Igiene orale: consigli e prodotti per pulire lingua, denti e bocca

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DONNA CHE SI LAVA LA BOCCA LINGUA DENTI CON SPAZZOLINO E DENTIFRICIO IGIENE ORALE CARIE PLACCA TARTARO GENGIVITE SENSIBILI GENGIVEL’igiene orale è un’operazione di primaria importanza per avere e mantenere nel tempo denti e gengive sani. Prendersi cura della bocca è particolarmente importante non solo per ragioni salutari, ma anche estetiche, la bocca, infatti, è uno dei nostri biglietti da visita: è sempre in mostra, la usiamo per parlare, mangiare, baciare, insomma per comunicare col mondo. Vediamo quindi come prendercene cura.

Cominciamo col precisare che per una buona igiene orale è necessaria una costante cura personale della bocca e dei denti, integrata periodicamente con un controllo presso un dentista o igienista dentale. Se eseguita quotidianamente e nel modo corretto l’igiene casalinga aiuta a combattere il principale nemico della salute del cavo orale: la placca batterica, responsabile dell’insorgere della carie e di numerosi altre malattie ed inestetismi di denti e bocca.

Placca batterica dentale

La placca dentale, o meglio la placca batterica, è un aggregato di microrganismi incorporati tra loro e ben aderenti ai denti. È composta da batteri, cellule di sfaldamento della mucosa orale, sostanze che derivano dalla saliva e dagli alimenti. È la principale causa della carie e delle malattie parodontali. La placca è, dunque, il nemico numero uno dei denti e si annida negli spazi più nascosti ed in cui è più arduo arrivare con lo spazzolino:

  • spazi interdentali,
  • superfici occlusali,
  • irregolarità dentali,
  • in prossimità del colletto dei denti (quindi tra dente e gengiva).

Inizialmente la placca è morbida è la sua rimozione ostacola la formazione della carie. Dopo circa 24 ore la placca si indurisce, diventa tartaro ed è difficile da eliminare.

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Corretta igiene orale in casa

Come abbiamo detto la pulizia quotidiana dei denti e una corretta igiene orale, eseguita in modo costante, paziente ed attento, diventano fondamentali per eliminare la placca dentale e per ridurre al minimo i problemi da essa derivanti. Per ottenere una buona igiene orale quotidiana esistono varie tecniche di pulizia, che devono coesistere per un buon risultato. Le principali sono: spazzolatura dei denti e pulizia della lingua.

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Spazzolatura dei denti

La spazzolatura dei denti è il principale metodo di pulizia della bocca, essa consente di eliminare la maggior parte dei residui di cibo e dei batteri, primi nemici dell’igiene dentale. Per una corretta spazzolatura bisogna munirsi di:

  • un dentifricio che abbia un PH intorno al 6.0-7.0, che contenga fluoro per la mineralizzazione dei denti e che abbia un sapore gradevole;
  • un buono spazzolino, compatibile con le proprie esigenze (ampiezza della bocca, arcate dentali, condizione dei denti e delle gengive, ecc).

Affinché dia validi risultati, la spazzolatura dei denti deve essere effettuata tutti i giorni, tre volte al giorno, possibilmente entro trenta minuti dalla fine del pasto (è questo infatti il tempo necessario ai residui di cibo per formare la pellicola di placca batterica sulla superficie dei denti), operando nel seguente modo:

  • I denti vanno dapprima spazzolati e ben ripuliti senza il dentifricio, lo spazzolino va quindi utilizzato asciutto.
  • Applicare una dose di dentifricio sulle setole dello spazzolino.
  • Partendo dalla parte anteriore delle arcate dentali, con lo spazzolino inclinato a 45°, spazzolare i denti per circa un minuto con un movimento verticale che va dalla gengiva al dente, quindi dal basso verso l’alto per i denti dell’arcata inferiore e dall’alto verso il basso per quelli dell’arcata superiore.
  • Ripetere questo procedimento per lo stesso tempo anche sui denti posteriori, prestando sempre attenzione a far passare le setole nello spazio tra un dente e l’altro, in modo da rimuovere tutte le impurità.
  • Spazzolare in questo modo, sempre per almeno un minuto, anche la parte interina dei denti.
  • Sciacquare più volte con acqua corrente, possibilmente tiepida, in modo da favorire la distruzione del tartaro ed eliminare il dentifricio e i residui di cibo.
  • Pulire lo spazzolino e coprirlo con un cappuccio apposito, per evitare che si sporchi.

Usare lo spazzolino in orizzontale o in verticale?

Lo spazzolino deve essere usato con movimenti verticali. Attenzione a non usare lo spazzolino in senso orizzontale, da sinistra verso destra e viceversa: questo movimento non pulisce i denti, ma sposta soltanto placca e residui da un interstizio all’altro dei denti!

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Pulizia della lingua

La pulizia della lingua è un procedimento spesso trascurato, ma è invece importante effettuarlo poiché sulla lingua si depositano residui di cibo e microrganismi che, se non eliminati, danno luogo allo spiacevole fenomeno dell’alitosi. Pulizia della lingua.

La pulizia linguale deve essere effettuata o con lo spazzolino o con un utensile apposito, facilmente reperibile in farmacia, operando nel modo seguente:

  • Cacciate all’infuori quanto più vi è possibile la lingua e, con una dose di dentifricio (quel che resta dopo la spazzolatura dei denti se usate lo spazzolino), partendo dall’interno verso l’esterno spazzolate tre o quattro volte per eliminare tutte le impurità.

Questa procedura può essere fastidiosa poiché la spazzolatura della lingua può provocare conati di vomito, ma se effettuata con garbo e quotidianamente, ci si abitua al movimento e dopo poco i conati spariscono.

