Acari ed allergia: cosa sono, dove si trovano, come si combattono

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNO1) Cos’è l’acaro?
Con quattro paia di zampe e un corpo peloso, gli acari sono lunghi da 0,2 a 0,4 mm. Appartenenti alla stessa famiglia dei ragni e degli scorpioni, l’ordine degli Acarina (volgarmente noti come acari) è suddiviso in 5 famiglie, 18 generi e circa 50.000 specie. In caso di allergia agli acari, la causa che scatena l’allergia (allergene) non è l’acaro in sé, ma le sue feci o le secrezioni, oltre che le carcasse post-mortem. A tale proposito, una decina di acari sono particolare causa di allergia: quelli del genere Dermatophagoides (pteronyssinus e farinae) e la Blomia tropicalis.

2) Dove si trovano gli acari?
Soprattutto infestano la biancheria da letto, i peluche, i divani, i tappeti e le moquette. Tutte le case ne ospitano, persino quelle più pulite.

3) Quali misure preventive è possibile mettere in atto?
Per limitare i rischi di allergia, la disinfestazione è fondamentale, anche se è davvero efficace solo se effettuata in modo precoce, completo e prolungato. Tuttavia, alcune semplici misure permettono di alleviare in modo significativo i sintomi. È opportuno aerare al massimo le stanze, mantenere una temperatura ambiente piuttosto fresca e scegliere come arredo interno superfici lisce facilmente lavabili. Inoltre, si possono anche rivestire i materassi con apposite fodere antiacari e cambiare la biancheria del letto ogni settimana, così come passare frequentemente l’aspirapolvere e, all’occorrenza, munirla di apposito filtro. Per la stessa ragione, si consiglia di mantenere un’umidità relativa dell’aria che non superi il 50% e una temperatura ambiente compresa tra 19 e 21°C (da 16° a 18°C nelle camere da letto). Molto utile è anche l’uso di un apposito spray antiacaro, come questo: https://amzn.to/2RtEsvl

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4) Che posto occupa l’allergia agli acari tra le allergie respiratorie?
Per semplificare, si distinguono le allergie stagionali (causate essenzialmente dai pollini) dalle allergie aperiodiche (o perannuali), che possono sopraggiungere in qualsiasi momento dell’anno. L’allergia agli acari è una di quelle. Si tratta della forma di allergia più diffusa in Italia. Colpisce gran parte dei pazienti che presentano segni di rinite allergica o di asma.

5) L’allergia agli acari è più significativa nel bambino o nell’adulto?
È stato riscontrato un aumento della frequenza di allergia agli acari con il passare degli anni. Più si cresce, più si diventa sensibili agli acari. I bambini, dal canto loro, sviluppano presto questa sensibilizzazione, che si manifesta completamente come allergia solo in età adulta. Pare che questa allergia sia decisiva durante l’infanzia per evolversi poi in asma, in particolare a causa dell’interazione con le infezioni virali, spesso a ripetizione a quell’età.

6) Come distinguere questa allergia da un normale raffreddore?
L’inverno è un periodo dell’anno che può dare adito a confusione. Infatti, i raffreddori producono sintomi piuttosto simili a quelli della rinite allergica. Ciò che permette di distinguere una rinite allergica da un classico raffreddore è quando i sintomi persistono in modo anomalo (ad esempio un raffreddore che dura diverse settimane) o quando i sintomi diventano più evidenti in situazioni particolari (spostamenti in campagna o permanenza in ambienti non opportunamente aerati, caratterizzati da una concentrazione abbondante di polvere e acari…). Una buona diagnosi è certamente fondamentale, ma per prima cosa ciò che conta è curare. Infatti, è curando la rinite allergica che è possibile migliorare i sintomi di un raffreddore virale. D’altronde, uno studio ha dimostrato che i soggetti sensibili agli acari sono maggiormente esposti al rischio di infezioni virali. Succede come se l’allergia agli acari rendesse forte o distruggesse la mucosa respiratoria, preparando il terreno alle infezioni che verrebbero ad aggravare il quadro. È una sorta di circolo vizioso, poiché la rinite e la minaccia virale sono molto spesso associate.

