Ecocolordoppler arterioso e venoso degli arti inferiori e superiori

MEDICINA ONLINE DOPPLER ECO COLOR ECOGRAFIA VASI CUORE ATRIO VENTRICOLO VALVOLE PROLASSO INSUFFICIENZA STENOSI SANGUE FLUSSO FLUSSOMETRIA DIREZIONE CALIBRO MISURA DIAGNOSI CARDIOLOGIA FLL’Ecocolordoppler (ECD) arterioso e venoso è una tecnica diagnostica in grado di fornire un’immagine a colori delle principali vene e arterie degli arti inferiori e superiori, definendo estensione, dimensioni nonché direzione e velocità del relativo flusso ematico.

Permette di individuare la presenza di eventuali aneurismi, occlusioni o restringimenti dovute a placche a carico delle arterie; a livello venoso è possibile evidenziare trombi e ulcere così come verificare la funzionalità di alcune vene affette da varicosi e indirizzare lo specialista verso il trattamento/intervento più efficace.

È un esame non invasivo, per nulla doloroso, e ripetibile nel tempo senza alcun rischio per la salute. Quest’ultimo aspetto è garantito dall’uso esclusivo di ultrasuoni, radiazioni non ionizzanti e quindi non pericolose.

Come si esegue

Il paziente si trova sdraiato in posizione supina sul lettino. La sonda ecografica viene fatta passare su tutta l’area precedentemente cosparsa di un gel conduttore. L’esame dura mediamente 10-20 min.

Preparazione

Non è richiesta alcuna preparazione particolare.

Chi può effettuare l’esame

L’indagine è assolutamente priva di rischi e senza alcuna controindicazione, quindi eseguibile da chiunque a ad ogni età.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra rene destro e sinistro

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma DIECI ABITUDINI TI DANNEGGIANO RENI Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Pancia Sessuologia Filler BotulinoI reni sono due organi di colore rosso scuro che, Insieme alle vie urinarie, costituiscono l’apparato urinario, che filtra dal sangue i prodotti di scarto del metabolismo e li espelle tramite l’urina. I reni inoltre gestiscono l’equilibrio idro-salino nel corpo umano. I reni si trovano ai lati della colonna vertebrale e sono tenuti in sede dalla pressione addominale e da uno spesso tessuto connettivo detto fascia renale.

Vi sono alcune differenze tra rene destro e sinistro:

  • il peso del rene oscilla tra 110 e 160 grammi, ma quello di sinistra generalmente pesa lievemente più del destro;
  • il rene sinistro è generalmente più voluminoso del destro;
  • esistono differenze tra il rene destro, posizionato lievemente più in basso, e il rene sinistro, più alto, il cui polo superiore arriva sopra all’XI costa;
  • il rene destro è vascolarizzato dall’arteria renale destro, il sinistro dall’arteria renale sinistra;
  • a causa della posizione reciproca nella cavità addominale di aorta, vena cava inferiore e reni, l’arteria renale destra è normalmente più lunga della sinistra.
  • il rene destro è vascolarizzato dalla vena renale destra, il sinistro dalla vena renale sinistra;
  • dal momento che la vena cava inferiore non è in posizione mediana, ma spostata sulla destra, la vena renale sinistra è generalmente più lunga della destra; essa inoltre riceve spesso altre vene (la vena frenica inferiore sinistra, la vena surrenale sinistra, la vena gonadica sinistra – nel maschio vena testicolare sinistra, nella femmina vena ovarica sinistra – e la seconda vena lombare sinistra); i corrispettivi del lato destro di queste vene drenano invece direttamente nella vena cava.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Arvenum: terapia di emorroidi e fragilità capillari

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA AEROSOL ASMA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS INTRAMUSCOLO PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROINDICAZIONIComposizione di Arvenum
Ogni compressa contiene: principio attivo: Frazione flavonoica purificata micronizzata 500 mg – costituita da diosmina 450 mg, flavonoidi espressi in esperidina 50 mg – eccipienti: carbossimetilamido sodico; cellulosa microcristallina; gelatina; glicerina; ipromellosa; sodio laurilsolfato; ossido di ferro giallo E 172; ossido di ferro rosso E 172; titanio diossido; macrogol 6000; magnesio stearato; talco.

