Polmonite in bimbi ed adulti: quando chiamare subito il medico

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILa polmonite è una malattia infiammatoria che colpisce uno o ambedue i polmoni. Molti microrganismi, come batteri, virus e funghi, possono causare la polmonite. Può anche dipendere dall’inalazione di un liquido o di un agente chimico. I soggetti più a rischio sono gli adulti oltre i 65 anni e i bambini sotto i 2 anni di età, oppure le persone già affette da problemi di salute. La sintomatologia può variare da lieve a grave, i principali sintomi sono febbre alta, brividi e tosse produttiva,che non migliora o che tendenzialmente peggiora. Nella maggior parte dei casi i soggetti con polmonite possono essere tranquillamente trattati e non andare incontro a complicanze. In alcuni casi, però, la polmonite può condurre a patologie e condizioni pericolose per la salute, anche potenzialmente mortali, specie in soggetti a rischio come neonati, bambini, anziani, soggetti immunodeficienti, quindi è una patologia che non va mai sottovalutata.

In caso di polmonite, contattate immediatamente un medico o recatevi al più vicino pronto soccorso, se uno o più di questi sintomi non si risolvono:

  • tosse,
  • respiro affannoso,
  • dolore al petto, che varia con il respiro,
  • febbre di origine sconosciuta: soprattutto se si tratta di una febbre maggiore di 39 °C che dura per due giorni o più ed è accompagnata da brividi e forte sudorazione,

Se sospettate che vostro figlio abbia la polmonite, non aspettate che si risolva da sola o con rimedi casalinghi: portatelo immediatamente dal pediatra.

Andate immediatamente dal medico anche:

  • se siete anziano,
  • se state facendo la chemioterapia,
  • se il vostro sistema immunitario è compromesso a causa di una malattia o di una terapia che seguite.

I pazienti affetti da malattie che compromettono il sistema immunitario (come l’AIDS), da altre patologie croniche, come l’asma, oppure quelli che seguono una terapia contro i tumori o che hanno subito un trapianto sono particolarmente vulnerabili alla polmonite, quindi dovrebbero sottoporsi a stretto controllo medico.

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Polmonite interstiziale, atipica, senza febbre: sintomi e cure in bimbi ed adulti

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILa polmonite è una malattia infiammatoria che colpisce uno o ambedue i polmoni. Molti microrganismi, come batteri, virus e funghi, possono causare la polmonite. Può anche dipendere dall’inalazione di un liquido o di un agente chimico. I soggetti più a rischio sono gli adulti oltre i 65 anni e i bambini sotto i 2 anni di età, oppure le persone già affette da problemi di salute. La sintomatologia può variare da lieve a grave, i principali sintomi sono:

  • febbre alta,
  • brividi squassanti,
  • tosse produttiva, che non migliora o che tendenzialmente peggiora,
  • comparsa di affanno durante attività quotidiane normali,
  • dolore toracico associato al respiro o ai colpi di tosse,
  • improvviso peggioramento dopo un raffreddore o un’influenza.

Il medico pone la diagnosi in base all’anamnesi, all’esame obiettivo e agli esami di laboratorio. Il trattamento dipende dal tipo di polmonite. Se batterica, saranno utili gli antibiotici. Se virale, il trattamento può richiedere farmaci antivirali. Per la polmonite vale il detto meglio prevenire che curare. Prevenire la polmonite è comunque sempre meglio che trattarla. Esistono vaccini per prevenire la polmonite pneumococcica e da influenza. Altre misure preventive comprendono il frequente lavaggio delle mani e l’astensione dal fumo.

Cause di polmonite

La polmonite può essere dovuta principalmente a:

  • batteri;
  • virus;
  • funghi.

Queste infezioni causano l’infiammazione delle sacche di aria polmonari, i cosiddetti alveoli. L’infiammazione fa sì che questi alveoli si riempiano di liquido e pus.

Batteri

Sono le cause più frequenti negli adulti. I batteri all’origine di una polmonite sono tanti, nei paesi occidentali la causa più frequente è lo Streptococcus pneumoniae (pneumococco).

Si parla di polmonite atipica se l’agente batterico rientra nei tipi seguenti:

  • Legionella pneumophila. Questo tipo di polmonite è anche detto morbo del legionario; è dovuto a un batterio che è stato all’origine di gravi epidemie. Queste epidemie sono state collegate alla contaminazione di impianti di condizionamento dell’aria, vasche da idromassaggio e fontane decorative.
  • Mycoplasma pneumoniae. È un tipo di batterio molto diffuso, che in genere colpisce i soggetti sotto i 40 anni. Sono particolarmente a rischio le persone che vivono o lavorano in luoghi affollati, come scuole, ricoveri per senzatetto e prigioni. In genere, si tratta di forme lievi che rispondono bene agli antibiotici, ma può talvolta colpire anche in forma molto grave. La malattia può essere associata a eruzioni cutanee ed emolisi. Questo tipo di batterio è una causa frequente di “polmonite ambulante”, alludendo al fatto che la sintomatologia non è in genere tale da forzare il paziente a letto.
  • Chlamydia pneumoniae. Questo tipo di polmonite può colpire in qualunque stagione ed è spesso lieve. Perlopiù, colpisce i soggetti tra 65 e 79 anni.
    La polmonite batterica può svilupparsi come tale o complicare un raffreddore virale o l’influenza. Spesso, la polmonite interessa solo un lobo (un’area) di un polmone. Si parla in questi casi di polmonite lobare.

Il corpo riesce quasi sempre a filtrare i batteri dall’aria che viene respirata, proteggendo così i polmoni da possibili infezioni. Il sistema immunitario, la conformazione del naso e della gola, la capacità di tossire e rivestimenti dotati di delicate strutture filiformi, simili a capelli, dette ciglia, aiutano a impedire che i germi raggiungano i polmoni. Talvolta, i batteri riescono a entrare nei polmoni e ne provocano l’infezione.

L’infezione è più probabile se:

  • Il sistema immunitario è debole, in caso di periodi di forte stress, malnutrizione, AIDS.
  • Il germe è molto virulento.
  • Il corpo non riesce a filtrare i batteri dall’aria che viene respirata. Ciò può succedere per esempio in soggetti impossibilitati a tossire, a seguito di un ictus o perché sedati; in mancanza di una tosse efficace, i batteri rimangono più facilmente nelle vie aeree.

