Ipersonnie: tipi, classificazione, cause, sintomi, diagnosi, terapie

MEDICINA ONLINE NARCOLESSIA SONNO LAVORO IMPROVVISO DORMIRE INSONNIA UFFICIO STANCO STANCHEZZA SONNOLENZA.Con “ipersonnia” (in inglese “hypersomnia”) in medicina si intende un gruppo di numerosi disturbi neurologici del sonno caratterizzati da eccessiva sonnolenza diurna che porta il paziente ipersonniaco a non mantenere un adeguato livello di vigilanza per tutto l’arco della giornata e ad andare incontro a situazioni di sonno improvviso ed incontrollabile che lo costringono ad addormentarsi in momenti inconsueti, ad esempio durante una conversazione, durante un pasto, mentre sta lavorando o addirittura mentre sta guidando. Il paziente con ipersonnia potrebbe inoltre avere molta difficoltà a svegliarsi al mattino. Tali caratteristiche accomunano tutte le ipersonnie, ma ogni sottotipo ha le proprie peculiarità.

Epidemiologia

In base a diversi studi, le ipersonnie interessano tra il 4% ed il 7% della popolazione italiana. Alcune ipersonnie meno gravi sono probabilmente sottodiagnosticate.

Classificazione

Le ipersonnie possono essere suddivise in primarie e secondarie; possono anche essere distinte in ipersonnie ricorrenti, post-traumatiche e idiopatiche. Sembrerebbe esistere un certo grado di famigliarità: figli di genitori con ipersonnia hanno un più alto rischio di soffrire a loro volta di ipersonnia.

Ipersonnie primarie

Le ipersonnie primarie sono quelle che compaiono “primariamente”, cioè che non sono determinate da altre patologie o condizioni. Le ipersonnie primarie, sono:

  • narcolessia: caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, necessità improvvisa di fare diversi brevi pisolini durante il giorno (per lui ristoratori), cataplessia,  allucinazioni ipnagogiche e paralisi nel sonno;
  • ipersonnia idiopatica: caratterizzata da un sonno notturno di buona qualità che può avere una durata normale (meno di 10 ore per notte) o eccessivamente lunga (più di 10 ore per notte) e che tuttavia non permette una normale vigilanza durante la veglia: il paziente lamenta infatti eccessiva sonnolenza diurna, che lo portano a dover fare diversi sonnellini diurni di una o due ore, non ristoratori;
  • ipersonnia-bulimia, o ipersonnia ricorrente primaria o sindrome di Kleine-Levin: è una condizione rara caratterizzata da attacchi ciclici di iperfagia seguiti da giorni in cui non si riesce a dormire, nel resto del tempo il sonno e le condizioni risultano normali; più frequente nei giovani.

Ipersonnie secondarie

Le ipersonnie secondarie sono ipersonnie che sono causate dalla presenza di altra patologia o condizione. Le patologie o condizioni che determinano ipersonnia, sono:

  • assunzione di alcuni farmaci che hanno ipersonnia come effetto collaterale diretto o indiretto;
  • sindrome delle apnee nel sonno;
  • sindrome da aumentata resistenza delle vie aeree superiori;
  • abuso di sostanze stupefacenti;
  • alcolismo;
  • sindrome delle gambe senza riposo;
  • sindrome premestruale;
  • depressione maggiore;
  • disturbo da stress post traumatico;
  • disturbo ossessivo compulsivo;
  • schizofrenia;
  • disturbo bipolare maniaco depressivo;
  • uremia;
  • fibromialgia;
  • sindrome metabolica.

Le ipersonnie secondarie sono spesso causate o favorite da molti tipi di patologie e disturbi del sistema nervoso, tra cui:

  • ictus cerebrali ischemici o emorragici,
  • tumori cerebrali,
  • malformazioni artero-venose,
  • encefaliti,
  • encefalite limbica paraneoplastica,
  • neuropatie periferiche,
  • traumi cranici (insonna post-traumatica),
  • epilessia,
  • malattia di Parkinson,
  • malattia di Alzheimer,
  • sclerosi multipla,
  • demenze,
  • sclerosi laterale amiotrofica,
  • atrofia spinale,
  • atrofia multi-sistemica.

