Con “ipersonnia” (in inglese “hypersomnia”) in medicina si intende un gruppo di numerosi disturbi neurologici del sonno caratterizzati da eccessiva sonnolenza diurna che porta il paziente ipersonniaco a non mantenere un adeguato livello di vigilanza per tutto l’arco della giornata e ad andare incontro a situazioni di sonno improvviso ed incontrollabile che lo costringono ad addormentarsi in momenti inconsueti, ad esempio durante una conversazione, durante un pasto, mentre sta lavorando o addirittura mentre sta guidando. L’ipersonnico in genere si addormenta con estrema facilità e si sveglia con molta difficoltà. A seconda del tipo di ipersonnia, i sonnellini diurni possono essere più o meno lunghi e più o meno ristoratori: ad esempio nella narcolessia i pisolini diurni tendono ad essere brevi (alcuni minuti) e ristoratori, mentre nell’ipersonnia idiopatica sono al contrario più lunghi (anche ore) e non ristoratori.
Ipersonnie secondarie
Con “ipersonnie secondarie” si intende un tipo specifico di sindromi ipersonniche per la cui eziopatogenesi è stata individuata una causa organica, tossica o psichica, al contrario delle ipersonnie primarie dove l’eziopatogenesi non è conosciuta o non appare ancora completamente chiara, come nel caso dell’ipersonnia idiopatica o nell’ipersonnia ricorrente primaria (sindrome di Kleine-Levin). Tra le ipersonnie secondarie più diffuse ricordiamo quelle legate a malattie psichiatriche, quella post-traumatica e quella da sindrome delle apnee ostruttive.
Ipersonnie secondarie a malattie psichiatriche
L’ipersonnia non riconducibile ad un’inadeguata quantità di sonno notturno, né all’effetto sedativo di un eventuale trattamento, bensì a cause psichiche, non è infrequente nella patologia psichiatrica, ma la scarsa attenzione ad essa rivolta da parte del clinico e del ricercatore rende conto delle scarse conoscenze che di questo disturbo abbiamo sia in termini fenomenici sia fisiopatologici. In questo articolo ci occuperemo in particolare della ipersonnia da depressione.
Ipersonnia da depressione
Gli elevati indici di frequenza dell’ipersonnia nella depressione ed il riscontro che circa un quarto degli ipersonni presenta una depressione manifesta o mascherata giustifica la maggior attenzione dedicata a questo disturbo nell’ambito della patologia dell’umore. Nella depressione l’ipersonnia può manifestarsi come un sintomo prodromico o precoce destinato a permanere per l’intera fase depressiva o a dileguare con l’aggravarsi del disturbo dell’umore per lasciare il posto ad uno stato di insonnia. In associazione ad altri sintomi (aumento di appetito e di peso, anergia, disturbi sessuali) con i quali costituisce un cluster (sindrome anergica-ipoattiva), l’ipersonnia ricorre con maggior frequenza nelle depressioni atipiche, in quelle con pattern stagionale autunno-invernale, nelle depressioni bipolari anergiche e nelle depressioni con presentazione clinica unipolare ma appartenenti allo spettro bipolare (depressioni unipolari anergico-ipoattive), nonché nelle depressioni adolescenziali e giovanili.
La tendenza che i depressi (soprattutto bipolari) manifestano a rimanere a letto durante il giorno per alcune ore non implica che queste coincidano sempre con veri e propri periodi di sonno. L’acquisizione clinica, ormai consolidata, che questi pazienti dormono a lungo durante il giorno e le loro lamentele di ipersonnia non sono confermate da
indagini obiettive (MSLT) suggerendo che il loro disturbo sia espressivo di uno stato di anergia, affaticamento o perdita d’interesse e ritiro dalla realtà più che di un’aumentata propensione al sonno.
I depressi ipersonni presentano un sonno notturno integro in termini quantitativi, ma del tutto sovrapponibile dal punto di vista strutturale a quello dei depressi insonni (accorciamento della latenza REM, abnorme distribuzione temporale del sonno REM, elevata densità REM, riduzione degli stadi 3 e 4).
L’ipersonnia (con altri sintomi atipici quali letargia, iperfagia con eraving per i carboidrati e aumento di peso) fa parte del quadro sintomatologico della depressione stagionale caratterizzata da ricorrenti episodi depressivi autunno-invernali (winter SAD) alternantisi a periodi di eutimia, ipertimia o ipomania in primavera-estate. In queste condizioni il sonno pur protratto non esplica alcuna funzione di recupero e si accompagna alla sensazione di non aver dormito profondamente, né di aver sufficientemente riposato.
Dal punto di vista poligrafico il sonno notturno della depressione stagionale non si differenzia da quello delle forme non stagionali con l’eccezione di una normale latenza REM riscontrata per altro anche nelle depressioni lievi non stagionali, in quelle atipiche e nelle forme bipolari anergiche.
Oltre che nelle forme tipiche di depressione stagionale l’ipersonnia ricorre anche in quei pattern disfunzionali e vegetativi autunno-invernali (esordio in ottobre, massima espressione in gennaio-febbraio, remissione in marzo), del tutto simili a quelle del winter SAD, ma di livello subsindromico che generalmente non richiedono trattamento
medico.
Per quanto non sia stata documentata una correlazione positiva nella depressione tra età e ipersonnia questo disturbo sembra di più frequente riscontro nelle depressioni giovanili. È emerso infatti che il sonno notturno di depressi unipolari giovani (età media 22,3 anni) è sovrapponi bile a quello dei soggetti di controllo di pari età, ma di maggior
durata rispetto alla fase predepressiva e si protrae più a lungo di quello dei controlli le notti in cui è consentita una maggiore permanenza a letto. Diversamente dai soggetti normali che dopo una notte di sonno prolungato sono meno attivi e astenici ed esperiscono vissuti di ansia e di rabbia, i depressi presentano uno stato opposto, come se la maggior durata del sonno in essi assolva ad una qualche funzione protettiva o
adattativa.
L’ipersonnia depressiva non può essere ricondotta ad una pregressa deprivazione ipnica e alla correlata maggior propensione al sonno in quanto i bipolari hanno un pattern notturno meno disturbato di quello degli unipolari nei quali l’ipersonnia ricorre con minor frequenza; più plausibile appare l’ipotesi di una disregolazione del ritmo sonno-ve- glia caratterizzata dalla scarica, durante le ore diurne, del «processo S» sotto forma di periodi di sonno o più semplicemente di periodi di attività EEG lenta.
Terapia
La terapia dell’ipersonnia è in rapporto con la causa del disturbo. L’ipersonnia depressiva (correlata il più spesso ad una condizione bipolare maniaco depressiva) costituisce un indice predittivo di risposta favorevole al trattamento con sali di litio e con antidepressivi (triciclici ma soprattutto IMAO ad azione prevalentemente disinibente o inibitori specifici del reuptake della serotonina). Nelle ipersonnie che connotano le depressioni stagionali la fototerapia somministrata preferibilmente al mattino per
due ore, con una intensità pari ad almeno 2500 lux, determina un miglioramento dei pattern disfunzionali e vegetativi tipici del disturbo compresa l’ipersonnia. Molto utile affiancare ai farmaci la psicoterapia cognitivo comportamentale.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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