Usi un assorbente interno? Sei a rischio di shock tossico

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICSecondo una recente ricerca l’uso di tamponi mestruali intravaginali può essere responsabile di Continua a leggere

Amputata la seconda gamba alla modella a causa di un assorbente interno

MEDICINA ONLINE Lauren Wasser MODEL MODELLA GAMBA AMPUTATA LEG AMPUTE SECOND SECONDA SHOCK TOSSICO INFEZIONE ASSORBENTE INTERNO VIRUS BATTERI DISAGILE.jpgLauren Wasser, modella californiana di 29 anni che nel 2012 perse la gamba destra a causa di un rarissimo choc tossico causato da un assorbente interno è stata amputata anche della gamba sinistra. La modella ha postato su Instagram una serie di immagini che la ritrae in ospedale in compagnia di Amy Purdy, snowboarder americana e atleta paralimpica che a soli 19 anni perse entrambi gli arti inferiori per lo choc settico causato dalla meningite. Lauren ha voluto ringraziarla: «Qualcuno ha bussato alla mia porta e mi ha fatto una sorpresa, ti ringrazio per avermi mostrato che la vita può migliorare e io ho ancora così tanta vita da vivere!».

L’annuncio

La storia di Lauren era tornata sulle cronache un mese fa quando aveva annunciato che a distanza di cinque anni dalla prima amputazione avrebbe perso anche l’altra gamba. «Ho una gamba d’oro di cui sono orgogliosa, ma il mio piede sinistro ha un’ulcera aperta, è senza tallone e senza dita. Nel corso degli anni il mio corpo ha prodotto molto calcio, il che fa sì che le mie ossa crescano sul piede ed è un dolore continuo. Tra pochi mesi avrò inevitabilmente anche l’altra gamba amputata e non c’è niente che io possa fare. Ho una gamba d’oro di cui sono molto orgogliosa». L’intervento è stato fatto prima di quanto si pensasse. La modella ha dichiarato che i medici le consigliarono la doppia amputazione subito, ma lei tentò comunque di salvare almeno la gamba sinistra, fino a quando però è diventato troppo doloroso per lei camminare a causa delle ulcere sotto il piede e alle dita.

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La storia

L’odissea di Laure inizia il 3 ottobre 2012 quando Lauren mette un tampone super plus, come era solita fare durante il ciclo mestruale. non si sente bene, si riposa a casa, ma quando si sveglia ha la febbre altissima, la madre la accompagna in ospedale dove è colta da un attacco cardiaco causato da un’infezione. Si scoprirà che la causa è il tampone. Ma lo choc settico è grave, le gambe vanno in cancrena e i medici le amputano la gamba destra e parte del piede sinistro. Nonostante la brutta storia che Wasser ha vissuto, la modella ha proseguito la sua carriera

La sindrome da choc tossico

La sindrome da choc tossico (TSS) è una rarissima e grave complicazione causata da un’infezione batterica da Staphylococcus aureus o Streptococcus pyogenes e può essere fatale. Si verifica più di frequente a seguito di colonizzazioni vaginali, soprattutto se presenti durante il periodo mestruale. I sintomi sembrano quelli di un’influenza: febbre alta, mal di testa, vomito, stanchezza. La sindrome da choc tossico è stata identificata all’inizio del 1980 ed è stata associata agli assorbenti interni. Naturalmente il solo uso dei tamponi non giustifica l’insorgenza della sindrome e il paziente deve essere già portatore di Staphylococcus (e lo è il 20% della popolazione). Nei foglietti illustrativi dei tamponi il rischio è segnalato. La TSS colpisce ogni anno una donna su centomila. I prodotti sintetici in uso da una parte migliorano l’assorbimento, ma nello stesso tempo creano un ambiente ideale per la proliferazione dei batteri.

Evenienza rara

L’uso dell’assorbente interno e la sindrome da choc tossico caratterizzata da una risposta infiammatoria a carico di molti distretti dell’organismo in risposta a ceppi batterici, soprattutto stafilococchi e streptococchi, possono associarsi perché il ristagno del sangue mestruale all’interno del canale vaginale può favorire la sua insorgenza. È vero però che tale evenienza è molto rara sia per l’evoluzione tecnologica degli assorbenti interni sia per la maggior attenzione che le donne dedicano a questo problema. I rischi di andare incontro alla sindrome da choc tossico possono essere ridotti alternando l’uso dell’assorbente interno a quello esterno, lavando le mani prima di inserirlo o dopo averlo rimosso e cambiarlo ogni 4-6 ore, senza mai dimenticarlo in vagina.

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Le 6 fasi del decorso clinico di una ustione

MEDICINA ONLINE MEDICO ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICAL’ustione è una lesione dei tessuti tegumentari (pelle ed annessi cutanei) provocata dall’azione di calore, sostanze chimiche, corrente elettrica o radiazioni. Possono essere di varia entità secondo l’intensità della temperatura, la durata del contatto e lo stato fisico della sostanza ustionante (solida, liquida o gassosa); in relazione alla gravità vengono distinte in gruppi (1°, 2°, 3° e 4° grado).