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Prodotti e strumenti utili

Abbiamo parlato delle due tecniche principali per pulire i denti e la bocca, vediamo adesso quali sono gli strumenti necessari per eseguire queste due operazioni e come sceglierli. Passiamo in esame strumenti e tecniche che ci permettono di effettuare una pulizia casalinga ancora più profonda ed efficace.

Lo spazzolino: come sceglierlo e come conservarlo

Quello che si adatta alla maggior parte dei tipi di bocca ha le seguenti caratteristiche:

  • durezza media,
  • impugnatura dritta e solida,
  • setole dritte e di pari lunghezza,
  • setole della testina sintetiche, del diametro massimo di 0,30 mm, dritte ma dalla punta arrotondata.
  • una testina lunga almeno 3 cm, per gli adulti, e quasi 2 cm per i bambini, in modo da adattarsi alla grandezza della bocca e raggiungere anche i punti più lontani e difficili.

Lo spazzolino va cambiato ogni 2 mesi e, in generale, non appena le setole cominciano ad inclinarsi. Importante è anche la conservazione dello spazzolino: deve essere riposto separato dagli altri spazzolini e in un luogo dove si possa asciugare per bene e rapidamente, in quanto l’umidità favorisce la formazione dei batteri tra le setole.

Il dentifricio: ne basta poco, meglio se al fluoro

Il dentifricio va usato alla fine dello spazzolamento dei denti per eliminare ulteriori residui e detergere il cavo orale. Un buon dentifricio (per gli adulti) è a base di fluoro che rende lo smalto dei denti più resistente alla carie e svolge un’azione antisettica. Non è necessario usarne in grandi quantità.

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Il filo interdentale: come pulire a fondo gli spazi interdentali

Il filo interdentale serve ad eliminare la placca batterica nascosta e ben aderente alle superfici tra un dente e quello consecutivo, luoghi dove è impossibile arrivare con lo spazzolino.

La corretta procedura di pulizia con filo interdentale è la seguente:

  • Prendere all’incirca 25 cm di filo, avvolgerlo intorno ai medi e tenerlo con pollici e indici.
  • Partendo dai denti posteriori, far entrare delicatamente il filo tra i denti, in modo da non lesionare la gengiva, ed effettuare un movimento a sega che passi sia a lato che sulla superficie del dente.
  • Ripetere il procedimento per tutti i denti a cui si riesce ad arrivare avendo cura di far scorrere il filo in modo da utilizzarne sempre una parte pulita.

Questa cura dentale, che non deve assolutamente sostituire la spazzolatura dei denti, effettua un’ulteriore pulizia a livello delle intersezioni tra i denti. Va effettuata possibilmente una volta al giorno ed è sconsigliata se si ha una gengivite in corso. Il filo interdentale migliore è sicuramente quello piatto a nastro, molto resistente e comodo per chi ha lo spazio tra un dente e l’altro molto stretto.

Il collutorio: attenzione a non esagerare

Può integrare l’igiene orale è consigliabile l’utilizzo di un collutorio, che però non deve assolutamente sostituire spazzolino e filo interdentale. A seconda delle caratteristiche specifiche, i collutori possono aiutare a:

  • rimuovere la placca;
  • rinfrescare l’alito;
  • remineralizzare i denti;
  • disinfettare il cavo orale.

Essendo liquido il collutorio riesce a raggiungere le zone più nascoste del cavo orale e rappresenta un buon completamento dell’igiene orale. Il collutorio non è un prodotto indispensabile come spazzolino e filo; la sua azione è benefica infatti per lo più a livello di alito e di gengive. Per quanto riguarda i residui di cibo, ne elimina solo in bassa quantità per l’effetto onda sui denti. I più scrupolosi possono utilizzarlo non tutti i giorni (un uso smodato infatti provoca più danni che benefici), diluito con acqua, magari durante la prima pulitura giornaliera, per avere un alito fresco più a lungo. Il composto ottenuto dalla diluizione del collutorio nell’acqua  va sorseggiato per far arrivare il liquido in ogni parte della bocca senza inghiottirlo, quindi sputato.

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Igiene dentale professionale

Anche se si effettua una quotidiana pulizia casalinga dei denti, meticolosa e costante, per una corretta igiene orale è opportuno recarsi ogni 12-24 mesi da un professionista del settore per una pulizia professionale dell’apparato dentale. Non tutti i residui di cibo vengono sempre eliminati e questi, accumulandosi, provocano la placca dentaria che, assieme al tartaro, danno luogo a carie e perdita di smalto dentale. Una pulizia professionale allora renderà completa l’igiene dentale e preverrà l’insorgere di possibili fastidi con poche semplici manovre:

  • una rimozione del tartaro sub gengivale;
  • sbiancamento e lucidatura dei denti con apposita pasta.

