Differenza tra glicemia e indice glicemico

MEDICINA ONLINE CIBO DIETA ALIMENTAZIONE PASTA RISO SUGO DIABETE CIBI GLICEMIA CARBOIDRATI PRANZO CUCINA CENA RICETTALa glicemia è il valore della concentrazione di glucosio nel sangue. Un valore normale di glicemia a digiuno è compreso tra i 65-110 mg/dl. Un valore compreso tra i 110-125 mg/dl suggerisce il sospetto di alterata glicemia a digiuno (IFG). Valori superiori a 125 mg/dl permettono di fare diagnosi di diabete qualora tale condizione si verificasse nuovamente ad una seconda misurazione. Dopo un pasto la glicemia può elevarsi anche di molto, anche se valori superiori a 200 mg/dl, associati ad altri sintomi come polidipsia e poliuria, permettono di ipotizzare una diagnosi di diabete.

invece l’indice glicemico di un alimento indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo dell’alimento contenente 50 g di carboidrati: viene ottenuto misurando l’andamento della curva a campana dal momento dell’ingestione a due ore dopo. Questo parametro è espresso in percentuale sulla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio (standard di riferimento, valore GI = 100) o (meno usato e con diversa scala, essendo il glucosio 1,37 più attivo) di pane bianco[1]. Per convertire l’indice glicemico dal glucosio al pane bianco basta moltiplicare per 1,37 il valore , mentre viceversa basta dividere per la stessa cifra dal pane bianco al glucosio.

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Differenza tra calorie e indice glicemico

MEDICINA ONLINE RISO RISOTTO CIBO DIABETICO INDICE GLICEMICO PASTA CARBOIDRATI GLICEMIA DIETA GRASSO PRANZOQuando consumiamo un alimento ricco di carboidrati incameriamo delle calorie a scopo prevalentemente energetico, ma le calorie dei carboidrati non son per niente tutte uguali! Alcuni carboidrati – come il fruttosio contenuto nella frutta – quando arriva nel nostro circolo sanguigno, non necessita di insulina per essere messo in riserva o utilizzato, mentre tutti gli zuccheri composti di glucosio (dall’amido dei cereali e delle patate al saccarosio che mettiamo nel caffè) hanno bisogno dell’insulina per essere utilizzati. L’insulina è un ormone molto importante per la nostra sopravvivenza, mette in riserva sotto forma di grassi lo zucchero che in circolo diventerebbe dannoso, promuove la crescita di tutti i tessuti, anche di quello muscolare. Regola l’espressione di molti geni e anche il bilanciamento del colesterolo, ma quando è in eccesso favorisce l’ingrassamento e causa fame, provoca contemporaneamente l’aumento del colesterolo cattivo (LDL) e la diminuzione del buono (HDL), aumenta le infiammazioni dalle gengive alle articolazioni,  predispone al diabete, mette in circolo fiammate di estrogeni che possono portare all’insorgenza di dolori premestruali, alla formazione di cisti ovariche, fino a favorire lo sviluppo di tumori ormonosensibili.

La differenza tra indice glicemico e calorie.

La quantità di calorie di un alimento non ci dice nulla sulla velocità con cui queste calorie verranno assorbite e, abbiamo visto che nel caso delle calorie da carboidrati contenenti glucosio, la velocità è determinante perché più veloce è l’assorbimento, maggiore sarà la quantità di insulina prodotta. Iniziamo quindi a capire che a parità di calorie un alimento può provocare maggior deposito di grassi, rialzo di colesterolo ecc ecc.

La velocità con cui vengono assorbiti i carboidrati si chiama indice glicemico ed è caratteristico per ogni cibo.

L’attenzione per l’indice glicemico è iniziata dal mercato per gli sportivi. Quando si deve far conto sulle calorie introdotte per far fronte ad uno sforzo breve ma intenso abbiamo bisogno di carboidrati rapidi che facciano una bella fiammata di energia che verrà bruciata dal muscolo, se invece lo sforzo è prolungato nel tempo sarà più utile consumare carboidrati a lento assorbimento, che ci diano poca energia, ma in modo costante. Visto che per la maggior parte delle nostre giornate non facciamo gli sportivi, ma vite molto sedentarie, l’ideale è puntare ad avere pasti e spuntini con basso indice glicemico.

