, anche nei bambini;
  • l’artrosi è una malattia degenerativa che insorge soprattutto dopo i 50 anni.

Tipi di artrite

L’artrite è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce le articolazioni sia piccole che grandi, che diventano dolenti, tumefatte e con il tempo deformate, ma che può coinvolgere anche altri organi e apparati come il polmone, le sierose, l’occhio, la cute e i vasi. La malattia colpisce in genere tra i 30 e i 60 anni. Esistono diverse forme di artrite, tutte accomunate dal fatto che si innesca un processo infiammatorio a livello articolare. Tra le forme più diffuse:

  • Artrite reumatoide: è conseguenza di un attacco delle articolazioni da parte del sistema immunitario.
  • Artrite gottosa: è conseguenza di un aumento dei livelli sanguigni di acido urico che si accumula sotto forma di cristalli nelle articolazioni, soprattutto nel piede, dando luogo a un’artrite molto violenta.
  • Spondiloartriti: sono un tipo di artriti caratterizzate dal coinvolgimento della colonna vertebrale e del bacino e dalla presenza di alcune condizioni non reumatiche (psoriasi e altre infezioni).

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Differenti sintomi

  • L’artrite si manifesta con l’infiammazione articolare caratterizzata da gonfiore, tumefazione, arrossamento, rigidità, aumento della temperatura nell’area colpita e dolori che comportano anche la perdita della capacità motoria delle articolazioni interessate. Le forme più severe possono deformare le articolazioni, compromettendo la capacità di svolgere anche i più semplici compiti quotidiani. Possono esserne colpite persone di ogni età e con il passare degli anni l’infiammazione tende a peggiorare se non riconosciuta e curata adeguatamente. Esistono diversi tipi di artrite, tra cui l’artrite reumatoide (anche nella forma giovanile), la gotta, e l’artrite nell’ambito di malattie del connettivo quali il lupus eritematoso sistemico.
  • L’artrosi, a differenza dell’artrite, non è una malattia infiammatoria, ma una forma degenerativa cronica. Colpisce soprattutto le persone più avanti con gli anni perché è connessa all’usura delle articolazioni. Le strutture articolari più frequentemente colpite sono quelle maggiormente sollecitate dal peso e dall’attività, tra cui ginocchia, anche, spalle, mani, piedi e colonna vertebrale. Con il processo degenerativo dell’artrosi si assiste a un assottigliamento della cartilagine articolare e in seguito a deformità ossee che causano il dolore e i sintomi specifici dell’artrosi, particolarmente evidenti a livello delle falangi distali delle mani, per esempio. I sintomi più comuni dell’artrosi sono il dolore, la rigidità e la limitazione nell’utilizzo dell’articolazione. Il dolore avvertito è maggiore dopo l’esercizio oppure quando si carica peso sull’articolazione interessata; in genere è più intenso la sera e si attenua con il riposo. Di notte non è presente. Nelle forme lievi non è presente rigidità che invece esiste nelle fasi moderate e gravi: è comunque transitoria e non supera mai la mezz’ora. La limitazione funzionale è assente nelle fasi iniziali, ma si manifesta via via che la malattia si fa più grave ed è conseguenza del dolore. Il gonfiore è presente in pochi casi.

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Differenti cause

L’artrite reumatoide non ha una causa unica: si ritiene che un fattore ambientale possa ingannare il sistema immunitario (mimetismo molecolare) o modificare alcuni antigeni che dovrebbero essere visti come propri dal sistema immunitario (self), ciò interrompe la tolleranza immunologica nei confronti di alcune proteine umane

L’artrosi è una malattia collegata all’invecchiamento e all’usura delle cartilagini articolari, che può essere favorita da fattori quali:

  • familiarità;
  • sovrappeso e obesità, perché l’eccesso di peso a lungo andare danneggia soprattutto le articolazioni di anca, ginocchia e piede;
  • fratture e lesioni articolari;
  • alcuni lavori che richiedono posizioni forzate (per es. stare inginocchiati a lungo) oppure il continuo utilizzo di alcune articolazioni (per es. le articolazioni delle dita delle mani);
  • sport come il calcio (ma non solo), in cui si ha un’usura precoce delle cartilagini di piedi e ginocchia;
  • malattie circolatorie che causano sanguinamento e danno nelle articolazioni (per es. l’emofilia, l’osteonecrosi avascolare);
  • alcune forme di artrite (per es. gotta, pseudo gotta o artrite reumatoide) che danneggiano l’articolazione e la rendono più suscettibile ai danni della cartilagine.

