Differenze tra Fluimucil e Fluibron

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO RAFFREDDORE RINITE INFLUENZA FEBBRE TOSSE MAL DI GOLA SINUSITE FREDDO NASO CHE COLA BAMBINI BIMBI (4)Sia Fluimucil Mucolitico® che Fluibron® sono farmaci espettoranti – mucolitici, indicati quindi per il trattamento delle malattie dell’apparato respiratorio caratterizzate da un aumento della produzione di muco denso e viscoso (ipersecrezione densa e vischiosa) e da tosse grassa (produttiva): fluidificando il catarro – riducendo la viscosità del muco –  questi medicinali ne favoriscono l’eliminazione da trachea e bronchi all’esterno (espettorazione).

IMPORTANTE: quelle contenute in questo articolo costituiscono solo indicazioni generali. Consultare sempre il foglietto illustrativo contenuto nella confezione del farmaco o chiedere consiglio al proprio medico curante, prima di assumere qualsiasi farmaco.

Quali sono i principi attivi di Fluimucil Mucolitico e Fluibron?

Il Fluimucil Mucolitico contiene il principio attivo N-acetilcisteina, mentre il Fluibron contiene Ambroxolo (lo stesso presente anche nel Mucosolvan). Quindi pur essendo entrambi mucolitici, Fluimucil Mucolitico e Fluibron sono farmacologicamente diversi, con effetti collaterali e controindicazioni diverse.

Leggi anche: Perché ci viene la febbre e perché non dobbiamo aver paura di lei

Controindicazioni generali che valgono sia per Fluimucil Mucolitico che per Fluibron

Non assumereassumere Fluimucil Mucolitico o Fluibron:

  • in caso di allergia al principio attivo, a sostanze simili o ad uno qualsiasi degli altri componenti di questo medicinale;
  • in caso di gravidanza o allattamento al seno, salvo indicazione del medico.

Farmaci antitussivi e Fluimucil Mucolitico non devono essere assunti contemporaneamente poiché la riduzione del riflesso della tosse potrebbe portare ad un accumulo delle secrezioni bronchiali.

IMPORTANTE: Fluimucil Mucolitico non deve essere somministrato nei bambini di età inferiore ai 2 anni per il trattamento di problemi respiratori perchè può ostruire i bronchi e impedire la normale respirazione.

Come prendere Fluimucil Mucolitico e dosaggio

Posologia negli adulti:

  • Fluimucil Mucolitico 200 mg granulato per soluzione orale (con o senza zucchero): 1 bustina di Fluimucil Mucolitico 200 mg granulato per soluzione orale o 2 bustine di Fluimucil Mucolitico 100 mg 2–3 volte al giorno.
  • Fluimucil Mucolitico 200 mg, compresse orosolubili e compresse effervescenti: 1 compressa 2–3 volte al giorno.
  • Fluimucil Mucolitico 100 mg/5 ml, sciroppo: 10 ml di sciroppo (1 misurino), pari a 200 mg di N–acetilcisteina, 2–3 volte al giorno.
  • Fluimucil Mucolitico 600 mg/15 ml sciroppo, Fluimucil Mucolitico 600 mg compresse effervescenti e Fluimucil Mucolitico 600 mg granulato per soluzione orale senza zucchero: un misurino da 15 ml o una compressa effervescente o una bustina (preferibilmente la sera).

Eventuali aggiustamenti della posologia per gli adulti possono riguardare la frequenza delle somministrazioni o il frazionamento della dose ma devono comunque essere compresi entro il dosaggio massimo giornaliero di 600 mg.

Posologia nei bambini di età superiore ai 2 anni (non somministrare PRIMA dei due anni di età):

  • Fluimucil Mucolitico 100 mg granulato per soluzione orale (con o senza zucchero): 1 bustina da 2 a 4 volte al giorno, secondo l’età.
  • Fluimucil Mucolitico 100 mg/5 ml, sciroppo: ½ misurino di sciroppo (5 ml), pari a 100 mg di N–acetilcisteina, da 2 a 4 volte al giorno secondo l’età.

La durata della terapia nei bambini è da 5 a 10 giorni nelle forme acute e nelle forme croniche andrà proseguita, a giudizio del medico, per periodi di alcuni mesi.