Il decorso clinico di una ustione può essere diviso in 6 fasi:

  1. fase dello shock nervoso per il terribile dolore;
  2. fase ipodinamica o fase dello shock ipovolemico (prime 48 ore);
  3. fase catabolica (prima della chiusura dell’ustione);
  4. fase della tossicosi da assorbimento degli essudati;
  5. fase della sepsi per infezione delle piaghe;
  6. fase della distrofia sincrasica o della convalescenza.

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1) Fase dello shock nervoso

Dura poche ore, è caratterizzato da: eccitazione psichica, dolore vivissimo, seteintensa, sudorazione, polipnea (frequenza respiro superiore alla norma), insonnia(talvolta delirio e convulsioni), diuresi scarsa o assente, atonia gastrointestinale, sbalzi di pressione.

2) Fase dello shock ipovolemico

E’ caratterizzato da: polso piccolo e frequente, pressione bassa(specie la sistolica), cianosi periferica, sudore freddo, temperatura bassa (36-35 °C) respiro superficiale e frequente, iperecitabilità nervosa alternata a periodi di depressione con sonnolenza, apatia, adinamia; necessità continua di mingere con emissione di poche gocce o anuria, alvo chiuso a feci e gas, crisi emodinamica che dura da poche ore a 3-4 giorni. Il paziente può morire per scompenso cardiocircolatorio Le modificazioni emodinamiche comprendono:

  1. tachicardia;
  2. ipotensione;
  3. riduzione della gittata cardiaca;
  4. vasocostrizione.

La gittata cardiaca può scendere al 30-50% dei valori normali a causa dell’ipovolemia e del Myocardial Depressant Factor. Spesso la gittata cardiaca tende ai livelli normali solo dopo parecchi giorni, anche se la terapia infusionale è corretta.

Le modificazioni della funzionalità renale sono dovute a:

  1. ipovolemia;
  2. vasocostrizione;
  3. apertura degli shunt artero-venosi che escludono il rene;
  4. imperatività surrenalica.

Le cellule juxtaglomerulari del rene riversano renina in circolo in risposta ad: una deprivazione di sodio, ad una ridotta pressione sanguigna (ipovolemia) e ad uno stimolo nervoso simpatico (determinato dall’ipovolemia). La renina provoca, tramite l’angiotensina, il rilascio di ormoni dalla corticale del surrene (cortisolo, mineralcorticoidi es. aldosterone, glucorticoidi, ecc.)che agiscono sul riassorbimento renale. In seguito a questi si verifica:

  1. oliguria(più o meno grave);
  2. riduzione della filtrazione glomerulare;
  3. ritenzione di sodio (aldosterone);
  4. aumentata secrezione di potassio (aldosterone).

Se la terapia è adeguata queste manifestazioni possono non comparire, in case contrario si può avere insufficienza renale simile allo schok emorragico. Dopo 2-3 settimane si può avere schok settico da gram-negativi che aggrava ancora la funzionalità renale , con possibile comparsa di una insufficienza renale acuta irreversibile spesso letale. Diverse teorie spiegano l’oliguria, che potrebbe essere dovuta a:

  • un riflesso nervoso che provoca spasmo delle arteriole afferenti;
  • l’immissione in circolo di sostanze tossiche liberate dalla zona ustionata che agirebbero o a livello glomerulare o producendo lo spasmo delle arteriole afferenti che blocca la filtrazione;
  • un tentativo renale di compensare le alterazioni idrometaboliche attraverso un maggiore riassorbimento tubulare di sodio e acqua riducendo la eliminazione urinaria Nella prima fase è stata evidenziata anche una attivazione del sistema renina-angiotensina che provoca ritenzione sodica.

3) Fase catabolica

La terza fase è caratterizzata da:

  • diminuita reattività generale dell’organismo;
  • bilancio dell’azoto negativo;
  • decadimento delle capacita difensive.

Se in questa fase sopraggiunge lo shock settico si instaura una insufficienza renale che porta alla morte. Il dato più attendibile per monitorizzare la funzionalità renale è la osmolarita plasmatica ed urinaria. Se questa continua ad aumentare (iperosmolarità progressiva) la prognosi diviene infausta. I sintomi della iperosmolarità progressiva sono: sete intensa, alterazioni della coscienza, disturbi dell’orientamento, allucinazioni, coma, convulsioni, morte. Il bilancio d’azoto negativo e il deficit energetico sono in parte legati al mancato aumento dell’evaporative water. La durata e l’intensità della fase catabolica sono in rapporto a:

  • estensione e grado dell’ustione;
  • gravità di eventuali processi infettivi;
  • regime nutrizionale;
  • durata della fase aperta delle ferite.

Durante questa fase il fabbisogno energetico di calorie è superiore a 4000cal/die. Nonostante l’instaurazione delle terapie opportune la positivizzazione del bilancio d’azoto viene raggiunta solo nella fase della convalescenza.

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4) Fase della tossicosi (shock autotossico)

Compare dopo 3-4 giorni. Il riassorbimento del trasudato e degli essudati dalle aree ustionate mette in circolo sostanze tossiche. Esse determinano, dopo un periodo di apparente benessere (caratterizzato da normalizzazione di polso, pressione e temperatura), nuovi sintomi quali: febbre elevata(39-40 °C), cefalea, nausea e ulcere emorragiche. Questa fase può durare dai 15 ai 20 giorni.