Quando i batteri raggiungono i polmoni entra in funzione il sistema immunitario, che invia una varietà di cellule a combattere i germi. Queste cellule causano l’infiammazione degli alveoli, che si possono riempire di liquido e pus. Ciò origina i sintomi di polmonite.

Virus

I virus che infettano le vie aeree possono causare polmoniti. Il virus dell’influenza è la causa più frequente di polmonite virale nell’adulto. Il virus respiratorio sinciziale (RSV) è invece la causa più frequente di polmonite nel bambino prima dei due anni.
Anche virus come quelli del raffreddore (rinovirus), i parainfluenzali e il metapneumovirus umano (HMPV) possono causare l’infezione. La maggior parte delle polmoniti virali è leggera. Queste polmoniti migliorano spontaneamente nell’arco di 1 – 3 settimane, senza trattamento. Sporadicamente, sono più gravi e possono aver bisogno di un trattamento ospedaliero. Chi contrae una polmonite virale è a rischio di polmonite batterica.

Funghi

La polmonite pneumocistica è una forma infettiva grave causata dal fungo Pneumocystis jirovecii. Il fungo attacca soggetti con difese immunitarie indebolite da HIV/AIDS o dall’uso prolungato di farmaci che sopprimono il sistema immunitario, per esempio quelli usati nel trattamento del cancro o nella prevenzione del rigetto nei trapianti d’organo o midollo osseo.

Fattori di rischio per le polmoniti

Vari fattori, tra cui età, fumo, condizioni di salute, immunodeficienze ed altri, aumentano i rischi di contrarre l’infezione e di ammalarsi in modo più grave.

Fasce di età maggiormente a rischio di polmonite

La polmonite può colpire gente di tutte le età, ma le fasce maggiormente a rischio di infezione e di gravità della malattia sono due:

  • Bambini piccoli (dai 2 anni in giù), perché il loro sistema immunitario si sta ancora sviluppando.
  • Anziani (dai 65 anni in su), perché il loro sistema immunitario inizia anche lui a risentire di un normale processo di invecchiamento.

Ambiente

Il rischio di polmonite può aumentare in caso di esposizione ad alcuni agenti chimici e inquinanti, o a fumi tossici.

Stile di vita

Il fumo di sigaretta, l’abuso di alcolici e la denutrizione aumentano il rischio di polmonite.

Altre condizioni mediche

Anche altri fattori e condizioni aumentano il rischio di contrarre l’infezione. In particolare:

  • Tosse inefficace o problemi di deglutizione, a seguito di ictus o per altri motivi.
    Impossibilità a muoversi efficacemente o sedazione.
  • Raffreddore o influenza recenti.
  • Malattia polmonare o altra malattia grave come la fibrosi cistica, l’asma, una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le bronchiectasie, il diabete, l’insufficienza cardiaca o l’anemia a cellule falciformi.
  • Degenza in terapia intensiva, specialmente se in ventilazione assistita (respirazione tramite una macchina).
  • Sistema immunitario debole o soppresso da HIV/AIDS, trapianto d’organo o di cellule staminali del midollo e sangue.
  • Chemioterapia.
  • Uso protratto di steroidi.

Sintomi

La polmonite può variare da lieve a grave. Alcuni soggetti sono maggiormente a rischio di sviluppare una forma grave o con complicanze anche letali. Se la causa della polmonite sono i batteri il sintomo che si presenta per primo nel giro di poco tempo è la spossatezza, accompagnata da febbre alta e difficoltà respiratorie.
Se la causa è un virus i sintomi compaiono con maggiore gradualità e possono essere meno gravi. I sintomi caratteristici della polmonite sono:

  • febbre alta,
  • brividi squassanti,
  • tosse con espettorato (una sostanza viscosa), che non migliora o peggiora,
  • comparsa di affanno durante attività quotidiane normali,
  • dolore toracico associato al respiro o ai colpi di tosse,
  • improvviso peggioramento dopo un raffreddore o un’influenza,
  • nausea,
  • sensazione di malessere generale,
  • vomito,
  • diarrea.

I sintomi possono variare in alcuni gruppi di soggetti. Neonati e bambini piccoli possono non manifestare alcun segno dell’infezione. In alternativa, possono avere febbre e tosse, o apparire agitati e malati, o stanchi e apatici. Anziani ed individui con malattie gravi o sistemi immunitari depressi possono avere meno sintomi, più contenuti. Possono anche avere una temperatura corporea inferiore al normale. Se già affetti da una malattia polmonare, ci può essere un peggioramento di quest’ultima. Gli anziani che contraggono la polmonite talvolta hanno improvvise variazioni della lucidità mentale.

Diagnosi

Talvolta è difficile formulare la diagnosi, perché i sintomi possono essere simili a quelli riscontrati in soggetti con raffreddore o influenza. È possibile non rendersi conto della gravità finché non si realizza che i sintomi durano più che in quelle condizioni. La polmonite verrà diagnostica in base ad anamnesi, esame obiettivo ed esami strumentali. Il tipo di polmonite può essere diagnosticato in base a come la malattia è stata contratta e al germe causa dell’infezione. In caso di polmonite sospetta, il medico può raccomandare uno o più degli esami seguenti:

  • Radiografia del torace, per identificare un’infiammazione dei polmoni. I raggi X sono il modo migliore per fare diagnosi di polmonite. La metodica non dice però che tipo di germe sta causando l’affezione.
  • Analisi del sangue, come un emocromo completo, per capire se il sistema immunitario sta reagendo all’infezione.
  • Emocoltura, per vedere se un’eventuale infezione batterica ha contaminato anche il sangue. Se così, il medico ha gli elementi per decidere come trattare l’infezione.
  • Esame dell’espettorato.
  • Tomografia computerizzata (TAC) del torace.
  • Coltura dell’essudato pleurico.
  • Pulsossimetria.
  • Broncoscopia.

Cura e terapia

Il trattamento dipende dal tipo di polmonite, dal germe che ne è la causa e dalla gravità. La maggior parte dei soggetti affetti da polmonite acquisita in comunità (la forma più frequente) viene curata a casa. La terapia ha lo scopo di curare l’infezione e prevenire complicanze.

