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Social Eating: cos’è e come funziona il nuovo fenomeno del web?
In un’epoca in cui il web e i social networks stanno completamente trasformando la società, anche il cibo e la convivialità a tavola non restano esclusi dall’influenza del 2.0. E se ancora non l’avete sentita nominare, tenete bene a mente la parola Social Eating, perché è destinata ad avere un ruolo sempre più preponderante nella nostra quotidianità, per più di una valida ragione.
Cos’è il Social Eating
Capire cosa sia il Social Eating è molto più semplice se si illustra cosa esso sia in concreto. Il Social Eating nasce da questi presupposti di base: ci sono persone che amano cucinare – pur non trattandosi di cuochi professionisti – e desiderano organizzare pranzi o cene a casa propria; per contro ci sono persone che pur amando moltissimo il cibo, sono restie a trascorrere molto tempo tra i fornelli oppure non desiderano affatto cucinare e vogliono che qualcuno lo faccia al loro posto. Come si incontrano tali contrapposte esigenze? Oggi in modo assai facile, perché grazie al social eating, offerta (coloro che organizzano pranzi o cene) e domanda (coloro che parteciperebbero volentieri a tali eventi) possono incontrarsi senza alcuna difficoltà.
Ma il Social Eating non è soltanto buon cibo a tavola, che i cuochi preparano per i propri ospiti. Il Social Eating è anche voglia di incontrare persone nuove e di estendere la propria rete di amicizie e conoscenze, di trascorrere del tempo con persone con cui si condividono passioni e persino occasione per trovare l’anima gemella. Perché alla base di questo fenomeno c’è anche, e soprattutto, la voglia di abbandonare lo schermo di un pc o di uno smartphone e tornare ad incontrarsi e a parlarsi vis à vis.
I numeri del Social Eating
Per far capire quanto stia dilagando il fenomeno del Social Eating, basta mostrare i numeri della principale piattaforma italiana – nonché partner di Coca-Cola – Gnammo.com. Attualmente Gnammo ha oltre 220 mila utenti in costante crescita (di questi oltre 5 mila sono cuochi), 15 mila eventi pubblicati e che si sono svolti in 1500 città d’Italia e oltre 20 mila persone che hanno provato il servizio.
Ne parliamo con Cristiano Rigon, founder di Gnammo
Per cercare di capire di più sul mondo del Social Eating, abbiamo intervistato il fondatore di Gnammo.con, Cristiano Rigon, che ci ha raccontato come funziona la piattaforma, la tipologia di utenti che la animano e quali potrebbero essere gli sviluppi futuri del Social Eating. A lui la parola!
Ciao Cristiano, qual è l’utente tipo di Gnammo, sia esso cuoco o gnammer?
“L’utente tipo di Gnammo ha un’età compresa tra i 25 e i 45 anni, è appassionato di tecnologia, avvezzo all’uso di smartphone, presente sui social, ha una discreta capacità di spesa ed è amante del buon cibo. Ci sono poi coloro che non solo amano il buon cibo ma amano anche cucinarlo: sono i Cook di Gnammo, appassionati che hanno voglia di mettersi in gioco e condividere la propria creatività in cucina, creando un’opportunità per incontrare nuove persone a tavola. Statisticamente hanno qualche hanno in più degli gnammers, e molti sono viaggiatori, desiderosi di riproporre quanto hanno sperimentato. Per quanto riguarda invece gli gnammers, stiamo sperimentando che si tratta di persone amanti del cibo ma che trovano in Gnammo soprattutto un’occasione per socializzare ed incontrare nuovi amici intorno a quella tavola e quei piatti che forse non amano tanto cucinare quanto assaporare”.
Come si vive l’esperienza di prenotare una cena su Gnammo?
