Palloni ovali e caviglie slogate

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma PALLONI OVALI E CAVIGLIE SLOGATE Pallone Calcio Amore Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaQuando ero piccolo si giocava a calcio per strada (fermi tutti, passa una macchina, gioco fermo!), oppure nei parchi (erba alta che neanche nella jungla). Porta ottenuta abbinando un albero con zaini Invicta e felpe varie (che si riempivano inesorabilmente di polvere) con larghezza misurata coi passi o addirittura ad occhio (ovviamente le due porte avevano larghezze diverse ed una delle due squadre era inevitabilmente avvantaggiata). Quando la palla rotolava “sopra” la cartella/palo, si litigava per mezz’ora: era palo? Era fuori? Era palo interno/gol? L’altezza della porta era variabile visto l’assenza della traversa: si andava sulla fiducia ma poi si litigava su gol/non gol. Falli e rigori erano giudicati un po’ come veniva, cioè a casaccio. Fallo laterale inesistente, calci d’angolo battuti un po’ dove capitava. Fuori gioco? Ma quando mai!
Ginocchia sanguinanti ma si continuava a giocare lo stesso, rischio frattura scomposta tibia+perone sempre in agguato. Difensori che volevano segnare gol alla Van Basten ma erano giocatori ritenuti scarsi e venivano appunto relegati in difesa, scaricavano la frustrazione puntando i piedi diritto sugli stinchi degli attaccanti avversari. Ferite importanti. Sangue. Aver più paura di chiamare i propri genitori che il 118. A fine giornata vinceva la squadra che aveva meno feriti e più sopravvissuti, in stile partita a calcio di Fantozzi tra scapoli ed ammogliati. Il mattino dopo, a scuola, i lividi erano insostituibili medaglie al valore.
Nessuno voleva andare in porta, si faceva a turno, si cambiava ad ogni gol subìto e c’era chi si faceva segnare apposta, per abbandonare i pali e tornare a fare il trequartista. Erano tutti attaccanti, nessuno voleva essere il Maldini della situazione, tutti Diego Armando Maradona, nessuno che passa mai la palla. Si segna, si irride l’avversario con la faccia di Leonida che ha appena ucciso un migliaio di persiani alle Termopili, fosse anche il proprio compagno di banco che il giorno prima ti aveva passato tutto il compito di matematica.
Quando si organizzava la solenne partita, 45 minuti prima del fischio di inizio mancava sempre qualcuno per un impegno urgente, e giù di telefonate per cercare un tizio qualsiasi, disponibile da sostituire al volo. Si trovava il sostituto, ma era un pirlone alla Iturbe e nessuno lo voleva con se: giocherà il primo tempo con una squadra ed il secondo con l’altra, a mo’ di handicap, tornerà a casa abbattuto più di Fedez ad un concerto di Eminem.
Si giocava con impegno, erano tutte partite di coppa (del nonno, si lo so: battuta banale) dei campioni, tanto che a volte tutti si dimenticavano il punteggio, ed i più furbi provavano ad aggiungere uno o due gol alla propria squadra. I più fortunati avevano la maglietta di Giannini della Roma, o di Signori della Lazio, o di Hugo Sánchez del grande Real Madrid, tutti gli altri il tutone della Standa e le scarpe Superga bianche tarocche comprate alla bancarella del mercato o ereditate dal fratello più grande (una taglia più grandi fisso).
Il primo tempo finiva quando veniva sete e si correva tutti alla fontanella, chi arriva prima beve per primo. Il secondo tempo finiva quando tuo padre ti veniva a prelevare perché non avevi ancora finito i compiti per il giorno dopo, se non volevi ti prendeva per l’orecchio e ti portava via così, come un trolley all’aeroporto. Non ci facevi una gran bella figura.
Giocavi meglio quando le compagne di classe venivano a vedere la partita: se poi c’era la ragazza che ti piaceva diventavi all’istante Gianluca Vialli, solo più basso ma con più capelli. Le ragazze dopo cinque minuti si stufavano e se ne andavano e tu non te ne accorgevi e continuavi a giocare col boost inserito che manco Batistuta. Poi te ne accorgevi e acquisivi l’espressione di chi continua a parlare al telefono e si accorge che era caduta la linea dieci minuti prima.