Modo di somministrazione:

  • Granulato per soluzione orale: sciogliere il contenuto di una bustina in un bicchiere contenente un po’ d’acqua mescolando al bisogno con un cucchiaino. Si ottiene così una soluzione gradevole che può essere bevuta direttamente dal bicchiere oppure, nel caso di bambini piccoli, essere data a cucchiaini o nel biberon. La soluzione va assunta appena pronta.
  • Compresse orosolubili: mantenere la compressa nella cavità orale fino al completo scioglimento della stessa.
  • Sciroppo: agitare prima dell’uso ed usare il dosatore per assumere la dose indicata dalla posologia. Una volta aperto, lo sciroppo ha una validità di 15 giorni.
  • Compresse effervescenti: sciogliere una compressa in un bicchiere contenente un pò d’acqua mescolando al bisogno con un cucchiaino. Per facilitare la fuoriuscita della compressa si raccomanda l’apertura a strappo del blister, utilizzando le tacche laterali.

Come assumere Fluibron e dosaggio

La dose iniziale di Fluibron 15 mg/5 ml sciroppo è di 10 ml di sciroppo 3 volte al giorno, salvo diversa indicazione del medico; successivamente 5 ml 3 volte al giorno. Per i bambini fare riferimento a questi dosaggi:

  • Bambini da 2 a 5 anni: la dose è di 2,5 ml di sciroppo, 3 volte al giorno, salvo diversa indicazione del medico.
  • Bambini oltre i 5 anni: la dose è di 5 ml di FLUIBRON sciroppo, 3 volte al giorno, salvo diversa indicazione del medico. Non superi le dosi consigliate.

Relativamente al modo di somministrazione di Fluibron sciroppo, usare il misurino con tacche graduate a 10 ml, 5 ml e 2,5 ml, che si trova nella confezione per assumere la dose corretta. Consultare il medico se dopo l’assunzione si verificano sintomi particolari.

La dose iniziale di Fluibron 30 mg compresse è di 1 compressa 3 volte al giorno; la dose di mantenimento è di 1 compressa 2 volte al giorno.

Leggi anche: Differenze tra Mucosolvan e Bisolvon

Effetti collaterali di Fluimucil Mucolitico

Come tutti i medicinali, anche il Fluimucil Mucolitico può causare effetti indesiderati, tra cui:

  • reazioni allergiche (ipersensibilità);
  • mal di testa (cefalea);
  • ronzio all’orecchio (tinnito);
  • aumento della frequenza dei battiti del cuore (tachicardia);
  • vomito;
  • diarrea;
  • infiammazione della bocca (stomatite);
  • dolore addominale;
  • nausea;
  • irritazioni della pelle (orticaria, eruzione cutanea);
  • gonfiore dovuto ad accumulo di liquidi intorno alla bocca e agli occhi (angioedema);
  • prurito;
  • febbre (piressia);
  • pressione arteriosa ridotta.

Effetti collaterali di Fluibron

Come tutti i medicinali, anche il Fluibron può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino, tra cui:

  • prurito;
  • macchie sulla cute (orticaria, rash cutaneo);
  • gonfiore (angioedema) del viso, degli occhi, delle labbra e/o della gola con difficoltà di respirazione, dovuti ad allergia (ipersensibilità);
  • alterazione o diminuzione del senso del gusto (disgeusia);
  • diminuzione della sensibilità (ipoestesia) della bocca e della faringe (cavo orale);
  • nausea;
  • vomito;
  • diarrea;
  • difficoltà di digestione (dispepsia);
  • dolori dell’addome;
  • secchezza della bocca;
  • mal di testa;
  • ostruzione delle vie respiratorie (bronchi);
  • gola secca.

Leggi anche: Differenza tra tosse secca, grassa, cronica e con catarro

Posso assumere Fluimucil Mucolitico e Fluibron insieme?

No, non assumere i due farmaci insieme contemporaneamente. In caso di dubbio chiedere al medico.

Quale dei due è più efficace?

