Biopsia del linfonodo sentinella: a che serve, perché è importante

MEDICINA ONLINE PETTO MAMMELLA FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE DONNA MORTALITA MORTE PROGNOSI CANCRO TUMORE SENO LINFATICI METASTASI LINFONODO SENTINELLA CARCINOMA DOTTI DUTTALELa biopsia del linfonodo sentinella è un metodo efficace per scoprire se il tumore si è propagato fino ai linfonodi vicini, indicando quindi una prognosi peggiore. Può essere eseguito durante l’intervento chirurgico principale o, in alcuni casi, prima di quest’ultimo. La biopsia del linfonodo sentinella consiste nell’iniettare, alcune ore prima, una piccola quantità di liquido radioattivo o di colorante vitale nella zona del seno vicino al tumore. Il liquido iniettato raggiunge il linfonodo sentinella che è il 1° filtro ad essere eventualmente raggiunto dalle cellule tumorali. Il linfonodo sentinella viene identificato al momento della biopsia mediante una sonda radioguidata. Essa viene passata lentamente in corrispondenza dei linfonodi dell’ascella (in caso di tumore alla mammella), e individua la zona ascellare di maggiore emissione del segnale radioattivo. Il linfonodo (o linfonodi) così identificati sono rimossi ed esaminati.

Esame del linfonodo sentinella durante l’intervento chirurgico

In genere è possibile esaminare il linfonodo/i sentinella durante l’intervento chirurgico. Significa che il chirurgo può scoprire durante l’operazione se i linfonodi contengono cellule tumorali e, se necessario,  asportare anche gli altri linfonodi sotto l’ascella (dissezione ascellare) la stessa anestesia. L’esame istologico intra-operatorio ma soprattutto l’esito istologico definitivo può portare a diverse situazioni:

  1. Se il linfonodo sentinella non contiene cellule tumorali, di solito anche gli altri linfonodi sono indenni e quindi non c’è necessità di asportarne altri.
  2. Se il linfonodo sentinella contiene solo cellule tumorali isolate o piccoli aggregati di cellule tumorali (detti micro-metastasi) di solito gli altri linfonodi sono indenni e quindi non c’è necessità di asportarne altri.
  3. Se il linfonodo sentinella contiene aggregati di cellule tumorali di dimensioni superiori a 2 mm (detti macro-metastasi) le probabilità che anche gli altri linfonodi contengano cellule tumorali aumentano: ciò indica diffusione metastatica e del tumore e prognosi peggiore.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Linfonodo sentinella: cos’è e perché è importante in caso di cancro

MEDICINA ONLINE LABORATORIO LYMPH NODE SYSTEM HUMAN CORPO UMANO SISTEMA LINFATICO LINFONODO LINFA CIRCOLAZIONE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO.jpgCon l’espressione linfonodo sentinella in medicina s’intende il primo linfonodo a essere raggiunto da eventuali metastasi a partenza dai tumori maligni che diffondono per via linfatica: il suo coinvolgimento o meno, in caso di tumore maligno, rappresenta un importante fattore prognostico.

Diffusione metastatica dei tumori

La principale caratteristica dei tumori maligni, oltre all’aggressività locale, dovuta alla capacità di infiltrare e distruggere i tessuti e le strutture circostanti, è quella di disseminare metastasi per via ematica e/o linfatica.
Nella diffusione per via linfatica le cellule malate, dopo essersi staccate dal tumore, invadono i capillari e/o i collettori e, seguendo il flusso della linfa, raggiungono i linfonodi, dove, almeno temporaneamente, rimangono bloccate. Successivamente, infatti, possono passare nei collettori post-linfonodali portandosi in altri linfonodi, e così via, fino a concludere il loro percorso nei tronchi linfatici principali e di lì nella circolazione ematica. A questo punto le metastasi, trasportate dal sangue in ogni parte dell’organismo, possono colonizzare dovunque riproducendo il tumore da cui sono originate.