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Raccomandazioni e consigli utili per denti e bocca puliti e sani

Per finire, ecco alcuni utili consigli:

  1. L’igiene orale domiciliare deve essere periodicamente affiancata dall’igiene orale professionale, cioè quella praticata da un professionista del settore – dentista, odontoiatra, igienista dentale – per eliminare con strumenti ed attrezzature specifiche gli eventuali residui che si accumulano nel tempo.
  2. Ricordate che la notte è il momento più favorevole all’insorgere della placca e della carie, poiché diminuisce la salivazione e il movimento di guance e lingua: questo facilita la produzione dei batteri. E’ dunque di fondamentale importanza effettuare con cura una pulizia dei denti tutte le sere!
  3. Lo spazzolino va cambiato ogni volta che si nota un danneggiamento delle setole, o più in generale ogni due-tre mesi.
  4. Evitate anche di usare spazzolini elettrici poiché il movimento circolare delle setole non è quello propriamente corretto e a lunga andare può danneggiare lo smalto.
  5. Attenzione a non usare con troppa frequenza i cosiddetti “dentifrici sbiancanti”: a lungo andare possono danneggiare i denti perché altamente abrasivi; utilizzati di tanto in tanto aiutano ad eliminare le macchie superficiali dei denti (tè, caffè, fumo), ma non cambiano il colore del dente, rendendolo più bianco. Il colore più o meno bianco dei denti è determinato geneticamente e dipende dalla dentina, non dallo smalto!
  6. Se dopo i pasti vi trovate in condizioni di non poter effettuare la pulizia dei denti, può essere utile masticare una gomma al mentolo per un massimo di dieci minuti; la composizione pastosa della gomma favorisce infatti l’attaccamento a essa dei residui di cibo.
  7. Se per qualsiasi motivo pranzate spesso fuori casa, potete comprare dei mini spazzolini o degli spazzolini usa e getta, in modo da curare l’igiene orale in ogni situazione.
  8. Infine evitate il fumo quanto più è possibile, poiché ingiallisce i denti e rovina irrimediabilmente lo smalto.

I migliori prodotti per l’igiene orale

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere della bocca e del viso, in grado di migliorare l’igiene orale, combattere l’alito cattivo, pulire la lingua dalla patina ed idratare le labbra:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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La lingua che parli influenza la tua personalità ed il tuo cervello

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Roma Medicina Chirurgia Estetica Rughe Filler Cavitazione Peso Dimagrire Pancia Grasso Dietologo Cellulite Senologo Allungare Pene PSA Pelle Grasso Pancia Sessuologo Sesso COME INTERNET CAMBIANDO CERVELLOLa capacità di comunicare attraverso un linguaggio parlato e scritto, strutturato e complesso, è la caratteristica che più ci distingue dagli altri animali. Non solo: il linguaggio è in grado di “modellare” il nostro cervello, le convinzioni e gli atteggiamenti cambiando il modo di pensare e agire. Essere madrelingua inglese, cinese, o russo ha effetti diversi sull’architettura del pensiero, stando a un numero sempre più nutrito di studi. Succede perché ogni lingua pone l’accento su elementi diversi dell’esperienza, forgiando così un modo specifico di vedere il mondo.

Le parole e il substrato culturale
In parte dipende dalle influenze culturali, come spiega Jubin Abutalebi, neurologo cognitivista e docente di neuropsicologia dell’Università San Raffaele di Milano: «La parola che indica uno stesso oggetto in lingue diverse può acquistare sfumature differenti, che dipendono dal substrato culturale specifico». In cinese “drago” rimanda non solo a un animale fantastico e pauroso ma soprattutto a un simbolo di fortuna, forza, saggezza: inevitabilmente un cinese “vedrà” in modo diverso da un occidentale perfino un essere del tutto irreale. Accadrà lo stesso a un bilingue: per un anglo-cinese il drago sarà meno spaventoso che per un inglese. «La visione culturale sottesa alle parole di lingue differenti può influenzare chi conosce più di un idioma — sottolinea Abutalebi —. Il cervello, dovendo processare lingue con una semantica varia, associa ai singoli concetti elementi tratti dai linguaggi che conosce. In genere poi chi padroneggia più lingue è più curioso nei confronti delle culture legate agli idiomi conosciuti e questo facilita una maggior apertura e una visione diversa delle cose. Il modo di pensare e relazionarsi col mondo rimane immutato solo se una lingua viene imposta, perché in questo caso si mette in atto una resistenza a qualsiasi “commistione” culturale».

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La madrelingua resta il vettore della morale e dell’etica
L’influenza del linguaggio sul nostro Io è tuttavia ancora più profonda, con effetti sorprendenti perfino sulle decisioni coscienti: uno studio su PLOS One ha dimostrato che quando ci esprimiamo in una seconda lingua tendiamo ad avere meno remore morali. I partecipanti all’esperimento pubblicato su PLOS One infatti accettavano di sacrificare una persona per salvarne cinque – facendo una scelta “utilitaristica”- più spesso se veniva loro chiesto nella seconda lingua rispetto a quando dovevano esprimere il loro parere in madrelingua: in questo secondo caso prevaleva infatti il divieto morale a uccidere. «Un idioma che non sia appreso dalla nascita è meno influenzato dalle emozioni perché mentre lo si parla si deve esercitare un controllo cognitivo maggiore per “spegnere” la madrelingua, che resta il vettore della morale, dell’etica, dei sentimenti», commenta Abutalebi. Il linguaggio appreso in culla è anche quello che più modula la nostra struttura mentale.

Chi parla una lingua senza numeri non sa far di conto
E la lingua può perfino modulare l’attitudine al risparmio come ha scoperto l’economista Keith Chen dell’Università di Los Angeles: i cinesi, che non hanno un tempo verbale preciso per indicare il futuro, hanno una propensione a mettere da parte i soldi del 30% maggiore rispetto a chi parla lingue più “definite” forse perché «identificare linguisticamente il futuro in modo distinto dal presente lo rende più lontano, motivando meno a risparmiare», ha spiegato Chen. Si è scoperto che pure indicare il genere delle parole incide sulla visione del mondo: uno studio su bambini ebrei e finlandesi ha rivelato che i primi si accorgono in media un anno prima di essere maschi o femmine anche perché la loro lingua assegna quasi sempre il genere alle parole, mentre in finlandese non accade. In alcuni casi gli effetti di un idioma sono ancora più curiosi: Lera Boroditsky, dell’Università di Stanford, ha verificato che nella lingua della tribù Piraha, in Amazzonia, non esistono lemmi per indicare i numeri ma solo i termini “pochi” o “tanti”. Risultato, i Piraha non sanno tenere conto di quantità esatte.
Forse Shakespeare aveva torto: ciò che chiamiamo rosa non profumerebbe così tanto, se la chiamassimo con un altro nome.