Sia l’N-acetilcisteina che l’Ambroxolo sono principi attivi estremamente efficaci come espettoranti-mucolitici, quindi – salvo diverso parere medico che può dipendere ad esempio da eventuali allergie – sia Fluimucil Mucolitico che Fluibron possono essere usati in caso di tosse grassa.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Primi sintomi di HIV in uomini e donne

MEDICINA ONLINE MEDICO PAZIENTE CONSULTO DIAGNOSI MEDICO DI BASE FAMIGLIA ANAMNESI OPZIONI TERAPIE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO PARERE IDEA RICHIESTA ESAME LABORATORIO ISTOLOGICO TUMORE CANCROMolti pazienti che hanno avuto un episodio a rischio di trasmissione del virus HIV (tipicamente un rapporto sessuale non protetto con una persona sconosciuta o l’uso di aghi usati in caso di tossicodipendenza), si chiedono quali siano i segnali precoci di una eventuale, temuta, infezione da HIV.

Periodo di incubazione dell’HIV

Purtroppo il periodo di incubazione dell’HIV è totalmente asintomatico e dura da due a quattro settimane dal momento del contagio, questo significa che, dal momento del contagio, può passare fino ad un mese senza avere alcun segno precoce o sintomo della presenza del virus nel nostro corpo.

Infezione acuta da HIV

Successivamente si entra nella fase della infezione acuta, che ha durata variabile (circa quattro settimane, dopo le quali i sintomi tendono a scomparire) dove però i sintomi sono molto poco specifici, essendo simili a quelli di una comune influenza. Non esistono grosse differenze tra tali sintomi negli uomini e nelle donne. Ecco i sintomi tipici dell’infezione acuta da HIV:

  1. Dolore alle articolazioni e ai muscoli. E’ un sintomo comune: è una di quelle manifestazioni sintomatiche che rende simile questa malattia al manifestarsi di un’influenza.
  2. Febbre. Uno dei primi segnali del contagio da virus HIV è una febbre di varia entità, generalmente lieve, che in certi casi può raggiungere anche i 38 °C. La febbre è accompagnata spesso da stanchezza e tutti gli altri sintomi tipicamente influenzali.
  3. Mal di gola. Di entità molto variabile, da lieve a severa.
  4. Eruzioni cutanee possono apparire soprattutto sulle braccia e sul tronco. Si tratta in genere di eruzioni non facilmente rapportabili ad altre cause e difficilmente curabili.
  5. Ingrossamento delle ghiandole linfatiche. I linfonodi, infatti, fanno parte del sistema immunitario e tendono ad infiammarsi in presenza di un’infezione. Alcuni di questi linfonodi si trovano sotto l’ascella, nell’inguine e sul collo. Il tutto può portare anche al manifestarsi del mal di gola.
  6. Malessere e di stanchezza. La reazione infiammatoria prodotta dal sistema immunitario può determinare una sensazione generale di spossatezza e malessere.
  7. Piaghe orali. In chi è affetto dal virus dell’Hiv si possono manifestare delle piaghe in bocca o nell’esofago, solitamente dovute all’herpes labiale. Quest’ultima si origina con più facilità, perché la malattia indebolisce il sistema immunitario.
  8. Nausea e diarrea. Presenti molto spesso nelle fasi iniziali dell’Hiv, di solito sono sintomi dovuti al manifestarsi di un’infezione opportunistica.
  9. Vomito. Tende a presentarsi abbastanza di frequente e può portare a problemi dentali e soprattutto disidratazione (specie se abbinato a diarrea).
  10. Perdita di peso. Nella fase acuta dell’infezione da HIV si tende a perdere peso apparentemente senza alcun motivo, ciò è dovuto sia all’inappetenza legata alla sensazione di malessere generale, sia alle forme particolarmente gravi di vomito/diarrea ripetute nel tempo.

Al termine della fase acuta, la malattia potrebbe non dare alcun segno di sé per una durata estremamente variabile, anche mesi e anni.

Se siete soggetti a rischio, possedete uno o più dei sintomi della fase acuta qui elencati e sospettate un possibile contagio da HIV, contattate subito il vostro medico, inoltre potrebbe esservi utile questo articolo: HIV e AIDS: come, dove e quando si eseguono i test per la diagnosi?

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Differenza tra omeopatia, fitoterapia ed erboristeria

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICOmeopatia

L’omeopatia è una medicina alternativa basata sui principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo. Alla base vi è l’indimostrato “principio di similitudine del farmaco” enunciato dallo stesso Hahnemann. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico“, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità talmente diluita e dinamizzata che la rende, dal punto di vista scientifico, totalmente inefficace, fatto per cui il nome stesso “farmaco omeopatico” risulta scientificamente scorretto ed è preferibile usare al suo posto la dicitura di “prodotto omeopatico“.

