Con “ipersonnia” (in inglese “hypersomnia”) in medicina si intende un gruppo di numerosi disturbi neurologici del sonno caratterizzati da eccessiva sonnolenza diurna che porta il paziente ipersonniaco a non mantenere un adeguato livello di vigilanza per tutto l’arco della giornata e ad andare incontro a situazioni di sonno improvviso ed incontrollabile che lo costringono ad addormentarsi in momenti inconsueti, ad esempio durante una conversazione, durante un pasto, mentre sta lavorando o addirittura mentre sta guidando. L’ipersonnico in genere si addormenta con estrema facilità e si sveglia con molta difficoltà. A seconda del tipo di ipersonnia, i sonnellini diurni possono essere più o meno lunghi e più o meno ristoratori: ad esempio nella narcolessia i pisolini diurni tendono ad essere brevi (alcuni minuti) e ristoratori, mentre nell’ipersonnia idiopatica sono al contrario più lunghi (anche ore) e non ristoratori.
Ipersonnie primarie
Con “ipersonnie primarie” si intende un tipo specifico di sindromi ipersonniche per la cui eziopatogenesi non è stata ancora individuata una causa organica, tossica o psichica, al contrario delle ipersonnie secondarie dove l’eziopatogenesi appare chiara. Le ipersonnie primarie comprendono l’ipersonnia idiopatica e la detta sindrome di Kleine-Levin (o ipersonnia ricorrente primaria) che è la forma più rappresentativa del gruppo delle ipersonnie ricorrenti; altre ipersonnie ricorrenti, da porre in diagnosi differenziale con la sindrome di Kleine-Levin, hanno invece motivazioni patogenetiche note, organiche o psichiatriche (ipersonnie ricorrenti sintomatiche). Tra le ipersonnie primarie sono inserite anche la narcolessia (caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, necessità improvvisa di fare diversi brevi pisolini ristoratori durante il giorno, cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e paralisi nel sonno) e la narcocataplessia (caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, colpi di sonno improvvisi durante il giorno, cataplessia, allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche).
Ipersonnia ricorrente primaria (sindrome di Kleine- Levin)
La sindrome di Kleine-Levin (sindrome di K-L o ipersonnia ricorrente primaria, in inglese Kleine–Levin syndrome da cui l’acronimo KLS) è un’ ipersonnia ricorrente appartenente al gruppo delle ipersonnie primarie. Si tratta di un disturbo raro ormai ben connotato per quanto riguarda il quadro clinico, molto meno per quanto riguarda gli eventuali momenti eziopatogenetici. Le descrizioni originali dei primi casi della letteratura si devono a Kleine nel 1925 e a Levin nel 1936; ma sono Critchley e Hoffman nel 1942 a definire i caratteri essenziali e distintivi della sindrome per la sua formulazione diagnostica e a connotarla con l’eponimico tuttora in uso.
Epidemiologia
La malattia è molto rara e la sua prevalenza è 1-9/1.000.000. Si stima che la malattia interessi 1 o 2 milioni di individui nel mondo. I pazienti sono soprattutto i maschi (circa il 70% dei casi) e gli adolescenti (85% dei pazienti), con un’età media di esordio di 15 anni. L’esordio può comunque variare molto, dai 4 ad oltre gli 82 anni. La malattia può comparire in maniera brusca oppure gradualmente. Il rapporto tra i due sessi è a favore di quello maschile (rapporto di 0,75-0,25 maschi/femmine) e diversa è l’età media di inizio del disturbo, che compare ad età più avanzata nel sesso femminile (19,5 anni contro 16,0 anni nei maschi). Nelle femmine la sindrome viene a volte definita come «ipersonnia periodica correlata al ciclo mestruale» ed è comunque una sindrome rara; in essa, più frequentemente che nella sindrome di Kleine-Levin, si osservano forme incomplete (ipersonnnia senza megafagia e/o senza manifestazioni di ipersessualità), mentre di solito il decorso, l’evoluzione e la prognosi non differiscono sostanzialmente da quanto osservato nel sesso maschile.
Cause e fattori di rischio
Le cause non sono attualmente del tutto note. L’incertezza interpretativa fisiopatogenetica è legata alla mancata identificazione di una causa della malattia. Le ipotesi interpretati ve che emergono dalla letteratura sono di due ordini: psicogeno e organico, con la formulazione anche di alcune teorie che tengono conto di ambedue questi punti di vista.