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Con i numeri serve un maggiore «sforzo cognitivo»
Riguardo alla matematica: i numeri si “pensano” nella lingua che sentiamo come primigenia perché, come spiega il neuropsicologo Jubin Abutalebi, «la matematica attiva circuiti cerebrali diversi da quelli del linguaggio e chiama in causa un maggior “controllo”. Da un certo punto di vista è simile alla grammatica, la parte del linguaggio più influenzata dal periodo di apprendimento dell’idioma: nei bilingui tardivi ad alta padronanza, quelli cioè non distinguibili dai madrelingua anche se hanno appreso la seconda lingua non in contemporanea alla prima, una mappatura cerebrale rivela una maggiore attivazione delle aree di controllo esecutivo durante compiti di grammatica, mentre in caso di compiti lessicali o semantici l’attivazione è identica a quella di un bilingue precoce. Per padroneggiare la grammatica delle lingue apprese dopo l’infanzia serve perciò uno sforzo cognitivo maggiore».

Da Carlo Magno a Noam Chomsky
Si dice che Carlo Magno abbia detto: «Conoscere una seconda lingua significa possedere una seconda anima». Ne era convinto anche il linguista americano Benjamin Lee Whorf che, nel 1940, postulò la teoria secondo cui il linguaggio plasma il cervello al punto che due persone con lingue differenti saranno sempre cognitivamente diverse. Tale tesi passò di moda con gli studi di Noam Chomsky, che negli anni ‘60 e ‘70 propose la teoria di una “grammatica universale”, ovvero basi generali comuni per tutti i tipi di linguaggio. A partire dagli anni ‘80, però, alcuni studiosi hanno iniziato a rivalutare Whorf, depurando la sua teoria dagli eccessi: così oggi sappiamo che, al di là di fondamenta concettuali simili, ogni linguaggio sottende una sua “visione del mondo” e la infonde, almeno in parte, in chi lo parla. Un esempio è il senso di colpa e di giustizia: in inglese se un vaso si rompe si sottende sempre la presenza (e quindi la responsabilità) di qualcuno, in spagnolo si tende a dire che il vaso si è rotto. Secondo alcuni proprio da questo dipende la tendenza anglosassone a punire chi trasgredisce le regole, più ancora che risarcire le vittime.

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Lingua nera villosa: cause, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE LINGUA NERA VILLOSA CAUSE DIAGNOSI TERAPIE BLACK TONGUE.jpgCon “lingua nera villosa” si intende un’anomalia della lingua, caratterizzata dalla presenza di propaggini villose di variabile lunghezza sul dorso della lingua. Inizialmente quella che si presenta come una lesione bianca, diviene nera con l’accumulo di pigmenti esogeni contenuti in sostanze quali il caffè, prodotti di combustione del tabacco non rimossi con una soddisfacente igiene orale.

Aspetto della lingua nera villosa

Sulla superficie della lingua nera villosa si presenta la caratteristica ipercheratosi delle papille filiformi. Oltre ai tipici colori scuri sono stati riscontrati casi anche di macchie gialle e verdi.

Cause

La comparsa della macchia scura è data batteri cromogeni, ma vi sono anche altre cause, di diversa forma, fra le più comuni il consumo prolungato del fumo, o determinati cibi o ancora caffè, utilizzo di farmaci a terapia cronica (soprattutto bismuto), igiene orale insoddisfacente, pazienti con HIV, AIDS e diabete.

La lingua nera si osserva anche nei soggetti che si sottopongono a chemio- o radioterapia per il trattamento di varie forme di cancro alla testa e del collo.

Una mucosa verdognola o marrone scuro con filamenti che assomigliano a peli si manifesta anche in presenza di un’affezione orale benigna ed autolimitante, nota come lingua villosa nigra. In tale contesto, le papille filiformi risultano anormalmente ipertrofiche ed allungate sulla superficie della lingua, quindi tendono ad intrappolare residui di cibo e microrganismi, i quali tendono a proliferare eccessivamente. Questa condizione favorisce l’infezione di un fungo, l’Aspergillus niger, che può svilupparsi quando la flora batterica orale risulta alterata. Fattori che favoriscono la lingua villosa nigra sono l’uso prolungato di antisettici locali o di antibiotici a largo spettro, la salivazione scarsa, la secchezza cronica della bocca (xerostomia), l’igiene orale insoddisfacente e gli stati di immunodeficienza.

Leggi anche: Il mio alito odora di feci: cause, quando è pericoloso e rimedi

Antibiotici e lingua nera

Nel caso in cui si presenti un soggetto con lingua nera in seguito ad una cura con antibiotici, è facile pensare che le cause che hanno provocato il cambiamento di colore della lingua siano proprio riconducibili all’uso di questi farmaci: gli antibiotici, infatti, distruggendo la naturale flora batterica, favoriscono un’anomala crescita di funghi. La colonia fungina potrebbe quindi attaccare le papille linguali, che diventerebbero ipertrofiche. Ecco spiegato il meccanismo che porta alla formazione della lingua nera. Anche nel fumatore, molto spesso, si verifica una condizione di questo tipo, in seguito ad una diminuzione delle normali cellule di difesa del cavo orale: la lingua diventa quindi più sensibile ad un attacco esterno.