IMPORTANTE: Alcuni prodotti omeopatici comprendono prodotti usati anche nella fitoterapia, in cui si utilizza il principio attivo di una pianta in dosi adeguate: in tale caso il prodotto omeopatico può effettivamente “funzionare” al suo scopo dal momento che alcune piante contengono molecole con efficacia curativa provata scientificamente, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Per approfondire:

Fitoterapia

Come già anticipato, nella fitoterapia si utilizza un principio attivo ottenuto da una pianta, cioè la particolare molecola con proprietà curative che può trovarsi in maggiore concentrazione nella radice, nella corteccia, nella foglia, nel fiore o nel frutto. In fitoterapia le droghe vegetali vengono sottoposte a metodi di preparazione di tipo meccanico (frantumazione, triturazione, polverizzazione, spremitura) ed estrattivo (estrazione alcoolica, acquosa, con solventi). I medicinali fisioterapici (fitofarmaci) sono stati ufficialmente approvati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che ne ha verificato la loro qualità, efficacia e sicurezza, e sono venduti nelle farmacie e parafarmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o medicinali da banco. Detto questo si intuisce che la fitoterapia si avvicina concettualmente di molto alla medicina tradizionale ed infatti la sua efficacia è accettata dalla comunità scientifica internazionale, al contrario dell’omeopatia che è invece riconosciuta come inefficace. I fitoterapici contengono principi attivi estratti dalle piante in dosi ponderali quindi nessuna diluizione omeopatica, ergo, si mantengono le caratteristiche e le proprietà terapeutiche di partenza, al contrario dell’omeopatia. Spesso i fitoterapici affiancano i farmaci “convenzionali” nella cura di alcune malattie, come ad esempio il ginkgo biloba nell’Alzheimer o in alcune patologie oculari, o il ginseng e la maca peruviana per la disfunzione erettile.
I prodotti fitoterapici, pur essendo generalmente sicuri entro i dosaggi consigliati, possono possedere – al pari dei farmaci – alcuni effetti collaterali, tra cui allergie, nausea, vomito, ipertensione, aritmie, nervosismo, inoltre possono interferire con l’azione di altri farmaci. Ad esempio il ginkgo biloba può interferire con i processi di coagulazione del sangue ed è quindi necessaria cautela nella contemporanea somministrazione di farmaci anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici, inibitori del MAO e FANS (tipo aspirina).
I prodotti fitoterapici vanno quindi assunti con cautela, soprattutto in particolari categorie, per esempio in gravidanza e nei bambini. In definitiva, pur essendo sostanze naturali, e quindi erroneamente considerate innocue, i fitoterapici vanno assunti solo se necessario e solo dopo consiglio medico.

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Erboristeria

Abbiamo appena visto che nella fitoterapia si utilizza un principio attivo ottenuto da una pianta, cioè la particolare molecola con proprietà curative che può trovarsi in maggiore concentrazione nella radice, nella corteccia, nella foglia, nel fiore o nel frutto. Contrariamente ai prodotti usati in fitoterapia (chiamati fitofarmaci), i prodotti erboristici non sono medicinali poiché non vantano un’efficacia terapeutica riconosciuta. Ma allora a che servono? Possono contribuire al benessere generale della persona. La sostanza vegetale alla base del prodotto erboristico non si ottiene per estrazione con solventi come accade generalmente con i fitofarmaci: la preparazione avviene attraverso metodi molto semplici, quasi sempre a base di acqua (macerazioni, infusi, decotti). Nonostante ciò, al contrario di quanto spesso si pensi, i prodotti erboristici non sono privi di effetti collaterali; possono, infatti, causare intolleranze, allergie e altri effetti indesiderati. Vanno quindi assunti con cautela, soprattutto in particolari categorie, per esempio in gravidanza e nei bambini.

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Differenza tra omeopatia ed erboristeria

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACI EFFETTI COLLATERALI INDICAZIONI CONTROINDICAZIONI EFFETTO DOSE DOSAGGIO PILLOLE CREMA PASTIGLIE SUPPOSTE SIRINGA INIEZIONE EMIVITA FARMACOCINETICAOmeopatia

L’omeopatia è una medicina alternativa basata sui principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo. Alla base vi è l’indimostrato “principio di similitudine del farmaco” enunciato dallo stesso Hahnemann. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico“, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità talmente diluita e dinamizzata che la rende, dal punto di vista scientifico, totalmente inefficace, fatto per cui il nome stesso “farmaco omeopatico” risulta scientificamente scorretto ed è preferibile usare al suo posto la dicitura di “prodotto omeopatico“.