Per contenere l’indice glicemico dei pasti abbiamo a disposizione molti espedienti:

  • utilizzare alimenti naturalmente a basso indice glicemico come avena e orzo (ad esempio orzotti invece che risotti), i legumi, soprattutto abbinati ai primi piatti. I legumi hanno anche il vantaggio di aiutare ad abbassare il colesterolo, favoriscono la regolarità intestinale, prevengono diabete e alcune forme tumorali;
  • esiste in commercio anche pasta a base di avena, fave, o altre farine a basso indice glicemico, cercando tra gli scaffali potete sicuramente trovare altro;
  • attenzione alla pasta di mais e di riso: hanno un indice glicemico molto elevato, vanno bene per chi ha problemi con il glutine,  ma bisogna far attenzione a  bilanciarle bene con verdure e legumi;
  • associare al pasto giuste quantità di verdure, crude come antipasto e cotte per accompagnare;
  • usare prevalentemente cereali integrali e pane panificato con pasta madre (l’indice glicemico si riduce notevolmente rispetto alla panificazione con lievito di birra, anche in caso di farine bianche).

Cercate di acquistare prodotti certificati biologici, soprattutto quando si tratta di cereali integrali o prodotti contenenti soia, perché i residui di pesticidi sono più concentrati nella parte esterna (crusca) del chicco ed è più facile avere residui ogm.

Come vedete i piatti della tradizione e quelli a basso costo sono come spesso accade i migliori: pasta e fagioli, minestre di orzo o orzotti, minestre con lenticchie o fave, riso e lenticchie, pasta con i broccoli, ecc ecc. e quindi non è necessario rivolgersi ad alimenti ”speciali” che spesso va a braccetto con “costosi e difficilmente reperibili”.

Ecco allegata una tabella con l’indice glicemico di alcuni alimenti. Troverete dei dati in più…l’indice glicemico riferito sia al glucosio puro che al pane bianco…vi ho messo tutti e due i valori perché se trovate delle tabelle in cui non è specificato qual è il valore di riferimento non si possono confrontare con altre tabelle! La mancanza del riferimento spesso è fonte di confusione. Inoltre trovate il carico glicemico perché in alcuni alimenti gli zuccheri sono molto veloci…ma in una porzione sono pochi e questo li rende innocui. È il caso ad esempio della carota e della zucca: inizialmente vietate per i diabetici finché si faceva riferimento solo all’indice glicemico, sono state rivalutate quando si è tenuto conto del carico glicemico.

Il carico glicemico inoltre è un conteggio che può essere applicato ad un pasto sommando gli indici glicemici e dividendo per il volume complessivo del pasto stesso; ecco perché mangiare un piatto di sola pasta bianca o riso fa ingrassare ecc. ecc. ed invece le stesse calorie di carboidrati assunte in un pasto con verdura cruda (quasi zero di indice glicemico), pasta e legumi (bassissimo indice glicemico), avendo un carico glicemico complessivo basso, porterà addirittura a perdere peso.

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Differenza tra indice glicemico e insulinico

MEDICINA ONLINE MANGIARE TIPI DI ZUCCHERO INTEGRALE CANNA FRUTTA MAGRA DIABETE CALORIE GLICEMIA RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBLa risposta dell’ormone insulina non sempre segue la risposta della glicemia dopo l’assunzione di un alimento o di un pasto. L’indice insulinico nasce per esprimere l’effetto di un dato alimento sui livelli ematici di insulina (insulinemia).
Conoscere le ripercussioni che i cibi hanno sull’insulinemia è fondamentale nella gestione dei pazienti che soffrono di diabete, obesità, sindrome metabolica e nella prevenzione di tali patologie. Dopo tante informazioni sull’indice glicemico e il carico glicemico (IG e CG) nei prossimi anni occorrerà abituarsi a fare i conti anche con l’indice insulinico (II) soprattutto in caso di diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica. Questo parametro, da un lato è complementare all’indice glicemico, dall’altro ne rappresenta l’evoluzione, considerato che permette di completare il quadro di ciò che accade dopo l’ingestione di un alimento e di un pasto.

