Diplegia: definizione, cause e sintomi

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO PARALISICon diplegia in campo medico si intende la paralisi di una parte del corpo, che colpisce due parti simmetriche del corpo, per esempio gli arti inferiori, ed in misura minore i superiori.

Essa è determinata da lesioni bilaterali della via nervosa motoria piramidale, che possono essere indotte da processi patologici di diversa natura (per es. disturbi vascolari, tumori o traumi). Il sintomo principale è appunto la paralisi della parte del corpo interessata e la cura dipende essenzialmente dalla causa che l’ha determinata.

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Paraplegia: erezione, disfunzione erettile ed eiaculazione

MEDICINA ONLINE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVLe conseguenze di una lesione midollare (paralisi, incontinenza fecale, disfunzione erettile…)  sono determinate dal livello e dalle caratteristiche della lesione stessa, che può essere completa o incompleta; è comunque accertato che dopo un danno mielico le funzioni sessuali nell’uomo risultano quasi sempre compromesse.

Conseguenze di una lesione midollare sulla sessualità

Nel maschio, infatti, si può verificare un completo sconvolgimento delle funzioni dell’apparato genitale: sia la funzione erettiva che quella eiaculatoria sono sempre deficitarie (a volte addirittura assenti), con notevoli compromissioni della “potenza sessuale” (possibilità di avere normali rapporti sessuali: coito) e della fertilità (possibilità di procreare). Inoltre viene quasi sempre alterata (o abolita) la sensibilità orgasmica. E’ opportuno comunque ribadire che esistono notevoli variabilità individuali legate al livello e alla completezza della lesione, nonchè alcune possibilità terapeutiche che verranno illustrate in seguito.

La lesione midollare compromette notevolmente la capacità eiaculatoria. Nei giorni immediatamente successivi ad un danno midollare, durante la fase di shock spinale, non è possibile ottenere né l’erezione né l’eiaculazione. Una volta superata la fase di shock spinale, si osserva nel paziente la ripresa dell’attività riflessa midollare con quadri clinici ovviamente diversi a seconda del livello di lesione.

Nei pazienti con lesione al di sopra di T9 è possibile ottenere l’eiaculazione durante il coito o la masturbazione (eiaculazione riflessa), per l’integrità sia del centro toraco-lombare, che controlla l’emissione, che del centro somatico sacrale, che regola l’eiaculazione propriamente detta: l’interruzione delle connessioni con i centri encefalici, però, consente solo raramente una eiaculazione spontanea. In alcuni casi, per la presenza di dissinergia tra lo sfintere liscio e lo sfintere striato dell’uretra, durante l’eiaculazione il liquido seminale può refluire in vescica: non si osserva pertanto alcuna espulsione di sperma all’esterno pur essendo conservato il riflesso dell’emissione (eiaculazione retrograda) (Figura 3).

Nelle lesioni che coinvolgono i metameri T9-L1 non vi è la possibilità di ottenere in alcun modo l’emissione e di conseguenza l’eiaculazione.

Nelle lesioni al di sotto di L1 vi può essere, anche se non frequentemente, emissione di liquido seminale (eiaculazione psicogena), spesso non legata al coito o alla masturbazione, per la conservazione del controllo corticale sul centro simpatico toraco-lombare: se il centro somatico S2-S4 è rimasto integro, l’eiaculazione potrà assumere caratteristiche fisiologiche (eiaculazione “a getto”), mentre in caso di lesione del cono terminale l’eiaculazione sarà debole e gocciolante. In caso di lesione incompleta le possibilità di ottenere l’eiaculazione saranno ovviamente maggiori e si potranno configurare quadri clinici di difficile standardizzazione.

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Terapia

La terapia dei deficit dell’eiaculazione è rappresentata dal vibromassaggio penieno e dall’elettroeiaculazione.

Il trattamento più utilizzato è il vibromassaggio penieno (Figura 4), che viene realizzato con una stimolazione della superficie ventrale del pene, dalla radice alla regione del frenulo, mediante un apparecchio che produce vibrazioni meccaniche di frequenza da 70 a 110 Hz e ampiezza di 2-3 mm. Grazie alla particolare stimolazione della cute del pene, l’input raggiunge il centri midollari dell’emissione e dell’eiaculazione, evocando il riflesso eiaculatorio: è necessario, però, che il centro toraco-lombare sia integro, come pure le fibre ascendenti (tratto lombo-sacrale) dell’arco spinale riflesso. In altri termini una eiaculazione riflessa mediante vibromassaggio penieno potrà essere ottenuta, in caso di lesione completa, quando il livello lesionale è superiore a T9: non si verificherà, invece, in caso di lesione del centro toraco-lombare, come pure del tratto lombo-sacrale del midollo per interruzione della branca afferente del riflesso eiaculatorio.