IMPORTANTE: Alcuni prodotti omeopatici comprendono prodotti usati nella fitoterapia, in cui si utilizza il principio attivo di una pianta in dosi adeguate: in tale caso il prodotto omeopatico può effettivamente “funzionare” al suo scopo dal momento che alcune piante contengono molecole con efficacia curativa provata scientificamente.

Erboristeria

Ricordiamo che nella fitoterapia si utilizza un principio attivo ottenuto da una pianta, cioè la particolare molecola con proprietà curative che può trovarsi in maggiore concentrazione nella radice, nella corteccia, nella foglia, nel fiore o nel frutto. Contrariamente ai prodotti usati in fitoterapia (chiamati fitofarmaci), i prodotti erboristici non sono medicinali poiché non vantano un’efficacia terapeutica riconosciuta. Ma allora a che servono? Possono contribuire al benessere generale della persona. La sostanza vegetale alla base del prodotto erboristico non si ottiene per estrazione con solventi come accade generalmente con i fitofarmaci: la preparazione avviene attraverso metodi molto semplici, quasi sempre a base di acqua (macerazioni, infusi, decotti). Nonostante ciò, al contrario di quanto spesso si pensi, i prodotti erboristici non sono privi di effetti collaterali; possono, infatti, causare intolleranze, allergie e altri effetti indesiderati. Vanno quindi assunti con cautela, soprattutto in particolari categorie, per esempio in gravidanza e nei bambini.

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Differenza tra omeopatia e fitoterapia

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROOmeopatia

L’omeopatia è una medicina alternativa basata sui principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo. Alla base vi è l’indimostrato “principio di similitudine del farmaco” enunciato dallo stesso Hahnemann. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico“, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità talmente diluita e dinamizzata che la rende, dal punto di vista scientifico, totalmente inefficace, fatto per cui il nome stesso “farmaco omeopatico” risulta scientificamente scorretto ed è preferibile usare al suo posto la dicitura di “prodotto omeopatico“.

Fitoterapia

Nella fitoterapia si utilizza un principio attivo ottenuto da una pianta, cioè la particolare molecola con proprietà curative che può trovarsi in maggiore concentrazione nella radice, nella corteccia, nella foglia, nel fiore o nel frutto. In fitoterapia le droghe vegetali vengono sottoposte a metodi di preparazione di tipo meccanico (frantumazione, triturazione, polverizzazione, spremitura) ed estrattivo (estrazione alcoolica, acquosa, con solventi). I medicinali fisioterapici sono stati ufficialmente approvati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che ne ha verificato la loro qualità, efficacia e sicurezza, e sono venduti esclusivamente nelle farmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o medicinali da banco.

L’esempio delle foglie di salice

Il fatto che una pianta contenga una molecola che abbia qualità farmacologiche curative non deve trarci di sorpresa, basti pensare che tale qualità delle piante era già nota nell’antichità, quando ad esempio si masticavano foglie di salice in caso di febbre o dolori. Lo stesso principio attivo contenuto nelle foglie di salice è presente attualmente nelle comuni aspirine e prende non a caso il nome di acido salicilico. Detto questo si intuisce che la fitoterapia si avvicina concettualmente di molto alla medicina tradizionale ed infatti la sua efficacia è accettata dalla comunità scientifica internazionale, al contrario dell’omeopatia che è invece riconosciuta come inefficace. I fitoterapici contengono principi attivi estratti dalle piante in dosi ponderali quindi nessuna diluizione omeopatica, ergo, si mantengono le caratteristiche e le proprietà terapeutiche di partenza, al contrario dell’omeopatia.

IMPORTANTE: Alcuni prodotti omeopatici comprendono prodotti usati nella fitoterapia, in cui si utilizza il principio attivo di una pianta in dosi adeguate: in tale caso il prodotto omeopatico può effettivamente “funzionare” al suo scopo dal momento che alcune piante contengono molecole con efficacia curativa provata scientificamente.