Polmonite batterica

Viene trattata con farmaci noti come antibiotici. Gli antibiotici andranno assunti come da prescrizione medica. Il paziente deve continuare la cura anche se può sentirsi meglio prima di aver completato il ciclo di antibiotico. Se il trattamento viene interrotto troppo presto, la polmonite può recidivare. La maggior parte dei soggetti migliora dopo 1 – 3 giorni di antibiotici. In pratica, il paziente si sente meglio e diminuiscono i sintomi come tosse e febbre.

Polmonite virale

In questi casi, gli antibiotici non sono efficaci. Se virale, il trattamento può richiedere farmaci antivirali. La polmonite virale in genere migliora in 1 – 3 settimane.

Trattamento di sintomi gravi

Il ricovero ospedaliero può essere necessario se:

  • I sintomi sono gravi.
  • Il soggetto è a rischio di complicanze a causa di altri problemi di salute.
  • Se l’ossigenazione del sangue è bassa può essere praticata una terapia con ossigeno.
  • In caso di polmonite batterica, gli antibiotici possono essere somministrati per via endovenosa.

Stile di vita che favoriscono la cura 

Una volta contratta la polmonite esistono modi per guarire dall’infezione ed evitare complicanze.

  • Riposarsi molto.
  • Rispettare il piano di trattamento stabilito dal medico.
  • Assumere tutti i medicinali secondo quanto prescritto. Se sotto antibiotici, continuare la cura fino a guarigione completa. Si deve continuare la cura anche se ci si sente meglio prima di aver completato il ciclo di antibiotico. Se il trattamento viene interrotto troppo presto, l’infezione batterica e la polmonite possono recidivare.
  • Chiedere al medico quando sottoporsi a una visita di controllo. Il medico può raccomandare una radiografia toracica per controllare la guarigione dell’infezione.
  • Smettere di fumare e di frequentare luoghi inquinati.

La polmonite può durare a lungo

Alcuni soggetti migliorano e riescono a riprendere la propria routine nell’arco di una settimana. Altri possono richiedere un mese o più. Molti continuano a sentirsi stanchi per circa un mese. Consultare il medico su quando riprendere le proprie attività.

Con la polmonite è importante:

  • Limitare i contatti con conviventi e amici.
  • Coprirsi il naso e la bocca quando si tossisce o si starnuta, gettare subito i fazzoletti usati e lavarsi le mani.

Queste azioni aiutano a evitare il contagio di altre persone.

Prevenzione

La polmonite può essere molto grave e risultare anche mortale. Alcuni tipi possono essere prevenuti grazie alle vaccinazioni. Una buona igiene, l’astensione dal fumo e un sistema immunitario mantenuto valido con l’attività fisica e una dieta sana sono altri fattori importanti per prevenire la polmonite.

Vaccini

Esistono vaccini per prevenire polmoniti da pneumococco e da influenza. I vaccini non riescono a impedire l’infezione in tutti i soggetti, ma in ogni caso, quando anche si ammalino, i soggetti vaccinati, se confrontati ai non vaccinati, tendono a sviluppare:

  • infezioni meno gravi,
  • polmoniti di durata più breve,
  • meno complicanze importanti.

I vaccini da valutare con il medico sono per:

  • pneumococco,
  • influenza,
  • haemophilus influenzae tipo B (Hib).

Altre forme di prevenzione

Anche i passi seguenti aiutano a prevenire la malattia:

  • Lavarsi le mani con sapone e acqua o gel alcolici per uccidere i germi.
  • Non fumare. Il fumo danneggia le capacità di filtro e difesa dai germi dei polmoni.
  • Evitare luoghi con aria inquinata e con polveri sottili.
  • Mantenere il sistema immunitario in salute.
  • Riposare bene.
  • Fare attività fisica.
  • Seguire una dieta sana.

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Quali organi ed apparati sono contenuti nella cassa toracica?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma GABBIA TORACICA DOVE CHE SERVE COMPOSTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneNella cavità toracica sono contenute strutture appartenenti a diversi apparati e sistemi:

  • Apparato circolatorio: cuore e grandi vasi (aorta, arteria polmonare e i suoi rami, vena cava superiore e inferiore, vene polmonari) vena azygos e vena emiazygos.
  • Sistema linfatico: dotto toracico.
  • Apparato respiratorio: trachea, bronchi e polmoni.
  • Apparato digerente: esofago.
  • Sistema nervoso: nervo vago.
  • Sistema endocrino: timo.
  • Esternamente alla cavità sono presenti gli annessi cutanei e le mammelle.

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Fumo di sigaretta, visita sportiva, capacità respiratoria e Sindrome Ostruttiva Cronica

MEDICINA ONLINE BICI CICLISMO BIKE MOUNTAIN BIKE ROAD SPEED CASCO BICICLETTA DA CORSA CORRERE CIRCUITO MONTAGNA SENTIERO STRADA SPORT SPORTIVO CALORIE WALLPAPER PICS PICTURE PHOTO HI RESDurante la visita sportiva una delle prove classiche è la misurazione della capacità respiratoria. Questo fatto, unito ad altre credenze comuni, fa spesso pensare al runner che quanto maggiore è la capacità respiratoria tanto maggiori sono le prestazioni del soggetto. E’ importante ricordare che la capacità respiratoria non è il “collo di bottiglia del runner” e che molti maratoneti hanno capacità respiratorie vicine a quelle di sedentari. È importante perciò capire per quale motivo si misura la capacità respiratoria. Il motivo è riassumibile nell’acronimo inglese COPD, Chronic Obstructive Lung Disease, in italiano Sindrome Ostruttiva Cronica.

Raggruppa una serie di patologie caratterizzate dalla difficoltà di veicolare l’aria nelle vie aeree. Nei paesi industrializzati è la quinta causa di morte e la seconda di malattia. La causa principale è rappresentata dal fumo di sigaretta (attivo o passivo). Le varie patologie vanno dalla semplice bronchite cronica alla fibrosi cistica (malattia genetica; originariamente si parlava di fibrosi cistica a livello del pancreas, ma successivamente il termine è rimasto anche quando il quadro patologico è respiratorio) e all’enfisema.