Il vibromassaggio penieno, inoltre, è in grado di migliorare le erezioni riflesse per cui a volte viene utilizzato anche nel trattamento dei deficit erettivi.

L’elettroeiaculazione viene effettuata mediante una sonda rettale, posizionata con gli elettrodi rivolti verso la prostata: gli impulsi elettrici stimolano le fibre periferiche dell’emissione ottenendo una risposta eiaculatoria con frequenza maggiore rispetto all’utilizzazione del vibromassaggio penieno. Gli inconvenienti sono rappresentati dalle crisi di disreflessia autonomica e dalle lesioni della mucosa rettale.

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Paraplegia: posso avere dei figli?

Una delle limitazioni maggiormente avvertite dai pazienti mielolesi è la compromissione della fertilità che consegue principalmente a turbe della eiaculazione ma anche ad alterazioni qualitative del liquido seminale. La produzione di sperma continua anche dopo la lesione, ma vi può essere frequentemente una riduzione del numero degli spermatozoi nell’eiaculato o una loro alterazione funzionale (motilità): i processi infiammatori urogenitali (prostatiti, epididimiti, orchiti), la riduzione dell’apporto ematico scrotale, le alterazioni della termoregolazione, la denervazione delle strutture tubulari del testicolo e i deficit ormonali rappresentano le cause più frequenti di depressione (danno) della spermatogenesi (produzione degli spermatozoi) nel paziente con lesione midollare. L’infertilità del maschio medulloleso è determinata, nella stragrande maggioranza dei casi, dai deficit della funzione eiaculatoria: solo nel 5-10% delle mielolesioni complete (e nel 25-35% delle lesioni incomplete) è possibile osservare una eiaculazione spontanea anterograda.

La possibilità per la persona con lesione midollare di avere figli per via naturale è legata alla presenza di erezioni sufficientemente valide da consentire il coito e la eiaculazione anterograda durante il coito stesso. Tale situazione si realizza solo in una piccola percentuale di casi (dall’1 al 6% nelle lesioni complete e dal 6 al 10% nelle lesioni incomplete), per cui è necessario ricorrere molto spesso a metodiche di fecondazione assistita (inseminazione artificiale “in vivo” o “in vitro”). La raccolta degli spermatozoi dal paziente mieloleso può avvenire in vari modi. In presenza di eiaculazione anterograda non possibile durante il coito, il liquido seminale può essere ottenuto mediante la masturbazione, il vibromassaggio penieno o l’elettroeiaculazione. Con le stesse tecniche può essere evocata anche una eiaculazione retrograda: si dovrà provvedere, in questo caso, alla raccolta degli spermatozoi nelle urine mediante particolari metodiche che ne impediscano il rapido deterioramento all’interno della vescica. Se la lesione ha coinvolto il centro toraco-lombare dell’emissione (T9-L1) non vi è la possibilità di ottenere in alcun modo l’eiaculazione: la raccolta del liquido seminale potrà avvenire solo chirurgicamente mediante il prelievo degli spermatozoi direttamente dai deferenti, dall’epididimo o dal testicolo.

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Differenza tra paralisi e paresi

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO PARALISILa parola “paralisi” o “plegia” indica la perdita completa, per lesione nervosa, della motilità volontaria che può interessare un territorio muscolare più o meno esteso. Secondo la localizzazione, la si definisce:

  • emiplegia: la paralisi interessa solo un emilato (lato destro o sinistro);
  • diplegia: la paralisi interessa due parti simmetriche del corpo, per esempio gli arti inferiori, ed in misura minore i superiori.
  • paraplegia: la paralisi interessa la parte inferiore del corpo;
  • tetraplegia: la paralisi interessa i quattro arti ed il tronco;
  • monoplegia: la paralisi interessa un solo arto.

