I termini cisessualità e cisgenere (in inglese cissexual o cisgender), talvolta abbreviati con il termine “cis“, indicano le persone cisessuali, la cui identità di genere corrisponde al sesso biologico e percepiscono come positiva questa corrispondenza. Ricordiamo al lettore che il sesso biologico è il sesso genetico di una persona determinato dai Continua a leggere
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Omosessualità negli adolescenti: pregiudizi, fattori genetici e ormonali
Oltre alle esperienze eterosessuali, tra gli adolescenti sono abbastanza comuni anche i rapporti omosessuali, cioè quelli in cui entrambi i partner sono Continua a leggere
A 61 anni partorisce una bimba per il figlio gay: è allo stesso tempo nonna e madre
Cecile Eledge, una donna di 61 anni e già mamma di tre figli, ha raccontato la BBC la nascita in Nebraska di sua figlia concepita in vitro. Già fin qui la storia è Continua a leggere
Sesso, italiani indecisi. Quattro su dieci: “Mi sento un po’ uomo ma anche un po’ donna”
“Mi sento uomo, ma anche un po’ donna” dicono quattro italiani su dieci. Già l’identità di genere lungo lo stivale è liquida al punto che solo il Continua a leggere
Domanda su omosessualità in test di medicina: è polemica
Polemica nelle facoltà di medicina e chirurgia di tutta Italia. La spiegazione la scrive sul suo profilo Facebook Cathy La Torre, legale ed esponente di Sinistra italiana:
“Abbiamo avuto, in forma anonima, una delle domande del test Progress sottoposta oggi a 33.000 studenti di Medicina. I test progress sono somministrati a tutti gli studenti di medicina per valutarne i progressi nell’apprendimento. Fra le domande vi è ‘quale sia la stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?’, inserita nel contesto di un test su diagnosi, genetica, malattie e comportamenti da tenere dinnanzi a certe malattie. Dunque vogliamo sapere, e lo pretendiamo: se la comunità medica italiana, ritiene ancora che l’omosessualità sia una malattia? Vogliamo sapere che senso ha chiedere a dei futuri medici la stima dell’omosessualità nell’uomo? Viene anche chiesta la stima della eterosessualità dell’uomo? Perché è bene ricordare che eterosessualità e omosessualità sono entrambe “varianti” naturali del comportamento umano. Pretendiamo una risposta dalla Conferenza del Presidi delle facoltà di Medicina: perché questa domanda nel 2017? Non certo per rendere medici e scienziati persone migliori e con meno pregiudizi. Indignarci e chiedere spiegazione, è una delle poche armi nelle nostre mani”.
Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli in merito al caso ha detto: ”È di una gravità inaudita che sia stata inserita una simile domanda nel Progress test di medicina e chirurgia. È francamente incredibile e a dir poco inaccettabile che l’omosessualità sia stata inserita nella categoria delle malattie. Mi auguro che la Conferenza dei corsi di laurea in medicina provveda ad eliminare dall’elenco delle domande del Progress test quel vergognoso quesito, che le risposte ad esso date non siano tenute in considerazione ai fini della valutazione del progresso nell’apprendimento di studentesse e studenti, e che il responsabile di quanto accaduto sia adeguatamente sanzionato”.
Ricordiamo che il Progress test è un particolare test che viene organizzato ogni anno dalla Conferenza dei Presidenti dei Collegi didattici dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia delle università italiane e non ha nulla a che vedere con l’esame di Stato in Medicina di cui responsabile è il Miur. È nato nelle università italiane nel 2008 con l’obiettivo di monitorare i livelli di preparazione progressivamente raggiunto dagli studenti nel corso dell’iter universitario.