7) Come passare dal sospetto a un’effettiva diagnosi di allergia agli acari?
Il test di riferimento è un test cutaneo noto come “prick test” (prove allergiche). Si provoca un contatto pungendo leggermente la pelle del paziente con uno specillo, attraverso una goccia di allergene purificato. In caso di reazione cutanea significa che si è in presenza di una sensibilizzazione. E, in caso di sensibilizzazione e di sintomi, significa che esiste allergia. Un esame del sangue, il Test delle IgE specifiche, prevede un dosaggio di anticorpi diretti verso l’allergene. Sarà possibile ricercare eventuali allergie incrociate, in particolare ai gamberetti o alle lumache, che possono essere talvolta estremamente pericolose nei pazienti molto allergici agli acari.

Per approfondire, leggi: Test per Allergie e Intolleranze Alimentari

8) Di fronte a queste allergie, gli antistaminici e i corticoidi locali sono efficaci?
Quando sono i pazienti stessi a sospettare l’esistenza di una causa allergica dei loro sintomi, il ricorso a questi farmaci è, infatti, frequente e spesso necessario. Sono consigliati sia dal medico curante, sia da familiari e amici. Quindi, esiste spesso anche la possibilità di un’automedicazione che, in un discreto numero di casi, si rivela insufficiente.

9) Per quali pazienti si consiglia una desensibilizzazione?
Per quei pazienti la cui rinite allergica impedisce una buona qualità di vita e la diagnosi è stata ben formulata, è possibile considerare un’immunoterapia allergenica. In un altro caso, quello dei pazienti affetti da una forma molto grave di asma, occorre in primo luogo regolarla e tenerla sotto controllo prima di considerare una desensibilizzazione per migliorarla.

10) Come avviene la desensibilizzazione?
Il principio dell’immunoterapia allergenica o desensibilizzazione è di apportare, in modo frequente e regolare, l’allergene all’organismo. Questo consente di riconoscerlo e di abituarsi poco alla volta senza sviluppare sintomi allergici. In passato, si faceva uso di un certo quantitativo di allergeni per indurre una tolleranza. Oggi, questo fenomeno immunologico si ottiene somministrando tutti i giorni delle gocce sotto la lingua, a digiuno. Nel caso di allergia agli acari, questo trattamento viene assunto tutto l’anno e la sua durata varia da tre a cinque anni. L’efficacia di questa cura varia in base alla gravità dell’allergia, anche se sarà sempre possibile apprezzare una diminuzione più o meno significativa dei sintomi. Infatti, questo trattamento comporta sempre un aumento del numero di giorni senza sintomi e una diminuzione del consumo di farmaci di emergenza. Nella migliore delle ipotesi, si riesce a farli scomparire del tutto.

Consigli antiacari

  • Aver cura della biancheria da letto (materassi, reti) e degli accessori a corredo (lenzuola, guanciali, piumoni e copripiumoni…);
  • Far prendere aria ai letti la mattina;
  • Passare regolarmente l’aspirapolvere (tutte le settimane), utilizzando sistematicamente del materiale specifico (filtro HEPA);
  • Lavare regolarmente la biancheria da letto (ogni 2 settimane) a temperature superiori a 60°C (in assenza di fodere antiacari);
  • Lavare la fodera antiacari a 60°C due volte all’anno;
  • Cambiare le lenzuola una volta alla settimana;
  • Preferire una rete con doghe in legno;
  • Evitare i piumoni in piuma naturale (nicchie in cui si annidano gli acari, difficili da pulire);
  • Pulire i pavimenti e gli oggetti a rischio;
  • Preferire il parquet e il linoleum alla moquette;
  • Lavare tende e cuscini a 60°C;
  • Prediligere i peluche lavabili in lavatrice a 60°C;
  • Rivestire guanciali, materassi e piumoni con fodere antiacari;
  • Gestire la temperatura all’interno della casa, cambiare aria, ecc.
  • Far prendere aria ai letti la mattina e aerare le camere da letto almeno un quarto d’ora al giorno, soprattutto in presenza di tempo freddo e secco;
  • Controllare l’umidità relativa (utilizzare un deumidificatore) al di sotto del 50%;
  • Mantenere una temperatura ambiente ragionevole (al massimo tra 18 e 20° C, in particolare nelle camere da letto).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Superare le intolleranze alimentari con la dieta di eliminazione? Meglio lo schema di rotazione dei cibi