I fitoterapici hanno controindicazioni ed effetti collaterali

Molti pensano che i fitoterapici, essendo estratti da piante, non debbano avere alcun effetto collaterale, né controindicazioni: niente di più falso! Avendo, parimenti ai farmaci tradizionali, uno specifico principio attivo, tale principio non va assunto “a caso” perché potrebbe portare danni anche gravi. Per esempio il Ginkgo Biloba è un ottimo rimedio per le vasculopatie periferiche, ed è un ottimo antiossidante, utile quindi negli anziani per migliorare l’apporto di sangue in periferia e quindi l’ossigenazione dei tessuti, rallentando l’invecchiamento cellulare, tuttavia il Ginkgo Biloba non si può assumere durante una terapia farmacologia con antiaggreganti piastrinici, altrimenti si rischia una emorragia potenzialmente molto grave!

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Differenza tra omeopatia e naturopatia

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Dieta Peso Obesità Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Ecografie Psicologia Clinica Smettere fumare e YogaOmeopatia

L’omeopatia è una medicina alternativa basata sui principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo. Alla base vi è l’indimostrato “principio di similitudine del farmaco” enunciato dallo stesso Hahnemann. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico“, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità talmente diluita e dinamizzata che la rende, dal punto di vista scientifico, totalmente inefficace, fatto per cui il nome stesso “farmaco omeopatico” risulta scientificamente scorretto ed è preferibile usare al suo posto la dicitura di “prodotto omeopatico“.

Naturopatia

La naturopatia è l’insieme delle pratiche di medicina naturale, che ha lo scopo di mantenere o ristabilire l’equilibrio della persona, sia dal punto di vista fisico che psichico. Secondo i sostenitori della medicina naturopatica, questa non si sostituisce alla medicina tradizionale (che i naturopati chiamano “medicina allopatica“) ritenuta indispensabile in caso di patologie “importanti” (cancro, traumi gravi, infezioni…) o di emergenza (infarto del miocardio, ictus cerebrale, embolia polmonare…). La naturopatia, secondo i suoi sostenitori, rappresenta un soggetto essenziale nella prevenzione delle malattie: insegna uno stile di vita orientato a mantenere integro l’organismo il più a lungo possibile, riducendo il ricorso ai farmaci di sintesi. In caso di problemi cronici, la naturopatia può inoltre affiancare la medicina allopatica, in quanto lo stile di vita sano può influire positivamente sulla modulazione dei sintomi.

Naturopatia e medicina tradizionale (allopatica)

La naturopatia tende ad osserva la persona nel suo insieme (cioè corpo, mente ed energia, in quella che viene definita “dimensione olistica”) mentre la medicina tradizionale concentra sempre più l’attenzione su segni e sintomi empirici. Nella medicina tradizionale, a seconda della patologia interessata, esistono varie branchie specifiche come gastroenterologia, cardiologia, ortopedia… Parimenti anche la naturopatia è divisa in varie pratiche: dall’alimentazione naturale a varie forme di digitopressione (come la reflessologia plantare e lo shiatzu), dalle terapie energetiche (cromoterapia, cristalloterapia, reiki, kinesiologia, floriterapia e molte altre) ai massaggi (ayurvedico, thailandese, psicosomatico, ecc.), dalle pratiche di igienismo naturale (idroterapie, saune, infrarossi, ecc.) alla fitoterapia e omeopatia indicate dalla nostra lettrice.

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Omeopatia: cos’è? I farmaci omeopatici funzionano realmente?

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA AEROSOL ASMA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS INTRAMUSCOLO PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROINDICAZIONIL’omeopatia è una medicina alternativa basata sui principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo. Alla base vi è l’indimostrato “principio di similitudine del farmaco” enunciato dallo stesso Hahnemann. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico“, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità talmente diluita e dinamizzata che la rende, dal punto di vista scientifico, totalmente inefficace, fatto per cui il nome stesso “farmaco omeopatico” risulta scientificamente scorretto ed è preferibile usare al suo posto la dicitura di “prodotto omeopatico“.

L’omeopatia funziona davvero o no?

