Sindrome da distress respiratorio (ARDS): terapia, ventilazione meccanica, monitoraggio

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO ANIDRIDE CARBONICA MASCHERA VENTURI SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICALa sindrome da distress respiratorio (in inglese “acute respiratory distress syndrome” da cui l’acronimo “ARDS”) è una patologia respiratoria determinata da varie cause e caratterizzata da danno diffuso ai capillari alveolari che determina grave insufficienza respiratoria con ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di ossigeno. La ARDS è quindi caratterizzata da una diminuzione della concentrazione di ossigeno nel sangue, la quale è resistente alla O2 terapia, cioè tale concentrazione non sale in seguito alla somministrazione di ossigeno al paziente. L’insufficienza respiratoria ipossiemica è dovuta ad una lesione della membrana alveolo-capillare, che aumenta la permeabilità vascolare polmonare, determinando un edema interstiziale ed alveolare.

Trattamento

Il trattamento dell’ARDS è, fondamentalmente, di supporto e consiste in:

  • trattamento della causa a monte che ha scatenato l’ARDS;
  • mantenimento di una adeguata ossigenazione tissutale (ventilazione ed assistenza cardiopolmonare);
  • supporto nutrizionale.

La ARDS è una sindrome scatenata da molti e differenti fattori precipitanti che determinano un danno polmonare simile. Su alcune delle cause di ARDS non è possibile intervenire, ma, nei casi in cui ciò sia fattibile (come nel caso dello shock o delle sepsi), un trattamento precoce ed efficace diventa cruciale per limitare la gravità della sindrome e per aumentare le possibilità di sopravvivenza del paziente.

Il trattamento farmacologico della ARDS è diretto a correggere i disturbi di base ed a fornire un sostegno alla funzione cardiocircolatoria (ad esempio, antibiotici per il trattamento dell’infezione e vasopressori per il trattamento dell’ipotensione).
L’ossigenazione tissutale dipende da un adeguato rilascio di ossigeno (O2del) che è funzione dei livelli arteriosi di ossigeno e della gittata cardiaca. Ciò implica che, sia la ventilazione che la funzione cardiaca, sono cruciali per la sopravvivenza del paziente. La ventilazione meccanica a pressione teleespiratoria positiva (PEEP) è essenziale per garantire una adeguata ossigenazione arteriosa nei pazienti con ARDS. La ventilazione a pressione positiva, comunque, può, contestualmente al miglioramento dell’ossigenazione, ridurre la gittata cardiaca (vedi oltre). Il miglioramento dell’ossigenazione arteriosa è di scarsa o nulla utilità se il contemporaneo aumento della pressione intratoracica induce una corrispondente riduzione della gittata cardiaca. Di conseguenza, il livello massimo di PEEP tollerato dal paziente è in genere dipendente dalla funzione cardiaca. Una grave ARDS può determinare il decesso per ipossia tissutale, quando una terapia massimale con liquidi ed agenti vasopressori non migliorino adeguatamente la gittata cardiaca, per quel dato livello di PEEP necessario a garantire un efficiente scambio gassoso polmonare.

Nei pazienti più gravi, ed in particolare in quelli sottoposti a ventilazione meccanica, si determina spesso uno stato di malnutrizione. Gli effetti della malnutrizione a livello polmonare comprendono: immunosoppressione (ridotta attività macrofagica e dei linfociti T), attenuato stimolo respiratorio da parte dell’ipossia e della ipercapnia, alterata funzione del surfattante, ridotta massa dei muscoli intercostali e del diaframma, diminuita forza di contrazione dei muscoli respiratori, in relazione all’attività catabolica dell’organismo, pertanto la malnutrizione può influenzare molti fattori critici, non solo per l’efficacia della terapia di mantenimento e di supporto, ma anche per lo svezzamento dal ventilatore meccanico. Se praticabile, è preferibile far ricorso ad un’alimentazione di tipo enterale (somministrazione di cibo mediante un sondino nasogastrico); ma se la funzione intestinale è compromessa, diventa necessaria la via parenterale (endovenosa), per infondere sufficienti quantità di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e minerali al paziente.