Forma farmaceutica e contenuto

  • 15 compresse rivestite con film
  • 30 compresse rivestite con film
  • 60 compresse rivestite con film

Via di somministrazione: orale.

Indicazioni: perché si usa Arvenum? A cosa serve?
Arvenum è un vasoprotettore e viene usato nelle sintomi attribuibili ad insufficienza venosa e stati di fragilità capillare.

Leggi anche: Alternative economiche a Daflon 500 mg e ad Arvenum 500 mg

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Arvenum?

  • Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Arvenum?
Non sono stati effettuati studi di interazione. Informare il medico o il farmacista se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

Arvenum si può assumere in gravidanza?
Chiedere consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale. La sicurezza del farmaco in gravidanza non è stata determinata, pertanto è opportuno non somministrare il prodotto durante la gravidanza.

Arvenum durante l’allattamento
In assenza di dati sull’escrezione nel latte, il trattamento deve essere evitato durante l’allattamento.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e di utilizzare macchinari
Non sono stati condotti studi per valutare l’effetto della frazione flavonoica sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

Posologia
2 compresse rivestite con film al giorno (1 a mezzogiorno e 1 alla sera) al momento dei pasti, anche nell’insufficienza venosa del plesso emorroidario.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Arvenum?
In caso di assunzione accidentale di una dose eccessiva di Arvenum avvertire immediatamente il medico o rivolgersi al più vicino ospedale.

Effetti Indesiderati
Come tutti i medicinali, Arvenum può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino. La frequenza delle possibili reazioni avverse elencate di seguito è descritta usando la seguente convenzione:

Patologie del sistema nervoso

  • vertigini,
  • cefalea,
  • malessere.

Patologie gastrointestinali

  • diarrea,
  • dispepsia,
  • nausea,
  • vomito,
  • colite.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

  • rash,
  • prurito,
  • orticaria,
  • edema al volto, alle labbra, alla palpebra (gonfiore),
  • edema di Quincke (rapido ingrossamento del volto, delle labbra, della bocca, della lingua o della gola che può portare a difficoltà nel respirare).

Patologie del sistema emolinfopoietico

  • trombocitopenia.

Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati.

Scadenza e conservazione
Scadenza: vedere la data di scadenza indicata sulla confezione. Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza indicata sulla confezione. La data di scadenza indicata si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. I medicinali non devono essere gettati nell’acqua di scarico e nei rifiuti domestici.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Mangiare senza sale fa dimagrire o ingrassare?

MEDICINA ONLINE MANGIARE TIPI DI SALE SALT KIND MANDORLE ROSSE FRUTTA MAGRA DIABETE CALORIE GLICEMIA RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBO LONTANO DAI PASTI WALLPAPER.jpgMangiare senza sale fa dimagrire o ingrassare? La risposta esiste: sì, aiuta a perdere peso, ma non è l’unico a dover essere limitato nella nostra dieta, considerato che c’è anche lo zucchero – molto pericoloso per la linea -, cibi spazzatura e quelli in scatola, grassi. Chi ha iniziato già a seguire seriamente una dieta ipocalorica sa bene che deve evitare di usare condimenti super-calorici per i propri piatti, evitando soprattutto di aggiungere tonnellate di sale e olio. Oltre a fare attenzione a quello che si mette in tavola, bisogna auto-convincersi che, per raggiungere il proprio peso forma e un fisico per niente flaccido, lo sport non deve mancare almeno tre giorni a settimana.

Ma perché il sale fa ingrassare?
Più che ingrassare, fa aumentare i chili sulla bilancia e c’è un motivo per cui ho fatto questa distinzione, una leggera sfumatura: il sale non genera massa grassa (quindi non fa ingrassare), ma provoca un accumulo di liquidi per via della sua capacità di legare le molecole di acqua e questo porta alla ritenzione idrosalina, pericolosa per chi soffre di cellulite, difficile da eliminare del tutto (ma non impossibile). Assumere troppo sale fa male alla salute, oltre che al peso-forma: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che mangiare quattro o cinque volte sale durante tutto l’arco della giornata porta ad avere pressione alta, tumore allo stomaco, osteoporosi, problemi ai reni e al cuore, seri disturbi alla vista. C’è chi crede che mangiare senza sale fa male alla tiroide, ma anche per chi soffre di problemi tiroidei deve stare molto attento ai grammi di sale da utilizzare in cucina.