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO MANGIARE PANINO DIETA CUCINARE DIMAGRIREChi è pratico di visite dal dietologo ci sarà probabilmente passato: fatti i test adeguati, si scopre di essere intolleranti ad uno o più cibi. Una volta scoperta tale intolleranza può capitare che molti colleghi della vecchia guardia diano al paziente la “dieta di eliminazione“, cioè una dieta che escluda l’alimento, o gli alimenti, a cui il paziente è intollerante. La reazione del soggetto è di solito un misto di felicità e di tristezza: al sollievo per aver individuato la vera causa o concausa di un malessere si sovrapponga il timore di non riuscire a “reggere” l’eliminazione di tali alimenti dalla quotidianità. Questa preoccupazione è del tutto fuori luogo. Una dieta di eliminazione non solo è un sacrificio inutile, che fa vivere da malati, minando il rapporto con il cibo, il piacere di nutrirsi e anche la socialità. E’ una strategia che può rivelarsi persino controproducente, quando non addirittura dannosa. Anche la dietologia si evolve e le ricerche più moderne vanno in direzione completamente nuova rispetto al passato, svelandoci una nuova verità: anziché seguire una dieta di eliminazione, si deve optare, da subito, per l’assunzione ragionata e personalizzata degli alimenti e sul recupero della tolleranza immunologica.  Non è escludendo i cibi verso cui ci si scopre ipersensibili che si vincono le intolleranze alimentari e si contrastano efficacemente i problemi – dal mal di testa alla pancia gonfia, dalle cistiti ricorrenti alle manifestazioni di tipo dermatologico, dal sovrappeso alle infezioni respiratorie frequenti – che spesso sono collegati a ciò che mangiamo

Continua la lettura su https://www.lucaavoledo.it/2013/01/intolleranze-alimentari-la-dieta-di.html

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I test per le allergie e le intolleranze alimentari

MEDICINA ONLINE FRUTTA DIETA CIBO UVA BANANE MELE ALBICOCCHE VITAMINEIl più delle volte il termine allergia alimentare viene usato genericamente per indicare qualsiasi reazione sgradevole che sia legata all’assunzione di alimenti. In realtà l’allergia alimentare vera e propria è un’evenienza molto meno comune di quanto non si creda. Si può parlare di allergia alimentare solo quando l’organismo di alcuni soggetti reagisce in modo anomalo, eccessivo ad alcuni alimenti o ingredienti, producendo anticorpi nei confronti delle sostanze che contengono. Quando il sistema immunitario non è coinvolto si deve parlare invece più propriamente di intolleranza alimentare i cui sintomi sono spesso largamente sovrapponibili a quelli dell’allergia vera e propria.

Test diagnostici
La diagnosi di allergia alimentare è semplice ed immediata solo quando compaiono sintomi caratteristici, piuttosto severi, tanto da portare a visite urgenti subito dopo l’assunzione di un determinato alimento. Molto più frequentemente le cose non sono così lineari: se la reazione è ritardata, i sintomi sono variabili o incostanti, la diagnosi è più difficile.
Se il medico ritiene che i disturbi possano essere verosimilmente legati all’assunzione di qualche alimento, le procedure diagnostiche più ampiamente utilizzate per valutare la possibilità di una allergia alimentare sono rappresentate da test cutanei (Prick test) e da esami di laboratorio (es. Rast Tes,. CAP- System).

Il Prick test viene eseguito ponendo alcune gocce di allergene sulla pelle che poi viene leggermente graffiata. La comparsa, entro 20 minuti, di gonfiore e arrossamento localizzato indica che vi è stata una reazione in risposta all’allergene alimentare testato. Quando non è possibile l’esame cutaneo (es. per la presenza di reattività cutanea estrema o di ansietà del paziente) o permangono dubbi, si può procedere ai test di laboratorio sul sangue, dove si ricercano un tipo specifico di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE), utilizzando un metodo radioimmunologico (RAST test) oppure immunoenzimatico (CAP- System).

Per diversi motivi questi test non andrebbero utilizzati a tappeto ma come conferma, in caso si sospetti un’allergia ad un determinato alimento e tenendo conto della storia personale. Infatti, se le sostanze valutate mediante test cutaneo sono numerose, è possibile la comparsa di falsi positivi, ossia il paziente reagisce ad una determinata sostanza anche se in realtà non è allergico nei suoi confronti, e si creano così preoccupazioni inutili.