Nel primo caso, si ritrovano interpretazioni sia in chiave psicosomatica che francamente psicoanalitica, mentre altri Autori interpretano la sindrome come sprovvista di autonomia patogenetica ma quale manifestazione aspecifica secondaria ad una personalità di base immatura.
Nel secondo caso, la maggior parte degli Autori che propone interpretazioni organiche ipotizza un disordine mesencefalo-diencefalico alla base della sindrome, sia per la combinazione dei sintomi caratterizzanti, sia per le pur minime alterazioni ritrovate in alcuni parametri ormonali, sia per la parziale riproduttività sperimentale nel laboratorio
animale del quadro clinico umano. Si sa che in patologia spontanea umana una lesione della sostanza reticolare mesencefalica e dell’ipotalamo latero-posteriore può provocare insonnia, una lesione ipotalamica ventro-mediana determina un comportamento iperfagico ed una lesione rinencefalica modifica il comportamento orale e sessuale. Un
momento eziologico potrebbe essere, secondo alcuni, quello infiammatorio (magari virale), a causa della frequente presenza di un quadro simil-influenzale al momento della comparsa della sindrome. A livello sperimentale, lesioni prodotte nell’area istmica della giunzione ponto-mesencefalica provocano nel gatto un aumento del sonno e un
comportamento iperfagico. Infine, ipotesi interpretative intermedie contemplano la presenza di non identificate alterazioni ormonali o neurotrasmettitoriali (forse dipendenti dall’età adolescenziale) quali fattori facilitanti la comparsa di risposte comportamentali inadeguate dell’adolescente di fronte agli stress ambientali.
Sintomi e segni
I caratteri semeiologici della sindrome di K-L sono costituiti da:
- ipersonnia;
- iperfagia;
- ipersessualità.
Il primo di questi, l’ipersonnia, è il sintomo-guida della sindrome ed è costituito dall’eccesso di sonno che non si differenzia da quello fisiologico sul piano comportamentale se non per gli aspetti quantitativi. L’ipersonnia si può instaurare rapidamente o gradualmente nel giro di alcuni giorni; la reversibilità ne costituisce l’aspetto più importante; il paziente passa gran parte della giornata a letto e mostra di dormire per un tempo che va dalle 10 alle 12 ore sulle 24 di una giornata; il sonno può essere più o meno profondo, ora calmo, ora agitato, ora sostituito da una semplice sonnolenza se non da una veglia vera e propria.
L’aumentata ingestione di cibo (iperfagia) costituisce un secondo sintomo peculiare e solitamente non si accompagna ad un aumento dell’appetito, inoltre il paziente può arrivare a mangiare e bere cibi che normalmente sono rifiutate da lui o dall’ambiente socioculturale all’interno del quale egli vive: è per questo motivo che ad essa è
stata attribuita, da alcuni Autori, una natura compulsiva non controllabile.
L’ipersessualità si caratterizza non solo per una caduta di freni inibitori in proposito, con assenza di pudore, proposte ripetute ossessivamente, masturbazione incontrollata, ma anche per un’anomalia della discriminazione della scelta del partner, scelta che non tiene più conto dell’età e talora nemmeno del sesso.
La sintomatologia inizia di solito nell’età puberale-adolescenziale, ossia nella seconda decade di vita. Si ritrovano spesso degli apparenti fattori di scatenamento, di natura tuttavia variabile: stress fisici o psichici, episodi febbrili di tipo influenzale. Il sesso maschile sembra prevalentemente colpito, con un rapporto di 3 a 1 nel totale dei casi
riportati in letteratura. Pochissimi casi con incidenza familiare sono stati descritti. I soggetti colpiti possono presentare turbe comportamentali che sono costituite, nella maggior parte dei casi, da irritabilità, confusione, rallentamento, più raramente dalla presenza di fenomeni patologici psicosensoriali. Gli episodi hanno una durata variabile, da pochi giorni ad alcune settimane e ogni episodio tende a risolversi gradualmente e spontaneamente. Nel giro di pochi anni, anche gli attacchi tendono a diradarsi per poi cessare spontaneamente.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale della sindrome di K-L si fa con le forme di ipersonnia ricorrente sintomatiche (organiche e/o psichiatriche) che sono le forme dipendenti da lesione del sistema nervoso centrale di natura espansiva, infiammatoria, traumatica o vascolare; le forme associate a quadri psicotici (depressione maggiore periodica) o nevrotici (soprattutto quadri di conversione isterica).