Molti farmaci possono essere in qualche modo concausa di ipersonnia, in particolare quelli:

  • sedativi,
  • ipnotici,
  • ansiolitici,
  • antistaminici,
  • antidepressivi,
  • antipertensivi,
  • anticonvulsivanti,
  • neurolettici.

Anche la sospensione improvvisa di farmaci e l’interruzione di principi attivi stimolanti può produrre un’ipersonnia di rebound.

Sintomi e segni

Le caratteristiche comuni a tutte le ipersonnie, sono:

  • sonnolenza durante le ore diurne;
  • inadeguata vigilanza diurna;
  • ridotte performance fisiche e cognitive;
  • eccessiva tendenza a dormire;
  • attacchi di sonno incontrollabili che portano il paziente a dormire all’improvviso anche in situazioni inconsuete;
  • aumento del tempo di sonno nelle 24 ore;
  • difficoltà a raggiungere un risveglio completo al termine del sonno.

Fra i sintomi e i segni clinici spesso presenti nei pazienti con ipersonnia, spesso ritroviamo:

  • ansia;
  • cefalea;
  • irritazione;
  • allucinazioni;
  • difficoltà a concentrarsi;
  • astenia (mancanza di forze fisiche e mentali);
  • perdita di memoria;
  • stress;
  • iperfagia;
  • aggressività;
  • variazioni della libido;
  • disorientamento.

Ogni ipersonnia ha poi caratteristiche specifiche.

Conseguenze e rischi

L’ipersonnia può anche condurre a problemi di concentrazione, di memoria e d’umore anche molto gravi e ciò riduce il profitto scolastico o lavorativo. Se si svolgono lavori in cui è richiesto un alto livello di vigilanza, l’ipersonnia può essere pericolosa per sé stessi o per gli altri. Pensiamo ad esempio a cosa può significare avere una forte sonnolenza diurna per chi guida un tir, per chi maneggia sostanze pericolose o per un chirurgo.

Diagnosi

Qualsiasi soggetto che riferisca di essere costretto a fare frequenti pisolini diurni potrebbe soffrire di eccessiva sonnolenza diurna e di ipersonnia. E’ bene per prima cosa distinguere tra sonnolenza diurna occasionale, che potrebbe essere comune anche in individui sani magari sottoposti a forti stress, ed eccessiva sonnolenza diurna propriamente detta: quest’ultima infatti è una condizione patologica e cronica. Come con la maggior parte delle condizioni mediche, la diagnosi di ipersonnia inizia con un’accurata anamnesi. Il paziente potrebbe lamentare stanchezza o affaticamento più che uno specifico sintomo di sonnolenza, dunque domande come

  • “Schiacci dei pisolini durante il giorno o lo faresti, se ne avessi l’opportunità?”,
  • “Ti addormenti facilmente in situazioni passive o monotone?”,
  • “Dormi di più durante i fine settimana e quando sei in vacanza rispetto ai giorni lavorativi?”,
  • “Quanto tempo ci metti ad addormentarti la sera?”.

potrebbero aiutare il medico a distinguere la reale sonnolenza da altri sintomi meno specifici. Nell’anamnesi bisognerebbe anche preoccuparsi della sicurezza del paziente, indagando su difficoltà e incidenti alla guida o durante l’utilizzo di macchinari. Anche se il paziente è consapevole della propria sonnolenza, potrebbe ignorare o negare problemi secondari come il declino delle prestazioni e delle funzioni neurocognitive. Il declino delle prestazioni non sempre è un buon segnale di eccessiva sonnolenza diurna, in quanto potrebbe essere temporaneamente nascosto da entusiasmo e motivazione. Potrebbero essere chiamate in causa anche strategie compensatorie; per esempio un aumento degli errori potrebbe essere evitato lavorando più lentamente. Inoltre gli individui potrebbero anche accettare di convivere con un rendimento più basso. Sono stati sviluppati vari strumenti per valutare la sonnolenza in modo più obiettivo. La Scala di Stanford della sonnolenza e la Scala di Karolinska della sonnolenza valutano il grado di vigilanza/sonnolenza in un particolare momento, ma non riescono a valutare il problema su un periodo più esteso di tempo. La Scala di Epworth della sonnolenza offre un metodo più appropriato per valutare la sonnolenza complessiva; consiste di otto domande, alle quali è possibile rispondere con un’intensità che va da zero a 3. Anche i test delle prestazioni possono essere usati per misurare la sonnolenza, ma sono condizionati dal fatto che il soggetto, nel corso delle prove, prende più familiarità con l’azione che deve compiere. Può essere usata la pupillografia che misura i cambiamenti nella stabilità della pupilla, i quali variano in base al livello di vigilanza. Più comunemente si usa il monitoraggio polisonnografico. Può essere utilizzato il test delle latenze multiple del sonno (MSLT) che viene eseguito immediatamente dopo una polisonnografia notturna, o ancora il test del mantenimento della veglia (MWT). Per il medico di base o per il neurologo semplici misure soggettive (come la scala di Epworth della sonnolenza o altre scale visive analogiche) rappresentano un buon punto di partenza nella valutazione dell’eccessiva sonnolenza diurna, soprattutto dopo aver eseguito una accurata anamnesi.