5) Fase della sepsi

E’ dovuta ad infezione delle aree ustionate facilitata dalla immunosopressione. La temperatura riprende a salire con febbre continua e remittente preceduta o accompagnata da brividi, cefalea, nausea. Il polso è frequente e la pressione si abbassa. Si ha virulenza dei germi saprofiti cutanei che nel periodo della sepsi inquinano la superficie del tessuto di granulazione (sono gram-negativi: Pseudomonas, Serratia, Klebisiella, Candida, ecc.)

6) Fase della distrofia sincrasica o fase della convalescienza

Si ha il graduale recupero del tono circolatorio, scompare la febbre, la diuresi e l’alvo ritornano alla normalità. L’ustionato è ancora pallido (anemia), magro (perdita di proteine) con ipotrofia muscolare. Se le aree di necrosi sono giunte in profondità, si potranno mantenere per settimane o mesi delle aree non riepitelizzate con tessuto di granulazione esuberante.

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Abuso di antibiotici: a volte è meglio solo il riposo

MEDICINA ONLINE VIRUS BATTERI INFLUENZA RAFFREDDORE TEMPERATURA STARNUTO EBOLA TRASMISSIONE MORTE SINTOMI STARNUTO CONTATTOCirca un quinto delle prescrizioni di antibiotici non sono necessarie, dal momento che vengono prescritti per patologie che in realtà migliorano da sole. Sono le conclusioni a cui sono giunti i tecnici della Public Health England (Phe), agenzia del ministero della Salute inglese. L’abuso di antibiotici è anzi controproducente, dal momento che rende le infezioni più difficili da trattare, creando dei batteri resistenti a molti farmaci. Si stima infatti che 4 casi su 10 di infezione nel sangue da Escherichia Coli non si possa trattare con gli antibiotici di prima scelta, e che entro il 2050 le infezioni resistenti nel mondo mieteranno più vittime di quante ne faccia il cancro ora.

Gli antibiotici non servono?

Questo non è ovviamente vero, è vero invece che servono solo quando sono davvero essenziali, cioè nei casi di sepsi, polmonite, meningiti batteriche e altre gravi infezioni, mentre non lo sono per altre malattie. Tosse o bronchite per esempio passano da sole in tre settimane, e l’antibiotico nella maggioranza dei casi non ne accorcia la durata se non di uno o due giorni. La maggior parte dei soggetti, se sono immunocompetenti (cioè se il loro sistema immunitario funziona bene), guarisce dalle infezioni di volta in volta grazie alle proprie naturali difese immunitarie. L’indicazione che dovrebbero ricevere, per infezioni che il nostro organismo può gestire da solo, è di “riposare, bere molti liquidi e usare farmaci per far passare dolore e fastidi, come il paracetamolo.

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Differenza tra sepsi e setticemia

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BIl termine sepsi indica una malattia sistemica causata dalla risposta dell’organismo all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni. Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi.

Il termine setticemia è a volte utilizzato impropriamente come sinonimo di sepsi, ma in realtà indica un caso specifico di sepsi accompagnata da batteriemia (sepsi batteriemica) invece che da altri tipi di infezioni.

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Sepsi: cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BIl termine sepsi indica una malattia sistemica causata dalla risposta dell’organismo (sotto forma di SIRS, Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica) all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni. Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi.

Precedentemente la malattia veniva chiamata setticemia (dal greco antico σηπτικός, sēptikós), termine però impreciso in quanto indica la sola forma batterica (la più grave).

Fino a poco tempo fa, la sepsi era considerata una condizione di iper-infiammazione e coagulabilità, con conseguente danno cellulare e squilibri della circolazione. Malgrado sia meno conosciuta di altre malattie ha un tasso di mortalità cinque volte superiore all’ictus e dieci volte all’infarto. Per aumentarne la sua consapevolezza nella popolazione è stata istituita la giornata mondiale della sepsi (World Sepsi Day) il 13 settembre 2013.

La diagnosi tempestiva è fondamentale per la gestione della sepsi, come l’inizio di una corretta terapia precoce è fondamentale per ridurre la mortalità da sepsi grave. Il termine setticemia è a volte utilizzato impropriamente come sinonimo di sepsi, ma in realtà indica lo specifico caso in cui la sepsi è accompagnata da batteriemia (sepsi batteriemica) invece che da altri tipi di infezioni.

La sepsi si instaura prevalentemente in pazienti critici, immunocompromessi e anziani. Negli Stati Uniti i nuovi casi di sepsi sono stimati essere 750.000 ogni anno, con un’incidenza che è probabilmente destinata ad aumentare dell’1,5% all’anno per l’invecchiamento della popolazione. Sempre negli USA riguarda il 1%-2% di tutti i ricoveri e fino al 25% dei letti disponibili nelle Unità di Terapia Intensiva (ICU), rappresentando la decima più comune causa di morte, secondo i dati del 2000 dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (“Centers for Disease Control and Prevention”). A causa della sua natura particolarmente aggressiva e multifattoriale, la sepsi conduce rapidamente a morte e costituisce la principale causa di decesso nelle terapie intensive non coronariche di tutto il mondo, con tassi di letalità che vanno dal 20% per la sepsi al 40% per la sepsi grave, ad oltre il 60% per lo shock settico: cumulativamente, nel mondo muoiono per sepsi circa 1400 persone al giorno.