Quando la COPD è dovuta la fumo e il soggetto non adotta contromisure efficaci (la più logica sarebbe smettere, ma anche l’esercizio fisico frequente e una buona terapia a base di antiradicali liberi possono dare risultati se non si superano le 10 sigarette al giorno: si deve ricordare che una sigaretta “brucia” 30 mg di vitamina C al giorno) è chiaro che anche la prestazione atletica ne risente. Per quanto detto nella premessa, il calo delle prestazioni in relazione al fumo avviene solo quando la situazione è compromessa. Infatti in gioventù la diminuzione della capacità polmonare non viene avvertita come penalizzante (a meno di patologie acute come bronchiti frequenti) perché è una risorsa ridondante: l’atleta ha talmente tanto fiato che può sprecarne un po’ fumando.

La situazione degenera con l’età quando la “riserva” d’ossigeno comincia a scarseggiare. Tenuto conto che dopo i 35 anni, se non si adottano terapie anti-età, si peggiora comunque mediamente di 1″/km all’anno, i danni da fumo possono essere espressi da una semplice formula:

N/20 * ((E-20)/7)2

dove N è il numero delle sigarette fumate giornalmente, E è l’età.

Per esempio con N=10 ed E=45 si ottiene 10/20*((45- 20)/7)2 cioè 0, 5*(25/7)2 = 6,4″/km circa (che devono essere aggiunti al peggioramento dovuto all’età).

Se il soggetto fuma 20 sigarette al giorno, a causa del fumo perde nel tempo:

  • 20 anni – 0″/km
  • 30 anni – 2″/km
  • 40 anni – 8″/km
  • 50 anni – 18″/km
  • 60 anni – 32″/km
  • 70 anni – 51″/km.

Come si vede la progressione è particolarmente invalidante con l’età.

A questo dato occorre aggiungere il contraccolpo psicologico di molti runner fumatori che non riescono a capire come dopo i 45 anni le loro prestazioni crollino di anno in anno. Anziché dare la colpa alle sigarette la danno all’età, al naturale (secondo loro) invecchiamento e abbandonano lo sport, aggravando ulteriormente la situazione.

E se si smette?

Dopo 3 gg. dall’ultima boccata la respirazione diventa più facile e dopo soli 3 mesi la respirazione migliora del 5-10%.

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Differenza tra ipossiemia e ipercapnia

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma CORRERE FA MALE AL CUORE Radiofrequenza Rughe Cavitazione Grasso Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Pancia Sessuologia Filler Botulino MammellaCon il termine “ipossiemia” (in inglese “hpoxemia”) si intende un’anormale diminuzione dell’ossigeno contenuto nel sangue che si verifica quando la PO2 è inferiore a 55 mmHg e/o la saturazione in ossigeno dell’emoglobina è inferiore a 90%.

Con il termine “ipercapnia” (in inglese “hypercapnia”) si intende invece un l’aumento nel sangue della concentrazione di anidride carbonica (CO2) che si verifica quando la PCO2 è superiore a 45 mmHg. L’anidride carbonica è un prodotto di scarto dei processi metabolici cellulari.

Ipossia ed percapnia si verificano insieme quando:

  • la PO2 è inferiore a 55 mmHg;
  • la PCO2 è superiore a 45 mmHg.

Cause acute di ipossiemia

  • asma acuto;
  • edema polmonare;
  • polmoniti;
  • ARDS;
  • embolia polmonare;
  • pneumotorace.

Cause croniche di ipossiemia

  • enfisema;
  • fibrosi polmonare;
  • neoplasie polmonari;
  • lesioni cerebrali.

Cause di ipercapnia

  • ipoventilazione;
  • malattie polmonari;
  • diminuzione dello stato di coscienza;
  • annegamento;
  • esposizione ad ambienti contenenti concentrazioni anormalmente elevate di anidride carbonica;
  • somministrazione troppo elevata di ossigeno in pazienti affetti da apnee notturne.

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Quadro clinico dell’ipossiemia e dell’ipercapnia
I sintomi e segni clinici di ipossiemia sono cianosi, respirazione di Cheyne-Stokes (alterata), apnea, ipertensione arrivando anche al coma. Particolarmente stressato è il cuore, si manifestano dapprima aritmie come la tachicardia, il flusso aumenta per poi diminuire improvvisamente passando alla fibrillazione ventricolare o all’asistolia.
I sintomi e segni di ipercapnia comprendono l’arrossamento della pelle, frequenza cardiaca elevata, dispnea, extrasistole, spasmi muscolari, riduzione dell’attività cerebrale, aumento della pressione sanguigna, aumento del flusso ematico cerebrale. Possono presentarsi anche mal di testa, stato confusionale e letargia. L’ipercapnia può indurre un aumento della gittata cardiaca, un aumento della pressione arteriosa ed una propensione verso le aritmie. In caso di grave ipercapnia (PaCO2 generalmente superiore a 10 kPa o 75 mmHg), la sintomatologia progredisce verso il disorientamento, il panico, l’iperventilazione, le convulsioni, la perdita di coscienza, e può portare fino alla morte. L’ipossiemia è mediamente più grave e più rapidamente mortale dell’ipercapnia.

Terapia
Nell’ipossiemia la terapia indicata è l’ossigenoterapia o la ventilazione a pressione. Le possibili cure per l’ipercapnia devono essere collegate a quelle che sono le cause che hanno portato all’ipercapnia. Si tratta di un processo che può essere affrontato però solo con l’aiuto di un medico che, preparato un percorso diagnostico, dovrà andare ad individuare le cause che hanno portato all’ipercapnia per poi rimuoverle.

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Polmoniti nosocomiali: cause, terapie e linee guida ATS

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILe polmoniti nosocomiali comprendono la polmonite associata al ventilatore, la polmonite postoperatoria e la polmonite che si sviluppa nei pazienti ospedalizzati non ventilati.

Cause

La causa più frequente è la microinalazione di batteri che colonizzano l’orofaringe e le vie aeree superiori in pazienti gravi. La semina del polmone a causa di batteriemia o dell’inalazione di aerosol contaminati (ossia, le particelle sospese nell’aria contenenti Legionella sp, Aspergillus sp, o virus dell’influenza) sono cause meno comuni ( Panoramica sulla polmonite).