La paresi è un disturbo che consiste in una diminuzione parziale della motilità di un distretto muscolare. Si distingue dalla paralisi in cui vi è la perdita completa dell’attività motoria. Esempi sono l’emiplegia e l’emiparesi: entrambi interessano un emilato, cioè solo un lato del corpo, il lato destro o il sinistro, la differenza principale risiede nell’entità del deficit motorio, più importante quando ci si riferisce all’emiplegia o emiparalisi (che è quindi più grave), minore nel caso di emiparesi (meno grave).

Nella emiplegia si ha quindi paralisi (perdita completa dell’attività motoria di un emilato) mentre invece nell’emiparesi la perdita della funzione motoria è solo parziale.

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Paralisi periferica del nervo faciale: cause e sintomi

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La paralisi periferica del nervo facciale (o “faciale”) è quella condizione in cui una lesione a carico del nervo facciale può determinare sintomi e segni come la paralisi facciale, una situazione in cui una persona non è in grado di muovere i muscoli su uno o entrambi i lati del proprio viso.

Cos’è il nervo facciale

Il nervo faciale, anche detto “nervo facciale”, detto è il settimo nervo cranico ed è un nervo prevalentemente motorio che innerva la muscolatura mimica del volto. Grazie all’anastomosi con il nervo intermedio di Wrisbergdiventa un nervo misto, fornendo la sensibilità gustativa ai 2/3 anteriori della lingua e fibre secretorie parasimpatiche per le ghiandole lacrimale, sottolinguale e sottomandibolare, oltre che per la mucosa della cavità nasale.

Paralisi del nervo facciale può centrale o periferica

La paralisi del nervo facciale può essere centrale o periferica, facilmente distinguibili da un punto di vista clinico: infatti i nuclei motori del facciale sono due, uno superiore innervato bilateralmente e uno inferiore che riceve solo una innervazione controlaterale. Ne consegue che una paralisi centrale sarà incompleta, interessando solo la metà inferiore del volto controlaterale. Al contrario una paralisi periferica sarà completa e omolaterale.

Cause e fattori di rischio

Possiamo considerare tre gruppi di cause della paralisi periferica del facciale, a seconda del decorso del nervo:

  • Cause intracraniche, come neoplasie dell’angolo ponto cerebellare, meningiti, disturbi vascolari e fratture della base cranica.
  • Cause intratemporali, le più frequenti, causate da otiti, fratture della rocca petrosa, carcinomi dell’orecchio medio, la sindrome di Ramsay Hunt tipo II o la paralisi di Bell.
  • Cause extracraniche come traumi o ferite facciali e patologie della parotide come neoplasie o parotiti.

Sintomi e segni

Il quadro clinico sarà caratterizzato da una serie di segni statici, nell’emivolto omolaterale:

  • Rima orale deviata verso il basso
  • Rima palpebrale più aperta
  • Rughe frontali appiattite
  • Sopracciglia abbassate
  • Segno di Schultze, con la parte posteriore della lingua che si abbassa dal lato leso per paralisi del ventre posteriore del digastrico
  • Epifora, perdita di lacrime.

Si potranno anche rilevare una serie di segni dinamici:

  • Segno di Bell, rotazione del bulbo oculare verso l’alto e verso l’esterno allo sforzo di chiudere le palpebre.
  • Segno di Negro, quando il paziente guarda verso l’alto la fronte non si corruga.
  • Impossibilità di soffiare, fischiare, gonfiare le guance
  • Lagoftalmo, impossibilità di chiudere le palpebre.

A questo quadro si potrà anche associare xeroftalmia e xerostomia, perdità della sensibilità gustativa dei 2/3 anteriori della lingua, assenza del riflesso corneale e naso-palpebrale.

Continua la lettura con questo articolo: Lesioni del nervo facciale: paralisi di Bell ed altre cause di paralisi

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Paralisi del sonno e allucinazioni ipnagogiche: cause, pericoli, rimedi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PARALISI DEL NEL SONNO ALLCUCINAZIONI PERICOLI CU Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgLa paralisi del sonno, anche chiamata “paralisi nel sonno”, “paralisi ipnagogica” o Sleep paralysis, è un disturbo che si manifesta nella fase di addormentamento o di risveglio, nel quale per un certo lasso di tempo risulta inibito il movimento dei muscoli volontari: in pratica il soggetto è sveglio e cosciente ma non riesce a muoversi né a parlare per un periodo di tempo limitato e variabile da pochi secondi a qualche minuto. Una volta terminato l’attacco di paralisi del sonno, il soggetto riacquista la capacità di muoversi e parlare in maniera solitamente improvvisa. Fisicamente l’individuo sta bene, ma psicologicamente può essere invaso da un profondo stato di paura e di ansia, specialmente se era la prima volta che provava la paralisi del sonno e non conosceva il fenomeno.