Il solito esibizionista provava sempre a fare giocate impossibili che quando riuscivano diventavano leggendarie e si tramandavano a scuola alle matricole. Sempre lo stesso esibizionista era solito tirare super-pallonate, il pallone finiva lontano e nessuno voleva andare a raccattarlo, quando andava bene si faceva a turno. A volte finiva sotto le macchine, dietro le ruote, ci si sdraiava per terra per recuperalo e si continuava a giocare con la polvere negli occhi ed il grasso dell’automobile sulle calze e sulle caviglie. Quando la palla finiva su un balcone? Ci si attaccava al citofono e se nessuno rispondeva ci si attaccava a… un’altra cosa: fine anticipata della partita e si ritorna domani per riprendersi il pallone, che era quello buono e non il “super santos” da cinquemilalire che va a vento. Finestra rotta da una pallonata: fine ancora più anticipata e super-fuga dalle proprie responsabilità, di corsa, trasformarsi da Del Piero a Mennea e fare il nuovo record del mondo dei 200 metri piani, ma correndo con la sensazione di essere un gran fantasista.
Era sempre difficile, all’inizio della partita, ricordarsi chi erano i tuoi compagni di squadra e chi gli avversari: a quelli dell’altra squadra in possesso di palla si gridava sempre “passala a me” contando sul fatto che si confondevano e te la passavano pensando tu fossi un compagno. La paura di essere l’ultima scelta quando i “capitani” sceglievano a turno i componenti del proprio team. I capitani erano quelli che avevano più successo con le ragazze. Il proprio migliore amico diventava il più acerrimo avversario quando capitava con l’altra squadra. Se il pallone buono di pelle era il tuo, sceglievi tu chi giocava ed eri il re della partita.
Si giocava fino ad il pomeriggio tardi, quando d’inverno è buio pesto e non si vede più se quello è il pallone o una grossa pietra finita nel “campo di gioco”. Si giocava al buio della poca luce dei lampioni mezzi rotti della fredda periferia di Roma. Si giocava col gelo che, finché non ti riscaldavi un po’, stordisce e ti entra nella testa e nelle ginocchia. Si giocava quando pioveva, almeno finché le gocce non diventavano proiettili, nella tempesta ti sentivi eroico come Zola che segna il gol decisivo all’Inghilterra nel freddo gelido di quel 1997. Litigate interminabili per chi doveva tirare il rigore. Cani che interrompevano il match facendo roboanti irruzioni di campo. Partita maschi contro femmine? No mischiamo le squadre che sono sbilanciate! Quando avevi la palla al piede e correvi in porta partendo dalla tua difesa, il campo diventava lunghissimo ed in salita che in confronto quelli di Holly e Benji erano una passeggiata di salute. Tiravi come se volessi buttare giù un panzer tedesco della Seconda Guerra Mondiale. Segnavi ed esultavi come Zoff l’11 luglio dell’82.
Palloni che finiscono sulle cacche dei cani e se ne accorgeva il primo che la prendeva di testa. Palloni che rimbalzano poco perché sempre troppo sgonfi, “ti avevo detto di andarlo a gonfiare al distributore di benzina”. Palloni sempre troppo duri, che a prenderli di testa si rischiava il trauma dell’osso frontale del cranio. Palloni comprati con la colletta di 15 persone e poi si fa la conta per chi lo tiene a casa propria. Pallone nuovo, regalo di Natale, quello di cuoio cucito a mano e lo stemma del Barcellona, così bello che dici ai tuoi amici di calciarlo piano che hai paura di rovinarlo. Palloni ovali, che ci si può giocare a rugby. Palloni super tele, super economici, più leggeri di una piuma, arriva il vento e se lo porta via, difficili da controllare che manco Shevchenko o il Totti di dieci anni fa ce la potevano fare. Palloni che finiscono in mezzo alla strada e “stai attento che passano le macchine”. Palloni calciati con così tanta forza che bucano la rete che neanche Oliver Hutton. Ah no, la rete era già bucata prima, bisognava rammendarla. Palloni bucati, inservibili, sepolti in cantina perché ti dispiace buttarli perché ci hai giocato quella famosa partita in cui hai conosciuto la tua futura moglie.
“Domani abbiamo l’orale di maturità!” “Ma che ti frega, giochiamo ancora un po’”. Mamme in ansia. Mamme affacciate alla finestra. Quante “finali di coppa del mondo” interrotte da “Ninoooo è pronta la cena”. E la paura di tirare il calcio di rigore lasciava il posto ai rigatoni al sugo e basilico. Mangiare come un matto grazie alle due ore di corsa forsennata appena fatta ed al metabolismo ancora lungi dall’abbandonarti.