Fattori di rischio

Fattori predisponenti della polmonite, sono:

  • Fattori polmonari:
    • Malattie delle vie aeree
    • Bronchite cronica
    • Asma
    • Bronchiettasie
    • Ostruzione bronchiale tumorale
    • Fumo di sigaretta
  • Tosse inefficace:
    • Malattia neuromuscolare
    • Enfisema
    • Dolore addominale
    • Overdose da farmaci
  • Ridotto riflesso del vomito e aspirazione:
    • Overdose da farmaci
    • Abuso di alcool
    • Stroke
    • Malattia neuromuscolare
  • Fattori sistemici:
    • Immunosoppressione congenita o acquisita (AIDS)
    • Leucemia
    • Chemioterapia
    • Trapianto
  • Patologie sistemiche croniche:
    • Diabete
    • Cirrosi
    • Insufficienza renale
    • Insufficienza cardiaca
  • Fattori iatrogeni:
    • Intubazione
    • Ventilazione meccanica
    • Impiego di umidificatori e nebulizzatori
    • Farmaci immunosoppressori
    • Recente intervento chirurgico alle vie aeree
    • Ricovero attuale ≥ 5 giorni
    • Terapia infusionale domiciliare
    • Lunga permanenza in una casa di riposo o in una struttura di assistenza integrata
    • Mancata applicazione di norme igieniche
    • Mancata sterilità in ambienti chirurgici e nosocomiali.
  • Fattori professionali:
    • esposizione ad inquinanti ambientali, sostanze chimiche, polveri.
    • lavorare a stretto contatto con persona malate (medici, infermieri, OSS, badanti…).

Il rischio globale più importante è rappresentato dall’intubazione endotracheale e dalla ventilazione meccanica; la polmonite da ventilatore costituisce > 85% di tutti i casi, interessando il 9–27% dei pazienti ventilati. Il più alto rischio di polmonite da ventilatore si verifica durante i primi 10 giorni di intubazione. L’intubazione endotracheale crea una breccia nelle difese delle vie respiratorie, riduce la tosse e la clearance mucociliare e facilita la microinalazione di secrezioni cariche di batteri che ristagnano al di sopra del palloncino gonfiato del tubo endotracheale. Oltretutto, i batteri formano un microfilm all’esterno e all’interno del tubo endotracheale, che li protegge dagli antibiotici e dalle difese dell’ospite. Nei pazienti non intubati, i fattori di rischio comprendono i precedenti trattamenti antibiotici, il pH gastrico elevato (in seguito a terapia o profilassi per le ulcere da stress con anti-H2 o con inibitori della pompa protonica) e la presenza concomitante di insufficienza cardiaca, respiratoria, epatica e renale. I principali fattori di rischio per la polmonite postoperatoria sono l’età > 70 anni, la chirurgia addominale o toracica e debilitazione funzionale.

Patogeni

I patogeni e i quadri di resistenza agli antibiotici variano in modo significativo tra i diversi centri e possono variare all’interno dello stesso centro in brevi periodi (p.es., da un mese all’altro). In generale, gli agenti patogeni più importanti sono Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus meticillino-sensibile, e S. aureus resistente alla meticillina (MRSA). Altri importanti patogeni comprendono batteri Gram-negativi enterici (principalmente Enterobacter sp, Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Serratia marcescens, Proteus sp e Acinetobacter sp). S. aureus meticillino-sensibile, Streptococcus pneumoniae, e Haemophilus influenzae sono i microrganismi più comunemente implicati quando la polmonite si sviluppa nei primi 4–7 giorni di ospedalizzazione, mentre P. aeruginosa, MRSA (S. aureus resistente alla meticillina) e microrganismi enterici Gram-negativi diventano i più comuni col prolungarsi dell’intubazione o dell’ospedalizzazione. Un precedente trattamento antibiotico (entro i primi 90 giorni) aumenta notevolmente la probabilità di infezione polimicrobica o da microrganismi resistenti agli antibiotici, in particolare MRSA (S. aureus resistente alla meticillina) e Pseudomonas. L’infezione da parte di microrganismi resistenti peggiora marcatamente la mortalità e la morbilità.

Altri fattori di rischio di infezione polimicrobica e da microrganismi resistenti agli antibiotici sono:

  • Ricovero attuale ≥ 5 giorni
  • Elevata incidenza di resistenza agli antibiotici in ambiente extraospedaliero, ospedale, o specifica unità ospedaliera
  • Ospedalizzazione per ≥ 2 giorni entro i 90 giorni precedenti
  • Permanenza in una casa di riposo o in una struttura di assistenza integrata
  • Terapia infusionale domiciliare (inclusi gli antibiotici)
  • Trattamenti di dialisi
  • Cura di ferite a domicilio
  • Essere membro della famiglia con infezione dovuta ad un patogeno resistente agli antibiotici
  • Malattia o terapia immunosoppressiva
  • Elevate dosi di corticosteroidi aumentano il rischio di infezioni da Legionella e Pseudomonas.

Sintomi e segni

Generalmente nei pazienti non intubati, la sintomatologia è la stessa della polmonite non nosocomiale ( Polmonite non nosocomiali : Sintomatologia) e comprende malessere, febbre, brividi, rigidità, tosse, dispnea, e dolore toracico. La polmonite nei malati critici, sottoposti a ventilazione meccanica, provoca più tipicamente febbre elevata e aumento della frequenza cardiaca e/o respiratoria o variazioni dei parametri respiratori, come un aumento nelle secrezioni purulente o un peggioramento dell’ipossiemia.

Diagnosi

Per la diagnosi si usa solitamente l’RX torace, criteri clinici, broncoscopia, emocolture. Nella pratica, la polmonite nosocomiale è spesso sospettata sulla base della comparsa di un nuovo addensamento all’RX torace, eseguita per valutare nuovi sintomi o segni (p.es., febbre, aumento delle secrezioni, peggioramento dell’ipossemia) o una leucocitosi. Tuttavia, nessun sintomo, segno o reperto RX è sensibile o specifico per la diagnosi, poiché tutti possono essere causati da atelettasie, da embolia o da edema polmonare e possono far parte del quadro clinico della sindrome da stress respiratorio acuto (ARDS). Vanno ricercate diagnosi alternative, in particolare nei pazienti che hanno un punteggio di rischio polmonite < 6 ( Hospital-Acquired Pneumonia Risk Index (Indice di rischio della polmonite nosocomiale).

