Come e quanto correre per dimagrire?

MEDICINA ONLINE TREADMILL RUNNER CARDIO CORRERE CORRIDORE CORSA APERTO TAPIS ROULANT MAGNETICO ELETTRICO MECCANICO DIFFERENZE DIETA DIMAGRIRE AEROBICA GRASSO CALORIE SALITA PESI CITTA SMOGSe state pensando di cominciare a correre per dimagrire, siete sulla strada giusta. Ma attenzione: perdere grasso è diverso da bruciare il grasso, e per dimagrire davvero, perdere il grasso in eccesso e aumentare muscoli e massa magra è importante prima di tutto sapere come funziona il nostro corpo.

Fondamentalmente, quando corriamo il nostro corpo usa sia carboidrati che grasso come energia. L’uso di carboidrati o grasso durante la corsa dipende dalla velocità e dall’intensità con cui si corre: per corse ad alta intensità o interval workout (sedute di allenamento con momenti ad alta intensità intervallati a momenti di recupero) il nostro corpo impiega prevalentemente i carboidrati. Questo perché sono più veloci da utilizzare. Se invece corriamo a ritmo blando e per un tempo prolungato, il nostro metabolismo brucerà i grassi.

Quindi basta correre piano e a lungo per dimagrire? No, perché per dimagrire non basta bruciare il grasso di troppo. Bisogna in realtà bruciare più calorie di quante se ne assumono. E più si lavora intensamente, più si bruciano calorie. Correndo o facendo qualsiasi sport o attività fisica.

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Quindi per bruciare molte calorie con la corsa bisogna correre ad alta intensità. No, non uno sprint, ma più o meno all’80% della propria massima frequenza cardiaca. Diciamo un ritmo che impedisce di parlare con il proprio compagno di allenamento, ovvero appena sotto la soglia aerobica. C’è un però: per correre a questo ritmo bisogna essere molto allenati, ma se l’obiettivo è dimagrire molto probabilmente non si è ben allenati. Allora bisogna trovare una strategia diversa.

Per esempio variando il ritmo della corsa, da un giorno all’altro oppure all’interno della stessa seduta di corsa. Dopo qualche mese di allenamento di corsa regolare, si può cominciare a inserire una o due sedute di corsa veloce a settimana: più o meno 20′ all’80% della massima frequenza cardiaca (dopo aver fatto un ottimo riscaldamento). Oppure si può cominciare facendo interval training2′ ad alta intensità sempre all’80% della frequenza cardiaca e 2′ a ritmo blando, per recuperare. Già farne 10 in totale è un buon inizio per cominciare a perdere peso: si può poi aumentare il tempo oppure il numero di ripetizioni.

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Corsa, frequenza cardiaca, formula di Tanaka e cardiofrequenzimetro

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MUSCOLI PROTEINE AMINOACIDI INTEGRATORI CORSA DIMAGRIRE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA BAMBINO GRASSO DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETAPer tutti i runner che si allenano quotidianamente, che seguano tabelle o si orientino a intuito su come e quando variare il proprio ritmo di corsa, può essere di grande aiuto conoscere le frequenze cardiache allenanti per il proprio sistema aerobico. Questo  può risultare determinante non solo per il miglioramento della prestazione ma anche e soprattutto per una consapevole gestione delle proprie forze e del sistema cardiovascolare.

L’uso del cardiofrequenzimetro risulta efficace come strumento di conoscenza del nostro corpo ed un ottimo punto di partenza per chi inizia a correre. Prendiamo come esempio una sessione di allenamento che la maggior parte dei runner ha nel suo programma: i lavori in pista. Quasi tutti hanno avuto nel proprio programma di preparazione una sessione di resistenza aerobica in cui di solito si svolgono lavori di lunghezza media (10×400 metri) con una breve pausa tra una ripetuta e l’altra di circa un minuto. Eppure questo non è sufficiente ad indicarci che il lavoro che si sta svolgendo sia realmente un lavoro di resistenza.

Perché? Se il ritmo della corsa risulta superiore alla nostra velocità di soglia il nostro cuore non riuscirà a smaltire tutto l’acido e il lattato prodotto dalla resintesi dell’ATP (la molecola energetica necessaria per l’attività muscolare) e il sistema energetico che andremo ad usare (allenare) risulterà quello anaerobico lattacido. Le conseguenze saanno quelle di provocare un eccessivo affaticamento con la difficoltà, e talvolta l’impossibilità, di portare a termine correttamente l’allenamento e con un sovraccarico funzionale che influirà negativamente ed inevitabilmente sulla successiva sessione di training. Il cardiofrequenzimetro ci può dare delle informazioni di base e approfondite su ciò che stiamo facendo, aiutandoci così ad essere consapevoli di quello che il sistema energetico che abbiamo attivato sta metabolizzando durante la corsa.