Differente diagnosi

Le indagini per la diagnosi di artrite comprendono, oltre all’esecuzione di esami ematici per la ricerca del Fattore Reumatoide e degli anticorpi anti-CCP, anche il dosaggio degli indici di infiammazione (VES, PCR) . Inoltre vanno eseguite ecografia, radiografia e RMN articolari per evidenziare versamento articolare, ipertrofia sinoviale, borsiti/tenosinoviti, erosioni ossee.

Non esistono esami di laboratorio specifici per la diagnosi di artrosi, che a volte è una diagnosi d’esclusione. La diagnosi si basa comunque su:

  • visita medica, in cui si valuta se le articolazioni sono deformate, dolenti, limitate nell’esecuzione di alcuni movimenti;
  • indagini radiologiche, che mostrano per esempio una riduzione dello spazio fra le articolazioni, alterazioni del profilo dell’osso e la formazione di osteofiti o lesioni simil-cistiche delle articolazioni.

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Differente trattamento

Il trattamento dell’artrite reumatoide si basa sull’uso di immunosoppressori, come il methotrexate o la leflunomide; in casi particolari si possono utilizzare anche idrossiclorochina, ciclosporina, sulfasalazina. È previsto inoltre l’uso di cortisone a cicli nelle fasi di maggiore attività di malattia per ottenere più rapidamente la risposta clinica, e di FANS per il controllo del dolore.

Non esiste un trattamento risolutivo dell’artrosi. L’obiettivo delle cure è ridurre il dolore e rallentare i progressi della malattia. La terapia principale è quella analgesica, con la somministrazione di antidolorifici al bisogno per limitare il dolore e permettere il movimento articolare. In caso di artrosi localizzata a livello di un’articolazione specifica (per es. anche, ginocchia, mani) è possibile effettuare infiltrazioni con acido ialuronico, mentre l’utilizzo di corticosteroidi è limitato a casi rari di infiammazione associata ad artrosi. Nei casi più gravi di artrosi, quando questi trattamenti sono inefficaci, si rende necessario il trattamento ortopedico con il posizionamento di protesi articolari. Funzionano bene alcune misure preventive come la riduzione del peso e il rinforzo del tono muscolare.

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Artrosi del ginocchio: cause, sintomi e trattamenti

MEDICINA ONLINE LESIONE LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE POSTERIORE DIFFERENZE LATERALE MEDIALE GINOCCHIO TENDINI MUSCOLI ORTOPEDIA ANATOMIA FUNZIONI GAMBA COSCIA MOVIMENTOL’artrosi del ginocchio è una patologia estremamente diffusa nel mondo occidentale, seconda per numeri solo a quella che coinvolge le vertebre. Consiste nella progressiva degenerazione della cartilagine articolare e colpisce più frequentemente la popolazione femminile e coloro che hanno più di  50 anni.

L’artrosi del ginocchio può, a grandi linee, essere suddivisa in:

  • Primitiva, cioè non dovuta a cause specifiche.
  • Secondaria, vale a dire causata da un’altra patologia come deformità scheletriche, fratture, infezioni o patologie reumatologiche.

L’artrosi primitiva colpisce tutti i settori del ginocchio (pan-artrosi) ed è spesso associata ad altre localizzazioni della patologia come le mani, le anche o la colonna vertebrale. L’artrosi secondaria, invece, privilegia una parte specifica dell’articolazione.