Diagnosi

È molto semplice diagnosticare questo disturbo, nonché capire che si soffre di “lingua nera”: occorre semplicemente osservare la parte interessata e, nel caso in cui si presentino delle macchie scure, ci si trova davanti proprio a questo problema. Le macchie, comunque, possono essere sia sparse sulla superficie della lingua, sia raggruppate in un unico punto.

Leggi anche: La lingua dice molto sulla tua salute: ecco come “leggerla”

Terapia

La terapia deve essere organizzata in base alla causa scatenante. Solitamente occorre eliminare il fattore irritante (fumo, alcool, caffè ecc), è utile spazzolare la lingua con uno spazzolino da denti non in modo energico, ma sicuramente con molta cura, per eliminare il materiale che si deposita tra i villi. Non è una patologia maligna, ma è bene trattarla con antimicotici, bicarbonato e collutori a base di acqua ossigenata, evitare la clorexidina. È utile usare degli integratori alimentari multivitaminici, poiché l’insorgenza di tale patologia è stata collegata alla carenza di vitamine A, C, E e Zinco.

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Frenulo linguale: cos’è e cosa fare se è troppo corto

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISIIl frenulo linguale è quella piccola parte di tessuto che si ritrova all’interno della bocca, che unisce la parte sottostante della lingua al basamento della cavità orale. Lo si può osservare facilmente sollevando la lingua.

Malformazioni del frenulo della lingua

Il frenulo linguale può presentare delle malformazioni sin dal nascita: se il frenulo appare corto e grosso può porre problemi per quanto riguarda la distanza fra i denti, creando un diastema anomalo. In casi eccessivi, quando il tessuto che costituisce il frenulo non sia abbastanza lungo da consentire il normale funzionamento della lingua si viene a mostrare il quadro clinico definito come anchiloglossia. Tale anomalia limitando la mobilità della lingua complica alcune attività della vita quotidiana: si mostra difficoltà nell’articolare il linguaggio o nel contribuire al lavoro meccanico durante la masticazione del cibo.

Terapia del frenulo linguale corto

In caso di frenulo eccessivamente corto sin dalla nascita si può intervenire mediante alcuni piccoli interventi chirurgici: frenulotomia, o in alternativa la frenuloplastica, essi restituiranno la normale mobilità alla lingua, che potrà pertanto assolvere alle sue funzioni.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Papille gustative della lingua: tipi, gusti, distribuzione e funzioni

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISILa lingua è un organo del corpo umano che occupa gran parte della cavità orale; è composta da varie strutture anatomiche: mucose, papille linguali (anche dette papille gustative) e vari muscoli.

Le papille linguali sono piccole strutture neuroepiteliali situate sulla superficie superiore della lingua, nell’alta laringe e nella parte posteriore dell’orofaringe; la loro funzione fondamentale consiste nel percepire i sapori dei cibi ingeriti. Ciò avviene soltanto nel momento in cui le sostanze che compongono gli alimenti si trovano in soluzione acquosa nella saliva e possono perciò facilmente raggiungere le papille: questa è la motivazione per la quale sentiamo maggiormente il sapore di ciò che “si scioglie in bocca”, come ad esempio il cioccolato fondente, rispetto a quello dei cibi che restano solidi nel tratto orale del tubo digerente.

Tipi di papille

In generale, le papille linguali possono essere definite come rilievi, di varia forma, della lamina propria della mucosa sui quali si dispone, seguendone il profilo, l’epitelio di rivestimento. Si descrivono quattro tipi di papille, diverse per numero, forma, distribuzione sul dorso linguale e significato funzionale: papille filiformi (o corolliformi), fungiformi, vallate e foliate.

  • Le papille filiformi (o corolliformi) sorgono dalla lamina propria come rilievi tozzi che, al loro apice, danno sottili propaggini secondarie, di aspetto filamentoso; quando queste ultime sono numerose, l’intera papilla assume un aspetto a corolla di fiore (pertanto si dà il nome di papille corolliformi). Poiché le papille filiformi, ripartite su tutto il dorso della lingua, sono sottoposte a continue sollecitazioni meccaniche, specialmente nel corso dell’assunzione degli alimenti e della masticazione, l’epitelio pavimentoso composto è corneificato in corrispondenza del loro apice.

Le papille filiformi hanno due funzioni. Una è meccanica: la ruvidezza che esse conferiscono al dorso della lingua serve a trattenere gli alimenti, impedendone lo scivolamento. Ciò agevola una funzione della lingua che è quella di spingere, mantenere e ripartire il cibo tra i denti nel corso della masticazione. La seconda funzione è tattile: le papille filiformi sono riccamente innervate e vengono anche considerate come meccanocettori. Fibre nervose amieliniche raggiungono le papille secondarie dove terminano libere. Gli stimoli tattili vengono amplificati a livello delle papille filiformi; infatti, corpi estranei esplorati con la lingua sembrano presentare un volume maggiore di quello reale. In stati febbrili, specialmente associati a malattie dell’apparato digerente, si ha una desquamazione particolarmente pronunciata dell’epitelio che ricopre le papille filiformi. La superficie dorsale della lingua assume allora un aspetto bianco (patina). Nelle papille filiformi mancano i calici gustativi.

  • Le papille fungiformi sono rilievi della lamina propria a forma di fungo, con la base ristretta e l’apice rigonfio. Sui lati di queste papille connettivali possono trovarsi papille secondarie, in genere piccole. L’epitelio pavimentoso stratificato delle papille fungiformi non è corneificato; attraverso esso traspaiono i capillari della lamina propria. Queste papille possono perciò riconoscersi, sul dorso della lingua e soprattutto all’apice dove sono più numerose, come piccoli punti di colore rosso visibili anche a occhio nudo.