Tornare a casa dopo aver perso e sentirsi come Roberto Baggio dopo quel rigore sbagliato.

Tornare a casa dopo aver vinto e sentirsi come Fabio Grosso dopo quel rigore dodici anni dopo…

Quando ero piccolo, la sera tornavo a casa con le caviglie slogate; ora i bambini al massimo tornano a casa con i pollici slogati.

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Non sono un oracolo! Il vero medico NON fa diagnosi al telefono!

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma NON SONO UN ORACOLO Previsioni Sesso HIV AIDS GRAVIDANZA Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaQuesto sito è aperto da tre anni e mezzo, è stato letto da tre milioni e mezzo di persone, ed ogni giorno se ne aggiungono altre diecimila. Tra i tanti argomenti, sono molte le persone che leggono i miei articoli che riguardano la sessualità, soprattutto il profilattico, i rapporti non protetti, le malattie sessualmente trasmesse… Sono quindi anche tante – tantissime – le domande che mi vengono fatte su questi argomenti, per mail, per sms, attraverso i messaggi sul blog o su Facebook, oppure tramite telefonata. La maggior parte delle volte chi fa domande nella sfera sessuale vede il proprio problema legittimamente urgente ed esige risposte rapide, nette e – soprattutto – rassicuranti. Io ovviamente cerco di essere disponibile il più possibile, dedico molto del mio tempo libero a queste domande, cerco di rispondere a tutti e nella maniera più completa e professionale, gratuitamente, con pazienza e tanta passione, ma ora mi trovo costretto a mettere dei paletti.

Capisco che molte persone capitino su questo sito perché hanno paura di essere rimaste incinte o perché hanno paura del virus HIV, però vi prego: non mi chiamate al cellulare né mandatemi messaggi dove mi chiedete se siete rimaste incinte o se siete stati infettati.
Ve lo dico per almeno due motivi: il primo è che io lavoro quasi tutta la giornata (a volte anche per diverse ore in posti dove il mio smartphone DEVE RIMANERE SPENTO come in sala operatoria) ed essendo il sito letto da diecimila persone al giorno, i messaggi/telefonate che ricevo sono CENTINAIA ogni giorno quindi inevitabilmente capiterà che o vi risponderò in ritardo di mesi (ed invece spesso i vostri sono quesiti “urgenti”, che avrebbero bisogno di risposte immediate) oppure non vi potrò rispondere perché perderò il vostro messaggio/telefonata in mezzo a tutti gli altri. Il secondo motivo è che nella maggior parte dei casi, al vostro quesito è impossibile rispondere, per due cause: la prima causa è che il medico deve visitare DAL VIVO il paziente: dare risposte ad un certo tipo di domanda, a distanza, non è professionale e può addirittura determinare un grande danno al paziente stesso. La seconda causa è che ad alcune domande che mi fate è letteralmente IMPOSSIBILE dare una risposta, da parte mia e da parte di qualsiasi medico sulla faccia della terra.
Mi capita spessissimo di ricevere telefonate sul tipo: “Salve dottore ho 14 anni e ieri sera ho avuto un rapporto col mio ragazzo senza preservativo, sono incinta? Non è che mi sono presa l’AIDS? Se lo scopre mio padre mi riempie di botte”. Allora cerco di spiegare che c’è una certa percentuale di possibilità che sia rimasta incinta/infettata e cerco di spiegare i tempi ed i modi per saperlo con certezza. Ma a quel punto mi fa capire che lei da me vuole altro: vuole sapere immediatamente la risposta alla domanda, anzi vuole che io la rassicuri dicendo che non è incinta! “Il medico è lei, mi dica se sono incinta e se ho l’AIDS”. Secondo voi cosa dovrei rispondere? Non potrei saperlo con certezza neanche se fossi stato fisicamente presente durante il coito!
In questi casi, credetemi, la cosa migliore che possiate fare non è certo andare su GOOGLE a cercare risposte a livello “oracolo di Delfi” dal “medico dai tre nomi” (che sarei io), invece l’unica cosa sensata che possiate fare è andare SUBITO dal vostro MEDICO DI FAMIGLIA (o al pronto soccorso!), esporgli con chiarezza il problema ed eventualmente farsi visitare. Credetemi: è per il vostro bene!
Grazie a tutti per la comprensione.