Da cosa è causata la paralisi del sonno?
Questo stato di paralisi è dovuto ad un prolungamento eccessivo della fase di sonno REM, oppure a un suo inizio anticipato. A causare questo anticipo/prolungamento è il rilascio anomalo di quegli ormoni che determinano la paralisi e il rilassamento muscolari, tipici della fase REM. In altre parole, i meccanismi ormonali che caratterizzano la fase REM, anziché interrompersi al momento del risveglio, proseguono ancora per qualche istante, tanto che l’individuo sofferente è vigile, ma immobilizzato. Poiché la paralisi del sonno può verificarsi anche prima di addormentarsi, in tali frangenti i processi ormonali delle fasi di sonno si instaurano con leggero anticipo, nonostante la persona sia ancora sveglia. L’errata sincronia dei tempi in cui avviene il rilascio ormonale si verifica soprattutto in determinate circostanze, che potrebbero definirsi elementi favorenti (o fattori di rischio). Queste sono:

  • L’età compresa tra gli anni dell’adolescenza e i 40 anni circa.
  • Dormire meno del dovuto. E’ probabile che chi dorme poco, nel corso della vita, manifesti fenomeni di paralisi.
  • Sonno irregolare, inteso come andare a letto e svegliarsi a orari sempre diversi. È il caso, per esempio, di chi lavora facendo i turni di notte.
  • Narcolessia. Spesso, gli individui narcolettici accusano paralisi del sonno e diversi altri disturbi durante le fasi di sonno e durante la giornata.
  • Storia familiare. Sembra che chi ha un familiare sofferente di paralisi del sonno, sia più portato a manifestare fenomeni simili. Tuttavia, la ricerca scientifica, in questo campo, è ancora agli inizi e merita ulteriori approfondimenti.

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La paralisi del sonno indica un danno cerebrale?
No, ma può essere legata a narcolessia o a cattivo riposo notturno. Importante notare come circa il 50% delle persone narcolettiche soffre anche di paralisi del sonno.

Quanto sono frequenti le paralisi del sonno?
Sono eventi abbastanza rari nella popolazione (circa il 5% della popolazione industrializzata riferisce di aver vissuto almeno un attacco), inoltre chi è soggetto a questi attacchi, tende mediamente a subirli poche volte nella vita, di solito tre o quattro in tutto.

Cosa sono le allucinazioni ipnagogiche?
Nel corso della paralisi ipnagogica si possono provare anche allucinazioni visive ed uditive, dette allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche:

  • allucinazioni ipnagogiche: si verificano nel passaggio dalla veglia al sonno, quindi prima di addormentarsi;
  • allucinazioni ipnopompiche: si verificano nel passaggio dal sonno alla veglia, quindi al risveglio.

Le persone sperimentano tre tipi fondamentali di allucinazioni durante paralisi del sonno:

  • la presenza di un intruso vicino a sé;
  • una pressione sul petto a volte accompagnata da esperienze di aggressioni fisiche e/o sessuale;
  • esperienze di levitazione e di uscita dal proprio corpo.

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Chi sono i soggetti a rischio?
Le persone più suscettibili sono, di solito, quelle che dormono poco e male; tuttavia, non è escluso che all’origine ci sia una patologia grave, come la narcolessia. L’analisi delle frequenze in gruppi specifici ha messo in evidenza che il gruppo più facilmente a rischio di sperimentare questo fenomeno è quello delle persone che soffrono del disturbo da attacchi di panico, in cui il 35 per cento dei soggetti riferisce di aver vissuto simili esperienze. A seguire c’è la popolazione dei pazienti psichiatrici in generale in cui la prevalenza è del 32 per cento, e quindi quella dei giovani sotto i 18 anni con una prevalenza del 28 per cento. Donne e uomini sono, in ugual misura, tutti possibili bersagli.