Terapia

Non esiste una terapia unica, valida in tutti i casi. La terapia essere specifica poiché deve curare il disturbo a monte che ha causato l’ipersonnia e l’eccessiva sonnolenza diurna: è infatti estremamente diversa la cura di una anemia, di una sindrome delle apnee nel sonno; di una narcolessia, di un ictus cerebrale o di una depressione. In ogni caso, a prescindere da quale sia la causa a monte dell’ipersonnia, è importante migliorare l’igiene del sonno.

Consigli per una migliore igiene del sonno

Per migliorare l’igiene, e quindi la qualità, del tuo sonno, è importante seguire questi consigli:

  • condizionare la mente per prepararsi al letto in momenti coerenti;
  • avere un ambiente ideale per dormire: pulito, silenzioso, accogliente, buio e che faccia sentire protetti ed a proprio agio;
  • dormire sempre nello stesso posto;
  • avere materassi, cuscini e coperte comodi, adeguati e puliti;
  • avere il giusto numero di cuscini (usare ad esempio due cuscini in caso di frequente reflusso gastroesofageo notturno);
  • avere una temperatura adeguata nella camera da letto;
  • avere la giusta umidità in camera da letto che non deve essere troppo secca né troppo umida;
  • evitare climatizzatori e termosifoni accesi al massimo per tutta la notte;
  • se climatizzatori e termosifoni vi aiutano a prendere sonno, usare temperature e ventilazione adeguati ed inserite un timer in modo che il funzionamento dell’apparecchio si interrompa in modo automatico nel momento in cui presumiate di esservi già addormentati;
  • evitare luci, suoni o rumori che possono interrompere il sonno;
  • se la musica vi concilia il sonno, usare volumi e generi musicali adeguati ed inserite un timer in modo che la riproduzione musicale si interrompa in modo automatico nel momento in cui presumiate di esservi già addormentati;
  • limitare l’uso di sostanze eccitanti come la nicotina delle sigarette prima di coricarsi;
  • non fumare a letto;
  • non fumare nella stanza da letto durante il giorno o poco prima di dormire: aprire la finestra è insufficiente per eliminare le sostanze tossiche dalla stanza (fumo terziario), che verranno inalate per tutta notte;
  • evitare di assumere bevande stimolanti nelle ore tardo-pomeridiane e serali, come caffè, tè, la Red Bull e cioccolata calda;
  • evitare pasti serali abbondanti, piccanti, molto calorici o ad alto contenuto di grassi (cibi fritti, merendine…) o di proteine (carne, pesce);
  • evitare di mangiare cioccolato prima di coricarsi;
  • evitare di mangiare a letto;
  • evitare alcolici (vino, birra e superalcolici) nelle ore serali;
  • evitare l’assunzione di droghe come cocaina o LSD;
  • evitare lo stress psico-fisico nei momenti prima di coricarsi;
  • evitare lo stress psico-fisico prolungato durante il giorno;
  • evitare di dormire in ambienti luminosi e/o rumorosi;
  • evitare l’uso di smartphone, tablet e pc prima di coricarsi;
  • evitare di ascoltare musica a volumi alti, specie in cuffie, prima di addormentarsi;
  • evitare se possibile partner che russano o che fanno rumore o che tengono le luci accese mentre si dorme;
  • evitare il jet lag relativo a viaggi intercontinentali;
  • curare eventuali problemi di russamento (propri e del partner);
  • evitare odori sgradevoli in camera da letto;
  • dormire solo quanto è necessario;
  • coricarsi sempre alla stessa ora;
  • svegliarsi sempre alla stessa ora;
  • evitare le abbuffate prima di dormire;
  • alimentarsi in modo adeguato;
  • idratarsi in modo corretto;
  • evitare di bere troppa acqua prima di andare a dormire;
  • perdere peso se obesi o in sovrappeso;
  • non recarsi a letto affamati;
  • in caso di difficoltà nel prendere sonno, non restare a letto per più di 10-15 minuti a rimuginare sui propri problemi;
  • evitare bagni o docce troppo calde o troppo fredde nelle ore serali;
  • usare tecniche di rilassamento come lo yoga;
  • evitare di pensare ai propri problemi mentre si è a letto;
  • evitare di “sforzarsi” di dormire.
  • svolgere adeguata attività fisica durante il giorno;
  • evitare di svolgere eccessiva attività fisica poco prima di dormire;
  • evitare masturbazione e rapporti sessuali prolungati, intensi e faticosi poco prima di addormentarsi;
  • evitate di avere luci intense sul comodino;
  • usare la stanza in cui si dorme solo per dormire;
  • se avete una sveglia luminosa, mettete in una posizione tale da evitare di vederla durante la notte;
  • evitare attività mentali troppo impegnative prima di dormire, ad esempio letture coinvolgenti in cui “si vuole andare avanti per vedere come va a finire”;
  • evitare spettacoli emotivamente disturbanti prima di dormire, ad esempio film dell’orrore o ricchi di musiche dure, come il metal;
  • preferite una sveglia digitale, senza lancette che facciano rumore;
  • disinfestare l’ambiente se sono presenti parassiti o insetti (acari, zanzare, formiche, mosche…);
  • evitare di effettuare pisolini durante il giorno (ad esempio quello pomeridiano dopo il pranzo).
  • al risveglio mattutino non restare a letto più del necessario;
  • arieggiare la stanza al mattino, anche per evitare l’accumulo di acari nel materasso.