Sia l’artrosi primitiva, sia quella secondaria, possono essere aggravate da due condizioni parafisiologiche: il ginocchio varo ed il ginocchio valgo. Queste due conformazioni particolari dell’articolazione, che si differenziano per il diverso orientamento tra il femore e la tibia, possono quindi essere considerate dei veri elementi di rischio. L’artrosi è condizionata da alcuni fattori come l’entità del varismo o del valgismo (misurabile in gradi), il peso corporeo, l’attività lavorativa, l’età e da alcune condizioni endocrine.

Un altro modo di classificare l’artrosi del ginocchio si basa sulla localizzazione dell’usura cartilaginea (versante interno, esterno, femoro-rotuleo). Nel caso in cui l’usura sia circoscritta ad un solo versante si parla di artrosi “monocompartimentale”. Spesso questo è anche il modo in cui esordisce la patologia che coinvolgerà gli altri settori del ginocchio solo successivamente.

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Diagnostica

La diagnosi dell’atrosi del ginocchio si effettua tramite:

  • Radiografie (possibilmente eseguite “sottocarico”, cioè in piedi).

Trattamenti

La chirurgia protesica del ginocchio comprende:

  • Impianto protesi del ginocchio monocompartimentale;
  • Impianto protesi del ginocchio totale.

Siamo ora in grado con terapie mediche, chirurgiche e riabilitative adeguate, di migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti colpiti da questa patologia ed anche di svolgere una prevenzione nei casi diagnosticati precocemente.

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Callo osseo e pseudoartrosi, quando la frattura non guarisce: cause, diagnosi e terapie

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Dieta Peso Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Sesso Ecografie DermatologiaSmettere di fumare Frattura FumoQuando un osso subisce una frattura, in condizioni fisiologiche inizia un processo biologico di riparazione che con il tempo porta alla formazione del “callo osseo”. Il callo osseo è un tessuto di riparazione che viene creato grazie al processo di callogenesi  che solitamente si manifesta dopo tre settimane dall’evento traumatico che ha portato alla frattura. Il callo osseo salda i frammenti dell’osso fratturato e si modifica progressivamente modulandosi in risposta alle forze meccaniche esercitate su di esso, diventando sempre più resistente. Nelle settimane o nei mesi seguenti, il callo osseo ricostituisce l’integrità e le normali caratteristiche biomeccaniche del segmento scheletrico lesionato, tuttavia – se il processo di calcificazione subisce un condizionamento o un’interruzione tale da non consentire un consolidamento – è possibile che la frattura non guarisca correttamente. In tale evenienza si ha la formazione di un callo di tipo fibroso che comporta dolore e limitazione funzionale (pseudoartrosi) e, spesso, rende necessario intervenire chirurgicamente. In alcuni casi si può parlare di “ritardo di consolidazione” quando l’osso inizia a formare callo ma impiega più tempo del normale per ultimare la guarigione. La guarigione dell’osso può essere ostacolata da alcuni fattori di rischio preesistenti come ad esempio patologie metaboliche o fumo di sigaretta.

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Quali fattori possono condizionare la guarigione ossea?
L’osso guarisce quando la frattura è stabile e ha una vascolarizzazione sufficiente per cui possa formarsi callo osseo. Una corretta alimentazione gioca un ruolo importante nella guarigione dell’osso.

  • Stabilità, allineamento, contatto reciproco delle parti, immobilità: la regola più importante è quella che quando un osso si rompe le parti rotte devono essere riallineate e a contatto e non devono muoversi fino a quando non guariscono in quanto anche piccoli movimenti durante la formazione del callo osseo possono disturbare la guarigione e creare una pseudoartrosi. Alcune fratture possono essere stabilizzate semplicemente con un gesso altre richiedono un trattamento chirurgico con una riduzione e la stabilizzazione attraverso mezzi di sintesi come placche, viti, chiodi o fissatori esterni.
  • Vascolarizzazione:  l’apporto di sangue è fondamentale per la guarigione di una frattura poiché attraverso il sangue vengono trasportati tutti i fattori che sono indispensabili per la formazione del callo osseo
  • Nutrizione: avere una alimentazione adeguata è importante per facilitare la guarigione ossea attraverso una dieta sana ed equilibrata che comprende calcio, proteine, vitamina C e D sta alla base di una corretta guarigione dell’osso, integratori alimentari che vanno oltre i requisiti giornalieri non sono necessari (la rara eccezione è rivolta a pazienti gravemente malnutriti con patologie metaboliche o con danni multiorgano, in questo caso il medico potrà consigliare le linee guida dietetiche migliori e eventualmente aggiungere integratori alimentari).