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Se odi i gay, sei omosessuale: gli omofobi sono attratti dai gay
Omofobia uguale omosessualità latente, dice la “leggenda” popolare. A testare finalmente questa ipotesi ci hanno pensato due studiosi in forza al Dipartimento di Psicologia della Brock University, St. I due ricercatori americani sono partiti dallo storico presupposto psicanalitico che ipotizza un legame tra l’odio verso le persone omosessuali e la propria omosessualità repressa. La premessa è vera solo nel caso in cui esista una sorta di “tendenza” inconscia verso uomini o donne, di cui il soggetto è inconsapevole.
In questa prospettiva, le valutazioni negative esplicite, tipiche dell’omofobo, nasconderebbero in realtà una certa attrazione (inconsapevole) verso le persone dello stesso sesso. Ma ad oggi nessuna ricerca aveva dimostrato empiricamente l’esistenza di tale legame. Non è difficile verificare l’atteggiamento esplicito delle persone nei confronti dell’omosessualità. Il problema, hanno dichiarato gli americani, sarebbe stato piuttosto riuscire a ricavare la predisposizione implicita, quella che le persone tendenzialmente nascondono.
Gli Autori hanno esaminato un campione formato da 237 persone (di cui 214 dichiarati eterosessuali, 7 omosessuali, 13 bisessuali e 3 asessuati. Nella prima parte della ricerca, l’obiettivo era raccogliere il dato implicito. Per ottenere tale dato ad ogni partecipante sono state mostrate delle fotografie a sfondo sessuale di uomini e donne. Ogni soggetto doveva associare ad ogni immagine una parola, tipo “eccitante” oppure “disgustoso”. Gli scienziati, durante la prova, hanno misurato ogni volta i tempi di reazione dei partecipanti. Questa è una tecnica utilizzata frequentemente in Psicologia per misurare gli atteggiamenti impliciti che le persone hanno rispetto ad alcune categorie sociali.
Secondariamente, i ricercatori si sono concentrati sugli atteggiamenti espliciti dei partecipanti nei confronti dell’omosessualità e dell’autoritarismo, sottoponendo a tutti un questionario. Ebbene, dai risultati non emerge nessun tipo di associazione tra omofobia e attrazione verso persone del proprio sesso. Al contrario, le donne eterosessuali attratte implicitamente da altre donne manifestano un atteggiamento generalmente più positivo (e non omofobo) verso gay e lesbiche.
In altre parole, almeno tra le femmine, se proprio dovesse esistere un’omosessualità latente (leggi: inconscia) questa stimolerebbe non l’omofobia ma esattamente l’opposto. Questo dato, ci ricordano McInnis e Hodson, conferma quanto già riportato da altri ricercatori (Chivers et al., 2007): l’eccitazione sessuale femminile è meno categoria-specifica rispetto a quella dei maschi. Tra questi ultimi, i gay si eccitano principalmente con stimoli maschili e gli eterosessuali con stimoli femminili. Nelle donne invece questa suddivisione, da un punto di vista fisiologico, non è così marcata. Riassumendo, in base ai dati raccolti in questa ricerca non sembra che alla base dell’omofobia ci sia un’attrazione inconscia e repressa verso persone dello stesso sesso. Per capire da dove vengano odio e violenza nei confronti di gay e lesbiche si dovrà cercare altrove. Senza perdere altro tempo.
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Gay si nasce o si diventa? Ecco la risposta
Intorno alle origini del genere sessuale delle persone si discute da tempo immemorabile per capire il momento esatto in cui nascono le attitudini e delle preferenze sessuali dell’individuo e cercare di spiegare come nasce l’omosessualità. La scienza ha così distinto la sfera sessuale delle persone identificando 3 distinte identità: il sesso biologico (cioè il sesso genetico di una persona determinato dai cromosomi sessuali), l’identità di genere ( se cioè la persona identifica se stessa come maschio o femmina) ed il ruolo di genere (le norme sociali sul comportamento di uomini e donne). Il tutto per poi definire come orientamento sessuale l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso, di sesso opposto o entrambi. Da quando la scienza ha accertato che l’omosessualità non rappresenta una patologia si sono susseguiti diversi studi che hanno indagato sull’origine dell’omosessualità. Tra gli ultimi in ordine di tempo ce n ‘è uno che fissa alcuni punti molto importanti su questo argomento. Cosa dice?