Partiamo dalla formula di Tanaka :

Fc max (Frequenza cardiaca massima) = 208 – (0,7 x età)

A partire da questa formula utilizziamo il cardiofrequenzimetro in tre step per acquisire una maggiore consapevolezza del ritmo e del tipo di allenamento che si sta facendo (aerobico – anaerobico – resistenza – potenza aerobica – potenza anaerobica).
Ecco il primo step:

  • Usare il cardio frequenzimetro A RIPOSO per verificare la frequenza cardiaca di base.
  • Usare il cardio frequenzimetro IN ALLENAMENTO per verificare costantemente la frequenza cardiaca e le andature di allenamento.
  • Usare il cardio frequenzimetro DOPO L’ALLENAMENTO analizzando i dati registrati durante la sessione di lavoro.

In quest’ultima modalità è possibile in modo particolare capire quali sono le velocità di soglia (anarobica e VO2 max, cioè masimo uso di ossigeno) e visualizzare quali sono stati i regimi di frequenza cardiaca maggiormente sollecitati durante l’allenamento.

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Correre fa ingrassare? Gli errori da evitare

MEDICINA ONLINE TOM TOM RUNNER CARDIO CORRERE CORRIDORE CORSA APERTO TAPIS ROULANT MAGNETICO DIFFERENZE DIETA DIMAGRIRE AEROBICA GRASSO BRUCIARE MINUTI CALORIE SALITA BOSCO CITTA SMOG WALa convinzione di moltissimi appassionati di corsa, almeno di quelli meno esperti, è che correndo sia automatico per loro perdere peso: quindi è normale che poi rimangano delusi se ciò non avviene. Questo può dipendere dallo stile di corsa: se le uscite sono frequenti e di lunga durata, il runner deve prevedere variazioni di ritmo o di pendenza, intervallando corsa in piano con corsa in salita oppure variando di frequente la velocità. Non è comunque l’unico fattore che influisce sul peso corporeo del runner: molto importante è anche abbinare alla corsa un regime alimentare equilibrato e vario.

Ci sono alcuni errori che il runner deve evitare se vuole mantenere una buona linea. Per iniziare, è bene che i pasti siano distribuiti durante il giorno: mangiare tanto a cena, ad esempio, significa assicurarsi energia in eccesso, poiché il dispendio in quel particolare momento della giornata è più basso. Il rischio è quindi quello di accumulare depositi adiposi. Altrettanto sbagliato è eccedere in quantità dopo una seduta di allenamento o una competizione: se è vero che l’organismo deve essere aiutato a recuperare le energie spese, è anche vero che l’apporto calorico deve essere commisurato all’effettivo dispendio energetico.

Bisogna poi fare attenzione a stimare con precisione il proprio fabbisogno energetico: nel calcolarlo, si deve tenere conto non soltanto dell’attività fisica giornaliera ma anche del cosiddetto metabolismo basale, definito come il dispendio energetico di un organismo a riposo e comprende l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali. Quando possibile, è meglio evitare il riferimento a tabelle generiche e consultare uno specialista.
È bene poi che il runner riduca drasticamente il consumo di bevande gassate e alcoliche, che per il loro contenuto di zuccheri semplici aumentano la glicemia. È bene inoltre evitare gli snack, che non saziano e hanno un notevole apporto calorico, per via dei grassi saturi funzionali alla loro preparazione e conservazione.

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Miliardi di persone, una sola anima

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO NATURA FIORI MARGHERITE PRATO…e correre nudi per campi sterminati di margherite, senza provare dolore, né fame, né sete, né odio. Senza aver bisogno di tv, cellulare o di elettricità. Senza sonno né paure; senza crudeltà né vergogna. Calunnie ed ipocrisie, concetti ormai dimenticati nel tempo. Liberi di amare senza meschini giudizi; raccolti in un unico colore scevro da pregiudizi. Liberi da schiavitù, guerre, torture, invidie e malattie. Solo il vento tiepido sul viso e sul petto.

Miliardi di persone, una sola anima.

Questo è il paradiso.