Nelle papille fungiformi possono trovarsi calici gustativi che, tuttavia, sono più numerosi nelle papille vallate e nelle foliate.

  • Le papille vallate (o circumvallate) sono disposte, in numero di 7-11, al davanti del solco terminale che segna il limite tra corpo e base della lingua; in questa sede esse appaiono chiaramente visibili a occhio nudo.

Le papille vallate sono formate da un voluminoso rilievo connettivale cilindrico dalla cui superficie si sollevano papille secondarie; la papilla connettivale non sporge dalla lamina propria (come è invece il caso delle papille filiformi e fungiformi). L’epitelio, dalla superficie dell’organo, si affonda attorno alla papilla connettivale, raggiunge la base di questa e risale sul versante opposto. In tal modo, tutt’intorno alla papilla, viene a formarsi un profondo solco circolare (o vallo). Nell’epitelio che riveste le due pareti del vallo sono contenuti numerosi calici gustativi; il loro numero diminuisce progressivamente con l’età. Al fondo del vallo che circonda le papille vallate si aprono i condotti escretori di numerose ghiandole a secrezione sierosa pura, le ghiandole gustative (di Von Ebner). Il loro secreto, assai fluido, ha il compito di mantenere libero il vallo delle papille in modo che le gemme gustative siano sempre in grado di ricevere gli stimoli sapidi portati dagli alimenti.

  • Le papille foliate, rudimentali nell’uomo, sono bene sviluppate nei roditori. Si trovano sui margini del corpo linguale, subito al davanti del pilastro glossopalatino. Esse coprono un’area ovoidale dove sono disposti, parallelamente l’uno all’altro, rilievi laminari verticali della lamina propria ricoperti da epitelio. Ogni rilievo è separato dal vicino a mezzo di un solco. L’epitelio di rivestimento è pavimentoso stratificato non corneificato; sui due versanti del solco esso contiene numerosi calici gustativi. Nel fondo dei solchi si aprono i dotti escretori di numerose ghiandole gustative, a secrezione sierosa, simili a quelle annesse alle papille vallate.

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Struttura di una papilla gustativa e suo funzionamento

Le papille gustative dei bambini assumono una forma rotonda e molleggiante. Fino ai 5 anni le papille rimangono nuove e quindi i bambini sentono i sapori più forti, e per questo infatti che i bambini e quelli di tenera età non gradiscono gli spinaci. Dopo i 6 anni le papille gustative si abituano ai sapori più forti; inizia l’invecchiamento.

La distribuzione delle papille

Un tempo si credeva erroneamente che le papille gustative che si trovano nelle diverse zone fossero differenti le une dalle altre, mentre oggi è noto che ogni sapore è diffuso in tutta la lingua. La credenza che esse siano concentrate in zone particolari deriva da una cattiva traduzione di uno psicologo di Harvard (Edwin G. Boring) di un articolo in tedesco del 1901. La sensibilità ai sapori è diffusa in tutta la lingua e anche in altre parti della bocca, come l’epiglottide e il palato molle.

I gusti primari

Esistono cinque gusti primari percepibili dalla lingua umana:

  • acido;
  • dolce;
  • salato;
  • amaro;
  • umami.

Mentre i primi quattro gusti sono facilmente riconoscibili da chiunque, l’umani risulta meno conosciuto: il termine, che in lingua giapponese significa “saporito”, indica il sapore di glutammato, particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio ed altri alimenti ricchi di proteine. Si potrebbe dire che è la percezione di “gustoso”.

Nonostante i gusti primari siano cinque, in realtà – poiché il funzionamento del gusto è simile a quello visivo – l’uomo è in grado di percepire e di distinguere una gamma di sapori e sfumature di sapore molto più vasta e complessa: ciò è dovuto al fatto che i sapori stimolano in modo diverso le papille e il cervello ne ricava una mappatura differente per ogni cibo, derivata dalla combinazioni di varie sensazioni; a ciò si aggiungano anche le differenze che intercorrono tra i cibi in termini di consistenza, calore ed odore.

In base alla diversa concentrazione di papille, esistono tre fasce di persone:

  • non gustatori;
  • gustatori normali;
  • super gustatori (supertaster).

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Come si chiama il punto G in inglese, francese, spagnolo e tedesco?

MEDICINA ONLINE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVER SEX GIRL MAN NO WOMAN WALLPAPERCome si chiama in lingua inglese il punto G, cioè la famosa zona erogena femminile conosciuta anche come punto Gräfenberg (dal nome del ginecologo tedesco Ernst Gräfenberg, erroneamente ritenuto lo scopritore di questa struttura anatomica)?

Il punto G in:

  • inglese si chiama the G spot o anche G-spot;
  • in francese: le point G;
  • in spagnolo: el punto G;
  • in catalano: el punt G o anche esponja uretral;
  • in tedesco: der Gräfenberg-Zone o anche G-ZoneG-Punkt.

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Glossodinia, sindrome della bocca che brucia: sintomi e cure

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISILa glossodinia, conosciuta anche nelle varianti di sindrome della bocca bruciante, sindrome della bocca che brucia, sindrome della bocca urente, è una condizione patologica per la quale si riscontra un dolore intenso, simile a quello provocato da un’ustione, a livello del cavo orale. Le parti colpite possono essere o la lingua, le labbra, gengive, guancia, palato o l’intera bocca.

Epidemiologia

La sindrome interessa prevalentemente le donne, ed insorge tra un’età compresa tra i 50 ed i 70 anni.

