Diabete insipido: cause, diagnosi e trattamento

MEDICINA ONLINE RENE RENI ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI SANGUE FILTROIl diabete insipido, o DIN, è una malattia caratterizzata da poliuria e da diminuita capacità del rene di concentrare le urine, che si traduce in urine abbondanti e molto diluite. Nonostante il nome, la malattia presenta meccanismi fisiopatologici molto diversi rispetto al diabete mellito, infatti in caso di DIN non si riscontrano alterazioni nella concentrazione di glucosio nel sangue e nelle urine, che dagli esami risultano quindi nella norma.

Leggi anche: Differenze tra diabete mellito ed insipido: glicemia, vasopressina, poliuria e polidipsia

Cause

  • La forma più frequente è di tipo ipofisario, per mancanza di ADH (vasopressina).
    1. Idiopatico, circa 1/3 dei casi.
      • Alcuni casi sono a trasmissione dominante.
      • In altri si trovano anticorpi contro le cellule produttrici di vasopressina.
    2. Secondario, circa 2/3 dei casi.
      • Per tumori ipofisari o in prossimità, o per metastasi
      • Per traumatismi, operazioni neurochirurgiche
      • Encefalite, meningite e altri.
  • Diabete nefrogenico (DIN), raro
    1. forma congenita in due varianti
      1. DIN recessivo legato al cromosoma X, gene mutante Xq28 che codifica per i recettori di tipo 2 della vasopressina
      2. DIN autosomico recessivo. Il gene in questione codifica per l’acquaporina 2, che deficia a livello dei tubuli collettori renali.
    2. Affezioni secondarie a danni tubulari, ipokaliemia, ipercalcemia, farmaci.

Patologia

Il mancato controllo da parte dell’ADH compromette il riassorbimento tubulare distale e collettore, con poliuria (emissione di 5-25 litri di urina nelle 24h) e isostenuria. Per riflesso il paziente presenta una sete incoercibile (polidipsia). Nei bambini al di sotto dei 2 anni si può avere diarrea invece della poliuria. La mancanza di iperglicemia esclude praticamente la diagnosi di diabete mellito.

Diagnosi

La diagnosi differenziale si effettua escludendo la polidipsia psicogena, il diabete mellito e l’abuso di diuretici. La determinazione dell’osmolarità urinaria dopo prova di assetamento o dopo amministrazione di arginina-vasopressina è diagnostica.

  • Prova di assetamento. In un soggetto sano comporta un aumento dell’osmolarità. Nel diabete insipido questa resta <300mOsm/L, mentre l’osmolarità plasmatica è superiore a 295. Non bere per lungo tempo può provocare una disidratazione ipertonica senza perdita di elettroliti.
  • Test secondo Hickey-Hare. Se si sospetta un’assunzione di liquidi durante la prova di assetamento, si somministrano soluzioni ipertoniche che procurano risultati fisiologici e patologici identici alla prova da assetamento.
  • Test alla desmopressina. Controindicata in caso di insufficienza coronarica per i suoi effetti vasospastici. Dopo questa somministrazione l’osmolarità urinaria aumenta in caso di diabete insipido centrale, ma non nel nefrogenico.

La determinazione dell’ADH è raramente necessaria. In caso di polidipsia psicogena sia l’ADH che l’osmolarità urinaria si elevano. Occorre escludere un tumore ipofisario o ipotalamico mediante tomografia computerizzata o imaging a risonanza magnetica.

Trattamento

Il trattamento dev’essere eziologico, cioè occorre curare l’affezione sottostante. Utile la desmopressina orale o intranasale in caso di diabete insipido centrale. Il diabete nefrogenico si cura paradossalmente con diuretici tiazidici come per esempio il clortalidone, tali farmaci sono poi aiutati dai FANS, come per esempio l’indometacina, perché riducono la filtrazione glomerulare.

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Paralisi periferica del nervo faciale: cause e sintomi

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La paralisi periferica del nervo facciale (o “faciale”) è quella condizione in cui una lesione a carico del nervo facciale può determinare sintomi e segni come la paralisi facciale, una situazione in cui una persona non è in grado di muovere i muscoli su uno o entrambi i lati del proprio viso.