Il ruolo della colorazione di Gram e dell’esame colturale dell’aspirato endotracheale è controverso, poiché i campioni possono essere contaminati con batteri che sono sia colonizzatori sia patogeni, e una coltura positiva può o meno indicare l’infezione. Il prelievo broncoscopico delle secrezioni delle vie aeree inferiori per le colture quantitative consente campioni più attendibili, che possono distinguere la colonizzazione dall’infezione. Le informazioni ottenute dal campionamento broncoscopico riduce l’uso di antibiotici e aiuta nel passaggio dall’ampia copertura antibiotica ad una più mirata. Tuttavia, non è stato provato che migliori i risultati.

Non è stata evidenziata come affidabile la titolazione dei mediatori dell’infiammazione nel liquido di lavaggio broncoalveolare. Un aumento in serie dei livelli di procalcitonina sierici è in grado di identificare i pazienti con imminente deterioramento. Il solo dato che permette di riconoscere in modo affidabile sia la presenza di una polmonite che il microrganismo responsabile è un’emocoltura o una coltura del liquido pleurico (ottenuta via toracentesi in un paziente con versamento pleurale) positiva per un patogeno respiratorio. Le emocolture sono relativamente specifiche se identificano un agente patogeno respiratorio, ma hanno bassa sensibilità.

Prognosi

La mortalità associata alla polmonite nosocomiale è circa del 25–50% nonostante la disponibilità di antibiotici efficaci. Tuttavia, non tutta la mortalità è attribuibile alla polmonite stessa; molti dei decessi sono legati alla malattia di base del paziente. L’adeguatezza della terapia antimicrobica iniziale migliora nettamente la prognosi. L’infezione da batteri gram-negativi o gram-positivi resistenti agli antibiotici peggiora la prognosi.

Trattamento

Se è sospettata una polmonite nosocomiale, il trattamento si basa sugli antibiotici scelti empiricamente in base a:

  • Modelli locali di sensibilità
  • Fattori di rischio del paziente per i patogeni resistenti agli antibiotici
  • Esordio

Una polmonite ad esordio precoce si verifica entro i primi 4 giorni di ricovero. Una polmonite ad esordio tardivo si verifica dopo ≥ 5 giorni di ricovero. Raccomandazioni per i pazienti con insorgenza precoce di polmonite nosocomiale senza fattori di rischio per i microrganismi resistenti agli antibiotici comprendono uno qualsiasi dei seguenti:

  • Ceftriaxone
  • Un fluorochinolone respiratorio (p.es., levofloxacina, moxifloxacina, ciprofloxacina)
  • Ampicillina/sulbactam
  • Ertapenem

Le dosi dipendono dalla funzione renale ( Dosi abituali degli antibiotici più comunemente prescritti). Raccomandazioni per i pazienti con malattia ad esordio tardivo o con fattori di rischio per gli organismi resistenti agli antibiotici includono la terapia tripla con 2 farmaci con attività contro Pseudomonas e 1 farmaco attivo contro l’MRSA (S. aureus resistente alla meticillina):

  • Una cefalosporina antipseudomonas (cefepime o ceftazidime) o un carbapenemico antipseudomonas (imipenem, meropenem) o un β-lattamico/inibitore della β-lattamasi (piperacillina/tazobactam).
  • Una fluorochinolone antipseudomonas (ciprofloxacina o levofloxacina) o un aminoglicoside (amikacina, gentamicina o tobramicina).

Mentre l’uso indiscriminato degli antibiotici rappresenta un importante contributo allo sviluppo delle resistenze, un’iniziale terapia empirica è un determinante maggiore per risultati favorevoli. Pertanto il trattamento deve cominciare con l’uso iniziale di farmaci ad ampio spettro, che vengono poi sostituiti restringendo il regime terapeutico sulla base della risposta clinica, dei risultati delle colture e dei test di suscettibilità antibiotica. Le strategie alternative per limitare le resistenze che sono state testate ma la cui efficacia non è stata dimostrata, comprendono l’interruzione dell’antibioticoterapia dopo 72 h se il pulmonary infection score ( Hospital-Acquired Pneumonia Risk Index (Indice di rischio della polmonite nosocomiale)) risulta essere < 6 e cambiando regolarmente gli antibiotici scelti su base empirica (p.es., ogni 3–6 mesi).

Prevenzione

Tra i casi di polmoniti nosocomiali, le misure di prevenzione più efficaci sono quelli che si concentrano sulla polmonite da ventilatore. La posizione eretta o semi-eretta riduce il rischio di inalazione e di polmonite rispetto alla posizione clinostatica, ed è il metodo preventivo più semplice ed efficace. La ventilazione continua a pressione positiva o a pressione positiva bimodale (Bi-level Positive Airway Pressure, BiPAP) non danneggia le difese delle vie aeree, come avviene con il tubo endotracheale, ed elimina la necessità dell’intubazione in alcuni pazienti. L’aspirazione continua delle secrezioni sottoglottiche, utilizzando uno speciale tubo endotracheale connesso a un sistema di aspirazione, sembra ridurre il rischio di inalazione. La decontaminazione selettiva dell’orofaringe (con l’utilizzo topico di creme con gentamicina, colistina, clorexidina, vancomicina o una combinazione) o dell’intero tratto gastrointestinale (utilizzando la polimixina, un aminoglicoside o un chinolonico e o la nistatina o l’amfotericina B), è controversa poiché solleva preoccupazioni riguardo ai ceppi resistenti e poiché la decontaminazione, pur diminuendo l’incidenza di polmonite da ventilatore, non è provato che riduca la mortalità. Gli esami colturali di sorveglianza e le sostituzioni periodiche dei circuiti del ventilatore o dei tubi endotracheali non hanno dimostrato di ridurre le polmoniti da ventilatore. L’incentivazione respiratoria è raccomandata per aiutare a prevenire la polmonite postoperatoria.

Linee guida ATS

La precedente versione delle linee guida congiunte IDSA-ATS, pubblicata nel 2005, raccomandava durate differenti dei cicli di antibiotico-terapia in base alla differente eziologia dell’infezione.