Prendiamo ora in considerazione alcuni punti fondamentali ed approfondiamoli:

  • in caso di difficoltà nel prendere sonno, non restare a letto per più di 10-15 minuti a rimuginare sui propri problemi e sul fatto stesso di non riuscire a dormire, magari guardando nervosamente più volte l’orologio: invece alzarsi e svolgere attività rilassanti fino a quando non si percepisce sonnolenza;
  • è importante se possibile usare la stanza in cui si dorme solo per dormire. La camera da letto dovrebbe in teoria essere uno spazio diverso rispetto a quello dove si svolgono altre attività giornaliere, come ad esempio lo studio, il cucinare o l’uso di un computer. In tal modo la stanza da letto viene mentalmente associata ad un luogo di rilassamento mentale e non ad un posto di lavoro o di studio;
  • per favorire la regolarità del ritmo sonno-veglia, è estremamente importante cercare se possibile di mantenere costanti sia l’ora di coricarsi che quella di sveglia, a prescindere dalla qualità del sonno nella notte precedente e dall’ essere in un periodo di vacanza;
    non trasformare la camera da letto in un bivacco: tenetela ordinata e non mangiate a letto, magari spargendo briciole fastidiose per il sonno;
  • anche se il regolare esercizio fisico favorisce il sonno, evitare di farlo nelle ore immediatamente precedenti l’ addormentamento e senza esagerare con lo sforzo fisico, specie se non siete allenati a sforzi elevati;
  • non consumare alcol, caffè o bevande contenenti caffeina alla sera, evitare di andare a letto a digiuno o con lo stomaco troppo pieno ed evitare il fumo di sigaretta prima di coricarsi;
  • cercare di evitare di dormire durante il giorno o di addormentarvi la sera sul divano davanti al televisore;
  • creare delle routine abitudinarie prima di andare a letto, come fare il bagno, lavarsi i denti, prepararsi il letto ecc. Tali abitudini sono tuttavia sconsigliate nelle persone con disturbi di tipo ossessivo-compulsivo;
  • evitare se possibile di utilizzare farmaci che possono interferire con l’organizzazione e lo sviluppo del sonno (ad esempio farmaci che hanno insonnia come effetto collaterale frequente).

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