Cos’è il nervo facciale

Il nervo faciale, anche detto “nervo facciale”, detto è il settimo nervo cranico ed è un nervo prevalentemente motorio che innerva la muscolatura mimica del volto. Grazie all’anastomosi con il nervo intermedio di Wrisbergdiventa un nervo misto, fornendo la sensibilità gustativa ai 2/3 anteriori della lingua e fibre secretorie parasimpatiche per le ghiandole lacrimale, sottolinguale e sottomandibolare, oltre che per la mucosa della cavità nasale.

Paralisi del nervo facciale può centrale o periferica

La paralisi del nervo facciale può essere centrale o periferica, facilmente distinguibili da un punto di vista clinico: infatti i nuclei motori del facciale sono due, uno superiore innervato bilateralmente e uno inferiore che riceve solo una innervazione controlaterale. Ne consegue che una paralisi centrale sarà incompleta, interessando solo la metà inferiore del volto controlaterale. Al contrario una paralisi periferica sarà completa e omolaterale.

Cause e fattori di rischio

Possiamo considerare tre gruppi di cause della paralisi periferica del facciale, a seconda del decorso del nervo:

  • Cause intracraniche, come neoplasie dell’angolo ponto cerebellare, meningiti, disturbi vascolari e fratture della base cranica.
  • Cause intratemporali, le più frequenti, causate da otiti, fratture della rocca petrosa, carcinomi dell’orecchio medio, la sindrome di Ramsay Hunt tipo II o la paralisi di Bell.
  • Cause extracraniche come traumi o ferite facciali e patologie della parotide come neoplasie o parotiti.

Sintomi e segni

Il quadro clinico sarà caratterizzato da una serie di segni statici, nell’emivolto omolaterale:

  • Rima orale deviata verso il basso
  • Rima palpebrale più aperta
  • Rughe frontali appiattite
  • Sopracciglia abbassate
  • Segno di Schultze, con la parte posteriore della lingua che si abbassa dal lato leso per paralisi del ventre posteriore del digastrico
  • Epifora, perdita di lacrime.

Si potranno anche rilevare una serie di segni dinamici:

  • Segno di Bell, rotazione del bulbo oculare verso l’alto e verso l’esterno allo sforzo di chiudere le palpebre.
  • Segno di Negro, quando il paziente guarda verso l’alto la fronte non si corruga.
  • Impossibilità di soffiare, fischiare, gonfiare le guance
  • Lagoftalmo, impossibilità di chiudere le palpebre.

A questo quadro si potrà anche associare xeroftalmia e xerostomia, perdità della sensibilità gustativa dei 2/3 anteriori della lingua, assenza del riflesso corneale e naso-palpebrale.

Continua la lettura con questo articolo: Lesioni del nervo facciale: paralisi di Bell ed altre cause di paralisi

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra area di Broca e Wernicke

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO CERVELLO SERVE FUNZIONA MEMORIA Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Linfodrenaggio PeneL’area di Broca (in inglese “Broca’s area”; pronuncia: brocà) è una parte dell’emisfero dominante del cervello (spesso il sinistro) ed ha funzioni relative all’elaborazione del linguaggio. L’area di Wernicke (in inglese “Wernicke’s area”) è una parte del lobo temporale del cervello le cui funzioni sono coinvolte nella comprensione del linguaggio.

Differente posizione
L’area di Broca è localizzata nel piede della terza circonvoluzione frontale. Tale area può anche essere descritta come l’unione dell’area 44 di Brodmann e della 45, ed è connessa all’area di Wernicke da un percorso neurale detto fascicolo arcuato. L’area di Wernicke corrisponde invece alla parte posteriore dell’area 22 di Brodmann, nel lobo temporale superiore (corteccia associativa sensoriale).