Cause

La patologia ha un’eziologia non chiara e le aree colpite non presentano particolari segnali che possano favorirne una diagnosi. La sindrome solo raramente è correlata ad altre patologie dermatologiche, come la candidosi o problemi odontoiatrici, o ad altri fattori come il diabete, e viene spesso imputata ad un disordine di origine psichico come ansietà e depressione.

Trattamento

Il trattamento è ovviamente determinato dalla causa che ha determinato il problema a monte. Se l’eziologia viene riferita al campo della psichiatria, una terapia efficace potrebbe essere quella con vari farmaci come benzodiazepine, antidepressivi triciclici e anticonvulsivanti.

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Lingua: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISI.jpgLa lingua è un organo del corpo umano che occupa gran parte della cavità orale; è composta da varie strutture anatomiche: mucose, papille linguali (anche dette papille gustative) e vari muscoli.

Anatomia macroscopica

Costituisce la parete anteriore dell’orofaringe. La sua superficie dorsale costituita dalla mucosa linguale è convessa in ogni direzione ed è distinguibile in due parti, diverse sia per aspetto che per origine embriologica, dette corpo e radice della lingua, o porzione orale e porzione faringea. Esse sono divise da un solco a V rovesciata detto solco terminale, il cui apice costituisce una piccola cavità detta fondo cieco. È collegata posteriormente a un piccolo osso chiamato ioide e anteriormente ad un piccolo e sottile filamento detto frenulo o filetto. La lingua è dotata di papille gustative, ed è, appunto, il principale organo del gusto. Essa svolge la funzione di impastare il cibo con la saliva e di spingerlo sotto i denti affinché venga triturato, e quindi spinto giù per l’esofago. Il corpo della lingua costituisce i 2/3 del suo volume, è diviso longitudinalmente dal solco mediano, che origina posteriormente all’apice della lingua e termina anteriormente al solco terminale, presso il foro cieco. A bocca chiusa, la superficie inferiore del corpo della lingua è a contatto con il pavimento della bocca, l’apice con gli incisivi superiori, i margini laterali con le arcate gengivali e la superficie superiore con il palato duro e con il palato molle. La superficie dorsale è ricoperta dall’induito, una patina biancastra trasparente costituita dal precipitato contro il palato delle esalazioni dello stomaco attraverso l’esofago. Il colore, lo spessore, la consistenza e l’asportabilità dell’induito danno luogo ad indicazioni sullo stato della funzione digestiva. Sulla superficie superiore della lingua, anteriormente all’arco palatoglosso e posteriormente al solco terminale vi è un’area in cui sono presenti 4-6 pliche mucose che costituiscono i residui delle papille foliate, presenti e funzionali in molti animali, ma non nell’uomo. Le papille gustative si distinguono in filiformi, che appaiono sotto forma di una diffusa e minuscola punteggiatura, sono diffuse su tutta la superficie dorsale del corpo della lingua, in particolare presso l’apice, papille fungiformi, piccole, in rilievo e tondeggianti, meno numerose delle filiformi e distribuite anch’essa su tutta la superficie, e papille circumvallate, più rilevate e tondeggianti delle altre, disposte solo lungo il solco terminale. La mucosa della superficie inferiore è di colore rosso e di consistenza viscida. Due escrescenze mucose, dette pliche fimbriate, originano posteriormente e lateralmente alla base della lingua e si dirigono antero-medialmente definendo una zona triangolare. Medialmente a queste, superficialmente e seguendo il loro decorso, si diramano le due vene linguali profonde. Il frenulo linguale collega invece la superficie inferiore della lingua con il pavimento della bocca. Lateralmente, presso la sua base, sono collocate le due papille sottolinguali da dove sboccano, mediante un orifizio, i dotti delle ghiandole sottomandibolari. Gli orifizi delle ghiandole sottolinguali sono invece numerosi e collocati postero-lateralmente rispetto a quelli delle sottomandibolari La radice della lingua comprende la parte posteriore della lingua, cioè quella compresa anteriormente tra gli archi palatoglossi e posteriormente tra gli archi palatofaringei. La sua superficie presenta rilievi vagamente tondeggianti che costituiscono la sporgenza di noduli linfatici immersi nella lamina propria della mucosa linguale; l’insieme dei noduli linfatici costituisce la tonsilla linguale. Sull’apice di ciascun nodulo sboccano i dotti di ghiandole tubulo-acinose. Postero-lateralmente alla tonsilla linguale vi sono le due tonsille palatine, lunghe circa 1 cm, alloggiate in spazi tra l’arco palatoglosso e il palatofaringeo, detti fosse palatine. Posteriormente e inferiormente alla tonsilla linguale vi è una plica di cartilagine elastica, l’epiglottide, che presenta due pieghe glossoepiglottiche laterali ed una mediana.

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Anatomia microscopica

La mucosa della superficie dorsale è più spessa e aderente di quella della superficie ventrale, è inoltre irregolare per la presenza di numerosi rilievi di 1 – 2mm detti papille, suddivisibili in quattro tipi:

  1. Papille filiformi, sono le più numerose e sono presenti su tutta l’area antistante al V linguale e ai margini della lingua. Sono costituite da un asse connettivalecon estremità libera a punta rivestita da un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato, svolgono un’azione meccanica di tipo abrasivo, non presentano recettori gustativi ma sono fornite di numerosi terminali nervosi (meccanocettori)
  2. Papille fungiformi, meno numerose delle filiformi e distribuite sulla superficie dorsale della lingua e soprattutto all’apice. Presentano un asse connettivale a forma di fungo rivestito di epitelio pluristratificato paracheratinizzato o squamoso in cui sono presenti terminali nervosi gustativi
  3. Papille circumvallate, sono 12 – 14 distribuite lungo la V linguale, chiaramente visibili a occhio nudo. Presentano un asse connettivale a fungo circondato da un solco di 2mm, entrambi rivestiti da numerosi calici gustativi, sul fondo del vallo sono presenti le ghiandole di Von Ebner (a secrezione sierosa, servono ad esercitare un’azione di pulitura del vallo)
  4. Papille foliate, presenti in numero di 4 – 6 per lato della lingua dietro il V linguale, si presentano come papille laminari intervallate da fessure e rivestite da epitelio squamoso molle con numerosi calici gustativi.