I falsi positivi sono possibili anche con i test di laboratorio: possono, infatti, essere presenti anticorpi nei confronti di alimenti che, in realtà, sono sempre stati tollerati oppure che hanno provocato allergia in passato, ma ora risultano tollerati. Inoltre, i test allergologici non sono indicativi in caso di intolleranze alimentari non mediate dagli anticorpi. Per alcuni alimenti le prove allergologiche devono essere ripetute periodicamente per verificare se la reazione immunologica dell’organismo si stia attenuando.

Test di provocazione orale
Se i test risultano positivi, ma i sintomi non sono chiari, per evitare restrizioni alimentari inutili soprattutto nei confronti di alimenti fondamentali, si procede all’esecuzione di un ulteriore test che è il test di provocazione orale, da svolgere in ambulatori attrezzati e con la supervisione di personale medico. Queste prove vengono eseguite somministrando ogni alimento sotto forma di gocce, capsule o pappine in modo da eliminare completamente la componente psicologica legata all’assunzione di una porzione di cibo vera e propria e si osservano eventuali reazioni che si sviluppano in seguito all’assunzione dell’alimento. Questo test permette di avere la conferma dell’effettiva allergia ad un dato alimento, che verrà quindi eliminato dall’alimentazione. Il test di provocazione viene anche utilizzato per valutare uno stato di tolleranza che il soggetto allergico abbia eventualmente conseguito nel tempo, quando i test allergologici cutanei o di laboratorio evidenziano una attenuazione della risposta immunitaria.

Diete di eliminazione
Meritano di essere menzionate anche le diete di eliminazione di cui sempre più spesso si sente parlare quando si affronta il problema delle allergie alimentari. La dieta di eliminazione si attua principalmente quando sono presenti patologie croniche, come eczema, orticaria o problemi gastroenterici. Tali diete consistono nell’eliminare per un certo periodo di tempo tutti gli alimenti sospetti e tutti quelli più comunemente responsabili di reazioni allergiche. La carne che provoca reazioni allergiche con minor frequenza è la carne di agnello, fra i cereali il riso, fra le verdure le patate, le carote e la lattuga, fra i frutti le pere, fra i grassi l’olio di girasole. In genere sono questi gli alimenti che costituiscono la dieta base. Se i sintomi migliorano, si procede alla reintroduzione graduale degli altri alimenti uno alla volta. Le diete di eliminazione comportano, se protratte a lungo, il rischio di carenze nutritive e pertanto devono sempre essere condotte con la supervisione di un medico. Alla dieta di eliminazione io preferisco applicare uno schema di rotazione di cibi.

Per approfondire:

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Morire per una puntura di vespa: capire cos’è uno shock anafilattico può salvarti la vita

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VESPA INSETTISuccede molto spesso purtroppo, specialmente durante i mesi caldi dell’anno: da Nord a Sud, sono numerosi in Italia i casi in cui basta la puntura di una vespa o di un calabrone per provocare in chi è stato punto uno shock anafilattico, cioè una reazione allergica di intensità tale da poter causare la morte.
L’ultimo episodio in provincia di Torino, a Coazze, dove un uomo di 53 anni è morto all’ospedale San Luigi di Orbassano dove era ricoverato dopo essere stato punto da una vespa. L’uomo si stava recando al lavoro in bicicletta quando l’insetto lo ha punto. Ricoverato in ospedale, è morto due giorni dopo.
Nonostante l’intervento dei medici, lo shock anafilattico provocatogli da quella puntura gli è stato fatale.

In cosa consiste lo shock anafilattico?