Uno dei problemi da affrontare per una gestione adeguata del paziente settico è il ritardo nell’assegnazione del trattamento corretto che fa seguito alla diagnosi. Si è dunque recentemente creato un grande progetto di collaborazione internazionale per far conoscere la sepsi e per migliorare l’outcome del paziente settico, nominato “Surviving Sepsis Campaign”. Tale organismo ha già pubblicato un articolo di revisione (review) basato sull’evidenza: sono delle linee guida sulle strategie per la gestione della sepsi grave e dello shock settico, con l’idea di pubblicare una serie completa di linee guida nei prossimi anni. L’applicazione in Italia di tali linee guida è in studio in alcuni reparti di Medicina d’Urgenza e di Terapia Intensiva; una delle più ampie casistiche europee è quella raccolta all’Ospedale delle Molinette di Torino.

Patogenesi

L’attivazione immunitaria che causa la sepsi è una risposta infiammatoria sistemica che causa una generalizzata attivazione delle vie dell’infiammazione e della coagulazione del sangue. Tale situazione può progredire fino allo shock settico e, anche a seguito di trattamento ottimale, può portare alla Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS) ed eventualmente alla morte.

Condizioni e complicazioni correlate sono:

  • Coagulazione intravascolare disseminata (CID): grave stato patologico caratterizzato da abnormale coagulazione del sangue, che porta alla presenza disseminata di trombi ed emorragie; può essere causata anche dalla sepsi.
  • Necrosi tubulare acuta: porta ad insufficienza renale acuta; può derivare dall’ipoperfusione dei reni in caso di sepsi (cioè: non arriva sangue a sufficienza ai reni, e così questi smettono di funzionare).
  • Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS): può essere causata anche dalla sepsi.
  • Meningite: infezione del tessuto che ricopre il Sistema Nervoso Centrale, ossia l’encefalo ed il midollo spinale; può essere una causa od una complicazione della sepsi.
  • Endocardite: infezione della superficie interna del cuore, a contatto con il sangue; come altri quadri patologici può essere una causa od una complicazione della sepsi.
  • Piemia: è un tipo di sepsi che porta alla formazione di ascessi disseminati, solitamente causata da Stafilococchi.
  • Chetoacidosi nei pazienti affetti da Diabete mellito, soggetti allo sviluppo di iperglicemia in caso di sepsi. La chetoacidosi aggrava l’ipotensione, aumentando perciò il rischio di uno shock settico.

Entro dodici ore dal sospetto di sepsi è essenziale confermare o escludere qualsiasi fonte di infezione che richiederebbe un controllo, come infezioni del tessuto molle necrotizzante, peritonite, colangite, infarto intestinale.

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Clinica

La sepsi è definita come una infezione sospetta o documentata a cui si associno almeno due dei seguenti parametri alterati:

1. Parametri generali

  • Febbre (temperatura interna, > 38,3 °C)
  • Ipotermia (temperatura interna, < 36 °C)
  • Frequenza cardiaca ( > 90 battiti al minuto o > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità per l’età)
  • Tachipnea
  • Stato mentale alterato
  • Edema significativo o bilancio idrico positivo ( > 20 ml / kg di peso corporeo nel corso di un periodo di 24 ore)
  • Iperglicemia (glicemia, > 140 mg / dl [ 6,7 mmol / l ] ) in assenza di diabete

2. Parametri infiammatori

  • Leucocitosi (conta dei globuli bianchi, > 12.000 / mm3)
  • Leucopenia (conta dei globuli bianchi, < 4000/mm3)
  • Formula leucocitaria normale ma con > 10% di forme immature
  • Proteina C – reattiva ( > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità)
  • Procalcitonina plasmatica ( > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità)

3. Parametri emodinamici

  • Ipotensione arteriosa (pressione sistolica < 90 mm Hg, pressione arteriosa media < 70 mm Hg, o diminuzione della pressione sistolica > 40 mm Hg negli adulti o > 2 DS al di sotto del limite inferiore del range di normalità per l’età)
  • Elevata saturazione di ossigeno venoso misto ( > 70 % )
  • Indice cardiaco elevato ( > 3,5 litri / min / metro quadrato di superficie corporea)

4. Parametri di disfunzione d’organo

  • Ipossia arteriosa (rapporto tra la pressione parziale dell’ossigeno arterioso e la frazione di ossigeno inspirato, Pao2/Fio2 < 300)
  • Oliguria acuta (produzione di urina, < 0,5 ml / kg / ora o 45 ml / h per almeno 2 ore nonostante infusione di fluidi)
  • Aumento del livello di creatinina > 0,5 mg / dl ( > 44,2 mmol / litro)
  • Anomalie della coagulazione (rapporto internazionale normalizzato −INR− , > 1.5; o tempo parziale di tromboplastina parziale attivata > 60 sec)
  • Ileo paralitico (assenza di rumori intestinali)
  • Trombocitopenia (conta piastrinica < 100.000 / mm3)
  • Iperbilirubinemia (bilirubina totale plasma > 4 mg / dl [ 70 mmol / litro ] )

5. Parametri da ipoperfusione

  • Iperlattatemia (lattati > 1 mmol / litro)
  • Diminuzione del riempimento capillare

La sepsi grave è definita come sepsi indotta da disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale (che si manifesta come ipotensione, elevati livelli di lattato e diminuita produzione di urina).