Allo stato attuale della ricerca, la risposta è NO, dal momento che nessuno studio scientifico pubblicato su riviste mediche autorevoli e di valore riconosciuto ha potuto dimostrare che l’omeopatia presenti, per una qualsiasi malattia, un’efficacia clinico-terapeutica che sia superiore all’effetto placebo. Inoltre l’omeopatia viene rifiutata dagli scienziati per la sua debolezza teorica (cioè l’incompatibilità dei suoi postulati con le odierne conoscenze chimiche) e per la mancanza di un meccanismo plausibile che ne possa spiegare il funzionamento, meccanismo che poteva essere in qualche modo essere “misterioso” all’inizio del XIX secolo, ma non nel 2018. Per l’insieme di queste ragioni l’omeopatia è considerata una pseudoscienza dalla comunità scientifica internazionale, che considera i prodotti omeopatici potenzialmente pericolosi per la salute dato che il loro uso può ritardare la messa in atto di iter terapeuti con farmaci di provata efficacia.

Omeopatia e fitoterapia

Alcuni prodotti omeopatici comprendono prodotti usati nella fitoterapia, in cui si utilizza il principio attivo di una pianta in dosi adeguate: in tale caso il prodotto omeopatico può effettivamente “funzionare” al suo scopo dal momento che alcune piante contengono molecole con efficacia curativa provata scientificamente.

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Gli studi autorevoli sull’omeopatia

Nel febbraio 2010 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca sulle prove di efficacia dell’omeopatia, condotta nel 2009 e 2010 dalla commissione Science and Technology della Camera dei Comuni britannica: lo studio conclude che l’omeopatia non ha effetti superiori a quelli di un placebo. La commissione la considera pertanto un “trattamento placebo” (placebo treatment) e dichiara che sarebbe una “cattiva pratica medica” (bad medicine) prescrivere placebo puri. La Cochrane Collaboration ha condotto una serie di review sugli studi clinici condotti sull’efficacia dell’omeopatia. Tali review vengono effettuate a partire dal 1998 e aggiornate regolarmente ogni pochi anni. Oltre ad evidenziare numerose carenze metodologiche in molti degli studi analizzati, la Cochrane non ha trovato prove di efficacia dell’omeopatia in nessuno degli ambiti presi in esame, fra cui l’induzione del parto ed il trattamento

  • dell’influenza,
  • dell’asma cronico,
  • dell’osteoartrite dell’ADHD,
  • della demenza,
  • della riduzione effetti avversi della chemioterapia dei tumori.

Una meta analisi pubblicata nell’agosto del 2005 dalla rinomata rivista medico scientifica The Lancet ha avuto molto risalto sulla stampa, in quanto screditava l’omeopatia come metodo curativo scientifico, sostenendo che l’efficacia fosse spiegabile con l’effetto placebo. Gli autori della meta analisi concludono che l’efficacia dei rimedi omeopatici è compatibile con l’ipotesi che derivino dall’effetto placebo.

Potenza: diluizione e dinamizzazione

Un prodotto omeopatico preparato a partire dal Rhododendron tomentosum: L’indicazione “15CH” mostra che esso, per via del numero di Avogadro, non contiene alcuna traccia del prodotto originario. La diluizione, concetto fondamentale e sul quale si appuntano le critiche maggiori, viene detta in omeopatia “potenza”. Le potenze sono in realtà diluizioni 1 a 100 (potenze centesimali o potenze C o anche CH) o diluizioni 1 a 10 (potenze decimali o potenze D o anche DH). In una diluizione C una parte di sostanza viene diluita in 99 parti di diluente e successivamente “dinamizzata”, ovvero agitata con forza secondo un procedimento chiamato dagli omeopati “succussione”; in una diluizione D, invece, una parte di sostanza viene diluita in 9 parti di diluente e sottoposta poi alla stessa dinamizzazione. Ogni sostanza omeopatica pronta per l’impiego riporta il tipo di diluizione e la potenza. Ad esempio, in un rimedio con potenza 12C la sostanza originaria è stata diluita per dodici volte, ogni volta 1 a 100, per un totale di una parte su 10012 (=1024). Una potenza 12D, utilizzata abbastanza comunemente in omeopatia, equivale invece ad una soluzione nella quale la concentrazione è una parte su un milione di milioni (1012), che equivale ad esempio ad un millimetro cubo su mille metri cubi. Numerosi preparati omeopatici sono diluiti a potenze ancora maggiori, in qualche caso sino a 30C ed oltre. Tutto questo deve far capire al lettore quanto un fantomatico principio attivo sia diluito nel prodotto che acquista: la diluizione è talmente elevata che il prodotto omeopatico è scientificamente accostabile alla semplice acqua che esce dal lavandino.