Leggi anche: Sistema linfatico e linfonodi: anatomia e funzioni in sintesi

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Perché è importante la biopsia del linfonodo sentinella in caso di cancro?

La diffusione delle metastasi per via linfatica presenta alcuni aspetti peculiari rispetto a quella che segue la via ematica. È più lenta, perché deve seguire l’intero percorso linfatico (venendo anche frenata, come detto, dai linfonodi) prima di raggiungere il circolo sanguigno e diventare sistemica. Procede in modo sequenziale, nel senso che le metastasi, avanzando lungo la catena linfatica, invadono i linfonodi incominciando da quello che incontrano per primo (il linfonodo sentinella), e proseguendo via via con tutti gli altri fino a coinvolgere l’intero linfocentro. Risulta prevedibile in quanto segue le catene linfatiche e raggiunge le stazioni linfatiche tributarie dell’organo colpito dalla neoplasia. Per questo motivo in chirurgia oncologica è importante conoscere la topografia delle vie di drenaggio dei visceri e distretti anatomici. Ciò consente al chirurgo di prelevare un linfonodo, di regola il linfonodo sentinella, o più linfonodi in sequenza, da sottoporre a esame istologico estemporaneo.
Il numero e il grado di coinvolgimento del linfonodo sentinelle e degli altri eventuali linfonodi esaminati fornirà informazioni utili sulla aggressività del tumore e sulla entità della sua diffusione loco-regionale e consentirà di effettuare la stadiazione della malattia (lo stato dei linfonodi costituisce uno dei tre parametri impiegati per la classificazione TNM) e di stabilirne la prognosi. Servirà infine a orientare l’operatore verso il tipo di intervento che meglio garantisca la necessaria radicalità chirurgica.

La positività alle metastasi del linfonodo sentinella è, purtroppo, indice di proliferazione metastatica del tumore ed ha quindi una prognosi peggiore.

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Elastografia epatica (FibroScan) per cirrosi: valori, preparazione all’esame, risultati

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ELASTOGRAFIA EPATICA FIBROSCAN VALORI FEGATO CIRROSI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie.jpgLa prognosi e la gestione clinica dei pazienti affetti da malattia cronica di fegato è largamente influenzata dall’accumulo di fibrosi e dalla sua progressione nel tempo e le stesse scelte terapeutiche sono condizionate da questo parametro. Ciò enfatizza la necessità di una diagnosi precoce allo scopo di prevenire le complicanze. Sino a pochi anni fa la biopsia epatica rappresentava l’unico strumento di valutazione della fibrosi. Tuttavia la biopsia è procedura invasiva che talora può essere dolorosa ed indurre complicanze e ciò può scoraggiare alcuni a sottoporsi a questa valutazione. In conseguenza di ciò molti pazienti, soprattutto negli ultimi anni, sono stati trattati con farmaci antivirali senza che si conoscesse la reale gravità di malattia ed altri, invece, non hanno mai potuto giovarsi di una terapia, perché timorosi di sottoporsi a questa procedura. Peraltro l’accuratezza della biopsia epatica è influenzata dall’errore di campionamento e dalla variabilità di interpretazione. Queste limitazioni possono portare alla sottostima della cirrosi, specialmente se il campione bioptico è piccolo o frammentato. Ciò ha portato ad una nuova tecnica che ovviasse a questi problemi: l’elastografia epatica.

Cos’è l’elastografia epatica o fibroscan?
L’elastografia epatica (conosciuta anche con il nome commerciale FibroScan o più semplicemente fibroscan) è una metodica diagnostica utile a quantificare la fibrosi epatica, vale a dire il fenomeno di cicatrizzazione che consegue a malattie come l’epatite virale e che può portare alla cirrosi epatica.

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Come è fatto l’apparecchio?
L’apparecchio è costituito da una sonda ad ultrasuoni montata su un sistema vibrante, a prima vista simile a quella dei comuni ecografi. La sonda contiene un vibratore a bassa frequenza che genera un’onda elastica ed un trasduttore a singolo elemento che lavora a 5 MHz. La sonda del fibroscan viene applicata sulla cute del costato a destra: l’impulso che genera determina la propagazione di un’onda elastica attraverso il fegato, la cui velocità, misurata per mezzo degli ultrasuoni, è direttamente correlata alla sua rigidità (a sua volta dipendente dalla quantità di fibrosi).