Fasi della osteogenesi ripartiva delle fratture
In sintesi, le fasi che portano alla guarigione di una frattura, sono:

  1. fase di formazione e di organizzazione dell’ematoma (= travaso emorragico);
  2. fase di proliferazione e differenziazione tissutale in senso osteogenetico (le cellule ematiche sopraggiunte a livello del focolaio di frattura si differenziano in osteociti);
  3. fase di maturazione (cioè indurimento, calcificazione de callo) e successivamente fase di rimodellamento (cioè rimaneggiamento del callo che tende a fare scomparire quelli che sono i segni di frattura veri e propri).

Cause di pseudoartrosi
L’osso non guarisce e va in pseudoartrosi quando manca di stabilità sufficiente o il flusso di sangue è ridotto, situazioni che a volte possono coesistere. Un trauma ad alta energia come ad esempio  un incidente stradale, può causare una lesione grave che oltre a rompere l’osso determina una compromissione della vascolarizzazione a causa della lesione dei tessuti molli circostanti.

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Fattori di rischio
Diversi sono i fattori di rischio che aumentano la probabilità che una frattura vada incontro a pseudoartrosi:

  • utilizzo di tabacco o nicotina inibisce la guarigione di una frattura e aumenta la probabilita’ di formazione della pseudoartrosi
  • età avanzata
  • anemia grave
  • diabete
  • livelli bassi di vitamina D
  • ipotiroidismo
  • scarsa o cattiva alimentazione
  • utilizzo di famaci come acido acetil-salicilico, ibuprofene e cortisone (il medico deve essere a conoscenza dei farmaci assunti dai pazienti che hanno riportato una frattura per valutare la possibilità di sospendere la terapia durante il periodo di guarigione della frattura)
  • infezioni
  • fratture esposte (quando l’osso è fuoriuscito dalla pelle)

Compromissione della vascolarizzazione

  • Alcune ossa, come ad esempio quelle del piede, hanno una stabilitá intrinseca ed un eccellente apporto di sangue, in questi casi possono guarire anche con un trattamento non chirurgico e una minima stabilità.
  • In alcune ossa come ad esempio la testa del femore o lo scafoide del polso, la frattura causa una interruzione della vascolarizzazione e di conseguenza il rischio di pseudoartrosi è elevato.
  • Alcune ossa come ad esempio la tibia hanno un apporto di sangue moderato; traumi ad alta energia possono compromettere lo stato cutaneo e favorire la pseudoartrosi della frattura in questo distretto.

Sintomi di pseudoartrosi
La pseudoartrosi solitamente è dolorosa e quando si verifica, insorge dopo un periodo di benessere a seguito del trattamento della frattura, quindi inizia il dolore a distanza di mesi dalla frattura e può essere persistente per mesi o anni, oppure può iniziare quando si utilizza il braccio o la gamba rotta o può essere presente anche a riposo.

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Diagnosi di pseudoartrosi
Per diagnosticare una pseudoartrosi il medico ortopedico si avvale degli esami radiografici e a seconda del distretto interessato potrebbero essere richieste semplici radiografie o esami più particolari come la TAC o la RMN. Attraverso queste indagini il medico stabilisce l’avanzamento della guarigione o la presenza di una pseudoartrosi. Solitamente si parla di pseudoartosi quando dagli esami clinici e radiografici il medico ortopedico riscontra:

  • dolore persistente da più di 6 mesi nel sito di frattura
  • la mancata formazione del callo osseo nei tempi biologici adeguati e durante i controlli nei mesi successivi
  • un riassorbimento dei monconi della frattura o uno spazio tra questi

Nel caso in cui si diagnostichi una pseudoartrosi il medico potrà chiedere alcuni esami del sangue per scoprire se esiste una carenza vitaminica o di calcio, una patologia metabolica come diabete e ipotiroidismo o se è in atto un’infezione.