Quanti grammi da assumere ogni giorno? 
Uomini e donne, in media, assumo tra gli 8 e i 10 grammi di sale. Troppi! L’ideale sarebbe usare 2 massimo 3 grammi di sale nei propri piatti, non di più, evitando così di aumentare il rischio delle malattie sopraccitate. Diminuendo notevolmente il sale, diminuisce anche il peso: senza troppo sale, l’organismo riesce a perdere persino 2 chili dopo quattro giorni e ciò è dovuto alla risoluzione della ritenzione idrosalina. In un mese, si possono abbattere anche 6 chili, se ovviamente a queste accortezze vengono affiancate attività sportive da svolgere regolarmente: anche una semplice passeggiata ha i suoi benefici!

Mangiare senza sale fa dimagrire: quello che devi sapere

  • Il sale non deve mai mancare nella nostra dieta perché il sodio svolge un’azione importante per il nostro organismo: allevia i dolori reumatici, rende più attivo il cervello, evita i crampi muscolari;
  • Mangiare con poco sale si dimagrisce davvero perché si evita la ritenzione idrosalina;
  • Per perdere peso bisogna limitare sale, zucchero, grassi e cibi spazzatura;
  • Lo sport è fondamentale per dimagrire, non solo la riduzione del sale;
  • Il sale può provocare malattie cardiovascolari, osteoporosi e tumore allo stomaco;
  • Bisogna assumere all’incirca 3 g di sale al giorno;
  • Riducendo il sale, si possono perdere anche sei chili in un mese.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra trombo e placca aterosclerotica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TROMBO PLACCA ATEROSCLEROTICA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgMentre l’ateroma (placca aterosclerotica) è un processo graduale, che inizia col deposito di grassi (lipidi, colesterolo) nella parete di un’arteria e porta ad aterosclerosi, la trombosi è l’occlusione solitamente improvvisa di un vaso per una placca che si è rotta, o per dei detriti che si sono spostati da un punto all’altro del torrente circolatorio. La placca aterosclerotica dopo vari gradi di infiammazione e fibrosi (indurimento) si può rompere e generare una trombosi, inoltre il trombo può spezzarsi e determinare la formazione di un embolo.
Una trombosi è un evento improvviso che può essere dovuto a tantissime cause legate alla circolazione e può determinare una patologia acuta, invece la formazione di una placca è un processo patologico molto più graduale, che non necessariamente blocca completamente il vaso.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra trombosi arteriosa e venosa profonda e superficiale

MEDICINA ONLINE TROMBOSI VENOSA PROFONDA FLEBOTROMBOSI FLEBOTROMBOSI FLUSSO SANGUE SANGUIGNO TROMBO EMBOLO ARTI INFERIORI GAMBE COSCIA SAFENA EMBOLIA POLMONARE MORTELa trombosi è un processo patologico che consiste nella formazione di trombi all’interno dei vasi sanguigni, che ostacolano o impediscono la normale circolazione del sangue. La differenza tra trombosi arteriosa e venosa consiste nel tipo di vaso coinvolto. Le trombosi venose o flebotrombosi, associate spesso a varici, sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori; si distinguono in trombosi venosa profonda (TVP) e superficiale. Per quanto riguarda le lesioni arteriose, i trombi possono essere in relazione all’aterosclerosi.

Ecco una sintetica classificazione delle trombosi più comuni:

Trombosi venose

      • Flebotrombosi;
      • Trombosi venosa profonda;
      • Tromboflebite;
      • Sindrome della classe economica;
      • Sindrome di Paget-von Schroetter.

Trombosi arteriose

Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:

      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina;
  • Phlegmasia coerulea dolens;
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

Per approfondire:

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Trombo: cause, classificazione, trombosi venose, arteriose e sistemiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TROMBO CAUSE CLASSIFICAZIONE VENOSE ARTERI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgIl trombo è una massa solida costituita da fibrina contenente piastrine, globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso.