La radice è rivestita da un epitelio squamoso molle, che in corrispondenza dei rilievi mammellonati (sottostanti accumuli di tessuto linfoide), si invagina a formare le cripte tonsillari della tonsilla linguale. In fondo a queste cripte le ghiandole di Weber, ghiandole salivari a secrezione mucosa ricche di lisozima (glicoproteina ad azione battericida).

Origine embriologica

La Lingua compie le sue prime fasi di sviluppo durante la quarta e quinta settimana. I 2/3 anteriori originano da tre rilievi o tubercoli che si costituiscono dalla proliferazione del mesenchima sottostante il rivestimento entodermico del primo arco branchiale. Tali tubercoli si fondono in un unico corpo; questo fa salienza sulla superficie ventrale della porzione di faringe primitiva che resta inglobata all’interno del primo arco branchiale e che andrà a formare il pavimento della cavità orale definitiva. Il terzo posteriore della lingua, la radice, si sviluppa da un singolo tubercolo, la copula, che deriva principalmente dal mesenchima del terzo arco branchiale e in parte minore anche dal quarto arco. La radice ben presto si salda con la porzione anteriore, lungo la linea di fusione va a formarsi il solco terminale o V linguale; dal cui vertice una gemma epiteliale cordonale si affonda per dare luogo all’abbozzo della tiroide e del dotto tireoglosso. Durante la sesta e settima settimana la lingua aumenta di volume e si spinge in alto nelle primitive fosse nasali, nell’ottava settimana essa rientra nella cavità orale e contemporaneamente i processi palatini si saldano tra loro lungo la linea mediana realizzando la separazione tra cavità orale e nasale. Dagli archi branchiali derivano solo la componente connettivale ed epiteliale, i muscoli linguali derivano dai somiti occipitali i cui mioblasti, migrando nella lingua, portano con loro le fibre dell’ipoglosso da cui sono innervate.

L’apparato muscolare della lingua è costituito dalla muscolatura estrinseca e da quella intrinseca, per approfondire: Quali sono i muscoli che compongono la lingua?

Vasi e nervi della lingua

L’apporto ematico arterioso è garantito dall’arteria linguale, mentre il deflusso venoso dalla vena linguale. L’innervazione è fornita da cinque paia di nervi cranici e precisamente dal nervo ipoglosso, dal nervo linguale, dal nervo intermedio di Wrisberg (Ramo del Nervo faciale), dal nervo glossofaringeo e dal nervo vago.

Gusto

La nostra sensibilità gustativa ci permette di percepire:

  1. dolce
  2. amaro
  3. acido (o “aspro”)
  4. salato
  5. umami (in lingua giapponese significa “saporito” e indica il gusto del glutammato monosodico)

Le sensazioni di gusto sono recepite dai calici (o bottoni) gustativi, costituiti da cellule epiteliali modificate chiamate cellule gustative. Le cellule gustative hanno una vita media di circa una decina di giorni, quindi sono soggette a un continuo ricambio. Il loro compito è quello di analizzare la natura delle varie sostanze presenti nel cibo dopo che sono state disciolte nella saliva. Il contatto con differenti sostanze genera impulsi differenti che raggiungono il cervello, dove vengono percepiti e riconosciuti i sapori.

I calici gustativi sono localizzati in 3 dei 4 tipi di papille linguali:

  1. Papille foliate
  2. Papille fungiformi
  3. Papille circumvallate

mentre non sono presenti nelle Papille filiformi, che hanno funzione meccanica, trattengono il cibo, e non hanno calici gustativi.

I calici gustativi rispondono a tutti i tipi di sapori, ma in maniera differente l’uno dall’altro, sicché ad esempio ci saranno calici che reagiscono fortemente al salato, e più debolmente agli altri, ed altri che si comporteranno in maniera differente.

Un tempo si credeva che le papille gustative che si trovano nelle diverse zone fossero differenti le une dalle altre, mentre oggi è noto che ogni sapore è diffuso in tutta la lingua. La credenza che esse siano concentrate in zone particolari deriva da una cattiva traduzione di uno psicologo di Harvard (Edwin G. Boring) di un articolo in tedesco del 1901. La sensibilità ai sapori è diffusa in tutta la lingua e anche in altre parti della bocca, come l’epiglottide e il palato molle.

Le informazioni sono veicolate al nervo faciale (VII paio di nervi cranici) con la corda del timpano. La sensibilità gustativa viene inoltre raccolta dal glossofaringeo e dal vago e viene trasportata al Nucleo del Tratto Solitario e al nucleo Ventro Postero Mediale del Talamo, zona in genere di pertinenza trigeminale.

La lingua si muove per mezzo di due sistemi di muscolatura: quella “estrinseca” e quella “intrinseca”. La prima comprende tutti i muscoli “al di fuori” dell’organo in questione, mentre la seconda viene spesso definita come muscolatura propria (o interna) della lingua. La lingua è ricchissima di capillari e terminazioni nervose ed è per questo molto sensibile. Talvolta può capitare di mordersi la lingua e, data la sua sensibilità, il cosiddetto “morso sulla lingua” è particolarmente doloroso.

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