Lo shock settico è una sepsi severa, con pressione del sangue persistentemente bassa nonostante la somministrazione di fluidi per via endovenosa.

Segni e sintomi

Oltre ai sintomi correlati all’infezione, la sepsi è frequentemente associata sia con febbre o ipotermia, respirazione rapida, elevata frequenza cardiaca, confusione ed edema. I primi segni sono elevata frequenza cardiaca, diminuzione della minzione e dello zucchero nel sangue, mentre i segni di sepsi diagnosticata sono confusione, acidosi metabolica con alcalosi respiratoria compensatoria (che può manifestarsi come respiro accelerato), bassa pressione sanguigna, diminuzione della resistenza vascolare sistemica, gittata cardiaca più alta e disfunzioni della coagulazione del sangue. La sepsi può anche portare ad un calo della pressione sanguigna, con conseguente shock. Ciò può provocare stordimento. Può comportare anche la presenza di lividi o sanguinamento. Tali alterazioni debbono essere di insorgenza acuta (recente), persistente (non fugaci) e non spiegabili da altre cause (come per esempio alterazioni iatrogene o farmacologiche dell’emocromo o della frequenza cardiaca, etc…).

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Disfunzione d’organo

Esempi di disfunzione d’organo sono:

  • Polmoni: danno polmonare acuto (PaO2/FiO2 <300) o sindrome da distress respiratorio acuta (PaO2/FiO2 <200).
  • Cervello: sintomi analoghi all’encefalopatia: agitazione, confusione, coma; causa: ischemia, emorragia, microtrombi, microascessi, leucoencefalopatia multifocale progressiva.
  • Fegato: interruzione della funzione di sintesi proteica: si manifesta acutamente come progressiva coagulopatia a causa di incapacità di sintetizzare i fattori della coagulazione; interruzione delle funzioni metaboliche: si manifesta come la cessazione del metabolismo della bilirubina, con conseguente livelli di bilirubina sierica non coniugata elevati.
  • Rene: oliguria e anuria, anomalie elettrolitiche, sovraccarico di volume.
    Cuore: insufficienza cardiaca, probabilmente a causa delle citochine che deprimono la funzione dei miociti; danno cellulare manifestato come una perdita di troponina (anche se non necessariamente di natura ischemica).

Esami di laboratorio e strumentali

Entro le prime tre ore dal sospetto di sepsi, gli esami diagnostici dovrebbero includere la misurazione del lattato sierico e l’esame delle colture appropriate prima di iniziare un trattamento antimicrobico, purché questo non venga ritardato per più di 45 minuti. Per identificare l’agente patogeno, almeno due emocolture (aerobi ed anaerobi) devono essere ottenute, con almeno una presa per via percutanea e una attraverso un catetere vascolare (ad esempio un catetere intravenoso). Se si sospettano altre fonti, possono essere ottenute altre culture, come l’urina, fluido cerebrospinale, da ferite o da secrezioni respiratorie.

Se nel giro di sei ore vi è ipotensione persistente, nonostante la somministrazione iniziale di fluido di 30ml/kg, o se il lattato iniziale è ≥ 4 mmol/L (36 mg/dL), dovrebbe essere misurata la pressione venosa centrale e la saturazione di ossigeno venoso. Il lattato deve essere nuovamente misurato se inizialmente è apparso molto elevato.

Infezione

Il sospetto di infezione può essere confermato sia dalle emocolture sia tramite reazione a catena della polimerasi (PCR), fermo restando che per effettuare un antibiogramma è necessaria una coltura positiva. Test specifici per l’infezione comprendono la presenza di globuli bianchi nel liquido normalmente sterile (ad esempio urina o liquido cerebrospinale (CSF)), la prova di un viscere perforato (aria libera su una radiografia all’addome o tramite TAC, segni di peritonite acuta), radiografia del torace anormale, in linea con la polmonite (con opacizzazione focale), o presenza di petecchie o porpora.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale di sepsi è ampia e comprende le condizioni che possono causare i segni sistemici di SIRS: astinenza da alcol, embolia polmonare, tireotossicosi, anafilassi, insufficienza surrenalica, e shock neurogeno.

Trattamento

La terapia della sepsi si basa su antibiotici a largo spettro, drenaggio chirurgico di raccolte infette, somministrazione di liquidi e supporto adeguato della disfunzione d’organo. Il supporto può consistere nella dialisi nell’insufficienza renale, nella ventilazione meccanica nell’insufficienza respiratoria, nell’infusione di liquidi, emoderivati e farmaci vasopressori nell’insufficienza circolatoria. Inoltre, soprattutto se si protrae nel tempo tale stato, è importante assicurare un’adeguata nutrizione, eventualmente parenterale.