“Tutto molto semplice. Se tu abiti a Milano, ad esempio, puoi trovare la cena che più ti piace sulla nostra piattaforma e richiedere di partecipare effettuando il pagamento della cifra richiesta dal cook direttamente online. Gnammo non è un ristorante e quindi nel momento in cui tu paghi la quota richiesta dal cuoco, non hai fatto altro che inviargli una richiesta di partecipazione, con la piattaforma che nel frattempo trattiene i tuoi soldi. Il cuoco, a questo punto, analizza i tuoi eventuali feedback oppure i tuoi social network (che noi suggeriamo di collegare alla piattaforma). Collegando i social, anche se tu fossi nuovo sulla piattaforma, dai comunque modo al cuoco di capire se accettarti o meno. Una volta che il cuoco ti approva, ricevi informazioni dettagliate (indirizzo e numero di telefono del cuoco) per recarti presso il luogo in cui si svolge la cena. Il giorno dopo ricevi una mail che ti chiede “Hai mangiato bene a casa di…?”. Darai una valutazione generale (assegnando un numero di stelline) e una valutazione testuale per giudicare il cuoco, l’ambientazione, la cucina e la pulizia. Il cuoco farà la stessa cosa con te gnammer, andando a valutare la puntualità, il tuo apprezzamento per i piatti e l’educazione. Il cuoco riceverà anche la mail in cui viene calcolato l’incasso totale e la percentuale trattenuta da Gnammo, per cui avrà anche la relativa fattura”.
Quali saranno i futuri sviluppi del Social Eating? C’è pericolo che si tratti di “moda” passeggera?
“Quando abbiamo deciso di partire con l’avventura di Gnammo, l’abbiamo fatto anche sulla base di uno studio della Comunità Europea che diceva che le persone hanno bisogno di staccarsi dal cellulare per tornare ad incontrarsi faccia a faccia, trasformando internet in uno strumento per poterlo fare.
Detto questo, io credo che il social eating crescerà sia come fenomeno a sé stante, sia per Gnammo nello specifico, in particolare con le Special Dinner, ossia cene a casa di un host ma rivolte ai turisti che desiderano sperimentare quelle che sono le peculiarità del posto che visitano. Gnammo ha anche una crescita costante, mese su mese, delle persone che ripetono l’esperienza. Il 38 per cento dei nostri utenti è andato a più di tre eventi; il 6 per cento di utenti ha partecipato a più di venti eventi. Quindi io credo che il fenomeno non possa che crescere”.
Cosa rende speciali le vostre cene? Qual è oltre il buon cibo l’ingrediente fondamentale perché gli gnammers si sentano a casa e si crei l’atmosfera giusta per un evento memorabile?
“Gli ingredienti giusti sono soprattutto quelli che ruotano attorno ad un tema. Stiamo sperimentando che tutte le volte in cui c’è un evento che “racconta” qualcosa, e che quindi non è solo mangiare assieme, questo va a buon fine. Quindi, un bell’evento è un evento che permette alle persone di incontrarsi intorno ad una storia, attorno ad un interesse. L’obiettivo principale è incontrarsi, stare insieme e avere argomenti comuni. Si tratta del valore della socialità, condiviso e promosso anche da Coca-Cola, e che Gnammo ha voluto sposare grazie ad una partnership col brand”.
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Warrior Diet: a che serve e come è organizzata?
La “dieta del guerriero” è un regime alimentare ideato dallo statunitense Ori Hofmekler, con il testo di riferimento “The Warrior Diet”, scritto in collaborazione con Diane Holtzberg. Il principio nutrizionale si basa sull’assecondare i ritmi che caratterizzavano gli uomini primitivi, sottoposti durante il giorno a lavoro, caccia, combattimenti e digiuno(quindi lunghi periodi di stress), per poi fare sorta di energie durante le ore serali/notturne. Infatti per l’autore le nostre esigenze e i nostri ritmi sarebbero rimasti uguali rispetto a quelli dei nostri avi, considerando l’uomo un mangiatore notturno programmato per effettuare un pasto principale e che i regimi alimentari/dietetici della società moderna, con il consumo di troppi pasti fatti nel momento sbagliato, hanno portato alle crescenti epidemie di obesità, diabete
e sindrome metabolica. Il ciclo giornaliero su cui si basa comprende due fasi:
1) digiuno durante il giorno, saltando colazione e pranzo,
2) pasto principale durante la sera/notte.