Ventilazione meccanica nella ARDS

La ventilazione meccanica e la PEEP non prevengono né trattano direttamente la ARDS ma, piuttosto, mantengono in vita il paziente fino alla risoluzione della patologia di base ed alla ripresa di una adeguata funzione polmonare. Il pilastro della ventilazione meccanica continua (CMV) in corso di ARDS consiste nella convenzionale ventilazione “volume-dipendente”, con impiego di volumi tidal di 10-15 ml/kg. Nelle fasi acute della malattia, si fa ricorso ad un’assistenza respiratoria totale (in genere mediante ventilazione “assistenza-controllo” o ventilazione intermittente obbligata [IMV]). Un’assistenza respiratoria parziale viene in genere praticata in fase di guarigione o di svezzamento dal ventilatore. La PEEP può determinare la ripresa della ventilazione a livello di zone atelettasiche, trasformando aree polmonari precedentemente sede di shunt in unità respiratorie funzionali, con conseguente miglioramento della ossigenazione arteriosa ad una più bassa frazione di ossigeno inspirato (FiO2). La ventilazione di alveoli già atelettasici aumenta, inoltre, la capacità funzionale residua (FRC) e la compliance polmonare. Generalmente, l’obiettivo della CMV con PEEP è quello di raggiungere una PaO2 maggiore di 60 mmHg ad una FiO2 inferiore a 0.60.
Anche se la PEEP è importante per il mantenimento di uno scambio polmonare gassoso adeguato nei pazienti con ARDS, sono possibili effetti collaterali. Possono verificarsi una riduzione della compliance polmonare per sovradistensione alveolare, una riduzione del ritorno venoso e della gittata cardiaca, un aumento della PVR, un aumento del postcarico del ventricolo destro, o un barotrauma. Per questi motivi, si suggerisce di utilizzare livelli di PEEP “ottimali”. Il livello di PEEP ottimale viene in genere definito come il valore al quale si ottiene il miglior O2del ad una FiO2 inferiore a 0,60. Valori di PEEP in grado di migliorare l’ossigenazione, ma che riducano significativamente la gittata cardiaca non sono ottimali, perché in questo caso risulta ridotto anche l’O2del. La pressione parziale di ossigeno a livello del sangue venoso misto (PvO2) fornisce informazioni sull’ossigenazione tissutale. Una PvO2 inferiore a 35 mmHg è indicativa di una ossigenazione tissutale non ottimale. Una riduzione della gittata cardiaca (che si può verificare in corso di PEEP) determina una bassa PvO2. Per questa ragione, la PvO2 può essere utilizzata anche per la determinazione della PEEP ottimale.
L’insuccesso della PEEP con CMV convenzionale rappresenta il più frequente motivo per cui si renda necessario passare ad una ventilazione con rapporto inspiratorio/espiratorio (LE) inverso o ad alta frequenza. La ventilazione con rapporto I:E inverso viene, attualmente, praticata più spesso di quella ad alta frequenza. Essa fornisce risultati migliori con il paziente paralizzato ed il ventilatore temporizzato in modo che ogni nuovo atto respiratorio inizi non appena l’espirazione precedente abbia raggiunto il livello ottimale di PEEP. La frequenza respiratoria può essere ridotta prolungando l’apnea inspiratoria. Ciò determina spesso una riduzione della pressione intratoracica media, malgrado l’aumento della PEEP, ed induce, quindi, un miglioramento del O2del mediato dall’aumento della gittata cardiaca.
Ventilazione a pressione positiva ad alta frequenza (HFPPV), oscillazione ad alta frequenza (HFO), e ventilazione a “jet” ad alta frequenza (HFJV) sono metodiche in grado, a volte, di migliorare la ventilazione e l’ossigenazione senza far ricorso ad elevati volumi o pressioni polmonari. Solo la HFJV è stata diffusamente applicata nel trattamento dell’ARDS, senza che ne siano stati dimostrati in maniera conclusiva significativi vantaggi rispetto alla CMV convenzionale con PEEP.
L’ossigenazione extracorporea su membrana (ECMO) venne studiata, negli anni ’70, come metodica in grado di garantire un’adeguata ossigenazione senza far ricorso ad alcuna forma di ventilazione meccanica, lasciando il polmone libero di guarire dalle lesioni responsabili della ARDS senza sottoporlo allo stress rappresentato dalla ventilazione a pressione positiva. Sfortunatamente, i pazienti tanto gravi da non rispondere adeguatamente alla ventilazione convenzionale ed essere quindi eligibili per la ECMO, presentavano lesioni polmonari così severe che andarono comunque incontro a fibrosi polmonare e non recuperarono più una funzione polmonare normale.

Svezzamento dalla ventilazione meccanica nell’ARDS

Prima di staccare il paziente dal ventilatore, è necessario assicurarsi delle sue possibilità di sopravvivere senza assistenza respiratoria. Gli indici meccanici, come pressione inspiratoria massima (MIP), capacità vitale (VC), e volume tidal spontaneo (VT) valutano la capacità del paziente di trasportare aria dentro e fuori il torace. Nessuna di queste misure, comunque, fornisce informazioni sulla resistenza al lavoro da parte dei muscoli respiratori. Alcuni indici fisiologici, come il pH, il rapporto spazio morto/volume tidal, la P(A-a)O2, lo stato nutrizionale, la stabilità cardiovascolare, e l’equilibrio metabolico acido-base riflettono le condizioni generali del paziente e la sua capacità di tollerare lo stress dello svezzamento dal ventilatore.
Lo svezzamento dalla ventilazione meccanica avviene progressivamente, in modo da assicurarsi che le condizioni del paziente siano sufficienti a garantire una respirazione spontanea, prima di rimuovere la cannula endotracheale.
Questa fase inizia in genere quando il paziente è, dal punto di vista medico, stabile, con una FiO2 inferiore a 0,40, una PEEP uguale o inferiore a 5 cm H2O ed i parametri respiratori, cui si è fatto riferimento in prece-denza, indichino una ragionevole possibilità di ripresa della ventilazione spontanea. La IMV è una popolare metodica per lo svezzamento dei pazienti con ARDS, perché consente l’uso di una modesta PEEP fino al momento della estubazione, facendo in modo che il paziente affronti gradualmente lo sforzo richiesto dalla respirazione spontanea.
Durante questa fase di svezzamento, è importante un attento monitoraggio per garantirne il successo. Modificazioni della pressione arteriosa, aumento della frequenza cardiaca o respiratoria, riduzione della saturazione arteriosa di ossigeno misurata con ossimetria di polso, e peggioramento delle funzioni mentali, sono tutti elementi che indicano l’insuccesso della procedura. Un graduale rallentamento dello svezzamento può contribuire a prevenire un insuccesso legato ad esaurimento muscolare, che si può verificare nel corso della ripresa della respirazione autonoma.

