Per la maggior parte dei sintomi che potrebbero essere il campanello d’allarme di problemi al cuore, sia quelli apparentemente banali sia quelli potenzialmente più pericolosi, è molto importante la storia raccontata dal paziente. Se il paziente riesce a mantenersi razionale e a identificare quelle che potrebbero essere le spie caratteristiche del suo disturbo, fornisce al cardiologo una descrizione precisa dei sintomi che, per lo specialista attento, assumono un’importanza spesso maggiore rispetto a esami complessi, prolungati e talora fastidiosi per il paziente.
La dispnea
Un sintomo tipico delle cardiopatie è la mancanza di fiato o, in linguaggio medico, la dispnea. Quando un paziente lamenta la mancanza di fiato, è necessario riuscire a capire se tale sintomo dipende da un problema cardiaco, respiratorio o neurologico, psicologico o metabolico (per esempio l’anemia o una malattia della tiroide). Il racconto del paziente, se accurato e dettagliato, può offrire buone indicazioni. La dispnea di origine cardiaca si presenta, generalmente, se si fanno sforzi fisici o in posizione distesa (in questo caso si definisce ortopnea). Il caso tipico è quello del paziente che accusa mancanza di fiato dopo aver fatto un piano di scale, un percorso in salita o che deve dormire con due cuscini per stare un po’ sollevato e respirare meglio.
Normalmente la dispnea cardiaca è legata a un deficit di funzionamento del muscolo cardiaco, che può sopperire ai bisogni dell’organismo a riposo ma non riesce a fornirgli sangue a sufficienza in caso di aumentate richieste come, per esempio, uno sforzo fisico. È possibile che si verifichi la condizione in cui il sangue in eccesso, non potendo essere spinto verso la parte bassa del corpo, ristagni a monte del cuore, a livello dei polmoni, e trasudando all’interno degli alveoli può causare una malattia molto pericolosa come l’edema polmonare acuto. La dispnea cardiaca può essere più comunemente causata da malattie valvolari (per es. la stenosi o l’insufficienza della valvola mitrale), oppure a una malattia del muscolo cardiaco (cardiomiopatia dilatativa, ossia il cuore aumenta le proprie dimensioni, talora in conseguenza di un grosso infarto), o ancora a un deficit di irrorazione coronarica. In quest’ultimo caso, la dispnea rappresenta un equivalente anginoso, ciò significa che alcuni pazienti, a causa di un restringimento delle coronarie, invece che accusare il classico dolore toracico di cui abbiamo parlato in precedenza, accusano mancanza di fiato.
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La sincope
Un altro disturbo molto importante, anch’esso comune sia ad alcune cardiopatie che a problemi neurologici, è la sincope, ossia un’improvvisa perdita di coscienza non preceduta da alcuna avvisaglia (totalmente diversa dalla “sensazione di mancamento” molto comune soprattutto nelle persone ansiose o che soffrono di pressione arteriosa bassa).
La sincope può essere dovuta a malattie valvolari o del muscolo cardiaco (per es. la stenosi aortica e la cardiomiopatia ipertrofica), ma più frequentemente è legata ad un’aritmia cardiaca.
I tipi di aritmia cardiaca che possono provocare un’improvvisa perdita di coscienza sono due:
- la bradicardia (ossia un “blocco” che si verifica in un punto del circuito elettrico che attraversa il cuore per farlo contrarre), che determina una pausa del battito cardiaco di alcuni secondi e la conseguente mancanza di afflusso di sangue al cervello oppure, al contrario,
- la tachicardia ventricolare, ossia un’aritmia potenzialmente molto pericolosa (può infatti evolvere spontaneamente verso la fibrillazione ventricolare e l’arresto cardiaco) che consiste in un battito accelerato che parte dai ventricoli, così rapido e disordinato che non consente al cuore di riempirsi adeguatamente di sangue e di pomparlo verso il cervello, apportandogli di conseguenza un ridotto afflusso di sangue e quindi di nutrimento.
Anche nel caso della sincope, il racconto del paziente è determinante per riuscire a capire se la perdita di coscienza può essere dovuta a una delle patologie sopra citate, potenzialmente letali, o più banalmente a un calo di pressione o a un attacco d’ansia o di panico.
Le palpitazioni
Infine, tra gli innumerevoli disturbi cardiaci, vi è il vasto capitolo delle “palpitazioni”, che vanno dalla sensazione di “tuffo al cuore” o di “battito mancante” propria dell’extrasistole, alla sensazione di cardiopalmo che identifica una condizione di accelerato battito cardiaco (o “tachicardia”). In questo caso, è necessario poter valutare se si tratta di una tachicardia “sinusale” o di una forma diversa (“sopraventricolare” o “ventricolare”). Nel primo caso, la tachicardia è legata ad una maggiore velocità del nodo del seno, cioè di quella struttura che già normalmente funge da “segnapassi” cardiaco (come avviene in caso di uno sforzo fisico, di uno stress emotivo o in condizioni di febbre, anemia, ipertiroidismo e altre situazioni). Nel secondo caso, si tratta di una condizione nella quale un punto del cuore differente dal nodo del seno prende il sopravvento e invia al resto del cuore una serie più o meno lunga di impulsi elettrici, finché il nodo del seno non riprende la sua normale sequenza. Nella tachicardia sinusale, l’insorgenza
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