Cos’è l’indice insulinico?
L’indice insulinico è il parametro per determinare quanto aumentano i livelli di insulina nel sangue in seguito all’assunzione di un dato alimento.

  • Gli alimenti ad alto indice insulinico fanno aumentare notevolmente la concentrazione di insulina nel sangue.
  • Gli alimenti a basso indice insulinico non influenzano in maniera significativa la secrezione di questo ormone da parte del pancreas.

L’indice viene misurato valutando gli alimenti a parità di contenuto calorico (porzione isocalorica), pari a 239 kcal. Dato che un alimento è costituito da diverse componenti nutrizionali, l’indice insulinico vuole proprio indicare come la sinergia di tali nutrienti può influenzare il rilascio di insulina.

Perché usare l’indice insulinico?
Avere un indice fisiologico basato sull’effettiva risposta insulinica a una porzione isocalorica di cibo è più preciso che determinare tale risposta in maniera indiretta in funzione della curva glicemica. Inoltre con l’indice insulinico è possibile paragonare gli effetti di pasti misti dal simile valore calorico sull’insulinemia determinando il diverso contributo dei macronutrienti che costituiscono il pasto e non solo sulla base del conteggio dei carboidrati.

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Indice insulinico e indice glicemico: quale correlazione?
Si può sempre dire che un alimento ad alto indice glicemico sia anche un alimento dotato di indice insulinico elevato?
I primi studi sulla correlazione tra livelli glicemici e insulinici postprandiali hanno evidenziato come esista, per la maggior parte degli alimenti, una forte correlazione tra i due indici. Un alimento ad alto indice glicemico scatena un rilascio di insulina maggiore. Però sono emersi casi dove l’andamento non è sempre di questo tipo. Ci sono alimenti che innalzano l’insulinemia in maniera sproporzionatamente maggiore rispetto a quanto si attende dall’indice glicemico e dalla quantità di carboidrati assunti. Questo effetto è dovuto alla diversa combinazione di nutrienti all’interno dell’alimento e non solo alla quantità dei carboidrati presenti. Si ritiene infatti che l’impatto dei macronutrienti sulla secrezione di insulina sia dovuta per il 90%-100% daicarboidrati (glucidi), intorno al 50% dalle proteine (protidi) e per il 10% dai grassi (lipidi). Detto in altri termini ciò vuol dire che le proteine e i grassi, quando presenti nell’alimento e/o nel pasto, causano un aumento della secrezione dell’insulina maggiore a quanto atteso dall’innalzamento della glicemia postprandiale. I meccanismi biochimici non sono ancora stati chiariti anche se si inizia a comprendere quali siano gli effetti di alcuni nutrienti. Tali effetti si osservano in risposta a singoli alimenti ma anche in risposta ad un intero pasto, introducendo così il concetto di carico insulinico (CI) analogo al carico glicemico.