Differenti funzioni
Entrambe le aree fanno parte di un gruppo di strutture atte a comprendere ed mettere linguaggio, con una importante differenza: l’area di Broca, ha funzione di elaborare mentalmente e meccanicamente il linguaggio, mentre quella di Wernicke ha funzione di comprendere il linguaggio. Essendo zone con funzioni diverse, un danno in una specifica parte, determina sintomi specifici, a tal proposito leggi: Differenza tra afasia di Broca e di Wernicke

Per approfondire, leggi anche:

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Noradrenalina: cos’è ed a cosa serve?

MEDICINA ONLINE SINAPSI SISTEMA NERVOSO ACETILCOLINA NORADRENALINA DOPAMINA NEUROTRASMETTITORI CERVELLO SISTEMA NERVOSO AUTONOMO CENTRALE SIMPATICO PARASIMPATICO NEURONI GLIA CERVELLETTO SNC ORMONILa noradrenalina, anche chiamata norepinefrina, è un ormone e un neurotrasmettitore prodotto in buona parte dalle terminazioni nervose centrali e periferiche su stimolo della tirosina (ormone tiroideo), e per il resto dalle ghiandole surrenali. Questo specifico ormone, che lavora in “accordo” con l’adrenalina, viene prodotto massicciamente in condizioni di importanti stress psicofisici perché ha il compito di stimolare la contrattilità del muscolo cardiaco aumentando la frequenza del battito e di indurre la produzione del glucagone a livello metabolico con conseguenze calo dei livelli di insulina. Lo scopo è quello di fornire un surplus energetico al corpo in caso di necessità. In effetti la noradrenalina fa parte di quel meccanismo naturale di reazione ad uno stress che il corpo mette in atto in situazioni come: trauma da incidente, shock emorragico, riduzione delle riserve energetiche con indebolimento, ustioni, interventi chirurgici e naturalmente grandi sforzi fisici ed eventi traumatici sotto il profilo psicologico (ad esempio grandi spaventi).

Quando i livelli di norepinefrina aumentano all’improvviso nel corpo, aumentano anche la reattività e la vigilanza, e accelera il metabolismo perché l’organismo si pone in quella condizione definita di “attacco o fuga”, ovvero ha necessità di aumentare i livelli di energia subito disponibili e di attenzione in vista di un pericolo da cui scappare o di un ostacolo da superare. Ovviamente in condizioni normali questi meccanismi si attuano in modo del tutto automatico quando è necessario, ma senza perdurare nel tempo perché tale stato di tensione e di allarme affatica il corpo e in particolare il cuore.

Altri effetti fisiologici dell’aumento della noradrenalina nel sangue sono la dilatazione delle pupille e l’aumento della sudorazione, così come una reazione di termogenesi che induce un più rapido consumo dei grassi accumulati, sempre all’interno del meccanismo che spinge ad un recupero di energia corporea superiore alla norma.

La noradrenalina di sintesi viene somministrata nelle terapie mediche di’urgenza per il trattamento di shock cardiaci, shock settici e collasso. Un aumento ingiustificato dei valori di noradrenalina (e di adrenalina), nel sangue (ovvero che superino i 100 mg per millilitro di sangue) possono indicare squilibri endocrini (ad esempio della tiroide), e malattie delle ghiandole surrenali tra cui tumori.

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Psicoterapia funzionale: le alterazioni dei meccanismi psicofisiologici

uomo-tristeLa psicoterapia ad indirizzo funzionale si sviluppa negli anni ’80 con le ricerche di Luciano Rispoli, fondatore della Scuola di Napoli, e si sviluppa con presupposti diversi dal primo funzionalismo.

La psicoterapia funzionale affronta la complessità della persona, prendendo in considerazione tutti i fenomeni che la riguardano, sia mentali che corporei. Quello che si ammala non è il corpo o la mente, ma l’intero organismo; non ci sono, quindi, disturbi solo psichici o solo somatici, né possiamo più dire che i disturbi somatici sono il riflesso di problemi e conflitti psichici.