A che serve l’elastografia epatica?
Per le sue caratteristiche, dunque, il fibroscan, è particolarmente utile per un monitoraggio nel tempo delle malattie epatiche, della loro evoluzione e della risposta al trattamento.

Chi è il paziente ideale?
Chiunque può essere sottoposto a questa indagine su indicazione da parte del medico curante, o di un medico specialista. Essendo una tecnica basata su ultrasuoni (al contrario della radiografia e della TAC) può essere eseguita anche in donne durante gravidanza ed allattamento.

Come ci si prepara all’esame?
È richiesto il digiuno. L’esatta modalità di preparazione viene comunicata al momento della prenotazione dell’esame. Non è necessario sospendere eventuali terapie farmacologiche in atto.

Come si svolge l’esame?
Semplicemente il medico applica gel per ecografia e la sonda del fibroscan sulla cute del costato a destra. Modificando la posizione della sonda, sullo spazio intercostale prescelto, si possono effettuare diverse misurazioni della durezza del fegato esplorato. Il fibroscan è una procedura ambulatoriale che dura al massimo 15 minuti. Al termine dell’esame si rimuove il gel dalla cute, ci si riveste e si può tornare alle normali attività.

Il fibroscan è doloroso o pericoloso?
No, non è doloroso né pericoloso, come una qualsiasi ecografia.

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I vantaggi del fibroscan
L’elastografia epatica è un esame rapido, indolore, non pericoloso, senza effetti collaterali, facilmente ripetibile nel tempo e rappresentativa di un campione di tessuto epatico almeno cento volte maggiore rispetto a quello ottenuto di una tipica biopsia epatica. Inoltre l’elastografia presenta vantaggi anche nei confronti dei biomarker poiché fornisce una misura più diretta della fibrosi, non influenzata dalla presenza di malattie concomitanti ed è teoricamente applicabile a qualsiasi malattia cronica di fegato. Infatti il fibroscan è stato utilizzato per la valutazione della fibrosi anche in altre malattie come l’epatite B, la coinfezione, le malattie colestatiche croniche e più recentemente nell’epatite alcolica e nella NASH in cui ha evidenziato una performance diagnostica simile a quella osservata nell’epatite C. Ciò nonostante, almeno in uno studio prospettico che ha riguardato 183 pazienti affetti da epatite C, la combinazione Fibroscan-Fibrotest ha fornito la migliore performance diagnostica soprattutto in relazione alla fibrosi significativa. L’unico inconveniente risiede nel fatto che – come tutte le tecniche diagnostiche basate su ultrasuoni – l’elastografia è operatore dipendente, quindi per dare risultati attendibili deve essere effettuato da un medico esperto.

Elastografia epatica: valori ed interpretazione
Il fibroscan valuta la fibrosi del fegato misurandone la sua durezza che viene espressa in kPa. Il dispositivo misura la rigidità di una sezione cilindrica tessuto epatico di 4 cm di lunghezza e di 1 cm di diametro che si trova ad una profondità di 2.5 cm al di sotto della superficie cutanea.
Per valori di liver stiffness al di sotto di 7 kPa è probabile che la fibrosi sia minima o assente, mentre quando tale valore è maggiore di 10 la fibrosi è probabilmente severa ed infine per valori superiori a 14 kPa si è in presenza di cirrosi.
Riguardo alla diagnosi precoce di cirrosi epatica, con un valore > 13 kPa il valore predittivo che identifica la cirrosi è del 97% anche in assenza di sintomi conclamati.
L’elastografia risulta infine altamente predittiva di fibrosi anche nella steatosi epatica, consentendo con un cut-off di 8.75 kPa una sensibilità dell’81% ed una specificità del 78%.

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