La Early Goal Directed Therapy (EGDT, terapia precoce diretta al raggiungimento dell’obiettivo), sviluppata all’Henry Ford Hospital dal dr. E. Rivers, è un approccio sistematico alla rianimazione validato nel trattamento della sepsi grave e dello shock settico che dev’essere intrapreso già nel Pronto Soccorso. Il razionale consiste nell’uso di un approccio a tappe, facendo raggiungere al paziente degli obiettivi fisiologici intermedi, per ottimizzare così il precarico, il postcarico e la contrattilità cardiaci, ottimizzando dunque l’arrivo di ossigeno ai tessuti.

  • Come primo punto, sono richiesti: il posizionamento di catetere venoso centrale (CVC) a doppio lume e di catetere vescicale (si deve mantenere una diuresi ≥ 0,5 ml/Kg/h); l’istituzione di terapia antibiotica ad ampio spettro entro 3 ore dalla presentazione del paziente in Pronto Soccorso; insulinoterapia; ossigenoterapia; ventilazione meccanica.
  • PVC 8-12 mmHg. → L’iter terapeutico vero e proprio comincia ora. Nella EGDT i fluidi sono somministrati fino a che la pressione venosa centrale(PVC) raggiunge gli 8-12 mmHg (aggiustamenti andranno realizzati con nitroglicerina se PVC > 15 mmHg o con soluzione fisiologica dapprima a bolo e poi in infusione rapida se PVC < 8 mmHg; se PVC < 4 mmHg considerare l’aggiunta di un colloide come l’albumina.
  • MAP 65-90 mmHg. → Il passo successivo è il controllo della pressione arteriosa media (MAP), che se non rientra nell’intervallo compreso fra 65 e 90 mmHg richiede la somministrazione di vasodilatatori (nitroglicerina) o vasopressori (noradrenalina o dopamina e cortisolo; aggiungere ADH o adrenalina in caso di ipotensione refrattaria), fino al ripristino dei valori stabiliti.
  • HCT ≥30%; ScvO2 ≥70. → Una volta raggiunto il controllo della MAP, si deve tendere alla normalizzazione della saturazione venosa centrale (ScvO2, la saturazione d’ossigeno del sangue venoso misurata in vena cava superiore). Se la ScvO2 è < 70%, viene verificato che l’ematocrito (HCT) abbia valori di almeno 30% (ed in caso si trasfondono emazie concentrate fino al raggiungimento di tale livello), e quindi infusi farmaci inotropi (dobutamina) fino a che anche l’obiettivo della ScvO2 è raggiunto. Se la ScvO2 resta bassa nonostante l’ottimizzazione dell’emodinamica, può essere richiesta l’intubazione (dunque in elezione) per ridurre la richiesta d’ossigeno.

Con l’applicazione di questo protocollo, nello studio originale la mortalità veniva ridotta dal 46.5% nel gruppo di controllo al 30.5% nel gruppo trattato. Le linee guida della Surviving Sepsis Campaign raccomandano la EGDT per la rianimazione iniziale del paziente settico con un’evidenza di livello B (singolo RCT, randomized controlled trial, studio randomizzato controllato ).

La maggioranza delle terapie che miravano direttamente al processo infiammatorio hanno fallito nel migliorare l’esito. Solo la proteina C attivata (drotrecogin alfa (attivato)) ha dimostrato di diminuire la letalità da circa il 31% a circa il 25% nella sepsi grave. Essa ha proprietà antinfiammatorie, anticoagulanti e fibrinolitiche ed ha dimostrato di migliorare il microcircolo che è alterato nella sepsi.
Il 25 ottobre 2011, la Eli Lilly and Company, casa produttrice del farmaco ha annunciato la volontaria rimozione dal mercato del drotrecogin alfa: in un recente studio, infatti, non ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con sepsi grave e shock settico.

Il trattamento con cortisolo a basse dosi potrebbe aver rilevanza nel trattamento dello shock settico in pazienti con insufficienza surrenalica relativa, definita dal test di stimolazione con ACTH. Il trattamento standard dei neonati con sospetto di sepsi consiste nella terapia di supporto, volta a mantenere adeguati i paramentri vitali con l’infusione intravenosa di liquidi la combinazione di un antibiotico beta-lattamico (come l’ampicillina) con un aminoglicoside(come la gentamicina).

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Differenza tra sepsi e Sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS)

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MIn medicina per sindrome da risposta infiammatoria sistemica, SIRS, si intendeva uno stato infiammatorio frutto della risposta dell’organismo (il sistema) ad una presunta noxa. Nel 2003, la validità clinica dei criteri diagnostici per la SIRS è stata ridimensionata, il nome SIRS non compare nelle stesure successive delle linee guida della campagna surviving sepsis e la originaria definizione è stata ampliata; tuttavia molti autori hanno continuato ad utilizzare tale termine per inerzia e perché dal punto di vista didattico sembra apparire ancora utile.

