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Segno di Binda: cos’è e come si esegue
Differenza tra frattura di LeFort I, II e III
Con “frattura di LeFort” (anche chiamata “frattura di Le Fort“) in medicina si intende un gruppo di fratture che interessano le ossa del cranio che tipicamente si verificano nei traumi facciali e sono potenzialmente molto pericolose per la sopravvivenza del paziente. Questo tipo di frattura deve il suo nome a René Le Fort, il chirurgo francese che per primo le classificò nella prima metà del ‘900. Il dottor Le Fort individuò la presenza di 3 paia di pilastri di resistenza (pari e simmetrici) che caratterizzano il terzo medio del volto. Questi sono:
- pilastro anteriore (naso-frontale): inizia dall’apertura piriforme e segue la cornice orbitaria mediale, circondando inferiormente la regione canina;
- pilastro laterale (zigomatico): dalla regione molare segue la parete laterale dell’orbita;
- pilastro posteriore (pterigo-mascellare): dalla tuberosità del mascellare si porta ai processi pterigoidei dell’osso sfenoide.
Le linee di frattura nei traumi facciali tendono a presentarsi alla periferia delle zone attraversate da queste traiettorie, andando a determinare i diversi tipi di frattura LeFort.
Cause e fattori di rischio delle fratture di LeFort
Le fratture di LeFort sono determinate nella maggioranza dei casi da traumi diretti al volto ed alla testa in generale, ad esempio negli incidenti stradali, spesso associate a svariati altri traumi che interessano il resto del corpo. Le fratture di LeFort possono essere anche favorite da svariati fattori, come:
- fattori locali: processi infettivi aspecifici e specifici, tumori maligni e benigni, cisti, ritenzione dentaria;
- fattori generali: osteomalacia e osteopetrosi, iperparatiroidismo, osteoporosi senile, tossicosi professionali da fosforo o da fluoro.
In questo caso si parla di fratture patologiche, cioè quelle fratture che si verificano su tessuti interessati da cedimento strutturale interno dovuto ad una patologia sottostante che può essere sistemica o locale.
Diagnosi delle fratture di LeFort
La diagnosi delle fratture di LeFort viene effettuata grazie all’esame obiettivo (in cui il palato risulta spesso innaturalmente mobile) supportato da un esame TAC della testa e del collo che nella maggioranza dei casi è capace di mostrare chiaramente il tipo di frattura. Affinché vengano classificate come LeFort, le fratture devono coinvolgere i processi pterigoidei dello sfenoide, questi sono visibili posteriormente ai seni mascellari in una TC assiale, e inferiormente al bordo orbitale in proiezione coronale.
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Frattura di LeFort I (frattura bassa od orizzontale)
Frattura di LeFort I, detta anche bassa o orizzontale, può risultare da una forza diretta verso il basso sul bordo alveolare della mascella. È conosciuta anche come frattura di Guérin, o palato fluttuante, e coinvolge solitamente la porzione inferiore dell’apertura piriforme. La frattura si estende dal setto nasale ai bordi laterali dell’apertura piriforme, si dirige orizzontalmente al di sopra degli apici dentari, incrocia sotto la sutura zigomatico-mascellare e attraversa la sutura sfeno-mascellare fino ad interrompere i processi pterigoidei dello sfenoide. I sintomi di una LeFort I sono principalmente:
- leggero gonfiore del labbro superiore,
- ecchimosi presente nel fornice superiore sotto gli archi zigomatici,
- malocclusione,
- mobilità dentaria.
È presente il segno di Guérin, caratterizzato da ecchimosi nella regione dei vasi palatini maggiori. Le fratture LeFort I possono essere quasi immobili, e si può percepire il caratteristico stridore solamente applicando una pressione sui denti dell’arcata superiore. La percussione dei denti dell’arcata superiore rivela un suono detto a pentola fessa.
Alcuni sintomi possono essere presenti sia nella LeFort I che nella LeFort II, come:
- edema dei tessuti molli nel terzo medio del volto;
- ecchimosi bilaterale circumorbitale;
- emorragia bilaterale sottocongiuntivale;
- epistassi;
- rinorrea di liquido cerebrospinale;
- diplopia;
- enoftalmo.
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Frattura di LeFort II (frattura media o piramidale)
- suono a pentola fessa.
Frattura di LeFort III (frattura alta, trasversale o disgiunzione cranio-facciale)
Terapia delle fratture di LeFort
La terapia prevede la riduzione, la contenzione o interventi chirurgici di osteosintesi o cerchiaggio.
Quale medico si occupa delle fratture di LeFort?
La cura di questo tipo di frattura è principalmente deputato al chirurgo maxillo-facciale, un medico specializzato nella terapia chirurgica di un gran numero di traumi e lesioni che interessano bocca, mascella, mandibola, viso e collo. La cura di una frattura di LeFort, visto anche l’eventuale interessamento di palato, denti, encefalo e – in ultima istanza – le problematiche estetiche nel volto che determina, implica, nelle varie fasi dell’iter terapeutico, un team che comprende un gran numero di specialisti in vari campi sanitari, come neurologi, neurochirurghi, ortopedici, dentisti, otorinolaringoiatri, chirurghi plastici, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Sostanze delle piante efficaci contro il mal di testa
Le sostanze estratte da alcune piante sono efficaci contro la cefalea, è quello che emerge da una ricerca dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo e dell’Istituto di scienze neurologiche del CNR sui rimedi vegetali usati nella medicina popolare tra il XIX e il XX secolo. Circa l’80% presenta componenti in grado di contrastare i meccanismi alla base del mal di testa. Il 40% di queste piante era in uso già da circa 2000 anni. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Ethnopharmacology.