Trattamento della pseudoartrosi
Il trattamento può essere chirurgico o non chirurgico il vostro ortopedico discuterà con voi le possibilità terapeutiche che meglio si adattano al vostro caso esponendovi i rischi ed i benefici della scelta per risolvere il caso di pseudoartrosi.

1) Trattamento non chirurgico. L’utilizzo di uno stimolatore osseo come la magneto terapia o i CEMP (campi elettromagnetici pulsati) viene applicato sulla pelle nella zona di pseudoartrosi, questo piccolo dispositivo eroga onde elettromagnetiche a ultrasuoni o impulsi che stimolano la guarigione dell’osso. Il dispositivo va applicato giornalmente da 20 minuti a diverse ore in base alle disposizioni del vostro ortopedico o fisiatra.           

2) Trattamento chirurgico. La chirurgia è necessaria quando i metodi tradizionali di trattamento falliscono. Potrebbe essere necessario un nuovo trattamento chirurgico se il primo trattamento non ha portato a guarigione la frattura. Le opzioni chirurgiche prevedono nuova sintesi della frattura, innesto osseo autologo o da donatore di organi (allograft) o sostituti dell’osso e sintesi interna e/o esterna.

  • Innesto osseo autologo: durante questa procedura il chirurgo ortopedico preleva dell’osso in un altro distretto come ad esempio dal bacino, e lo pone nel sito di pseudoartrosi dopo aver tolto il tessuto di guarigione patologico dalla frattura. L’osso utilizzato ha la funzione di supporto funzionale e biologico ovvero serve a rinforzare la stabilità della sintesi e ad apportare cellule e fattori di guarigione nel sito della frattura. Il sito maggiormente utilizzato per il prelievo di tessuto osseo è il bacino, in questo caso il chirurgo fa un’incisione sul bordo della cresta iliaca e da lì preleverà il tessuto osseo sufficiente per trattare la pseudartrosi.
  • Allograft (innesto da donatore di organi): un allotrapianto (Allograft) evita di prelevare osso dal paziente e diminuisce quindi la durata dell’intervento ed il dolore post operatorio. Esso fornisce un’impalcatura quindi un supporto funzionale alla stabilità della frattura ma non da nessun  apporto biologico in quanto è osso non vitale, motivo per cui viene utilizato spesso in associazione con osso prelevato dal bacino del paziente. Con il tempo l’allograft verrà o riassorbito o sostituito da osso vitale.
  • Sostituti dell’osso: come per gli allograft i sostituti dell’osso hanno il vantaggio di ridurre i tempi chirurgici e ridurre il dolore post operatorio da soli non forniscono supporto funzionale nè biologico essi sono trattati con alcune sostanze che attivano e favoriscono la formazione dell’osso .

Molto frequentemente la stabilità della frattura in pseudoartrosi non è data dagli innesti ossei ma questi vanno associati ad una stabilizzazione attraverso sintesi con fissatori interni come placche e viti o chiodi oppure  fissatori esterni:

  • Fissazione interna: se si verifica una pseudoartrosi dopo un intervento di sintesi interna la scelta chirurgica potrebbe essere una nuova sintesi interna per aumentare la stabilità. Il chirurgo può scegliere di sostituire un chiodo endomidollare con uno di diametro maggiore per aumentare la stabilità della frattura e favorire il sanguinamento nel sito di pseudoartrosi oppure cambiare una placca per aumentare la stabilità utilizzando anche innesti ossei per favorire la guarigione.
  • Fissatore esterno è una impalcatura esterna che si fissa all’osso attraverso dei perni rigidi Fiches che vengono avvitati nell’osso stesso lontano dalla frattura e su questi perni esternamente si costruisce l’impalcatura che  serve a stabilizzare la frattura. La fissazione esterna può essere utilizzata anche nel caso di una pseudoartrosi infetta dopo rimozione di un dispositivo di fissazione interna.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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