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Medico Chirurgo
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La rivincita dei pigri: chi fa troppo esercizio fisico sta male come chi è sedentario

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO YOGA RELAX MEDITAZIONE DONNA TRANQUILLITA MENTE RILASSAMENTO PALESTRA ESERCIZIO PESI MUSCOLI STRETCHING CORSA RUNNING NATURA CORREREFate lunghissime sessioni di corsa pensando di fare qualcosa di buono per la vostra salute? Forse vi state sbagliando! Uno studio del Frederiksberg Hospital di Copenhagen ha confermato una tesi che a qualcuno sembrerebbe quasi ovvia: i ricercatori danesi hanno scoperto che per fare del bene al nostro corpo, serve una moderata quantità di esercizio fisico, evitando gli eccessi. Per arrivare a queste conclusioni, pubblicate sul Journal of American College of Cardiology, i ricercatori hanno esaminato 5.048 soggetti sani che hanno preso parte al Copenhagen City Heart Study e scoperto che chi fa jogging intenso ha le stesse probabilità di morire di chi è sedentario, mentre la pratica della corsa moderata è risultata associata a una mortalità più bassa e una frequenza cardiaca migliore.

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Correre fa male al cuore?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO YOGA RELAX MEDITAZIONE DONNA TRANQUILLITA MENTE RILASSAMENTO PALESTRA ESERCIZIO PESI MUSCOLI STRETCHING CORSA RUNNING NATURA CORREREIl primo fu Filippide. Che, dopo aver corso per i 42 chilometri mitici che avrebbero dato origine alla maratona, crollò a terra morto. Da allora la storia di questa competizione è costellata da incidenti e anche lutti.

Il maratoneta Alberto Salazar, a 48 anni, è stato colpito da un attacco di cuore ed è stato salvato da un intervento d’urgenza. Micah True, l’ultramaratoneta protagonista del libro best seller Born to Run, è morto durante una corsa nel deserto del New Mexico. Ryan Shay invece morì durante gli allenamenti per le Olimpiadi del 2008.
Tutte queste tragedie colpiscono anche perché la condizione fisica degli atleti dovrebbe proteggerli dalle malattie cardiache.

Negli ultimi anni, un piccolo gruppo di cardiologi ha avanzato l’ipotesi che un eccesso di esercizio fisico in realtà danneggi il cuore. Lo scrive il New Yorker in un articolo che cita gli studi di James O’Keefe, direttore di cardiologia preventiva del Mid America Heart Institute di Kansas City, Missouri. O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico oltre una certa soglia può portare a malattie cardiache, e diminuire i benefici dell’esercizio fisico moderato. In una video-intervista O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico estremo “non è favorevole alla salute cardiovascolare a lungo termine”. “Darwin aveva torto su una cosa”, dice O’Keefe. “Non è quello che si adatta meglio a sopravvivere, ma quello moderatamente più in forma”.

Per quelli che credono che la regola del “tutto con moderazione” si possa applicare in vari campi, questo argomento ha un senso. Secondo l’articolo, l’esercizio fisico rimane una delle cose migliori che si possa fare per migliorare la salute cardiovascolare, ma non c’è bisogno di correre maratone per ottenerne i benefici.

O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico oltre una certa soglia aumenti il rischio cardiovascolare. Ma, data la complessità del cuore, la sua tesi è difficile da smentire.

L’eccessivo esercizio è stato costantemente associato alla fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo che aumenta il rischio di ictus e lascia in alcune persone la sensazione di debolezza e di essere senza fiato. Uno studio ha esaminato i tassi di fibrillazione atriale in oltre cinquantamila uomini svedesi che avevano partecipato alla Vasaloppet, un evento di novanta chilometri di sci di fondo, per dieci anni. Coloro che hanno portato a termine il maggior numero di gare o che hanno avuto i tempi più veloci sembravano avere un rischio maggiore di fibrillazione atriale.

Ma quanto è alto questo rischio? Alcuni suggeriscono che il rischio di fibrillazione atriale per atleti estremi sia cinque volte più alto rispetto a quello dei sedentari. Ma Brian Olshansky, specialista del ritmo cardiaco in Iowa, ha contribuito a ridimensionare questo dato catastrofico: “Diciamo che nell’arco della vita il rischio di fibrillazione atriale è dello 0,3 per cento” (il rischio varia a seconda di diversi fattori, come l’età e l’obesità). “Un aumento di cinque volte, lascia ancora il rischio di fibrillazione atriale ad appena l’1,5 per cento.”

Però anche John Mandrola, un cardiologo al Baptist Medical Associates di Louisville, Kentucky, mette in guardia contro l’esercizio fisico estremo. Mandrola è stato un ciclista per decenni, e qualche anno fa ha subito un grave incidente motociclistico. Nonostante le fratture dolorose, si rimise rapidamente in sella alla bici, percorrendo 20 miglia nella sua prima corsa dopo l’incidente. Mandrola rimase rapidamente a corto di fiato e stordito, con poche forze. La sensazione era quella descritta più volte dai suoi pazienti: era in fibrillazione atriale.

