Troppi selfie possono causare il gomito del selfista: la moda di scattarsi selfie ovunque e con chiunque porta con sé anche dolore fisico. La ricerca dello scatto perfetto rischia in effetti di provocare sintomi quali infiammazione, rigidità e Continua a leggere
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Tumori al cuore e cervello: i rischi dello smartphone
Un lieve aumento di tumori al cuore e al cervello, dovuto all’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza, emesse da ripetitori della telefonia mobile e a quelle, più dirette sull’organismo, emesse dai cellulari. Sono i primi dati dello studio appena pubblicato su ‘Environmental Research’ dall’Istituto Ramazzini di Continua a leggere
Le 5 insospettabili abitudini che possono ucciderti
Non solo alcol, droghe e fumo di sigaretta: attorno a noi ci sono situazioni ed abitudini insospettabili che possono causare profondi danni all’organismo, fino anche alla morte: vediamo quali sono!
Social network e solitudine
La diffusione dei social network e la diminuzione delle relazioni sociali hanno portato ad etichettare la solitudine come un’epidemia quasi mortale. Julianne Holt-Lunstan, psicologa e professoressa presso l’Università di Brigham Young, ha scoperto che la solitudine riduce la durata di vita media delle persone come Continua a leggere
Ansia da messaggio, paura di rimanere sconnessi e di essere esclusi dai social: le nuove patologie da smartphone
Le nuove generazioni, cresciute iperconnesse e con il cellulare in mano fin da prima dei 10 anni di età, sono a rischio di patologie impensabili fino ad appena 10 anni fa. Sotto accusa finisce in particolare l”insonnia tecnologica’ che sta mettendo a rischio lo sviluppo cerebrale degli adulti di domani, e le nuove dipendenze più impalpabili di quelle da sostanze che pure continuano in forma sempre nuova a minacciare i teenager. La nuova droga tecnologica ha mille fonti: scommesse online, social network, pornografia online, serie tv online, acquisti online, videogiochi online… sono tante le nuove “online-dipendenze” causate da un abuso di tecnologia e si diffondono così rapidamente da cogliere impreparati psichiatri e psicoterapeuti. Alcune “tecno-patologie” sono diventate così diffuse da aver addirittura un nome:
- nomofobia: paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile;
- fomo (fear of missing out): paura di essere tagliati fuori dai social network;
- ansia da squillo (ringxiety): ansia da smarphone;
- textaphrenia e textiety: ansia da messaggio;
- ansia da “challenge” o da “sfide social”: ansia che deriva dal partecipare a catene social;
- like-addiction: ansia di raggiungere il più alto numero di like (“mi piace”) o di non raggiungere abbastanza like;
- vamping: ore notturne trascorse sui social media.
Sempre più giovani
Tra i più giovani, l’età media dell’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social si aggira intorno ai 9 anni. Circa 5 adolescenti su 10 dichiarano di trascorrere da 3 a 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% da 7 a 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, contro il 77% dei preadolescenti. Il primo è stato aperto intorno ai 12 anni e la maggior parte di loro arriva a gestire in parallelo 5-6 profili, insieme a 2-3 app di messaggistica istantanea.
Selfie ed ossessione per like e seguaci
Gli adolescenti sono alla continua ricerca di approvazione, che si raggiunge attraverso like e follower: per circa 5 su 10 è normale condividere tutto quello che si fa, comprese foto personali e private, mettendo tutto in vetrina, sottoponendolo alla severa valutazione della macchina dei ‘mi piace’. Per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti, che accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario,tanto che il 34% ci rimane molto male e si arrabbia quando non si sente apprezzato. L’aspetto che caratterizza gli adolescenti di oggi sono i selfie, i famosi autoscatti, dove si è disposti a tutto pur di ottenere like: ad esempio il 13% ha seguito addirittura una dieta per piacersi di più nei selfie. Il dato più allarmante è che circa 1 adolescente su 10 fa selfie pericolosi in cui mette anche a repentaglio la propria vita e oltre il 12% è stato sfidato a fare un selfie estremo per dimostrare il proprio coraggio.
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Stato di allerta costante 24 ore su 24
Depressione giovanile
Mancanza di sonno
Cosa fare?