La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • Lesione dell’endotelio (incluso qualsiasi tipo di disfunzione endoteliale). Questo è l’unico fattore della triade in grado di determinare completamente ed autonomamente una trombosi. Un danno alla superficie interna di un vaso provoca il rilascio, da parte delle cellule endoteliali, di varie sostanze, tra cui le endoteline (potenti vasocostrittori che agiscono nelle arteriole a livello della lesione) ed il fattore di von Willebrand (vWF), una proteina che permette l’adesione piastrinica mediando l’interazione tra le piastrine e la matrice extracellulare esposta, che è trombogenica. Per indurre la formazione di un trombo non è però necessario esclusivamente un danno fisico alle cellule endoteliali, sono sufficienti alterazioni delle loro attività pro- ed anti-trombotiche, come una maggiore produzione di fattori coagulanti o una diminuita produzione dei fattori anticoagulanti. L’ulcerazione di placche aterosclerotiche può esporre la matrice sottoendoteliale e causare inoltre stasi e turbolenza ematica.
  • Stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno. La turbolenza può essere causa di danno o disfunzione endoteliale, di flussi controcorrente, o di zone di stasi; la stasi sanguigna a sua volta rappresenta la causa più importante dei trombi. Stasi e turbolenza promuovono l’attivazione dell’endotelio in senso pro-coagulativo, portano le piastrine a contatto con l’endotelio, impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della coagulazione attivati nonché l’afflusso dei fattori che inibiscono la coagulazione.
  • Ipercoagulabilità (detta anche trombofilia). L’ipercoagulabilità è l’alterazione delle vie della coagulazione, ed è il fattore meno frequente nelle trombosi; può essere classificata in forme primarie (o genetiche), e forme secondarie (od acquisite).

Leggi anche:

Caratteristiche e classificazione dei trombi

I trombi arteriosi o intracardiaci solitamente insorgono a causa di danni endoteliali; quelli venosi invece per stasi.

A seconda della sede e delle circostanze del loro sviluppo, i trombi assumono caratteristiche differenti; essi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione (elementi corpuscolati e fibrina), le loro dimensioni e la loro sede. La caratteristica che accomuna tutti i tipi di trombi è che la loro direzione di accrescimento è sempre rivolta verso il cuore: nel caso dei trombi venosi, la distribuzione dei fattori protrombotici avviene lentamente ed omogeneamente lungo tutto il corpo del trombo permettendo una crescita in direzione del cuore; nel caso dei trombi arteriosi, l’impetuosità del flusso permette l’azione dei fattori protrombotici solo alla cima del trombo, cioè nella parte che per prima viene a contatto col flusso.

In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione:

      • Trombi bianchi: formati da piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi; sono peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi;
      • Trombi rossi o “da stasi”: formati da piastrine, fibrina e molti globuli rossi e molti globuli bianchi; sono peculiari delle vene, per la lentezza del flusso;
      • Trombi variegati: presentano zone chiare e zone rosse alternate (strie di Zahn), a causa di un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi nei momenti di bassa velocità del flusso ematico (condizione che si verifica, ad esempio, dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell’aorta).

In base alle dimensioni si distinguono in trombi:

      • ostruttivi: che occludono l’intero lume del vaso;
      • parietali: che non occludono tutto il vaso;
      • a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione.

Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede:

      • arteriosi: sono quelli che causano gli infarti; si formano in particolare nelle coronarie, nelle arterie cerebrali e in quelle degli arti inferiori;
      • venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di dilatazione del vaso (varici) o di ulcere; si formano per il 90% negli arti inferiori ma possono interessare anche gli arti superiori, la prostata, le vene ovariche ed uterine;
      • intracardiaci: localizzati in particolare negli atri
      • aneurismatici: localizzati nel falso lume di aneurismi arteriosi.

Sono inoltre detti trombi murali quelli formatisi nelle cavità cardiache o nell’aorta.

Classificazione delle trombosi

Trombosi venose

      • Flebotrombosi
      • Trombosi venosa profonda
      • Tromboflebite
      • Sindrome della classe economica
      • Sindrome di Paget-von Schroetter

Trombosi arteriose

      • Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:
      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina
  • Phlegmasia coerulea dolens
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Stenosi carotidea, placche, ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STENOSI CAROTIDEA PLACCHE ICTUS TIA ATTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, ti consiglio di leggere prima questo articolo: Carotide comune, interna, esterna: dove si trova ed a che serve