Le conclusioni dello studio concludono che le pressioni della famiglia o gli input che provengono dalla società hanno una importanza decisiva anche se poi la scelta è individuale e se si diventa omosessuali o eterosessuali, lo si fa liberamente. Al massimo, si viene influenzati da fattori ereditari o dalle esperienze passate personali. E’ quanto emerge dalle conclusioni deiricercatori del Karolinska Institute (in Svezia) e della Queen Mary University di Londra (Gran Bretagna), al termine di uno studio – tra i più grandi mai condotti su questo tema – pubblicato sulla rivista scientifica “Archives of Sexual Behavior”.
I risultati
“I risultati mostrano, che gli atteggiamenti familiari e della società, sono meno influenti per il nostro comportamento sessuale rispetto a quanto pensato in passato”, ha detto Niklas Langstrom, uno dei ricercatori.
“Invece, il ruolo più importante è svolto dai fattori genetici e dalle esperienze individuali”.
In particolare, l´ambiente condiviso dai soggetti del campione (compresi i familiari e gli atteggiamenti della società) ha spiegato circa il 17% delle scelte dei partner sessuali, i fattori genetici il 39% e le esperienze uniche e personali il 66%.
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Black Mirror, recensione dell’episodio San Junipero: la vita infinita dopo la tua morte
Black Mirror è una delle mie serie televisive preferite, giunta alla terza stagione. Per chi non la conosce, il fulcro centrale di questa serie è rappresentato dalla distopia, cioè la descrizione di una immaginaria società altamente indesiderabile o spaventosa, spesso ambientata nel futuro: esattamente l’opposto dell’utopia. Per quel che mi riguarda le distopie mi hanno sempre affascinato. Sia perché il mondo è cattivo e non buono quindi non sopporto molto le storie ed i finali felici, sia perché mi fanno riflettere sulla società attuale che – a pensarci bene – è già una delle peggiori e grottesche distopie possibili, solo che – come avviene in tutte le distopie – ci siamo arrivati in maniera talmente graduata che ormai siamo assuefatti senza rendercene condo ad ogni genere di assurdità ed atrocità.
In Black Mirror la società è divorata dagli schermi neri (del cellulare, dei pc… proprio in questo momento anche tu mi leggi sul tuo black mirror), dai social media e dalla tecnologia in generale, che Charlie Brooker ha immaginato in modo vivido e agghiacciante. Una fantascienza che non è fantascienza, perché – se non è già tra noi – è sintomo o metafora di qualcosa che permea le nostre vite, in maniera così insopportabile da non poterne più fare a meno. Questa premessa è d’obbligo, mentre mi accingo a recensire il quarto episodio dell’ultima stagione (la terza) da poco rilasciata, perché San Junipero è per assurdo l’episodio più distopico di Black Mirror, ma anche quello che fotografa la distopia meno negativa.
Da qui in poi sono presenti SPOILER che vi rovineranno inevitabilmente la visione dell’episodio, il mio consiglio è quello di vederlo e solo dopo continuare la lettura.
A differenza di altri episodi, anche piuttosto didascalici, sui mali che la tecnologia e i social media hanno generato nella società post moderna, San Junipero ci apre una finestra sul tema della vita dopo la morte, raccontandoci di come in un futuro prossimo gli uomini abbiano sfruttato la tecnologia per risolvere – religione a parte – uno dei tabù più radicati nell’essere umano: la morte. Conosciamo Yorkie (Mackenzie Davis), una ragazza timida e solitaria, e Kelly (Gugu Mbatha-Raw), il suo opposto, in una discoteca. Come spesso avviene in Black Mirror la storia parte con la – per me stupenda – sensazione che qualcosa di importante e destabilizzante sia successo o stia succedendo, senza che noi ne sappiamo nulla. Ci ritroviamo catapultati negli anni ’80 e tra le due ragazze si crea subito una forte connessione e attrazione. Per Kelly è divertimento, voglia di libertà e di lasciarsi andare, mentre il legame immediato tra le due riveste un significato totalmente diverso per Yorkie.