Danni derivanti dall’uso dell’omeopatia

Molti pazienti assumono prodotti omeopatici con la filosofia di “male non fa” ed in alcuni casi paradossalmente questo discorso ha senso, come nel caso di alcune patologie minori. Ad esempio un semplice raffreddore, che “passa” da solo nell’arco di due o tre giorni, viene spesso curato con prodotti omeopatici. Finiti i tre giorni, il raffreddore “passa” da solo ed il paziente è erroneamente portato a pensare che sia stata l’omeopatia a curarlo. In ogni caso, specie in caso di soggetto “ipocondriaco”, l’assumere il prodotto omeopatico (composto in pratica da sola acqua) gli ha evitato l’assunzione di numerosi farmaci “veri” che, in alcuni casi gli avrebbero effettivamente procurati inutili effetti collaterali: in questo caso l’omeopatia “salva” l’ipocondriaco da un eccessivo uso di farmaci. Prendiamo invece il caso di malattie più importanti, ad esempio infezioni e febbre alta in un bambino: usare in questi casi un prodotto omeopatico al posto di un farmaco realmente efficace, determina un pericoloso abbandono delle terapie convenzionali in favore di prodotti inefficaci, ritardando la terapia e potendo indirettamente determinare gravi danni all’organismo.

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Differenza tra PET, TAC e risonanza magnetica

MEDICINA ONLINE Tomografia ad emissione di positroni PET Positron Emission Tomography tumori TAC TC CANCRO TUMORE DIAGNOSTICA PER IMMAGINI RISONANZA MAGNETICALa Tomografia ad emissione di positroni (anche chiamata “PET” acronimo dall’inglese “Positron Emission Tomography”) è una metodica di diagnostica per immagini che consente di individuare precocemente i tumori e di valutarne la dimensione e la localizzazione. L’esame si basa sulla somministrazione di radiofarmaci, caratterizzati dall’emissione di particelle chiamate positroni. Le indagini di Medicina Nucleare, come la PET, prevedono la somministrazione di una piccola quantità di una sostanza radioattiva (radiofarmaco), al fine di indagare le caratteristiche funzionali degli organi e degli apparati nei quali il radiofarmaco si localizza. La procedura inizia con l’iniezione di un radiofarmaco formato da un radio-isotopo tracciante con emivita breve, legato chimicamente a una molecola attiva a livello metabolico (vettore), ad esempio il fluorodesossiglucosio (18F-FDG). Dopo essere stato somministrato per via endovenosa, il radiofarmaco si distribuisce in particolari modi nel corpo del paziente permettendo di ottenere delle immagini diagnostiche. La tomografia ad emissione di positroni in medicina serve per svariati scopi, come:

  • lo studio delle patologie neoplastiche;
  • la diagnosi differenziale delle demenze e studi di neuroimaging funzionale;
  • lo studio delle malattie di interesse reumatologico e infettivologico;
  • la ricerca di miocardio ibernato e studi di perfusione cardiaca.

Differenza tra PET, TAC e risonanza magnetica

La differenza fondamentale tra le tre tecniche è il mezzo con cui l’immagine viene raggiunta: nella TAC (o TC) si usano radiazioni ionizzanti e loro diverso assorbimento da parte delle diverse strutture anatomiche; nella risonanza magnetica nucleare (RM) si usa la misura della precessione dello spin di protoni quando sono sottoposti ad un campo magnetico; infine nella PET si usa l’emissione di positroni da parte del radiofarmaco. A differenza della Tomografia computerizzata e della risonanza magnetica, che forniscono informazioni di tipo morfologico, la PET dà informazioni di tipo fisiologico  permettendo di ottenere mappe dei processi funzionali all’interno del corpo e non solo mappe anatomiche come avviene per TAC ed RM.

TAC, PET o risonanza magnetica: quale tecnica è la migliore?

La risposta a questa domanda è “dipende”: alcune patologie fanno preferire una tecnica piuttosto che l’altra e sarebbe quindi controproducente in questa sede dare una risposta generica e fuorviante a questa domanda. Sarà comunque il medico, e non il paziente, a decidere la tecnica maggiormente indicata, soppesando vantaggi, svantaggi ed ipotesi diagnostica.

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