Le arterie carotidi sono flessibili e dotate di pareti interne lisce, tuttavia – a seguito di un processo chiamato aterosclerosi – le loro pareti possono tuttavia andare incontro ad un progressivo irrigidimento accompagnato dalla riduzione del lume interno; tale fenomeno è causato dal graduale accumulo di depositi (placche ateromatose) costituiti da grassi, proteine, tessuto fibroso ed altri detriti cellulari. Nel tempo, queste placche possono formare una grande massa che riduce il diametro interno dell’arteria, limitando il flusso sanguigno (si parla di stenosi carotidea). I depositi ateromasici si formano soprattutto nel seno carotideo, cioè a livello della biforcazione che divide l’arteria carotide comune in carotide interna ed esterna.
La malattia ostruttiva dell’arteria carotidea si sviluppa lentamente e spesso passa inosservata: il primo indizio della presenza dell’ateroma può essere già molto grave, come la comparsa di un ictus cerebrale o di un attacco ischemico transitorio (TIA).
Il trattamento della stenosi carotidea mira a ridurre il rischio che venga ridotto significativamente l’apporto di sangue al cervello, rimuovendo la placca ateromatosa e controllando la coagulazione del sangue (per prevenire l’ictus tromboembolico).

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

leggi anche:

Sintomi e segni

Nelle fasi iniziali, la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea spesso non produce alcun segno o sintomo. La stenosi potrebbe rendersi evidente solo quando diviene abbastanza grave da privare il cervello di sangue, causando un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA), entrambi segno di allarme precoce per un futuro attacco apoplettico. Segni e sintomi di un attacco ischemico transitorio o di un ictus possono includere:

  • improvviso intorpidimento del volto o debolezza degli arti, spesso su un solo lato del corpo;
  • incapacità di spostare uno o più arti;
  • difficoltà a parlare e a comprendere;
  • improvvisa difficoltà nella visione, in uno o entrambi gli occhi;
  • vertigini e perdita di equilibrio;
  • un improvviso, forte mal di testa, senza causa nota.

Anche se i segni e sintomi durano solo poco tempo (talvolta, meno di un’ora) è possibile che il paziente abbia sperimentato un TIA. Se si verifica una qualsiasi di queste manifestazioni è importante cercare cure d’emergenza, per aumentare le possibilità che la malattia dell’arteria carotidea venga individuata e trattata tempestivamente, prima che si verifichi un ictus invalidante. Non è escluso che un TIA possa essere dovuto alla mancanza di flusso di sangue anche in altri vasi: il medico è in grado di stabilire quali test sono necessari per accertare la condizione.

Complicanze della stenosi carotidea

La complicanza più grave della malattia ostruttiva dell’arteria carotidea è l’ictus, in quanto può provocare danni permanenti al cervello e, nei casi più gravi, può essere fatale.
Ci sono tre diversi modi in cui la presenza di una placca ateromatosa aumenta il rischio che questo possa verificarsi:

  • Riduzione del flusso di sangue. A seguito dell’aterosclerosi, il lume della carotide può andare incontro ad una tale riduzione, che l’apporto di sangue non è sufficiente per raggiungere alcune parti dell’encefalo. L’ateroma può eventualmente occludere completamente l’arteria.
  • Rottura della placca. Un pezzo di placca ateromatosa può rompersi e staccarsi, viaggiando fino alle più piccole arterie nel cervello. Il frammento può rimanere bloccato in una di queste arterie cerebrali, creando un’ostruzione che blocca l’afflusso di sangue alla zona del cervello che il vaso sanguineo irrora.
  • Ostruzione da coagulo di sangue. Alcune placche sono inclini alla fessurazione e a deformare la parete dell’arteria. Quando questo accade, il corpo reagisce come ad una lesione, inviando localmente piastrine, per agevolare il processo di coagulazione. In questo processo, può svilupparsi un grande coagulo di sangue e bloccare o rallentare il flusso di sangue attraverso un’arteria carotidea o cerebrale, fino a provocare un ictus.