La prima fase corrisponde al periodo lavorativo, rispettando le regole del digiuno intermittente (cioè un digiuno di 10-16 ore) in modo da incidere sia sul bilancio calorico giornaliero che sul metabolismo ormonale: in questa fase infatti il corpo attinge alle proprie riserve lipidiche per produrre l’energia necessaria a compiere le attività quotidiane e inoltre si consente agli organi di purificarsi dalle scorie accumulate.
Nel secondo periodo si cerca di introdurre tutte le calorie necessarie, mangiando fino a sazietà ma rispettando comunque alcuni schemi nutrizionali raccomandati dall’autore. Questo stile entra in contrasto con le affermazioni della maggioranza dei nutrizionisti che condividono l’importanza della colazione e che dovrebbe garantire almeno il 20% delle calorie giornaliere; per Hofmekler invece tenendo il corpo a digiuno sin dal mattino, lo si renderebbe più efficiente e vigile, grazie soprattutto alla sintesi di GH, Adrenalina e altri ormoni da stress.
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Com’è strutturata?
Vediamo ora come è strutturata una giornata tipo del nostro “Guerriero” per poi analizzare i pro e i contro:
FASE DI SOTTOALIMENTAZIONE
18/20 ore circa, comprende le ore di riposo notturno e la parte lavorativa della giornata; in questa fase è concessa l’introduzione di piccoli e semplici spuntini spezzafame, leggeri e perlopiù di origine vegetalee una buona quantità di acqua: frutta, centrifugati di verdura, yogurt, kefir e piccole quantità di proteine a rapido assorbimento (whey protein) evitando carni, cereali, cibi lavorati bevande zuccherate ed edulcorate. Quindi prediligere alimenti che non impegnino eccessivamente il nostro apparato digerente e che non spostino una quota eccessiva di sangue dai muscoli verso l’intestino, contribuendo anche a “disintossicare” l’organismo. Questo stato di sottoalimentazione dovrebbe produrre un’ulteriore serie di effetti benefici come l’aumento della sensibilità insulinica e una maggior produzione di ormoni (adrenalina e cortisolo) per contrastare lo stato di “carenza di risorse” e sfruttare meglio quelle presenti nel nostro organismo. Lo stato di lucidità mentale e aggressività è aumentato dall’attivazione del sistema simpatico e dalla presenza in circolo (di mattina e soprattutto a digiuno) di testosterone, catecolamine e cortisolo, fondamentali nell’uomo primitivo (così come anche nei gladiatori a cui spesso si fa riferimento nel libro) per cacciare ed uccidere le prede.
FASE DI SOVRALIMENTAZIONE
4/6 ore circa: arrivati a questo punto della giornata il corpo è in una condizione di massima sensibilità ai nutrienti, diminuendone la quota che verrà stoccata nelle riserve lipidiche. Il consumo del pasto va a stimolare il sistema parasimpatico (stimolazione principale del nervo vago), rendendoci più docili e calmi, condizione adatta proprio al periodo di riposo. In questa fase non ci sono vincoli alla qualità e alla quantità di alimenti, bisogna piuttosto seguire 3 principali regole: cominciare il pasto assumendo alimenti dal sapore leggero per poi passare a quelli più saporiti, iniziando con verdure, ortaggi e proteine per poi passare a carboidrati (leguminacee frutta e cereali integrali preferenzialmente) e grassi (semi oleosi, arachidi e mandorle); variare sia nei colori che nei sapori e consistenze durante il pasto; mangiare fino a sazietà o fino a quando si arriva al punto che lo stimolo della sete sia maggiore di quello della fame. Anche in questa fase però è sempre sconsigliata l’assunzione di zuccheri semplici, polialcoli, prodotti raffinati, OGM e vitamine sintetiche attenendosi come base nutrizionale, in via generale, alle linee guida della paleodieta.