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Come scoprire chi tenta di leggere i vostri messaggi WhatsApp
La sicurezza informatica è uno degli aspetti che preoccupano di più gli utenti. Tra le applicazioni maggiormente prese di mira da malware e truffe troviamo WhatsApp. I cyber criminali sono interessati alle conversazioni dell’app per la messaggistica perché contengono moltissime informazioni riservate. Tra le minacce più presenti su WhatsApp troviamo le truffe e i virus. Le prime agiscono quasi sempre attraverso messaggi di false vincite o di finti sconti e se clicchiamo sul link e allegati maligni cadremo nella trappola di una campagna phishing. I malware presenti sull’app per la messaggistica consentono agli hacker di gestire da remoto il nostro account WhatsApp. Per rintracciare i malintenzionati che tentano di spiare le nostre conversazioni esistono delle applicazioni, come “Messenger e Chat blocco“, che possiamo installare con un click sul nostro smartphone.
Come funziona Messenger e Chat blocco
Con un’app come “Messenger e Chat blocco” non avremo più paura di allontanarci per andare in bagno lasciando incustodito il dispositivo. L’applicazione, scaricabile dal Google Play Store, ci consente di cogliere in flagrante le persone che provano a spiare il nostro telefono. Una volta scaricata l’app ci basterà lanciarla e scegliere quale applicazione proteggere con una password e con l’auto-blocco. Oltre a queste funzioni “Messenger e Chat blocco” consente anche di scattare un selfie, tramite la fotocamera frontale del nostro smartphone, alla persona che tenta di accedere all’app protetta. Se qualcuno dovesse prendere il telefono o rubarlo potremo capire di chi si tratta grazie alle foto. Quando il malintenzionato tenterà di accedere a WhatsApp verrà immortalato senza che se ne accorga dalla fotocamera. L’applicazione non funziona solamente con WhatsApp, ma con tutte le app che decideremo di impostare.
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Le maratone di serie tv peggiorano il sonno e causano insonnia
Una ricerca dell’Università di Leuven (Belgio) e di quella Michigan (USA) è arrivata a concludere che guardare in modo compulsivo le serie tv danneggia il sonno, lo rende peggiore come qualità, aumenta il senso di affaticamento e l’insonnia, ciò a causa del senso di allerta cognitiva provocato dalle maratone televisive, al fatto cioè che il cervello rimane attivo troppo a lungo. Per giungere a tali conclusioni i ricercatori hanno preso in esame 423 giovani, di età compresa tra 18 e 25 anni, il 74% per cento dei quali erano studenti. È stato chiesto loro di rispondere a un questionario online, e dai risultati è emerso che oltre l’80% dei partecipanti si sono identificati come spettatori compulsivi di serie tv, con il 20,2% che affermava di esserlo stato almeno un paio di volte alla settimana nel mese precedente.
Stanchezza diurna ed insonnia
Gli amanti delle maratone televisive – specie su smartphone e tablet – hanno riportato più stanchezza durante il giorno e sintomi di insonnia, scarsa qualità del sonno e un maggior senso di allerta prima di andare a dormire. Ulteriori analisi hanno evidenziato che avevano anche un 98% in più di probabilità di avere una qualità del sonno peggiore rispetto a chi la tv la guardava moderatamente. Ai fanatici delle serie, i ricercatori consigliano di ridurrne la visione e di effettuare tecniche di rilassamento per ridurre il senso di allerta del cervello prima di andare a letto. Inoltre suggeriscono che i servizi in streaming come Netflix dovrebbero consentire ai telespettatori di pre-selezionare una durata massima di visione, oltre la quale non andare.
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Android o iPhone? Lo smartphone che possiedi dice che carattere hai
Dimmi che smartphone scegli e ti dirò chi sei. Ovvero: se preferisci addentare la mela dell’iPhone oppure affidare chiamate, messaggi, chat e post a volontà al sistema Android. Ad indagare sulla personalità dei due gruppi di utenti sono stati i ricercatori dell’University of Lincoln School of Psychology del Nebraska. Attraverso uno studio, presentato alla conferenza annuale della British Psychological a Cardiff, che ha testato i clienti di entrambi i device, registrando delle differenze fra i due “universi”uman-digitali. Per esempio i primi, seguaci affezionati di Cupertino sono apparsi più estroversi degli Androidiani che dal canto loro sono stati percepiti maggiormente umili e onesti. Inoltre sembrerebbe che le donne siano due volte più predisposte a scegliere un iPhone. E che, cosa che si nota ad ogni nuova uscita delle creature della Apple, chi opta per quest’ultimo, femmina o maschio che sia, punta ad avere il modello più recente che faccia “status”. Molto meno di chi invece usa Android.