PS Come ho risposto poco fa su Facebook ad una utente, tutto questo non è un problema solo dei giovanissimi: a volte mi chiamano anche 30/40enni che mi fanno le stesse domande impossibili! Non è una questione generazionale, è un problema culturale trasversale. La manifestazione italica del comportarsi in maniera irresponsabile (avere un rapporto non protetto, dimenticarsi di prendere la pillola, fare sesso con sconosciuti…) e poi contattare qualcuno trovato su Google che in due secondi risolva il problema al telefono.

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Giuseppe Moscati, il medico dei poveri disposto a tutto per curare i suoi pazienti

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma IL MIO MITO E INVECE GIUSEPPE MOSCATI Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo Dermatologia Peeling Scrub Olog

Giuseppe Moscati (seduto, con i baffi) tra i suoi studenti

Il mio mito è Giuseppe Moscati. Non lo conoscete? Tante persone devono la vita a questa persona, fonte di ispirazione per generazioni di medici, tra cui il sottoscritto.

Giuseppe Moscati, medico italiano nato a Benevento il 25 luglio 1880, nel 1903 si laureò a pieni voti con una tesi sull’urogenesi epatica, successivamente vinse brillantemente i concorsi per assistente ordinario e per coadiutore straordinario agli Ospedali Riuniti degli Incurabili. Era molto mattiniero, ogni giorno si alzava presto per recarsi a visitare gratuitamente gli indigenti dei quartieri spagnoli di Napoli prima di prendere servizio in ospedale per il lavoro quotidiano.
Profondo credente, Moscati insegnò all’Ospedale degli Incurabili di Napoli, divenendo un modello di vita insostituibile per i suoi allievi, essendo lui il più chiaro esempio di umanizzazione del medico, figura in controtendenza in quegli anni in cui il medico tendeva invece ad elevarsi e distaccarsi dal malato in una posizione di paternalistica superiorità.
Nell’aprile del 1906 il Vesuvio iniziò ad eruttare ceneri e lapilli su Torre del Greco, mettendo in pericolo un piccolo ospedaletto, succursale degli Incurabili. Il generoso medico si recò prontamente sul posto, contribuendo a mettere in salvo gli ammalati, poco prima del crollo della struttura. I testimoni dissero che il giovane medico mise a repentaglio la sua stessa vita per salvare i pazienti della struttura.

La madre di questo grandissimo medico italiano – quando Moscati si stava per iscrivere all’università – era preoccupata, poiché la scelta di diventare medico avrebbe messo a dura prova il sensibilissimo animo del figlio a causa del contatto continuo con il dolore che questa professione imponeva. Di fronte alla preoccupazione della madre, Giuseppe Moscati rispose:

“Sono disposto a tutto per curare il paziente, per alleviare le sue sofferenze sono disposto anche a coricarmi nel letto dell’ammalato”

Beatificato da papa Paolo VI nel corso dell’Anno Santo 1975 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987, Giuseppe Moscati è da sempre definito “il medico dei poveri”.

Il mio mito è Giuseppe Moscati, la scienza, la fede e l’amore che si incontrano in una mente illuminata.