Girasole, sambuco ed artemisia
Molte le piante che contengono molecole con azione anti-infiammatoria e analgesica o comunque in grado di contrastare i meccanismi ritenuti alla base delle principali forme di cefalee. Componenti organici quali flavonoidi, terpenoidi e fenilpropanoidi sembrano poter bloccare, in vivo, i mediatori chimici coinvolti nell’insorgenza delle cefalee. Ad esempio, i diterpeni estratti dal girasole, dal sambuco e dall’artemisia agiscono sulle cavie come i FANS, i farmaci antiinfiammatori non steroidei che solitamente si assumono contro le cefalee, oltre che per ridurre lo stato infiammatorio in patologie articolari, reumatologiche e muscolo-scheletriche. Lo studio ha rivelato anche che circa il 42% delle piante utilizzate dalla medicina popolare italiana per la cura della cefalea era già in uso nel periodo tra il V secolo a.C. e il II d.C., come testimoniano tra gli altri Ippocrate e Plinio il Vecchio.
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Allucinazioni lillipuziane e Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie
La “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie” è una particolarissima sindrome di interesse neurologico e psichiatrico, in cui viene alterata la percezione dello spazio e del tempo, facendo vedere – a chi ne soffre – gli oggetti molto più grandi o molto più piccoli di quanto siano in realtà. Inoltre queste persone trovano difficoltoso giudicare il tempo che scorre, dal punto di vista quantitativo. Il disturbo può essere temporaneo, quando è associato con l’emicrania, crisi epilettica, tumori cerebrali e l’uso di droghe psicoattive, oppure permanente in seguito a lesioni cerebrali di vario tipo.
Le allucinazioni lillipuziane
Un sintomo prominente, e spesso fastidioso, della sindrome è quello dell’alterazione dell’immagine del proprio corpo: il malato può infatti confondere la dimensione e la forma di parti (o di tutte le parti) del corpo. La sindrome comporta distorsioni percettive anche della dimensione degli oggetti. Le allucinazioni caratterizzanti la sindrome sono chiamate spesso “allucinazioni lillipuziane“, questo perché gli oggetti possono apparire molto più grandi o – più frequentemente – molto più piccoli di quello che in realtà sono. I pazienti possono presentare sia micropsia che macropsia. La micropsia è una condizione caratterizzata dalla visione distorta di oggetti, che appaiono più piccoli di quanto in realtà sono. Nella macropsia, invece, il paziente vede tutto più grande di quanto non lo sia in realtà. Anche le reali distanze, tra soggetto e oggetti, vengono percepite in modo errato; per esempio un corridoio può sembrare di ampiezza smisurata o il terreno apparire troppo vicino.
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Credersi in movimento da fermi
Il paziente può presentare un senso del tempo e dello spazio distorto, per cui il tempo sembrerà scorrere molto lentamente, in modo simile ad un trip da sostanze allucinogene. La perdita temporanea di tali sensi causa una distorsione nella percezione della velocità. Questo può portare il paziente a credersi in movimento, anche quando non lo è. Altri sintomi minori e meno comuni possono essere: mancanza di coordinamento, difficoltà nel muovere gli arti, perdita di memoria a lungo termine e una sensazione persistente di essere ascoltato, osservato o toccato. La sindrome è talvolta chiamata “Sindrome di Todd“, in riferimento ad un’influente descrizione della condizione nel 1955 da parte dello psichiatra inglese John Todd nella prima metà del ‘900. Todd aveva infatti scoperto che molti dei suoi pazienti, che soffrivano di gravi attacchi di emicrania, vedevano e percepivano gli oggetti in modo sproporzionato, soprattutto dopo un’intensa aura encefalica.
Il romanzo
Spesso questo delirio può essere causato da emicrania, della quale Lewis Carroll (l’autore del famoso “Alice nel Paese delle Meraviglie”, di cui il 14 gennaio ricorrevano i 150 anni dalla morte) soffriva e che probabilmente ha ispirato la scrittura del racconto. Inoltre nel romanzo di Lewis, colpisce il fatto che la protagonista Alice presenti tutti i sintomi della sindrome in questione dopo l’ingestione di muscimolo, un alcaloide psicoattivo contenuto dall’amanita muscaria e dall’amanita pantherina (nel romanzo descritto come un “fungo rosso e bianco”).
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Primo trapianto di testa umana al mondo eseguito con successo
Il primo trapianto di testa umana al mondo è stato eseguito con successo, lo ha annunciato in una conferenza stampa a Vienna, il neurochirurgo italiano Sergio Canavero, spiegando che un’équipe dell’università medica di Harbin ha realizzato il primo trapianto di testa umana su cadavere al mondo ed affermando che un’operazione su un essere umano vivo potrebbe essere “imminente”.
Il trapianto su cadavere è un evento storico per la medicina. E’stato effettuato dal team guidato dal chirurgo Xiaoping Ren, che l’anno scorso ha trapiantato con successo una testa sul corpo di una scimmia. L’operazione si è svolta in Cina, con un intervento durato ben 18 ore, in cui sono stati connessi con successo la colonna vertebrale, i nervi ed i vasi sanguigni. Il prossimo passo, ha spiegato Canavero, sarà lo scambio e il trapianto di testa da donatori in stato di morte cerebrale.
Questa è la strada che porterà l’uomo ad essere potenzialmente immortale. Voi cosa ne pensate?
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