L’anafilassi è definita come «una grave reazione allergica a rapida comparsa e che può causare la morte». Nelle forme più gravi di anafilassi, si parla di «shock anafilattico». L’anafilassi è causata da una particolare forma di ipersensibilità, comunemente detta “allergia”, verso una sostanza antigenica (detta allergene). Le cause più comuni comprendono punture di insetti, alimenti e farmaci. In genere si presenta con una serie di manifestazioni cliniche tra cui prurito, angioedema (gonfiore) della faccia e della gola, rapido calo della pressione arteriosa sistemica. A livello fisiopatologico, l’anafilassi è una reazione di ipersensibilità del I tipo, dovuta al rilascio di mediatori da parte di alcuni tipi di globuli bianchi attivati da meccanismi immunitari e no. Viene diagnosticata sulla base dei sintomi e dei segni che si presentano. L’esposizione alla sostanza può avvenire per inalazione, ingestione, contatto o inoculazione dell’allergene. La reazione di anafilassi propriamente detta avviene nei confronti di un antigene con cui il soggetto è già entrato in contatto precedentemente. Attualmente, l’anafilassi provoca ogni anno 500-1 000 decessi (2,4 casi per milione di persone) negli Stati Uniti, 20 nel Regno Unito (0,33 per milione) e 15 in Australia (0,64 per milione). I tassi di mortalità sono diminuiti tra il 1970 e il 2000. In Australia la morte indotta dall’anafilassi dovuta a sostanze alimentari si verifica soprattutto nelle donne, mentre i decessi causati da punture di insetti si verificano soprattutto nei maschi. Comunemente i casi a prognosi infausta sono però provocati da assunzione di farmaci. Aneddoticamente è anche un metodo di suicidio, per esempio con penicillina o pesce. Il meccanismo e la sintomatologia dello shock anafilattico sono causati dalle immunoglobuline E (IgE) e da altre anafilatossine che inducono la liberazione di grandi quantità di istamina e di altre sostanze.

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Cause

L’anafilassi può verificarsi come risposta a quasi tutte le sostanze estranee che entrano in contatto con l’organismo. Tra le cause più comuni vi sono le punture di insetti (come le api), l’assunzione di alcuni alimenti o di farmaci. Gli alimenti sono la causa di anafilassi più comune per bambini e adulti, mentre le punture di insetti e i farmaci risultano esserlo per la popolazione anziana. Cause meno frequenti includono anche fattori fisici, agenti biologici come sperma, lattice, variazioni ormonali, additivi alimentari come il glutammato monosodico, coloranti alimentari e farmaci topici. Fattori fisici, come l’attività fisica (nella cosiddetta “anafilassi indotta dall’esercizio”) o variazioni di temperatura (sia verso il caldo sia verso il freddo) possono inoltre agire come innesco attraverso i loro effetti diretti sui mastociti. Gli eventi scatenati dall’attività fisica sono però frequentemente associati all’ingestione di alcuni alimenti. Anestesia, somministrazione di farmaci miorilassanti o antibiotici e utilizzo di presidi in lattice sembrano essere le cause più comuni di reazione anafilattica. Nel 32%-50% dei casi, la causa scatenante rimane sconosciuta e la condizione viene denominata «anafilassi idiopatica».

Leggi anche: Cos’è l’adrenalina ed a cosa serve?

Fattori di rischio

Persone affette da malattie atopiche come l’asma, l’eczema o la rinite allergica sono ad alto rischio di reazioni anafilattiche da alimenti, dal lattice, dai farmaci e dalle punture d’insetto. In uno studio svolto su un campione di bambini, il 60% aveva una storia di precedenti malattie atopiche e tra i decessi di ogni età, oltre il 90% presentava una storia di asma. Pazienti con mastocitosi o con uno status socio-economico più elevato sono maggiormente a rischio. Maggiore è il tempo trascorso dall’ultima esposizione all’allergene, minore è il rischio.

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Tempo di insorgenza dei sintomi

La comparsa dei sintomi tipici dello shock anafilattico è estremamente variabile, a tal proposito leggi: Puntura di vespa: dopo quanto tempo si verifica lo shock anafilattico?

Sintomi e segni

L’anafilassi si presenta tipicamente con molti sintomi diversi che emergono in pochi minuti o nelle ore successive al contatto, con un esordio medio da 5 a 30 minuti se l’esposizione è per via endovenosa e 2 ore per i prodotti alimentari. Le aree più comunemente colpite sono: pelle (80-90%), vie respiratorie (70%), apparato gastrointestinale (30-45%), cuore e vasi (10-45%), sistema nervoso centrale (10-15%). Possono essere coinvolti anche più apparati contemporaneamente.