Le nuove Linee Guida del 2016, invece, raccomandano cicli di antibiotico-terapia di durata non superiore ad una settimana, indipendentemente dall’agente eziologico, ovviamente nei pazienti che beneficiano di un miglioramento clinico con il trattamento impostato. Questa raccomandazione  si basa su due meta-analisi che dimostrano che non ci sono differenze in termini di mortalità, fallimento terapeutico, polmoniti ricorrenti o durata della ventilazione meccanica, tra i regimi di terapia antibiotica di breve dutata (7-8 giorni) e di lunga durata (10-15 giorni).

Le nuove linee guida raccomandano che ciascuna struttura ospedaliera possa fornire un’antibiogramma locale, ovvero che si venga a conoscenza delle resistenze che si sviluppano nei vari nosocomi e che ci si basi sull’epidemiologia locale delle infezioni. L’antibiogramma dovrebbe essere specifico per i pazienti ricoverati nelle terapie intensive, e dovrebbe essere aggiornato regolarmente. Lo scopo è quello di individuare i patogeni specificamente associati a HAP e VAP per assicurare tempestivamente un adeguato trattamento, cercando di minimizzare gli abusi di terapia antibiotica e gli effetti collaterali.

La terapia epirica dovrebbe essere basata infatti sull’epidemiologia locale delle infezioni, sulla presenza o meno di fattori di rischio per lo sviluppo di HAP/VAP da MDR e dalla presenza di shock settico o necessità di supporto ventilatorio per la polmonite, che aumantano a loro voltà il rischio di mortalità.

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Bronchi polmonari: anatomia, posizione e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONI.jpgCon “bronco” in anatomia umana si intende ciascuna delle due ramificazioni terminali della trachea, il condotto che trasporta l’aria inspirata verso i polmoni e l’aria espirata verso l’esterno. La trachea si divide a livello della 4ª-5ª vertebra toracica formando il bronco sinistro e nel bronco destro. I due bronchi, di uguale struttura, si dirigono verso l’ilo polmonare dove si dividono ulteriormente per formare un’arborizzazione all’interno dei polmoni: l’albero bronchiale. I due bronchi principali e parte della prima ramificazione sono chiamati bronchi extrapolmonari, mentre la parte dell’albero dentro i polmoni bronchi intrapolmonari. In completa continuità con la trachea, permettono all’aria inspirata di arrivare ad entrambi i polmoni dopo essere passata per la faringe, la laringe e la trachea stessa.

Disposizione e rapporti

Subito dopo essere nati, all’altezza della 4ª-5ª vertebra toracica, i due bronchi si portano in basso e lateralmente in direzione dell’ilo polmonare. Il bronco sinistro si stacca formando, con l’asse longitudinale della trachea, un angolo di 40-50°, mentre il bronco destro presenta un angolo di 20°, donando all’angolo di biforcazione un valore di 70° circa. Visti il maggior volume e capacità respiratoria del polmone destro, il bronco destro presenta un calibro superiore del sinistro (15 mm e 11 mm rispettivamente), ma una lunghezza inferiore (2 cm e 5 cm rispettivamente).

I bronchi sono in rapporto con i vasi e nervi entranti e uscenti dai polmoni e quindi con le arterie polmonari, le vene polmonari, le arterie bronchiali, le vene bronchiali anteriori e posteriori, i rami bronchiali del vago e con il plesso cardiaco. Il bronco sinistro è scavalcato dall’arco dell’aorta, mentre la vena azigos descrive un arco sopra il bronco destro che è posto posteriormente alla vena cava superiore.

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Funzione

La funzione dei bronchi è quella di permettere il passaggio dell’aria dalla trachea ad entrambi i polmoni.

Albero bronchiale

I bronchi vanno incontro a suddivisioni successive intimamente collegate con l’organizzazione interna dei polmoni. Ogni bronco, poco prima di impegnarsi nei polmoni, si divide in bronchi di prim’ordine o bronchi lobari: il polmone destro presenta tre lobi, mentre il sinistro due quindi anche i bronchi corrispondenti si suddivideranno rispettivamente in tre e due bronchi lobari. Da questi si formano i bronchi di second’ordine (o bronchi zonali o bronchi segmentali) destinati alle zone polmonari. Le zone sono suddivise in lobuli che ricevono un’ulteriore ramificazione bronchiale, i bronchi lobulari che si suddividono poi in bronchioli intralobulari ed, infine, in bronchioli terminali. La diramazione è, quindi, la seguente:

  1. bronchi principali
  2. bronchi di prim’ordine o bronchi lobari
  3. bronchi di second’ordine o bronchi zonali o bronchi segmentali
  4. bronchi lobulari
  5. bronchioli intralobulari
  6. bronchioli terminali

L’albero bronchiale inizia quando iniziano i bronchi e termina nel parenchima polmonare come bronchioli terminali. Tutta la regione dell’albero che precede i bronchioli lobulari viene chiamata parte intrapolmonare dell’albero bronchiale, mentre le ramificazioni bronchiali all’interno del lobulo prendono il nome di parenchima polmonare.

Da ciascuno dei bronchi principali e per tutta la parte intrapolmonare dell’albero bronchiale si staccano ad angolo acuto alcuni rami collaterali che non fanno perdere al bronco la sua individualità, ma solo diminuire di calibro secondo la modalità di ramificazione detta monopodica. A livello dei bronchioli terminali, invece, la ramificazione diventa dicotomica in quanto ogni ramo si sdoppia in due rami di uguale calibro formanti fra loro un angolo ottuso o una divisione a T.

L’albero bronchiale è di fondamentale importanza per stabilire il decorso di vasi e nervi entranti e uscenti dal polmone: tutte le strutture vascolari e nervose, infatti, sono satelliti dei bronchi. Albero bronchiale e le strutture annesse formano un tutt’uno grazie al connettivo elastico che li avvolge.