Il mio giudizio
Nel dare un giudizio sulla Dieta del Guerriero bisognerebbe avere alla mano dati supportati da qualche studio su un numero sufficiente di individui. Le assunzioni fatte da Hofmekler sono basate sulla esperienza personale e quindi non “universali”; molti sono i dubbi anche di carattere scientifico, come anche affermazioni del tipo “mangiare fino a sazietà” che non ci garantiscono di rientrare nella quota calorica necessaria, con il rischio di mangiare molto di più avendo la mera illusione che sia “tutto stoccato nei muscoli e non nel grasso”; se parliamo poi di un atleta o di uno sportivo, tenerlo a digiuno prima e dopo un allenamento porta a più danni che benefici; il cervello per funzionare ha bisogno di zuccheri quindi la lucidità mentale è tutt’altro che scontata. Le restrizioni si applicano in particolar modo a tutti quei soggetti con problemi metabolici (diabetici, soggetti con patologie biliari) dove il parere del medico è fondamentale.
Una lancia va spezzata a favore del protocollo di digiuno intermittente(su cui la dieta del guerriero si basa): studi pubblicati su Pubmed ne elogiano gli innumerevoli effetti positivi confermando l’efficacia nella perdita di peso, normalizzazione dei lipidi ematici, miglioramento della composizione corporea (rapporto massa magra-massa grassa), diminuzione dei livelli ematici di glucosio, aumento della sensibilità all’insulina, diminuzione dell’infiammazione sistemica cronica indotta dal cibo e diminuzione della Noradrenalina Ipotalamica e del NPY controllando positivamente il senso di sazietà.
In definitiva non mi sento di approvare o cestinare del tutto la Warrior Diet, bisogna sperimentare, capire se il metodo si adatta al proprio stile di vita, alle proprie esigenze e ai risultati che si vogliono ottenere tenendo bene a mente i pro e i contro.
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Abbandonata all’altare, il banchetto diventa una cena per i senzatetto
Il matrimonio è uno dei momenti più belli della vita, è bellissimo pianificare tutto, scegliere gli abiti, la chiesa, il locale del ricevimento e il menù, le bomboniere, le decorazioni e tutti i tasselli fondamentali per costruire il proprio giorno perfetto. Il periodo che precede il fatidico “si”però è anche carico di ansia, paura e dubbi e ogni tanto capita che qualcuno si tiri indietro. È accaduto proprio questo a Sarah Cummins, una ragazza americana di 25 anni, che ad una settimana dal matrimonio è stata lasciata dal fidanzato.
Logan Araujo ha mandato a monte il matrimonio, con un preavviso di una settimana, talmente poco che nessuna spesa poteva essere recuperata, nemmeno il ricevimento. Sarah Cummins non si è data per vinta e seppur nel dolore ha deciso di non buttare via 30 mila di ricevimento, d’accordo con il suo ex, ha organizzato una cena per i senzatetto di Indianapolis e Noblesville, ha affittato due pullman per portare i 150 ospiti dei centri di accoglienza alla cena organizzata nel giardino coperto del lussuoso hotel Ritz Charles di Carmel. È riuscita a trasformare una cosa orribile in un gesto d’amore per gli altri, per persone meno fortunate che hanno potuto passare una sera speciale tra prelibatezze, vini e dolci.
Il ricevimento (già pagato) è stato fatto lo stesso, ma invece dei 170 invitati a tavola si sono seduti 150 sconosciuti, la torta nuziale è stata sostituita da una normale e la serata è andata benissimo. La ragazza è partita con la madre e quello che doveva essere il viaggio di nozze si è trasformato in una vacanza per riprendersi, trovare se stessa e allontanarsi un po’ dalla sua vecchia vita.
Sarah Cummins ha raccontato:
“È stato devastante. Ho chiamato amici e parenti chiedendo scusa a tutti, ho cancellato la cerimonia, ho pianto fiumi di lacrime. Quando poi ho realizzato che il banchetto da 30mila dollari non sarebbe stato rimborsato e che tutto quel cibo sarebbe finito alle ortiche ho cominciato a sentirmi male e ho deciso: il banchetto si farà lo stesso. In questi due anni ho sempre pensato che il 15 luglio 2017 sarebbe stato un giorno da ricordare per tutta la vita e ho voluto che, nonostante tutto, fosse davvero così. Gli invitati non lo dimenticheranno facilmente. E questo vale anche per me. Ora, almeno, avrò anche un ricordo felice di questa giornata, non solo dolore. Volevo un sabato da ricordare per tutta la vita, e sarà così”.