I criteri per definire la SIRS furono concordati nel 1992. La SIRS può essere diagnosticata quando sono presenti almeno due delle seguenti condizioni:

  • Frequenza cardiaca superiore a 90 battiti al minuto
  • Temperatura corporea inferiore a 36 °C o febbre alta (> 38 °C)
  • Aumento (tachipnea) o riduzione (bradipnea) della frequenza respiratoria
  • Numero di globuli bianchi nel sangue inferiore ai 4.000 per mm³ (leucopenia) o superiore ai 12.000 per mm³ (leucocitosi), oppure aumento superiore al 10% di forme immature di neutrofili.

Cause

  • Traumi;
  • complicazioni da interventi chirurgici;
  • ustioni;
  • pancreatiti acute;
  • immunodeficienza (come nel caso dell’AIDS).

La differenza principale con la sepsi risiede semplicemente nel fatto che quando esiste una causa sospetta o provata di infezione la SIRS viene chiamata sepsi. La misura del valore della procalcitonina può aiutare a differenziare l’origine batterica dell’infezione dalle cause di SIRS non infettiva.

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Shock settico e sepsi: sintomi, terapia, conseguenze, si può guarire

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EMOGLOBINA.jpgLo shock settico, o shock setticemico, è una sindrome da shock dovuta ad una grave infezione con sepsi; la sindrome è sistemica, cioè coinvolge l’intero organismo, anche se l’agente infettante può essere presente solo in un particolare sito corporeo.
Può causare sindrome da insufficienza multiorgano (MODS) (precedentemente nota come multiple organ failure, MOF) e morte; il tasso di mortalità è circa il 25–50%. Lo shock settico è una situazione di emergenza medica. Per la gravità e la complessità della patologia i pazienti affetti da shock settico necessitano di essere curati in ambiente intensivo.

I sintomi

Lo shock settico provoca un arresto delle funzioni vitali primarie – ovvero, un indebolimento degli organi interni, come polmoni e cuore – e, nei casi più gravi, la morte. I sintomi, nello specifico, includono febbre molto alta che non si abbassa, blocco della diuresi, stato confusionale, diminuzione della pressione sanguigna, difficoltà respiratorie, palpitazioni, ipotermia, tachicardia – che può avere anche altre cause – irrequietezza, fiato corto, brividi, tachipnea, leucocitosi o leucopenia e perdita di coscienza. In alcuni casi, potrebbero essere presenti insufficienza epatica, insufficienza renale e ipotensione grave.

I fattori di rischio

Tra i fattori di rischio, ci sono l’età – anziani e bambini sono a maggior rischio – e il ricovero in ospedale: spesso, infatti, sono proprio coloro che sono già ricoverati in ospedale a contrarre infezioni. Anche malattie che indeboliscono il sistema immunitario possono essere considerate dei fattori di rischio: AIDS, diabete, linfomi, patologie del sistema genito-urinario e intestinale, neoplasie del sangue – come, ad esempio, la leucemia – polmoniti, appendiciti, diverticolite, meningiti, pancreatiti, fascite necrotizzante e pielonefrite.

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Patogenesi

La scoperta, relativamente recente, dei mediatori endogeni della risposta infiammatoria dell’ospite, ha fatto comprendere come clinicamente la sepsi rappresenti il risultato di un eccesso di attivazione dei meccanismi di difesa dell’ospite, piuttosto che l’effetto diretto dei microrganismi. La sepsi e le sue conseguenze sono l’espressione di un continuum evolutivo legate ad un effetto amplificante e moltiplicativo dei vari meccanismi che sottendono la manifestazione clinica e la sua fisiopatologia.

In altri termini le infezioni con o senza batteriemia comportano cambiamenti fisiologici dell’organismo, con risposte del sistema immunitario finalizzate alla soppressione dell’agente infettante. Questi cambiamenti però sono causa di shock (settico), che si manifesta quando un’adeguata somministrazione endovenosa di fluidi non riesce ad aumentare la pressione sanguigna a livelli accettabili, e l’evidenza clinica mostra una ipoperfusione tissutale sistemica; si determina così un cedimento progressivo delle funzioni dei vari organi e successivamente di tutto l’organismo, cioè la sindrome da insufficienza multiorgano, che rappresenta l’estremo del continuum prima citato.

Esiste una cascata di eventi che porta dalla semplice infezione allo shock settico.

  1. In seguito all’infezione c’è una risposta generalizzata dell’organismo di tipo neuroumorale, pro- e antinfiammatoria;
    • Attivazione di monociti, macrofagi e neutrofili che interagiscono con l’endotelio (le cellule della parete dei vasi sanguigni) tramite numerosi recettori attivati dai microrganismi;
    • L’attivazione di queste cellule ed il danno endoteliale porta alla mobilizzazione di sostanze plasmatiche come citochine, TNF, interleuchine, caspasi, proteasi, leucotrieni, chinine, radicali liberi dell’Ossigeno, NO, acido arachidonico, PAF (fattore attivante le piastrine) ed eicosanoidi. Questa cascata viene amplificata dall’attivazione del complemento e dalla cascata coagulativa;
  2. Tale amplificazione porta in definitiva ad un danno endoteliale con gravi problemi del microcircolo, dove si verifica trombosi e perdita dell’integrità capillare;
  3. Nelle falle a livello capillare si perde una buona parte dei liquidi dell’organismo, per cui esiste sempre un’ipovolemia, cioè una carenza di fluidi corporei. È per questo che è necessaria, almeno all’inizio, la somministrazione di grandi quantità di liquidi;
  4. La produzione di NO crea vasodilatazione, che aggrava ulteriormente l’ipotensione

Gli eventi finali della combinazione di danno e insufficiente circolazione del microcircolo sono l’ipossiemia e l’ischemia degli organi, che è l’evento finale dello shock settico.