Squilibri, problemi e difficoltà nella vita, e le stesse malattie fisiche e psichiche sono riconducibili tutti ad alterazioni e carenze dei funzionamenti di fondo, vale a dire quei meccanismi psicofisiologici e psicobiologici che sono alla base di comportamenti, pensieri, emozioni, atteggiamenti, gesti e movimenti; funzionamenti studiati e approfonditi dal neo-funzionalismo. Infatti, nella psicoterapia funzionale la diagnosi è la valutazione precisa del funzionamento complessivo del soggetto sui vari piani del Sé e, soprattutto, di come si sono andate conservando o alterando le esperienze di base[6](funzionamenti in età evolutiva) nella vita dei pazienti.

La diagnosi, quindi, non è né sui sintomi né sui comportamenti, ma è sui funzionamenti di fondo[7] del soggetto, calibrata specificamente sulla persona con la sua storia, la sua unicità, la sua configurazione del Sé. Viene esaltata l’unicità del quadro funzionale di ogni singolo individuo e al contempo anche la scientificità della rappresentazione, che permette di paragonare una situazione all’altra, di inquadrare le vicende singolari in una più ampia vicenda generale.

È possibile realizzare diagnosi precoci predittive, poiché si valutano i disfunzionamenti già esistenti prima dell’insorgere di vere e proprie patologie.

In una psicoterapia che integra corpo e mente emergono fenomeni intensi che riguardano vari livelli anche corporei, vengono recuperate sensazioni interne relative ad epoche molto precoci della vita dei pazienti. E questo perché il cambiamento non riguarda solo il cognitivo e le emozioni, ma anche sistemi psicofisiologici e neurobiologici (sistemi integrati).

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Le modalità stesse di intervento, le tecniche utilizzate si rivolgono il più possibile a tutti i piani psico-corporei che costituiscono il Sé (i vari sistemi integrati[8]), perché nel momento in cui si producono disfunzioni, alterazioni, patologie, i vari piani del Sé tengono a disconnettersi tra di loro e a rimanere chiusi in cortocircuiti senza più corrispondere alle condizioni esterne. Posture croniche ripetitive – ad esempio – tensioni muscolari continuativamente elevate, respiro toracico cronico, neurotrasmettitori che tendono alla attivazione anche quando non è necessario, possono essere modificati efficacemente con un intervento diretto non alla sola consapevolezza o al piano emotivo, ma a tutti i piani psico-corporei. La psicoterapia funzionale, dunque, recupera i funzionamenti di fondo che si erano persi o alterati (cioè le esperienze basilari del Sé ostacolate nello sviluppo evolutivo del soggetto).

Il processo in psicoterapia funzionale si sviluppa per fasi sequenziali (seguendo un preciso progetto terapeutico centrato sul paziente), nelle quali si modifica sia la relazione terapeutica stessa sia ciò che accade in terapia.

Per il neo-funzionalismo il processo terapeutico è costituito da una narrazione storica (rappresentata dall’unicità di ciò che accade tra quel paziente e quel terapeuta), e una narrazione scientifica (rappresentata da nodi del processo terapeutico, uguali e regolari in ogni terapia). I cambiamenti non avvengono casualmente ma secondo degli andamenti precisi, determinate leggi, secondo un’evoluzione di tipo modulato.

La terapia funzionale può essere definita “direttiva”, poiché il terapeuta, nelle fasi iniziali, assume totalmente la responsabilità dell’andamento della relazione terapeutica, prende pienamente in carico il paziente, dal momento che questi non conosce i processi terapeutici e non può stabilire quello che è utile e quello che non lo è; e dunque non può che affidarsi. Il paziente deve poter fare il suo “mestiere di paziente”; per cui non si parla più di resistenze ma di ovvie impossibilità a modificare il proprio comportamento su un determinato piano funzionale; è, quindi, il terapeuta che, prendendosi in carica la relazione, deve sapere verso quale direzione ed in che modo portare il paziente a recuperare i funzionamenti carenti superando le impossibilità prima esistenti.

Il terapeuta è un Sé ausiliario che guida il paziente verso una nuova strada con la sua presenza attiva ed il suo supporto, attraverso l’uso della voce, della prossemica e dei movimenti. E’, inoltre, il genitore nuovo, un genitore positivo che, con empatia e vicinanza, incoraggia, stimola e aiuta il paziente ad avere una nuova possibilità, per rivivere positivamente le esperienze di base che hanno subito alterazioni o sono rimaste chiuse nel corso della sua vita.

