La “sindrome della morte improvvisa del lattante” nota anche come “sindrome della morte improvvisa infantile” o “morte inaspettata del lattante” (in inglese Sudden Infant Death Syndrome o SIDS), comunemente nota come “morte in culla”, è un fenomeno che non trova ancora una chiara spiegazione precisa dai ricercatori. La SIDS si manifesta con il decesso improvviso ed inaspettato di un lattante apparentemente sano, spesso in totale assenza di segni premonitori e di cause plausibili. La morte inattesa del bambino non è spiegabile sulla base della successiva autopsia.
Cause
Le cause esatte della sindrome non sono attualmente note, ma sono stati ipotizzati dei fattori di rischio.
Fattori di rischio e fisiopatogenesi
Tra i fattori causali cosiddetti “predisponenti” è ipotizzabile una modesta ipossia cronica manifestatasi precocemente in utero o nel corso dei primi mesi di vita; tuttavia, per definizione, le vittime della sudden infant death syndrome (SIDS) sono rappresentate da lattanti ritenuti perfettamente sani e con normali tappe fisiologiche evolutive fino all’evento inatteso della morte.
Studi epidemiologici hanno delineato alcuni gruppi di bambini a rischio, tra questi i nati pretermine, in particolare quelli con peso inferiore a 1500 grammi, in cui il rischio aumenta proporzionalmente all’immaturità (11 su 1000 nati vivi). Particolarmente a rischio sono ancora i nati da parto gemellare e trigemino, anche dopo correzione del basso peso neonatale. Ancora, tra le cause materne sembrano imputabili la giovane età, l’abuso di sostanze stupefacenti durante la gestazione, specie se oppiacei o cocaina, il fumo in gravidanza, l’alta parità e il breve intervallo tra gravidanze successive. Esisterebbero ancora fattori etnici (particolarmente predisposte la razza nera ed eschimese) e ambientali (bambini nati in inverno, primavera o autunno).
In alcuni casi l’autopsia mostra reperti minori e aspecifici, non tali comunque da giustificare di per sé l’evento letale. Tra questi petecchie intratoraciche, modesta congestione polmonare, segni minori di infiammazione delle vie aeree, emodiluizione, assetto da stress del timo e del surrene, tutti reperti comunque compatibili con un normale stato di nutrizione e sviluppo.
L’esame istopatologico dell’encefalo può mostrare gliosi e modeste anomalie del tronco encefalico, quali ridotta proliferazione neuronale e mielinizzazione a carico del nervo vago. Il coinvolgimento troncoencefalico e reti colare ha spinto numerosi ricercatori ad ipotizzare disturbi del respiro o dell’ arousal nelle vittime della SIDS.
Sembra certo comunque che la causa di morte vada ricercata nella fragile omeostasi preposta al controllo delle più importanti funzioni vitali, principalmente cardiorespiratorie. In particolare l’ immaturità dei sistemi di equilibrio di natura centrale o autonomica può far sì che la risposta ad uno stress di qualsivoglia natura (dolorosa, infettiva, asfittica, termica, emozionale, psicologica) risulti in appropriata e in-
sufficiente a proteggere gli organi nobili (cuore e cervello).
Sembra documentata la messa in gioco di una risposta di tipo ortosimpatico a stimoli dolorosi (ad esempio interventi chirurgici) con un’importante reazione cardiaca e l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene: rapido aumento delle catecolamine, dell’ormone della crescita, del glucagone, del cortisolo, dell’ aldosterone, con soppressione delle riserve energetiche, iperglicemia e aumento del lattato, del piruvato e dei corpi chetonici. D’altra parte nel bambino la stimolazione del sistema parasimpatico a livello oculare o esofageo è in grado di produrre bradicardia e apnee come verosimilmente nel caso di un riflesso alla paura. Sembra pertanto che l’attivazione parasimpatica sia prevalente nel determinismo di questo riflesso che è parzialmente abolito dall’iniezione di atropina.
Numerose sono le condizioni in grado di provocare stress o paura nel lattante: brusche modifiche ambientali, abbandono parentale, restrizione della motilità spontanea, brusca stimolazione uditiva, incubi.
L’ampiezza potenzialmente anomala della risposta parasimpatica varia anche a seconda dell’età del bambino e dello stato di vigilanza (veglia, sonno attivo, sonno calmo).
Numerose sono le condizioni ambientali in grado di interferire con il fragile equilibrio neurovegetativo del lattante. Ad esempio la stimolazione dei chemiocettori laringei è in grado di provocare una reazione di tipo apneico e bradicardico. Anche l’aumento della temperatura corporea è in grado di aumentare la frequenza e la durata delle apnee nei prematuri, in particolare in relazione alla montata termica. Si avrebbe ancora un aumento significativo della respirazione periodica con oscillazioni apneiche a cui risulterebbe vulnerabile il sonno attivo, non quello calmo.
Studi epidemiologici prospettici hanno evidenziato che il 41% dei bambini morti di SIDS aveva subito una modifica delle abitudini di vita (viaggi, modifica del ritmo sonno-veglia) immediatamente precedente all’evento letale. In particolare è stato dimostrato che nella fascia d’età tra i 3 e i 5 mesi una modesta deprivazione di sonno pari a 4
ore è in grado di aumentare significativamente il numero delle apnee ostruttive, sempre in corso di sonno attivo.
L’anamnesi raccolta dai genitori delle vittime di SIDS riporta un’eccessiva sudorazione notturna nei loro bambini e registrazioni effettuate per altre cause prima della morte hanno dimostrato la presenza di un numero elevato di apnee ostruttive. La validazione delle ipotesi patogenetiche si è fondata fino ad oggi, oltre che sullo studio occasionale di lattanti in seguito deceduti, sullo studio di una popolazione a rischio, i cosiddetti near miss far sudden infant death, cioè quei bambini che sono stati resuscitati da episodi potenzialmente letali. Lo studio del ritmo cardiaco tramite Holter ha rivelato in alcuni di questi bambini turbe del ritmo compatibili con una prevalenza vagale. In una buona percentuale dei casi invece l’anomalia latente potrebbe dipendere da un abnorme sviluppo dell’innervazione cardiaca. In questi bambini l’improvviso incremento dell’attività simpatica potrebbe indurre un episodio di fibrillazione ventricolare in un cuore reso elettricamente instabile da un ritardo di sviluppo dell’innervazione vagale. In questi casi esisterebbe una maggiore suscettibilità alle aritmie maligne e la diminuita influenza esercitata sul cuore dal sistema para-simpatico si esprime in una minore variabilità della frequenza cardiaca. Un episodio di fibrillazione ventricolare potrebbe ancora essere scatenato dalla predominanza funzionale dei nervi simpatici di sinistra, la cui funzione presenta un carattere aritmogeno. Lo squilibrio tra le due componenti simpatiche si manifesta all’elettrocardiogramma attraverso il prolungamento della durata dell’ intervallo Q-T che può essere considerato come marker del ritmo cardiaco. Le vittime della SIDS hanno presentato un Q-T corretto per frequenza cardiaca alla nascita di 2-3 deviazioni standard superiori alla norma. In questi bambini dal ritmo elevato il Q-T non segue l’aumento della frequenza cardiaca. La ripolarizzazione non segue cioè il ritmo cardiaco.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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