Leggi anche:

Fattori di rischio

La combinazione di diversi fattori può aumentare il rischio di lesioni, la formazione di placche e l’insorgenza della stenosi carotidea sono:

  • Pressione alta. L’ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio per la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea. Un eccesso di pressione sulle pareti delle arterie può indebolirle e renderle più vulnerabili ai danni.
  • Fumo. La nicotina può irritare il rivestimento interno delle arterie. Inoltre, aumenta la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
  • Età. Le persone anziane hanno più probabilità di essere colpite da stenosi carotidea, in quanto con l’età, le arterie tendono a essere meno elastiche.
  • Livelli anormale di grassi nel sangue. Alti livelli di lipoproteine €‹a bassa densità (LDL, il colesterolo “cattivo”) e di trigliceridi nel sangue, favoriscono l’accumulo di placche ateromatose.
  • Diabete. La patologia non solo influenza la capacità di gestire il glucosio in modo appropriato, ma anche la capacità di elaborare in modo efficiente i grassi, disponendo il paziente a maggior rischio di ipertensione e aterosclerosi.
  • Obesità. I chili in eccesso contribuiscono ad altri fattori di rischio, come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e il diabete.
  • Eredità. Se il paziente presenta una storia familiare di aterosclerosi o di malattia coronarica, presenta un rischio aumentato di sviluppare queste patologie.
  • Inattività fisica. La mancanza di regolare esercizio fisico predispone ad una serie di condizioni, tra cui l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

Leggi anche:

Diagnosi

Oltre a considerare l’anamnesi completa, la presenza di fattori di rischio ed eventuali segni o sintomi, il medico può effettuare diversi test per valutare la salute delle arterie carotidi:

  • Esame obiettivo. Il medico può auscultare la carotide posizionando uno stetoscopio a livello del collo, per rilevare suono simile ad un “risucchio”, caratteristico del flusso sanguigno turbolento causato dall’aterosclerosi. Il medico può eseguire una valutazione neurologica per verificare lo stato fisico e mentale del paziente, come la capacità di resistenza, memoria e parola.

Uno o più test diagnostici possono essere eseguiti per valutare il restringimento di una carotide:

  • Ecografia Doppler: test non invasivo che si avvale di onde sonore riflesse per valutare il flusso di sangue attraverso il vaso sanguineo e verificare la presenza di una eventuale stenosi. La sonda ad ultrasuoni è collocata sul collo, a livello delle arterie carotidee. L’ecografia Doppler rivela come fluisce il sangue attraverso l’arteria e in che misura l’apporto è ridotto (stenosi carotidea minore 0-49%, moderata 50-69% e grave 70-99%, fino alla completa ostruzione).
  • Angio-CT (CTA): fornisce immagini dettagliate delle strutture anatomiche del collo e del cervello. L’indagine comporta l’iniezione di un agente di contrasto nel flusso sanguigno, in modo da evidenziare le anomalie di vasi sanguigni (tramite angiografia) e tessuti molli (mediante tomografia computerizzata). La CTA consente ai medici di visualizzare la carotide ristretta e determinare il grado patologico della stenosi.
  • Angiografia tramite risonanza magnetica (MRA): come la CTA, questo test di imaging utilizza un mezzo di contrasto, per evidenziare le arterie che irrorano il collo e l’encefalo. Il campo magnetico e le onde radio vengono utilizzate per creare immagini tridimensionali.
  • Risonanza magnetica (MRI): consente di visualizzare il tessuto cerebrale per evidenziare precocemente un ictus o altre anomalie.
  • Angiografia cerebrale: è un test minimamente invasivo che utilizza i raggi X e un agente di contrasto iniettato nelle arterie, attraverso un catetere infilato direttamente nelle carotidi. L’angiografia cerebrale consente ai medici di visualizzare in dettaglio tutte le arterie che irrorano l’encefalo.

L’imaging può anche rivelare le prove di molteplici attacchi ischemici transitori. I medici possono definire la diagnosi di stenosi carotidea, se le prove dimostrano che il flusso sanguigno è diminuito in una o entrambe le arterie carotidi.

Leggi anche:

Trattamenti e farmaci

L’obiettivo dalla terapia è di ridurre il rischio di ictus. Le opzioni di trattamento per la stenosi carotidea variano a seconda della gravità del restringimento arterioso e se si verificano sintomi o meno (asintomatica).