Quadro polisonnografico
Da un punto di vista neurofisiologico, nei periodi accessuali il tracciato elettroencefalografico (EEG) registrato in veglia può presentare rallentamenti più o meno diffusi, con morfologia talora rassomigliante agli stadi più superficiali del sonno;
durante il periodo asintomatico, il tracciato corrisponde solitamente a quello fisiologico per l’età dei soggetti registrati, ma alcuni Autori hanno descritto il reperto di figure parossistiche per lo più a distribuzione diffusa e sincrona.
Indagini poli sonno grafiche sono state condotte sia durante gli episodi di ipersonnia, sia negli intervalli intercritici e va detto che non si è ancora configurato un profilo del sonno peculiare per questa malattia.
Emerge costantemente, nella fase critica, un aumento del tempo totale di sonno (almeno 12-14 ore di sonno nella giornata) e una certa instabilità dell’organizzazione ipnica; più incerta è l’incidenza e la collocazione temporale delle differenti fasi di sonno. Dalle osservazioni finora consegnate alla letteratura, sembra di poter dedurre che, nel sonno
lento, le fasi III e IV sono diminuite a favore della I e II, mentre anche il sonno REM sembra andare incontro ad una sostanziale, più o meno accentuata, riduzione; il numero di cicli REM è talora ridotto e, sempre raramente, sono stati segnalati addormentamenti in REM (SOREMPs, peraltro tipici della narcolessia); eccezionalmente sono state descritte registrazioni notturne nelle quali la fase REM è sembrata assente del tutto. Nella norma appare il sonno notturno dei soggetti registrati al di fuori delle fasi critiche della malattia.
Esami di laboratorio
La mancata identificazione di un momento patogenetico nella sindrome di K-L rende ragione delle numerose (ma finora sostanzialmente inutili) indagini di laboratorio che sono state effettuate. Per quanto riguarda le indagini morfologiche, è possibile reperire in letteratura report di esami TAC e RMN che sono risultati sempre nella norma (qualche reperto evidenzia lievi asimmetrie ventricolari). Tutte le costellazioni ormonali sono state indagate, sia studiando i livelli ormonali basali che le risposte a stimolazioni specifiche, e non è stato possibile identificare reperti patologici suscettibili di fornire una risposta interpretativa per il disturbo oppure per uno stato di patologia comunque comprensibile; soltanto gli steroidi corticali hanno evidenziato saltuariamente delle variazioni rispetto ai valori normali, magari aumentando durante i periodi critici rispetto agli intervalli asintomatici, senza tuttavia esulare francamente dalla norma.
Naturalmente, tal une alterazioni della secrezione sono state descritte in alcuni di quei casi nei quali la sleep-disruption comprendeva quelle fasi del sonno durante le quali la sostanza si produce: valga per tutti l’esempio della mancata puntata secretiva del GH in un caso che non presenta (sufficiente) sonno lento durante il primo ciclo di sonno.
Evoluzione
I singoli episodi hanno durata variabile, da alcuni giorni a poche settimane; la loro ricorrenza è solitamente di uno-due episodi in un anno. Comparsi, come si è detto, nel periodo adolescenziale, tendono gradatamente a diradarsi fino a scomparire del tutto prima che il soggetto diventi adulto; più recentemente tuttavia sono stati segnalati casi con persistenza della sindrome anche oltre la terza decade della vita.
Terapia
Alcuni casi di sindrome di K-L hanno mostrato un’interruzione precoce della comparsa degli episodi di ipersonnia in seguito ad interventi psicoterapici.
La farmacoterapia prevede un approccio terapeutico dell’attacco (e quindi sintomatico) e uno della malattia (e quindi preventivo). Nel primo caso si sono usati farmaci stimolanti, con interruzione dell’attacco di ipersonnia ma di solito con un risultato di breve durata; nel secondo caso, risultati brillanti, anche se non costanti in tutti i casi trattati, sono stati ottenuti con l’uso del carbonato di litio (come nelle psicosi distimiche periodiche).
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Lo Staff di Medicina OnLine
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