Uno spaccato di diverse visioni del mondo che appartengono alle preferenze di ciascuno. Come ha sottolineato Heather Shaw, l’autrice della ricerca: «La scelta di un dispositivo mobile è il livello più elementare di personalizzazione, e anche questo, ci può dire molto riguardo all’utente. È sempre più evidente che gli smartphone stanno diventando una mini versione digitale dell’utente stesso, e a molti non piace quando altre persone utilizzano i nostri telefoni, perché possono rivelare molto su di noi». Il test, diviso in due fasi, ha interessato prima 240 partecipanti che, attraverso un questionario, hanno descritto le caratteristiche associate agli utenti dei vari brand. Nel secondo step queste stesse caratteristiche sono state messe a confronto con i tratti della personalità di oltre 500 reali possessori dei cellulari esaminati.
Come riporta Medical Daily, inoltre, sembra ci siano anche delle diversità di approccio fra i due gruppi. Per esempio come indicato dallo psicoterapeuta americano Kimberly Moffit, gli irriducibili dell’ iPhone sono considerati degli “amatori da ufficio”, ovvero pare che molti di loro negli ultimi cinque anni abbiano avuto una storia d’amore in ufficio. Mentre chi adopera Android è considerato un “seduttore” con maggiori probabilità di avere rapporti sessuali al primo appuntamento. il 62% rispetto al 57% di chi si accontenta della mela del peccato, basta che sia morsicata.
Dallo studio è risultato che le persone che usano iPhone sono generalmente:
- meno umili,
- attente allo status sociale ed al benessere economico,
- maggiormente emotive,
- socievoli ed estroverse,
- più frequentemente donne.
Mentre le persone che usano Android sono generalmente:
- meno interessate alla ricchezza ed allo status sociale,
- più oneste,
- simpatiche,
- tendono meno ad infrangere le regole per un ritorno personale,
- più frequentemente uomini.
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Da oggi puoi usare la foto del tuo pene come password
Se la password più diffusa è ancora 123456, quelli di CamSoda, la piattaforma di video hot (in webcam), avranno pensato: “Perché non offrire una soluzione che svicola il problema in modo inequivocabile?“ Impronta digitale? Già fatta. Caratteri speciali? In un certo senso. La risposta definitiva è stata “pene”.
Il sistema si chiama Dick-ometrics, ed è esattamente quello che sembra, cioè un modo per far diventare il proprio membro la chiave di sicurezza per aprire le porte virtuali del servizio. Con tanto di “Penis Recognition Tech” a disposizione per verificare che il fallo inquadrato risulti esattamente combaciante con la foto di partenza fornita dall’utente. Pene che, si raccomandano, sarebbe meglio se in fase di erezione, perché più riconoscibile. A quel punto, la tecnologia sarà in grado di dare l’ok (“Penis Verified”) o negare l’accesso (“Penis denied”).
Chi pensa male, sbaglia. “Così come un’impronta digitale o un bulbo oculare, che sono due delle parti del corpo più comunemente utilizzate nelle tecnologie biometriche, il pene ha molti fattori che lo caratterizzano, come la dimensione, il colore e la sporgenza delle vene – spiega Darren Press, Vice Presidente di CamSoda, a Mashable – Tuttavia, a differenza delle impronte digitali e degli occhi, i peni non vengono esposti al pubblico nella maggior parte dei casi e sono comunemente coperti, al massimo condivisi con persone amate e di cui, presumibilmente, ci si fida”. Capito? Tutta questione di sicurezza.
Se è vero che non sempre la password più “lunga” è la più sicura, questo metodo va ben oltre i tanti già ideati per evitare di tenere a memoria sfilze di numeri e caratteri. Sì, ma le donne? La piattaforma fa sapere di essere al lavoro per una tecnologia equivalente, rivolta al pubblico femminile.
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