Sarah Cummins
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Pesce a tavola: i trucchi per riconoscere quello fresco
Per avere un pesce di qualità a tavola, è importante saperlo scegliere quando si acquista. Ma come capire se il pesce è di qualità e, soprattutto, se è fresco o no? L’occhio, le branchie, la pelle, le squame, il peritoneo, la colonna vertebrale e la carne possono lanciare dei segnali che, colti durante l’acquisto e la scelta del pesce, possono aiutarti a distinguere quello fresco da quello andato a male. Ma come interpretarli?
Se il pesce è fresco…
- L’occhio è bombato (convesso), la cornea trasparente e la pupilla nera e brillante;
- Le branchie sono di colore rosso vivace e senza muco. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è di alghe marine;
- La pelle è di colore vivo, senza decolorazioni. Il muco cutaneo, presente naturalmente sulla superficie del pesce, è acquoso e trasparente;
- Le squame aderiscono alla pelle. La carne è compatta ed elastica;
- Il peritoneo, la membrana che riveste la cavità addominale, nel pesce fresco, aderisce alla carne;
- La colonna vertebrale si spezza invece di staccarsi; internamente, lungo la colonna, non è presente alcuna colorazione.
Se il pesce non è fresco…
- l’occhio è incavato al centro, la cornea lattiginosa e la pupilla è grigia;
- Il colore delle branchie tende al giallastro ed è presente muco lattiginoso. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è acre;
- La pelle si presenta spenta o in uno stato più avanzato di deperimento; il muco è grigio-giallognolo e opaco;
- Le squame si staccano con facilità dalla pelle;
- La carne è molla e flaccida;
- Il peritoneo non aderisce alla cavità addominale e la colonna vertebrale si stacca. Inoltre, la zona lungo la colonna vertebrale, diventa di colore sempre più rosso con l'”invecchiamento”.
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Frequenza dei pasti e metabolismo: meglio pasti piccoli e frequenti o pochi ed abbondanti
Contrariamente alle credenze predominanti, il fatto che i pasti più frequenti siano migliori per la gestione del peso, per la crescita/preservazione muscolare e per i marker metabolici è stato ampiamente messo in discussione dalla letteratura scientificica, e non c’è consenso nel ritenere i pasti frequenti superiori ai pasti rarefatti per questi scopi (a parità di calorie e macronutrienti).
Mentre la termogenesi alimentare (DIT o TEF, cioè l’aumento dell’attività metabolica e della termogenesi in risposta ai pasti) non sembra subire alcuna variazione con pasti frequenti o rarefatti, in quanto i fattori in questo senso più condizionanti sono la quantità calorica totale, e le proporzioni dei macronutrienti all’interno dell’apporto calorico (a parità calorica: + proteine = + termogenesi), come descritto anche in questo articolo.
Anche se esistono molte ricerche contrastanti, c’è il rischio che i metodi comparativi dei ricercatori possano essere fuorvianti. Qui delle interessanti revisioni molto critiche da parte dei ricercatori Schoenfeld e Aragon sul tema.
Una cosa che però è meno risaputa, è che cambiare la regolarità dei pasti durante la settimana (giornate a pasti frequenti e giornate a pasti rarefatti, ad esempio), ha dimostrato di ridurre la termogenesi post-prandiale e di influire negativamente sulla sensibilità insulinica e sul profilo lipidico rispetto a mantenere una frequenza dei pasti giornaliera stabile o cronica.
Questo può significare che, se ancora non è certo che preferire pasti piccoli e frequenti a pochi ed abbondanti (e viceversa), è invece sicuro che, scelto il modello di pasti, è meglio mantenerlo nel tempo (o comunque non alterarlo frequentemente), invece che variarlo con l’idea di “shockare” il metabolismo.
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