Diagnosi della paralisi del sonno
Per effettuare la diagnosi, il medico procede con l’anamnesi, chiedendo al paziente:

  • Come evolvono e quanto durano le paralisi
  • Se si hanno allucinazioni di qualche tipo
  • Se si ricorda quando è stato vittima, per la prima volta, di una paralisi e se c’è stato un cambiamento delle abitudini notturne precedentemente a quell’episodio.
  • Se soffre, durante la giornata, di improvvise perdite di controllo dei muscoli (cataplessia) o di comportamento automatico, cioè la continuazione inesorabile e senza sosta delle attività in cui ci si sta cimentando.

Questi due ultimi aspetti, la cataplessia e il comportamento automatico, sono molto importanti ai fini diagnostici, in quanto, se denunciati dal paziente, potrebbero significare che la paralisi del sonno è frutto di una patologia ben più grave: la narcolessia.
In questi casi, la situazione diventa patologica e va trattata con contromisure appropriate e immediate: si pensi, infatti, al pericolo che corre un paziente narcolettico alla guida di un veicolo o impegnato in lavori pericolosi.

Cura non farmacologica della paralisi del sonno
La terapia viene stabilita in base alla severità e al numero degli episodi di paralisi denunciati da un individuo. Quasi sempre, è sufficiente aumentare il numero di ore dedicate al sonno e migliorare la qualità del riposo notturno. L’aiuto psicoterapico può essere utile per superare l’ansia legata a ripetuti attacchi di paralisi del sonno con allucinazioni.

Cura farmacologica della paralisi del sonno
La terapia farmacologica della paralisi del sonno viene prescritta solo nei casi più gravi, quando cioè gli episodi sono cronici. Essa consiste principalmente nell’assunzione di farmaci antidepressivi. Il farmaco più utilizzato è, solitamente, la clomipramina, un antidepressivo triciclico che deve essere prescritto su indicazione del medico curante, non scevro da importanti effetti collaterali. Il motivo per cui si somministrano questi preparati è il seguente: essi riducono l’intensità con cui avviene il rilassamento muscolare notturno e la profondità del sonno, in particolare della fase REM.
La durata del trattamento può variare da un mese a due; in ogni caso, sono i miglioramenti del paziente, e soprattutto il consulto medico, a stabilire se interrompere o meno la terapia.

La paralisi del sonno è pericolosa per la salute?
Le paralisi del sonno non sono pericolose per la salute, inoltre – come prima visto – sono decisamente rare. Tuttavia, per qualche soggetto, può diventare un fenomeno ricorrente, tanto da richiedere ulteriori accertamenti relativi allo stato di salute generale o alle abitudini giornaliere e notturne, allo scopo di ricercare eventuale narcolessia o motivi di cattivo riposo notturno. Il vero pericolo è rappresentato più a livello psicologico: il ripetersi delle paralisi può determinare stati d’ansia e, nei casi più gravi, depressione.

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Le allucinazioni ipnagogiche sono pericolose?
Non lo sono, ma in alcuni casi possono peggiorare la qualità della vita del soggetto. Alcune persone provano sensazioni piacevoli durante questi episodi, ma molti altri – dopo aver sperimentato una allucinazione ipnagogica spiacevole – sono addirittura spinti ad evitare di dormire per evitare di riprovarla e questo porta un notevole peggioramento della loro qualità della vita.

Curiosità sulle allucinazioni ipnagogiche
A tali allucinazioni si potrebbero attribuire, sostiene Brian A. Sharpless, ricercatore alla Penn State e all’Università della Pennsylvania, esperienze come quelle extracorporee, i “rapimenti” da parte di alieni, e le classiche possessioni da incubi e succubi della tradizione medievale. Anche nel famoso processo alle streghe di Salem avrebbe avuto un certo peso un’anomala diffusione di questo disturbo, della cui descrizione – osserva Sharpless – si trova traccia anche in Moby Dick, laddove il protagonista Ismaele una notte sente una presenza malefica nella stanza.

Paralisi nel sonno al cinema
Si fa riferimento alla paralisi nel sonno nel film horror del 2017 “Slumber – Il demone del sonno“, diretto da Jonathan Hopkins, con Maggie Q e Sylvester McCoy. Un altro film thriller horror in cui la paralisi del sonno è centrale nella trama è “Mara” del 2018, diretto da Clive Tonge, con Olga Kurylenko come protagonista.

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