Insulina e proteine
Le proteine sono costituite da combinazioni diverse di 20 aminoacidi, alcuni di questi arginina, lisina, leucina e valina sembrerebbero avere la capacità di aumentare la secrezione di insulina. Anche se le proteine possono stimolare la produzione di insulina il loro potere insulinogenico all’interno di un pasto dipenderà dal mix di aminoacidi e dalla presenza o meno di carboidrati.
Che le proteine siano in grado di determinare una risposta insulinica non deve spaventare. La natura non fa nulla per caso, tale risposta è necessaria per alcuni importanti processi fisiologici. Ma c’è una domanda alla quale occorre dare una risposta alla luce di questi studi e per evitare il protrarsi di un’abitudine alimentare scorretta e pericolosa per la salute per tanti anni. Qual è l’associazione peggiore tra alimenti contenenti carboidrati e alimenti contenenti proteine? In altre parole quali sono gli alimenti ricchi di proteine con un elevato indice insulinico? Stando agli studi condotti fino ad oggi gli alimenti proteici che determinano una notevole risposta insulinica sono latte, yogurt e latticini, contenenti le proteine della frazione del siero del latte. Questi alimenti possono incrementare notevolmente la risposta insulinica (dalle 3 alle 6 volte rispetto all’atteso). Quando sono associati in un pasto con alimenti ricchi di carboidrati e con elevato indice glicemico possono generare una risposta iperinsulinica sproporzionata.
Alcuni studi hanno evidenziato che in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 diverse fonti proteiche associate con una stessa quantità di carboidrati possono aumentare l’insulinemia fino anche al 360%.
In soggetti sani, un alto consumo di latte a breve periodo determina un aumento dei livelli di insulina e di insulino-resistenza al contrario della carne.
Alla luce di questi studi un’alimentazione che superi le porzioni indicate dalle linee guida alimentari è sconsigliata ed è da moderare il consumo abitudinario di pasti in cui si abbia una loro associazione con alimenti ricchi di carboidrati (latte e biscotti a colazione, una pizza, un piatto di caprese accompagnato da pane bianco, lasagne al forno).

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Insulina e grassi
L’assunzione di trigliceridi, acidi grassi liberi e chetoni da soli hanno un effetto trascurabile sul rilascio di insulina ma se i lipidi sono presenti insieme ad una quota di carboidrati allora si osserva una riduzione dei valori glicemici e un aumento dei valori di insulina rispetto all’assunzione della stessa quota di carboidrati da sola. Il potenziamento della risposta insulinica osservata in questi studi è coerente con l’instaurarsi di insulino-resistenza in soggetti sottoposti a diete ricche di grassi e povere di carboidrati evidenziata in altri studi. In questo caso la sproporzione maggiore tra insulina rilasciata e risposta attesa in funzione del carico glicemico si ha con le merendine, i prodotti di pasticceria e i dolciumi ricchi di grassi.

Insulina e alimenti industriali
I cibi industriali stimolano in maniera spropositata la secrezione di insulina rispetto al loro indice glicemico a causa del loro mix nutrizionale fatto spesso di zuccheri semplici, grassi saturi e/o idrogenati ed eventuale presenza di latte. Tra tutti spiccano i biscotti, i gelati, i prodotti di pasticceria, i croissant, le barrette dolci, le merendine, le torte confezionate, le creme spalmabili.
Una citazione a parte meritano i prodotti a base di cioccolato (cacao in polvere). Prendendo in considerazione uno stesso prodotto industriale e variando solo l’aroma (es. vaniglia-cacao), sebbene l’indice glicemico fosse uguale, è stato riscontrato un indice insulinico sempre maggiore nel prodotto al cacao con una media di +28%.

Insulina e pasto misto
Il pasto misto contenente anche carboidrati risulta scatenare una risposta iperinsulinemica, fino anche a 7 volte maggiore rispetto all’ingestione di soli carboidrati.
Questo non vuole dire che occorre organizzare i pasti in monopiatti ma sicuramente occorre ripensare alle associazioni che si fanno in tavola e non solo alla quantità e qualità dei carboidrati assunti. Un pasto completo e bilanciato resta senza dubbio il più indicato ma deve essere basato su un consumo elevato di verdure/ortaggi capaci di saziare, di abbassare la quantità di calorie assunte e migliorare la risposta insulinica, una piccola porzione di glucidi e una piccola porzione di proteine; il tutto commisurato al proprio stile di vita.

Insulina e prima colazione
La classica prima colazione al bar con cappuccino e brioche o latte macchiato e brioche ha un effettoiperinsulinizzante e ipoglicemizzante scatenato dall’azione sinergica di farina raffinata, zucchero semplice,grassi idrogenati e latte. Effetti analoghi si riscontrano in una colazione dolce a base di latte zuccherato e biscotti e/o pane, burro e marmellata con latte zuccherato.