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Synthol nei bicipiti: bodybuilder a rischio amputazione delle braccia

MEDICINA ONLINE SYNTHOL BICIPITI GONFIARE OLIO BODYBUILDER APUTAZIONE BRACCIA PALESTRA MUSCOLI INIEZIONI RISCHI DANNO AUMENTARE IPERTROFIA Romario Dos Santos Alves.jpgIl desiderio di un bodybuilder di diventare enorme iniettandosi olio nelle braccia gli ha fatto rischiare la vita. Solamente 3 anni fa Romario Dos Santos Alves di 25 anni era un bodybuilder nella media che viveva a Goiana in Brasile. Andava in palestra per costruirsi i muscoli nel modo più veloce possibile, e per questo ascoltò i suggerimenti degli amici. In un’intervista ha affermato: “Mi hanno fatto conoscere il Synthol e sono stato entusiasta dei risultato. Per questo ho perso il controllo.”

Synthol: cos’è?

Il Synthol è un cocktail di olio, antidolorifici ed alcool che si inietta nei muscoli, in questo caso nei bicipiti, con l’obiettivo di farli apparire più “grossi”. I muscoli, in apparenza, si sono infatti molto ingrossati, ma alla fine Alves è diventato dipendente da esso. “Se si prende una volta ci sarà sicuramente una seconda volta: è coinvolgente”. Per farsi aiutare dalla moglie per le iniezioni in posti che non riusciva a raggiungere da solo, le raccontava che non c’era alcun problema con il liquido, in quanto sarebbe stato espulso naturalmente dopo poco tempo. Cosa che non accadde, e la sua salute cominciò a sgretolarsi.

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Il corpo si ribella

I suoi bicipiti si erano gonfiati fino a diventare di 62 cm, ma l’olio ha iniziato a procurargli dolore ed una costante insufficienza renale a causa delle tossine. L’inizio di una successiva depressione lo ha anche spinto a tentare il suicidio. La moglie ha quindi minacciato di lasciarlo se avesse continuato ad usare il Synthol. A quel punto il medico gli annuncia che ci sarebbe stato bisogno di amputargli entrambe le braccia in quanto i muscoli erano diventati di pietra. Fortunatamente, però, i medici sono stati in grado di rimuovere tutti i blocchi induriti di Synthol dalle sue braccia senza amputarle. “Ho deciso di non prendere più tutte queste sostanze, per le quali ho vissuto momenti difficili e sono quasi morto di fame” ha continuato Alves nell’Intervista.

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Mai più sostanze

Ormai sono due anni che non si inietta più niente, ma la tentazione di utilizzare altri farmaci per migliorare il muscolo è ancora forte. “Due settimane fa ho acquistato una sostanza chiamata Estigor, un ormone per cavalli. Ho messo l’ago nel petto e risucchiato l’aria per vedere se era in vena. Non ne è venuto niente, mi sono bloccato ed ho iniziato a sudare. La mia mente ha cominciato a ricordare le cose che ho vissuto ed ho pensato che non potevo farlo, non potevo cedere alla tentazione di nuovo.” Alves racconta le sue esperienze così che altre persone non cadano nella trappola della dipendenza. Ha ancora l’ambizione di diventare un bodybuilder professionista, ma senza usare farmaci ed aggiunge: “Sarei potuto morire perché volevo muscoli più grandi: non ne vale la pena”.

Articolo di pubblicato su blastingnews.com

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Dinitrofenolo (DNP): il ritorno della pillola dietetica mortale

MEDICINA ONLINE FARMACO MEDICINALE PRINCIPIO ATTIVO FARMACIA PILLOLA PASTIGLIA DINITROFENOLO DNP DIMAGRIRE DIETA FARMACI ANORESSIZANTI MORTE EFFETTI COLLATERALI FOGLIO FOGLIETTO ILLUSTRATIVO CONTROINDICAZIONI DOSE POSOLOGIA.jpg

L’Interpol ha diramato un avviso di allerta per i rischi alla salute di un farmaco illegale il 2,4-dinitrofenolo, noto anche come DNP. L’allarme è scattato in seguito alla morte di una donna in Regno Unito e all’episodio di un uomo francese che è stato ricoverato in gravi condizioni dopo aver assunto una non meglio precisata quantità di DNP.