Una volta passata la paura di essere vittima di un ictus, la sua vita però cambiò completamente: per anni, era stato un ciclista a cui era capitato di essere un cardiologo. Adesso era solo un cardiologo. Alcuni scienziati ipotizzano che l’infiammazione possa avere un ruolo nella fibrillazione atriale, e Mandrola cominciò a vedere i danni del suo precedente stile di vita come dovuti a un eccesso di infiammazione: “Non è solo il problema durante una gara. Ma è l’essere in allenamento perenne, che genera il problema”.

Come Mandrola, anche O’Keefe era una volta un super atleta, e aveva vinto diverse gare di triathlon. Poi, con la mezza età, ha deciso di cambiare il suo approccio. Nell’editoriale O’Keefe e il suo collega Carl Lavie suggeriscono che l’esercizio fisico vigoroso dovrebbe essere limitato a “trenta, cinquanta minuti al giorno.”

Ma c’è davvero qualche ragione per credere che anni di allenamento duro accorcino la vita, o peggiorino la salute cardiovascolare? Per il momento, no. Infatti altri studi, la maggior parte dei quali della Health Study Runners, suggeriscono che i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari continuino a diminuire con l’aumento delle quantità di esercizio fisico.

“Dopo aver esaminato i dati, spiega Lisa Rosenbaum, autrice dell’articolo sul New Yorker, la mia impressione è che non ci sono dati convincenti che suggeriscano che la mortalità differisca significativamente tra chi pratica esercizi moderati ed estremi. Ma mentre l’esercizio costante diminuisce la probabilità di avere un attacco di cuore, se siete destinati ad averne uno è più probabile che questo accada mentre vi state sta esercitando.

E conclude l’articolo con una riflessione: “La scienza è una risorsa inestimabile per aiutare le persone a condurre una vita più sana, ma non dovrebbe essere un arma per spaventare le persone che non lo fanno”.

FONTE

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Vieni a correre con me?

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“Dove vai a correre stasera?”
 “Sulla luna… vieni con me?”

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Dormire poco ti consuma il cervello ma correre te lo ricostruisce

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA SONNO DORMIREDormire troppo poco provoca la morte delle cellule cerebrali. Lo dicono i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori della School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, che ha condotto uno studio sugli effetti della deprivazione del sonno sui topi. E se le conclusioni degli scienziati americani dovessero valere anche per l’uomo, questo può significare una cosa sola, e cioè che è perfettamente inutile cercare di «recuperare il sonno perso» dopo un periodo particolarmente intenso.

Turni di notte e lavoro fino a tardi

La ricerca, pubblicata sul prestigioso Journal of Neuroscience e ripresa anche dalla BBC, potrebbe avere un’applicazione nel campo della farmacologia: potrebbe infatti nascere un farmaco in grado di «proteggere» il cervello dagli effetti della mancanza di sonno. Effetti che, almeno per quanto riguarda i topi, sono estremamente marcati: i roditori sono stati posti in un ambiente che replicava le cause tipiche della deprivazione di sonno, come i turni di lavoro notturni o, semplicemente, un sovraccarico di lavoro che, spesso, può obbligare chiunque a stare in ufficio fino a tardi. Dopo diversi giorni a questo ritmo – i topi potevano dormire solo quattro o cinque ore per notte – i roditori avevano perso il 25% delle cellule cerebrali, in gran parte appartenenti al tronco cerebrale.

Funziona così anche per gli umani?

Secondo i ricercatori si tratta di una prova evidentissima di come la mancanza di sonno porti alla perdita di cellule cerebrali: tuttavia sono necessari ulteriori studi per riuscire a stabilire se la deprivazione di sonno possa provocare gli stessi danni anche a un cervello umano. Danni che oltretutto sarebbero irreversibili, ma che non è detto si producano allo stesso modo anche sull’uomo, come sottolinea il professor Hugh Piggins della University of Manchester: «Gli autori hanno fatto un parallelismo tra i turni di lavoro notturni e la deprivazione da sonno e hanno concluso che la mancanza cronica di sonno può avere delle ripercussioni non soltanto sulla nostra salute fisica, ma anche su quella mentale – ha spiegato – Ma questa possibilità deve essere dimostrata da molte altre ricerche, nonostante sia fuori discussione che una buona igiene del sonno sia fondamentale per il benessere di una persona».

L’esercizio fisico “ricostruisce” il cervello

Dopo aver visto come il sonno “distrugge” il nostro cervello, passiamo ora alle buone notizie! Che l’esercizio fisico giovi non solo al corpo ma anche al cervello, grazie alla produzione di nuovi neuroni, è cosa nota. I ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma hanno però dimostrato per la prima volta che la corsa è in grado di rallentare molto il processo di invecchiamento cerebrale e di stimolare la produzione di nuove cellule staminali, che migliorano le capacità mnemoniche. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Stem Cells.

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