Conclusioni
Dato che la richiesta di insulina esercitata dai cibi è importante per la salute a lungo termine per descrivere tali effetti l’indice glicemico è attualmente il parametro da prendere maggiormente in considerazione in virtù dei tanti studi dedicati, della sua diffusione nella “cultura popolare”, per la presenza di tabelle dettagliate da poter utilizzare e per aver constatato che la maggior parte dei cibi hanno una proporzione diretta tra indice glicemico e indice insulinico.
Fino a quando gli studi sull’indice insulinico non saranno completi esso può essere usato per integrare le informazioni basate sull’indice glicemico, soprattutto per alcuni alimenti e per il modo con cui essi devono essere associati.

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Shirataki, la pasta senza carboidrati e senza glutine che non fa ingrassare e può essere consumata anche da celiaci e diabetici

Esiste una pasta senza carboidrati e che può essere consumata anche dai celiaci e da chi soffre di diabete? Certo, si chiama shirataki! Se non li avete mai sentiti nominare, imparerete subito ad amarli: saranno infatti la vostra arma segreta per sopravvivere alla dieta senza rinunciare a un piatto di pasta! Gli shirataki sono infatti degli spaghetti senza glutine, senza carboidrati con un bassissimo apporto calorico ma con un alto contenuto di fibre. Insomma la pasta perfetta per chi è a dieta!

Leggi anche: Differenze tra il diabete di tipo 1 e 2 (insulino dipendente e resistente)

Caratteristiche degli shirataki

Gli shirataki assomigliano in tutto e per tutto alla pasta occidentale. Hanno però tre caratteristiche fondamentali per tutti coloro che cercano di perdere peso:

  • Contengono pochissime calorie (100 grammi di Shiritaki hanno circa 10 calorie)
  • Danno un senso di sazietà immediato e che dura a lungo: la fibra vegetale che forma questi spaghetti assorbe infatti moltissima acqua e questa sua particolarità consente di aumentare la sua massa.
  • Possono essere tranquillamente consumati anche da chi è celiaco, in quanto non contengono glutine, caratteristica apprezzatissima da molti miei pazienti!

I migliori Shirataki, selezionati e consumati dal nostro Staff, li potete trovare qui: http://amzn.to/2y8pQXS

Gli shirataki si presentano in due modi

Gli shirataki sono secchi o liquidi:

1) Secchi: da reidratare, basterà immergerli in un pentolino con acqua bollente per 7 minuti, non importa ne girare ne controllarli, non scuociono mai; e una volta reidratati sciacquarli sotto acqua calda per togliere i residui di zuccheri presenti sulla pasta per formare le matassine (per 100gr in questo caso avremo circa 20 calorie).

2) Liquidi: pronti per essere risciacquati sotto acqua tiepida e snodati dalla sua matassina e saltarli in padella con il condimento scelto (in questo caso le kcal sono sotto le 10 per 100gr).
Sotto forma di “pasta”, gli shirataki hanno un sapore gradevole. Facili da preparare, senza gusto particolare, si impregnano della salsa o della preparazione che li accompagnano, per un pranzo o cena a basso contenuto calorico ma con un delicato sapore orientale.

Si ottengono dalla radice di Konjac

Gli shirataki sono di origine Giapponese e vengono prodotti dalla radice della pianta di Konjac: questa è ricca di glucomannano, la fibra che consente a questi spaghetti di avere tutte queste proprietà. Al fine di preservare la qualità del prodotto, la pianta viene raccolta e i tuberi, raccolti di fresco, sono puliti e sbucciati. Per prima cosa il Konjac viene cotto. Poi è fatto seccare e macinato a farina. Il Konjac può essere utilizzato per preparare diversi piatti. Nei diversi paesi, il Konjac assume nomi diversi come : Konjacu, Konnyaku, Konjaku.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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L’arma segreta per dimagrire? E’ l’indice glicemico