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Mentre viviamo la storia omosessuale delle due, ben presto intuiamo che c’è qualcosa di profondamente strano legato al tempo, fino a capire che esse vivono in una realtà virtuale. La società del futuro ha offerto un limbo o paradiso fittizio per tutte quelle persone malate ed anziane che dalla vita hanno già avuto gioie e dolori o – come nel caso di Yorkie – hanno avuto poco e nulla a causa di un incidente che le ha imprigionate in un corpo paralizzato per quarant’anni. Yorkie e Kelly sono in realtà molto prossime alla morte. Mentre i loro corpi reali muoiono lentamente, le loro menti e coscienze sono assetate di vita. San Junipero è un paradiso che viene offerto in piccole dosi a chi è ancora vivo nella vita reale, per sole cinque ore alla settimana, come fosse una vacanza dalla sofferenza e dalla solitudine della vecchiaia e della malattia, ma al momento della morte sì può decidere di fare il “passaggio”, cioè “trasferirsi” dall’altra parte tenendo per l’eternità la propria coscienza viva nel software. Kelly e Yorkie hanno avuto esperienze di vita diverse e la pensano in modo opposto: Yorkie è tetraplegica da giovane età ed ha quindi perso le vere esperienze, le tappe importanti, Kelly invece ha vissuto una vita piena, a tratti dolorosa, ma conosce la differenza tra una vita vissuta in un software ed una nella realtà tangibile. Una dopo la morte vuole vivere per sempre a San Junipero per avere finalmente una vita, l’altra invece vuole raggiungere i propri cari nell’aldilà di religiosa memoria. I loro destini sono però destinati a restare vicini: i loro corpi in bare contigue, le loro menti in drive adiacenti nella macchina.
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San Junipero apre a riflessioni profonde sulla vita dopo la morte. Brooker non si schiera o giudica violentemente come abbiamo visto in altri episodi di Black Mirror e quest’assenza di giudizio netto viene trasmessa anche allo spettatore. Questo perché quando si parla di morte e di vita dopo la morte, ognuno di noi tende a sospendere il giudizio soggettivo perché si tratta di un momento del tutto particolare della nostra vita. Nonostante la certezza della morte rivesta la vita (nostra e del prossimo) di un significato profondo e valoriale, allo stesso tempo viviamo con il timore e la certezza di non essere più fisicamente presenti. Avere la scelta di restare “da qualche parte” però cambierebbe radicalmente il senso della vita, motivo per cui esistono le religioni da quando esiste l’uomo: per dare un senso a questa esistenza altrimenti finita e fine a sé stessa. Un episodio profondo e per certi versi anche romantico, che non a tutti gli appassionati della serie può piacere, abituati alle perversioni, ai morti, alle punizioni brutali, al cinismo drastico, alla cattiveria pura e selvaggia di alcune puntate. Per me ha rappresentato un’oasi di pace dopo la visione del feroce “Zitto e balla” (Shut up and dance), l’episodio precedente della serie. San Junipero è da rivedere per due volte di seguito, per capire a fondo alcuni particolari disseminati in giro che erano rimasti criptici alla prima visione. Si sviluppa presto nostalgia per le ambientazioni, specie per chi ha 30/40 anni e si ricorda ancora i vestiti ed i videogame degli anni ’80. L’empatia verso Kelly e Yorkie è immediata e naturale, grazie anche alle brillanti interpretazioni di Gugu Mbatha-Raw e Mackenzie Davis, che donano all’episodio la forza e l’autenticità trasmessa dalla sceneggiatura. Black Mirror ancora una volta spiazza. Ma non delude.
“Credo di essere pronta”
“Per cosa?”
“Per affrontare tutto il resto”
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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