Purtroppo non è la prima volta che si parla di decessi causati dal 2,4-dinitrofenolo: tra il 2007 e il 2013 anno sono stati registrati quasi sessanta casi di reazioni mortali dei quali si sospetta la causa sia l’assunzione di pillole a base di DNP. La storia di come il dinitrofenolo è diventato un potente farmaco dietetico e un anabolizzante per body builder è avvincente e merita di essere raccontata. Il composto chimico veniva utilizzato durante la prima guerra mondiale nelle aziende francesi per la produzioni di esplosivi (miscelato con l’acido picrico). Fu proprio nelle fabbriche che venne scoperta un’altra caratteristica del DNP: quella di accelerare il metabolismo degli operai favorendo la perdita di peso. Di conseguenza vennero commercializzati prodotti a base di DNP per la cura e il trattamento dei disordini alimentari e per favorire il dimagrimento. Già verso gli anni Trenta però vennero individuati gli effetti collaterali del farmaco, in uno studio pubblicato sull American Journal of Public Health nel 1934 condotto da Maurice L. Tainter, Windsor C. Cutting e A. B. Stockton assieme ai “benefici” del medicinale (in grado di far perdere quasi 1,5 kg di peso a settimana) venivano evidenziati i rischi che di una prolungata ed eccessiva stimolazione del metabolismo provocata dal DNB. L’entusiasmo durò poco, nel 1938, in seguito ad alcuni decessi il DNP fu classificato come estremamente pericoloso e non adatto al consumo umano. Non per molto però, nel 1960 venne scoperto che l’esercito russo era solito prescrivere il DNP per tenere alta la temperatura corporea dei soldati e consentire loro di resistere al freddo. Nel 1980 Nicholas Bachynsky inventò una cura dimagrante a base di dinitrofenolo che lo rese milionario. Ancora una volta le autorità (in questo caso la FDA) imposero di cessare la somministrazione.

Il medico finì in carcere dove però incontrò un altro dei protagonisti della storia del DNB: Dan Duchaine, colui che farà diventare il dinitrofenolo un prodotto per bodybuilder promettendo agli atleti una perdita del grasso corporeo quasi istantanea. Duchaine non era nuovo a cose del genere, non per nulla venne soprannominato il guru degli steroidi. Si arriva così ai giorni nostri, le pillole di DNP vengono vendute illegalmente (su Internet si trovano ad un prezzo intorno ai 180-2000 euro) sia a coloro che vogliono perdere peso come Eloise Parry, morta il 12 aprile dopo aver ingerito otto pillole di DNP sia ai bodybuilder.

La Food Standard Agency britannica ha preso molto sul serio la minaccia per la salute del DNB e ha lanciato una campagna per prevenire altri drammi causati dal dinitrofenolo. Gli effetti collaterali della molecola sono oggi noti e non ci sono dubbi circa la sua pericolosità: si va dal vomito al mal di testa alle difficoltà nel respirare fino febbre molto alta (che può superare i 43°) al coma e, come spesso è successo nella storia del DNB, alla morte. Il problema è che una volta innescata la reazione che “velocizza il metabolismo” questa non si arresta. Non è nemmeno necessario raggiungere dosaggi eccessivi, già due compresse di DNP possono uccidere; alla pericolosità intrinseca della sostanza va aggiunto il fatto che viene prodotta in laboratori illegali che non rispettano gli standard di sicurezza.

Articolo di Giovanni Drogo pubblicato su NEXT

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Buon Primo Maggio a tutti!

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma BUON PRIMO 1 MAGGIO A TUTTI Lavoro Lavoratori Disoccupazione Radiofrequenza Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaAuguri a tutti i lavoratori, ma – soprattutto – auguri a tutti i disoccupati, affinché trovino presto un lavoro retribuito ed adeguato alle proprie competenze e capacità.

La famosa foto in alto mostra la – pericolosa! – pausa pranzo di un gruppo di lavoratori alle prese con la costruzione del grattacielo RCA, principale edificio del Rockefeller Center, oggi proprietà e sede di General Electric. Questa foto fu scattata il 19 settembre 1932 dal fotografo Lewis Hine.

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