MEDICINA ONLINE VEGAN GIRL VEGETARIAN EAT WOMAN DINNER CRUDISTI FRUTTARIANI VEGETARIANI VEGETARIANI DIFFERENZE VERDURA CARNE CIBO PROTEINE WALLPAPER HD PHOTO PICTURE HI RES EATING MANGIARE DIETA CIBO RICETTA CAROTA VEGETALI KCALChiunque ha la voglia e il desiderio di eliminare quel grasso superfluo che non ci permette di avere un fisico asciutto, atletico, funzionale e anche bello esteticamente parlando. Ormai le ultime ricerche in campo alimentare hanno portato alla conoscenza di altri aspetti molto più importati del conteggio delle calorie totali assunti duranti ogni pasto, e durante la giornata. E’ arrivato il momento di cambiare abitudini e considerare il cibo come un “farmaco potente” a nostra disposizione per raggiungere uno stato di salute invidiabile. Tutti penseranno che non sia possibile eliminare il grasso corporeo senza seguire una dieta a “restrizione calorica”, e stressandosi con conteggio di calorie e quant’altro ancora, con il risultato che dopo un po’ di tempo siamo più stressati di prima e con risultati mediocri. Uno dei più importanti valori da tener presente ai fini del dimagrimento è l’Indice Glicemico. Esso esprime la velocità con cui i carboidrati arrivano nel sangue dopo essere stati assimilati. Quanto più è alto questo indice, tanto più velocemente quei particolari zuccheri passano nel sangue, e tanto più male fanno alla nostra salute e alla nostra condizione fisica. Ad esempio, le patate al forno (amidi, quindi complessi) hanno un indice glicemico notevolmente più alto (121) del comune zucchero da cucina (92); la pasta (79) viene assimilata molto più rapidamente di uno zucchero semplice come il fruttosio (32).

La risposta insulinica dipende dalla quantità di zuccheri nel sangue, e quindi oltre che dall’Indice Glicemico anche dal Carico Glicemico, cioè tiene conto anche della densità dei carboidrati presenti in un certo volume. Praticamente questo significa che se si mangia un alimento a basso indice glicemico, per avere lo stesso carico glicemico, se ne potrà mangiare di più rispetto ad un cibo che ha l’indice glicemico più alto. Più il carico glicemico è alto, più i carboidrati arrivano velocemente nel sangue e innalzano repentinamente la glicemia; più la glicemia diventa alta, più Insulina (ormone) viene prodotta dal pancreas per cui si verifica una brusca caduta del livello ematico di glucosio, cioè si verifica uno stato di ipoglicemia con fame e irrequietezza. In definitiva con un consumo non controllato di carboidrati ad alto carico glicemico si hanno due principali effetti sgraditi: iperproduzione insulinica e sensazione di fame. Quindi oltre a tener presente l’Indice Glicemico di un alimento è fondamentale non consumarne neanche tanti di alimenti a basso indice glicemico. Esempio, prendiamo una mela che ha un indice glicemico basso, se ne mangio più di due il carico glicemico aumenta e quindi di conseguenza anche la risposta insulinica aumenta con la stessa conseguenza di aver mangiato una banana che ha un indice glicemico alto.

Purtroppo quando si parla di dimagrimento ci sono tanti “falsi miti ” da sfatare e tanti macchinari che vengono proposti per dimagrire, i quali non hanno nessuna efficacia scientifica se non quella di promuovere e vendere il prodotto senza pensare alla salute del soggetto. La cosa importante è capire che ci sono alimenti di qualità che non possono mancare nella nostra alimentazione quotidiana, e ci sono invece delle “diete da banco” che non hanno alcuna efficacia sul “Vero ” dimagrimento. Ricordate che per dimagrire c’è necessità di prefiggersi diversi obiettivi fondamentali:

1) Perdita di grasso corporeo e non di liquidi

Molte diete vengono proposte con l’intento di dimagrire velocemente eliminando in maniera drastica le calorie assunte, aumentando in maniera eccessiva la quota di proteine, con la conseguenza che aumentare nell’organismo le scorte azotate (sostante prodotte dalla scissione delle proteine), le quali vengono eliminate con le urine e si verifica una situazione di disidratazione che ci illude di essere più magri, dopo qualche tempo si riprendono ” i falsi chili persi”