Monitoraggio in corso di ARDS

Il monitoraggio arterioso polmonare consente di misurare la gittata cardiaca e di calcolare l’O2del e la PvO2. Questi parametri sono essenziali per il trattamento di eventuali complicanze emodinamiche. Il monitoraggio arterioso polmonare consente anche di misurare le pressioni di riempimento del ventricolo destro (CVP) e del sinistro (PCWP), parametri utili per determinare la gittata cardiaca ottimale.
Un cateterismo arterioso polmonare per il monitoraggio emodinamico diventa importante nel caso la pressione arteriosa si riduca tanto da richiedere un trattamento con farmaci vasoattivi (come dopamina, norepinefrina) o qualora la funzione polmonare si deteriori fino a rendere necessaria una PEEP superiore a 10 cm H2O. Anche il riscontro di una instabilità pressoria, tale da richiedere ingenti infusioni di liquidi, in un paziente già in precarie condizioni cardiache o respiratorie, può richiedere il posizionamento di un catetere in arteria polmonare ed il monitoraggio emodinamico, anche prima che si renda necessario somministrare farmaci vasoattivi.

La ventilazione a pressione positiva può alterare i dati del monitoraggio emodinamico, determinando un aumento fittizio dei valori della PCWP. Elevati valori di PEEP possono trasmettersi al catetere di monitoraggio ed essere responsabili dì un aumento dei valori calcolati di CVP e PCWP non corrispondente al reale (43). Questa evenienza è più probabile se la punta del catetere si trova in prossimità della parete anteriore del torace (zona I), con il paziente supino. La zona I è l’area polmonare non declive, dove i vasi sanguigni sono minimamente distesi. Se l’estremità del catetere si localizza a livello di uno di essi, i valori della PCWP saranno notevolmente influenzati dalle pressioni alveolari, e risulteranno, pertanto, inaccurati. La zona III corrisponde all’area polmonare più declive, dove i vasi sanguigni sono quasi sempre distesi.
Se l’estremità del catetere si localizza in quest’area, le misurazioni effettuate saranno influenzate solo molto marginalmente dalle pressioni di ventilazione. Il posiziona mento del catetere a livello della zona III può essere verificato effettuando una radiografia del torace in proiezione laterale, che ne evidenzierà la punta al di sotto dell’atrio sinistro .
La compliance statica (Cst) fornisce utili informazioni sulla rigidità del polmone e della parete toracica, mentre la compliance dinamica (Cdyn) valuta le resistenze delle vie aeree. La Cst si calcola dividendo il volume tidal (VT) per la pressione statica (al plateau) (Pstat) meno la PEEP (Cst = VT/Pstat – PEEP). La Pstat si calcola durante una breve apnea inspiratoria dopo un respiro massimale. In pratica, ciò può essere ottenuto utilizzando il comando pausa del ventilatore meccanico o mediante occlusione manuale della linea espiratoria del circuito. La pressione si controlla sul manometro del ventilatore durante l’apnea e deve essere inferiore alla pressione massima delle vie aeree (Ppk). La compliance dinamica si calcola in maniera analoga, anche se, in questo caso si fa riferimento alla Ppk, invece che alla pressione statica (Cdyn = VT/Ppk – PEEP).

La Cst normale è compresa tra 60 e 100 ml/cm H2O e può ridursi sino a circa 15 o 20 ml/cm H20 nei casi gravi di polmonite, edema polmonare, atelettasia, fibrosi ed ARDS. Poiché, per superare le resistenze delle vie aeree durante la ventilazione, è necessaria una certa pressione, una parte della pressione massima sviluppata durante la respirazione meccanica, rappresenta la resistenza al flusso incontrata a livello delle vie aeree e dei circuiti del ventilatore. Pertanto, la Cdyn misura la compromissione globale dei flusso a livello delle vie aeree, dovuta a modificazioni sia della compliance che delle resistenze. La Cdyn normale è compresa tra 35 e 55 ml/cm H2O, ma può essere negativamente influenzata dalle stesse patologie che riducono la Cstat, ed inoltre dai fattori in grado di modificare le resistenze (broncocostrizione, edema delle vie aeree, ritenzione di secrezioni, compressione delle vie aeree ad opera di una neoplasia).

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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