Pelle
Tra i segni e i sintomi tipici si annoverano: orticaria generalizzata, prurito, rossore o gonfiore delle labbra. I pazienti che sperimentano gonfiore o angioedema descrivono una sensazione di bruciore della pelle, o di prurito. Il gonfiore della lingua o della gola si verifica in un massimo di circa il 20% dei casi. Altre possibili manifestazioni sono la rinorrea e il gonfiore della congiuntiva. Se l’edema coinvolge le alte o basse vie respiratorie, la pelle può anche assumere colore bluastro (cianosi) a causa della mancanza di ossigeno (ipossiemia).

Apparato respiratorio
Nell’anafilassi possono presentarsi alcuni segni e sintomi respiratori, tra cui la mancanza di fiato, attacchi d’asma, la presenza all’auscultazione di sibili o stridore. I sibili sono di solito dovuti a spasmi della muscolatura bronchiale mentre lo stridore è legato a ostruzione delle vie aeree superiori dovuto a un importante stato infiammatorio o, nei casi più gravi, ad angioedema. Possono inoltre verificarsi raucedine e dolore in seguito a deglutizione o a colpi di tosse.

Cuore e apparato circolatorio
Nei pazienti colpiti può verificarsi uno spasmo coronarico con conseguenti possibili infarto del miocardio, aritmie o arresto cardiaco. I pazienti che hanno precedenti di malattia coronarica hanno un maggior rischio che l’episodio anafilattico possa colpire il cuore. Lo spasmo coronarico è legato alla presenza di istamina rilasciata dalle cellule nel cuore. L’instaurarsi di una tachicardia è frequente per via dell’abbassamento della pressione del sangue (ipotensione); un riflesso di Bezold-Jarisch è stato descritto nel 10% dei casi: questo comporta un rallentamento del battito cardiaco (bradicardia) con bassa pressione sanguigna. Il calo della pressione arteriosa o shock (sia distributivo sia cardiogeno) può provocare la sensazione di stordimento o portare alla perdita di coscienza. Raramente l’abbassamento della pressione arteriosa può essere l’unico segno di anafilassi.

Altri effetti
Le manifestazioni gastrointestinali possono includere crampi addominali, diarrea e vomito. Sono inoltre possibili confusione, perdita di controllo della vescica o dolore pelvico simile a crampi. La dilatazione dei vasi sanguigni del cervello può provocare mal di testa. Alcuni soggetti colpiti da anafilassi hanno inoltre descritto una sensazione di ansia variabile fino al senso di “morte imminente” probabilmente dovuti alle difficoltà respiratorie.

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Prognosi

La prognosi è tanto più grave quanto più breve è il tempo che passa tra l’esposizione all’allergene e la comparsa dello shock anafilattico. Se non si interviene rapidamente, il paziente può morire.

Terapie

L’anafilassi è un’emergenza medica che può richiedere misure rianimatorie, quali la gestione delle vie aeree, la somministrazione di ossigeno e di grandi volumi di fluidi per via endovenosa e uno stretto monitoraggio delle condizioni del paziente. La somministrazione di adrenalina, con l’aggiunta di antistaminici e steroidi come adiuvanti, è il trattamento di scelta in caso di condizioni critiche. Un periodo di osservazione in ospedale, che può variare dalle 2 alle 24 ore, è raccomandato per le persone che hanno superato la crisi, per la possibilità che i sintomi si ripresentino anche senza esposizione all’allergene (anafilassi bifasica).

Cosa fare e cosa NON fare se si sospetta uno shock anafilattico?

A tale riguardo, leggi:

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Nove cose che non sai sul tuo sistema immunitario

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1. L’aumento delle allergie è in qualche modo legato all’igiene e all’uso degli antibiotici.

Igiene ed antibiotici ci hanno permesso di sconfiggere malattie devastanti come la tubercolosi, ma in un certo senso questo successo si ritorce contro di noi: l’utilizzo eccessivo di antibiotici genera batteri resistenti ad essi. Inoltre, riducendo drasticamente il nostro contatto con i microbi facciamo mancare un freno alle risposte immunitarie che, nate per opporre resistenza ai patogeni in un contesto di vita senza medicine e senza igiene, in condizioni del tutto diverse rispondono per lo più a nemici innocui come i pollini.

Continua la lettura con https://www.humanitasalute.it/prima-pagina-ed-eventi/65208-il-sistema-immunitario-lo-sapevate-che/

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