Clinica

Lo shock settico esiste in due forme.

  1. Ipercinetica precoce, caratterizzata da:
    • caduta delle resistenze vascolari periferiche
    • differenza arterovenosa in ossigeno diminuita
    • cute calda e secca, rosea
    • pressione normale o leggermente abbassata
  2. Ipocinetica, che si distingue per:
    • resistenze vascolari periferiche aumentate
    • differenza arterovenosa in ossigeno aumentata
    • ipotensione arteriosa e venosa
    • tachicardia
    • oliguria
    • cute pallida e sudata.

Una forma particolare di shock settico è la sindrome da shock tossico, nelle sue eziologie:

  • da enterotossina F, TSCT-1, tossina prodotta da un ceppo di Stafilococco aureo
  • da enterotossina SGA, prodotta dallo Streptococco di gruppo A, spesso complicazione di una fascite o miosite necrotizzante.

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Diagnosi differenziale

Nell’uomo, per definizione, la diagnosi di shock settico richiede la presenza contemporanea di diverse condizioni:

  1. deve essere diagnosticata la presenza di SIRS (systemic inflammatory response syndrome) con almeno due di queste condizioni:
    • Tachipnea > 20 respiri per minuto o, all’emogasanalisi, una PCO2 inferiore a 32 mmHg, segno di iperventilazione.
    • Conta dei globuli bianchi significativamente bassa (< 4000 cellule/mm³) o elevata (> 12000 cellule/mm³).
    • Frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto
    • Temperatura: febbre > 38.5 °C (101.3 °F) o ipotermia < 35.0 °C (95.0 °F)
  2. Deve essere presente sepsi, e non una forma alternativa di SIRS; pertanto deve esserci infezione, cioè almeno uno fra:
    • emocolture positive
    • Segni di polmonite alla Rx del torace
    • altri segni radiologici o laboratoristici di infezione
  3. Deve essere presente almeno un segno di insufficienza d’organo, fra:
    • Insufficienza renale
    • Insufficienza cardiaca
    • Acute lung injury, una forma meno grave di ARDS
    • Trombocitopenia
    • Coagulopatie
    • Disfunzione epatica
    • Alterazioni dello stato mentale
    • Lattato sierico aumentato.
  4. Infine, lo shock settico viene diagnosticato quando esiste ipotensione refrattaria al riempimento volemico, vale a dire che la sola somministrazione di liquidi non è sufficiente ad evitare l’ipotensione.
L’ipotensione è definita come una pressione arteriosa sistolica sotto i 90 mmHg, una pressione arteriosa media al di sotto dei 60 mmHg, oppure una riduzione della pressione arteriosa sistolica maggiore di 40 mmHg rispetto ai valori di base, persistente nonostante adeguata somministrazione di liquidi.

Lo shock settico si differenzia quindi da

  • batteriemia, caratterizzata dal semplice rilievo, mediante emocoltura, della presenza di batteri nel sangue;
  • setticemia, malattia sistemica causata dal batterio o tossina in causa;
  • SIRS, sindrome reattiva infiammatoria sistemica;
  • sepsi, cioè la copresenza di infezione e SIRS;
  • MODS, sindrome da insufficienza multiorgano.

Cure

  • Trattamento della malattia sottostante.
  • Antibioticoterapia a largo spettro: l’avvio è da farsi dopo prelievo ematico per emocoltura.
  • Apporto di liquidi (colloidi, cristalloidi) e, in casi selezionati, glucocorticoidi.
  • Normalizzazione della pressione, che spesso richiede l’utilizzo di amine vasoattive.
  • Correzione di un’eventuale acidosi metabolica.
  • Prevenzione delle complicanze e loro trattamento.

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La prevenzione

La cura migliore è sempre la prevenzione: occorre, infatti, evitare le infezioni – soprattutto, se ci si trova in ospedale – adottando le normali e necessarie norme igieniche nella vita di tutti i giorni. È, inoltre, opportuno evitare il pericolo di antibiotico-resistenza e, dunque, non abusare di medicinali, quando non strettamente necessario.

La prognosi

La prognosi dello shock settico non è molto buona: questa dipende, infatti, da molte varianti, come la malattia scatenante, la tempestività di intervento, la gravità dei sintomi, la cura intrapresa, lo stato di salute del paziente e la sua età. Infine, è bene specificare che non sempre i trattamenti sono sufficienti – in special modo, quando l’organismo è molto indebolito – e la mortalità è abbastanza elevata: in generale, si va dal 30% al 60% dei casi di morte.

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