Vascolarizzazione ed innervazione

I bronchi sono vascolarizzati dalle arterie bronchiali, rami dell’aorta, e dalle vene bronchiali. Dall’aorta originano tre arterie bronchiali: una per il bronco destro e due per il sinistro. Dopo aver dato rami per la formazione del peduncolo polmonare, le arterie penetrano nel polmone dove si ramificano seguendo l’albero bronchiale fino ai bronchioli intralobulari dove terminano con i rami più distali formando una rete capillare che è in comunicazione con i rami dell’arteria polmonare. Nella parete dei bronchi si vengono a formare due reti capillari, una superficiale per la mucosa e una profonda per muscoli e ghiandole. I capillari si riuniscono poi in vene che, se provenienti dai bronchi più sottili si aprono nelle vene polmonari, mentre se provengono da bronchi più grossi sboccano nelle vene bronchiali. Nelle vene bronchiali, prima di riunirsi uscendo dall’ilo in tronchi che sboccano poi nelle vene azigos ed emiazigos, si aprono anche rami venosi provenienti dalla parete dei vasi polmonari. Il drenaggio linfatico fa capo ai linfonodi cervicali profondi, tracheali e bronchiali. I bronchi sono innervati da nervi provenienti dai plessi polmonari anteriori e posteriori.

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Struttura

I bronchi, che condividono la struttura con la trachea, sono composti anelli cartilaginei incompleti posteriormente lasciando il posto alla parte membranosa della parete. Nel complesso sono formati da tre tonache (dall’esterno all’interno): fibrosa, sottomucosa e mucosa.

La tonaca mucosa è liscia in avanti, mentre posteriormente si solleva in pieghe longitudinali ed è formata da un epitelio di rivestimento cilindrico pluristratificato e una lamina propria connettivale ricca di fibre elastiche attraversata dai condotti escretori delle ghiandole e contenente noduli linfatici. L’epitelio di rivestimento presenta cellule con ciglia vibratili che permettono una corrente di muco dall’interno all’esterno. Intercalate a queste, sono presenti cellule caliciformi mucipare (anche se meno numerose rispetto alla trachea) e cellule con microvilli in superfici, probabilmente destinate all’assorbimento o alla funzione di chemorecettori. Nello strato basale si trovano cellule che ricevono fibre nervose formando giunzioni citoneurali che contengono granuli elettrondensi, le cellule P o cellule di Feyrter, che possono essere isolate o in piccoli gruppi chiamati corpi neuroepiteliali o NEB (neuroepithelial body). Questi granuli contengono serotonina e altri neuropeptidi (come sostanza P, CGRP o somatostatina) che vengono rilasciati in caso di ipossia adattando le pareti delle vie aeree all’aria respirata.

La tonaca sottomucosa è più spessa a livello della parte membranosa ed è formata da connettivo lasso con lobuli adiposi. Contiene i corpi delle ghiandole tracheali, cioè ghiandole tubulo-acinose composte a secrezione sierosa, mucosa e mista presenti in queste regioni. Nella parte membranosa, inoltre, sono presenti fascetti di fibrocellule muscolari lisce a decorso trasversale che si inseriscono sulla faccia interna degli anelli o dei legamenti tracheali. Posteriormente a questi si trovano altri fascetti a decorso longitudinale.

La tonaca fibrosa, più esterna, è formata da connettivo denso ricco di fibre elastiche. Avvolge gli anelli tracheali formati da cartilagine ialina fondendosi con il pericondrio e tra questi anelli forma i legamenti tracheali. Gli anelli cartilaginei sono in numero di 4-6 nel bronco di destra e 9-12 nel bronco di sinistra, hanno uno spessore di 1,5 mm e un’altezza di 3-4 mm. Sono incompleti posteriormente dove sono formano la parte membranosa e separati da legamenti anulari formati dalla tonaca fibrosa stessa. Nei bronchi le cartilagini hanno forme più irregolari che nella trachea e man mano che il diametro bronchiale diminuisce gli anelli sono sostituiti da placche isolate o isole cartilaginee. Ancora più all’esterno i bronchi sono avvolti, insieme ai vasi annessi, da un connettivo ricco di fibre elastiche.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Polmonite in bimbi ed adulti: quando diventa davvero pericolosa

MEDICINA ONLINE POLMONITE POLMONI LIQUIDO ALVEOLILa polmonite è una malattia infiammatoria che colpisce uno o ambedue i polmoni. Molti microrganismi, come batteri, virus e funghi, possono causare la polmonite. Può anche dipendere dall’inalazione di un liquido o di un agente chimico. I soggetti più a rischio sono gli adulti oltre i 65 anni e i bambini sotto i 2 anni di età, oppure le persone già affette da problemi di salute. La sintomatologia può variare da lieve a grave, i principali sintomi sono febbre alta, brividi e tosse produttiva,che non migliora o che tendenzialmente peggiora.

Nella maggior parte dei casi i soggetti con polmonite possono essere tranquillamente trattati e non andare incontro a complicanze. In alcuni casi, però, la polmonite può condurre a patologie e condizioni pericolose per la salute, anche potenzialmente mortali, specie in soggetti a rischio come neonati, bambini, anziani, soggetti immunodeficienti.

Le complicazioni pericolose per la salute più comuni, sono:

  • Batteriemia e shock settico. La batteriemia è una complicanza grave, che consiste nella contaminazione del sangue da parte dei batteri. Può determinare uno shock settico, potenzialmente mortale.
  • Ascesso polmonare. L’ascesso polmonare viene in genere trattato con gli antibiotici. Talvolta, è però necessario drenare il pus chirurgicamente o aspirandolo con un ago.
  • Versamento pleurico, empiema e pleurite. Si tratta di complicanze dolorose e addirittura potenzialmente mortali che possono succedere se la polmonite non viene trattata. La pleura è una membrana costituita da due ampi foglietti sottili di tessuto. Un foglietto avvolge l’esterno del polmone, mentre l’altro riveste l’interno della cavità toracica. L’irritazione e l’infiammazione di questi due foglietti costituiscono la pleurite, causa di dolore lancinante a ogni respiro. Lo spazio tra i due foglietti pleurici (spazio pleurico) è minimo. L’accumulo di liquido nello spazio pleurico viene detto versamento pleurico. Se il liquido è infetto, si parla di empiema. Quando succede, può essere necessario drenarlo tramite una cannula toracica o rimuoverlo chirurgicamente.
  • Insufficienza renale, a tal proposito leggi: Differenza tra insufficienza renale acuta, cronica e dialisi
  • Insufficienza respiratoria, a tal proposito leggi: Crisi respiratoria acuta e rischio di morte: cosa fare?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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