2) Mantenimento della massa magra

Una corretta alimentazione dovrebbe fare in modo di mantenere inalterata o aumentare la massa magra (muscoli) per farsi di mantenere alto il metabolismo basale , cioè il fabbisogno energetico giornaliero indispensabile per svolgere le normali attività di routine. Una dieta drastica non fa altro che “mangiare” i muscoli , quindi aumentare il catabolismo, e di conseguenza utilizzare i muscoli dal punto di vista energetico. Ecco perché le sole diete senza attività fisica quotidiano non possono portare a una perdita di peso e soprattutto a un mantenimento del peso acquisito.

3) Scelta di alimenti a basso indice glicemico

come abbiamo visto nella premessa, non sono solo importanti le calorie assunte, ma fondamentale diventa da dove prendiamo queste calorie. Mangiare verdura per un totale di 300 calore è differente che mangiare pasta per un totale di 300 calorie, perché la risposta ormonale, e quindi glicemica è completamente differente. Le verdure hanno un indice glicemico più basso, mentre la pasta (non integrale) ha un indice glicemico più alto. Dopo un’abbuffata di carboidrati ad alto indice glicemico ci verrà subito fame, mentre alimentandosi con alimenti a basso indice glicemico saremo sazi per diverse ore. Quindi non più programmi alimentari a conteggio ossessivo delle calorie, ma basta sfruttare al meglio le proprietà di alcuni cibi di aumentare il metabolismo, come le proteine, e di cibi a basso indice glicemico che invece di farci accumulare grasso, ci permette di eliminarlo.

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Come varia l’indice glicemico?

L’indice glicemico varia in base:

  • Alla tipologia di alimenti: a basso, medio , alto indice glicemico
    • ALTO INDICE: glucosio, miele, pane bianco, patate cereali, cracker, cereali per la prima colazione, uva, banane, CAROTE, riso.
    • MODERATO INDICE: pane integrale, pasta (gli spaghetti sono quelli con l’indice glicemico più basso), mais, arance, cereali integrali per prima colazione, riso brillato.
    • BASSO INDICE: fruttosio, yogurt, piselli, mele, pesche, fagioli, noci, riso parboiled, latte.
  • Alla loro cottura: un qualsiasi alimento cotto o troppo cotto ha un determinato indice glicemico, ad esempio , la pasta al dente ha un indice glicemico più basso della pasta scotta. La carota cruda ha un indice glicemico più basso di quella cotta.
  • Alla presenza di fibre: le fibre rallentano l’assorbimento degli zuccheri, quindi la pasta integrale, o cereali in genere integrali, hanno un indice glicemico più basso della pasta normale. Idem , per il pane integrale o di farina 00.
  • Alla presenza di grassi: i grassi presenti negli alimenti hanno la stessa funzione delle fibre , rallentano l’assorbimento degli zuccheri, e hanno la proprietà di farci sentire sazi. Il consiglio è di mangiare prima alimenti che contengono più grassi, esempio il salmone, e poi carboidrati , come la pasta.

E’ ovvio che anche il rispettare queste indicazioni scientifiche , ma pratiche al tempo stesso, è fondamentale non essere troppo severi con se stessi e lasciare sempre un margine di flessibilità nella scelta degli alimenti, facendo in modo di alternare sempre gli alimenti, e utilizzare a ogni pasto un mix , di carboidrati a basso o medio indice glicemico, proteine nobili preferibilmente dal pesce, e grassi monoinsaturi e polinsaturi. Evitate il digiuno per non avere l’effetto contrario del dimagrimento intelligente, anche perché chi fa attività fisica regolarmente non ha grandi necessità di digiunare, in quanto il metabolismo è sempre attivo, ma allo stesso tempo non si pensi che visto l’attività fisica svolta ci si possa sbizzarrire più del solito a tavola.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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