Stenosi carotidea da lieve a moderata

  • Cambiare stile di vita. Cambiamenti nel comportamento possono aiutare a ridurre la pressione sulla carotide e rallentare la progressione dell’aterosclerosi. Tali cambiamenti includono smettere di fumare, perdere peso, bere alcol con moderazione, mangiare cibi sani, ridurre la quantità di sale e praticare regolare esercizio fisico.
  • Gestire le condizioni croniche. Con il medico è possibile stabilire un piano terapeutico per affrontare correttamente specifiche condizioni croniche, come la pressione alta, l’eccesso di peso o il diabete, che possono produrre effetti patologici anche sulle arterie carotidi.
  • Farmaci. I pazienti asintomatici o che presentano una stenosi carotidea di basso grado sono trattati con farmaci. Il medico può prescrivere un antiaggregante piastrinico (come aspirina, ticlopidina, clopidogrel), da assumere quotidianamente per fluidificare il sangue e prevenire la formazione di pericolosi coaguli di sangue. Possono essere raccomandati anche farmaci antipertensivi per controllare e regolare la pressione sanguigna (ACE-inibitori, bloccanti dell’angiotensina, beta-bloccanti, calcio-antagonisti ecc.) e delle statine per abbassare il colesterolo e contribuire a ridurre la formazione della placca nell’aterosclerosi. Le statine possono ridurre il colesterolo LDL “cattivo” in media del 25-30%, quando combinate con una dieta ipocalorica e a basso contenuto di colesterolo.

Grave ostruzione della carotide

Quando si dispone di una grave stenosi, soprattutto se il paziente ha già subito un TIA o un ictus correlato all’occlusione, è meglio procedere chirurgicamente ripulendo l’arteria dalla placca ateromatosa.

  • Endoarteriectomia carotidea. Questa procedura chirurgica è il trattamento più comune per rimuovere l’ateroma in presenza di un grave quadro clinico. L’intervento viene eseguito in anestesia generale. Dopo aver effettuato un’incisione lungo la parte anteriore del collo, il chirurgo apre l’arteria carotide colpita e rimuove la placca ateromatosa. L’arteria viene riparata con punti di sutura o, preferibilmente, con un innesto. L’endoarteriectomia carotidea è generalmente indicata per i pazienti sintomatici (ictus o TIA) e con un’ostruzione superiore al 50%. Si raccomanda anche per i pazienti che non hanno sintomi (asintomatici), con blocco superiore al 60%. Gli studi hanno dimostrato che, in caso di ostruzione moderata, la chirurgia apporta benefici duraturi ed aiuta a prevenire un eventuale ictus su un periodo di circa cinque anni. Un’endoarteriectomia carotidea non è raccomandata quando la posizione dell’ostruzione o del restringimento è di difficile accesso per il chirurgo o quando si dispone di altre condizioni di salute che rendono l’intervento chirurgico troppo rischioso. In questi casi, il medico può raccomandare una procedura chiamata angioplastica carotidea associata ad uno stenting.
  • Angioplastica carotidea e stenting. Il posizionamento di uno stent carotideo è una procedura meno invasiva rispetto all’endoarteriectomia carotidea, in quanto non comporta un’incisione nel collo. L’angioplastica carotidea con inserimento di uno stent permette di ottenere buoni risultati nel breve termine, ed è tipicamente indicata per pazienti che: 1) presentano un grado di stenosi carotidea moderato-grave; 2) soffrono di altre condizioni mediche che aumentano il rischio di complicanze chirurgiche; 3) manifestano una recidiva. Nell’angioplastica carotidea, un catetere viene infilato fino all’area carotidea ostruita nel collo. Un filtro appositamente progettato su un filo guida (chiamato dispositivo di protezione embolica) viene inserito per raccogliere eventuali detriti che possono staccarsi dalla placca durante la procedura. Una volta in posizione, viene gonfiato un piccolo palloncino all’estremità del catetere per alcuni secondi, allo scopo di aprire o allargare l’arteria. Uno stent viene inserito in modo permanente per costituire una impalcatura, che aiuti a sostenere le pareti delle arterie e a mantenere pervio il lume della carotide. Il palloncino viene poi sgonfiato ed il catetere e il filtro vengono rimossi. Dopo diverse settimane, l’arteria guarisce attorno allo stent. Come per l’endoarteriectomia carotidea, esistono alcuni rischi connessi alla procedura (ictus o decesso). Lo stenting sarà pertanto consigliato solo in caso di una grave stenosi.

Angioplastica carotidea Stent

Il recupero dalle procedure chirurgiche generalmente richiede una breve degenza in ospedale. I pazienti spesso ritornano alle normali attività entro una o due settiman. Dopo un’endoarteriectomia carotidea, la stenosi può recidivare ed è spesso correlata alla progressione della malattia aterosclerotica. Queste nuove placche possono essere trattate con la ripetizione dell’intervento chirurgico.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, segui la nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!