La psicoterapia funzionale si occupa della salute dell’uomo in tutte le sue sfaccettature, anche nelle complicate malattie psicosomatiche e nei disturbi psichiatrici. Per il funzionalismo, infatti, non c’è la “malattia”, ma esiste un organismo che si altera nei suoi funzionamenti di fondo neuronali, neurovegetativi, neuroendocrini, emotivi, immaginativi, cognitivi, sensoriali, motori, posturali.

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Ansia da prestazione nello studio e nel lavoro: come superare le tue paure

MEDICINA ONLINE TRISTE PAURA TRISTEZZA SAD TERRORE ANSIA PSICOLOGIA.jpgQuando si guarisce da un disagio psichico? Quando mettiamo da parte i modelli e le opinioni che abbiamo di noi stessi e impariamo ad accettare i lati di noi più fragili e deboli. la storia “clinica” di Vania è perfetta per comprendere come questo valga anche per l’ ansia, in particolar modo per l’ ansia da prestazione.

Con l’ansia, il corpo parla
“Mi chiamo Vania, ho 23 anni, sono una studentessa di economia e quest’anno dovrei cominciare l’ultimo anno. Le cose non stanno andando come vorrei: finora ho dato solo la metà degli esami che avrei dovuto, con una media che non mi soddisfa. Quello che mi fa più rabbia è che mi impegno, studio e ripeto sino alla nausea, vado dai tutor e mi dicono che sono da 30, poi il giorno dell’esame non riesco mai a dare il meglio. Durante gli esami è come se il mio stomaco fosse annodato e sudo freddo, dire che ho l’ansia è poco. Non capisco perché il mio corpo risponde così, non ne ho motivo visto che ogni volta vado agli esami molto preparata! Come se non bastasse, mi sento molto in ansia quando espongo un argomento di fronte al docente, dentro di me non mi sento mai abbastanza preparata, nonostante studi giorno e notte. Sto cominciando a sentirmi incapace e una nullità per questo. Che osa posso fare?”

Sentirsi incapaci genera ansia
La psicoterapeuta che legge il racconto decide di prenderla in cura e così un giorno Vania si presenta nel suo studio. È una bella ragazza, vestita con stile e con il trucco giusto, e per prima cosa afferma che nella vita fuori dall’università si sente a suo agio, la facoltà che ha scelto la soddisfa pienamente, il problema sorge solo agli esami. “Quello è l’unico contesto della mia vita in cui mi sento insicura, in ansia. Per il resto sono una ragazza estroversa, aperta alle novità, sono curiosa, viaggio spesso da sola. So che ho scelto la facoltà giusta”. Se tutto questo è vero, perché tanta ansia? Il suo racconto prosegue: “In questi giorni mi sono ricordata di come le scuole elementari e le medie siano state una tortura! I miei si erano trasferiti in Italia dalla Slovenia e io ho dovuto imparare in fretta l’italiano. Sia la maestra che la professoressa di italiano delle medie mi hanno spesso derisa dicendo che parlavo male l’italiano. Però con i miei compagni giocavo, scherzavo e tutti capivano le mie parole… Tutto questo mi ha fatto sentire sempre incapace e piena d’ ansia a scuola”.

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Superare il passato placa l’ansia
Ecco riemergere un demone che non l’ha mai abbandonata e che la blocca e la rende insicura e le produce ansia… Il compito della psicoterapia è far cessare la lotta interiore tra la parte debole e ferita dal passato (che voleva comprensibilmente scappar via e che per questo si presentava come ansia) e quella che vuole dimostrare di essere forte e nega cittadinanza alla prima. “Proviamo a guardare questa piccola Vania che si è sentita umiliata tante volte e che anche ora, agli esami, ha paura di fare brutta figura. E poi lasciamo emergere, magari anche cinque minuti prima dell’interrogazione, l’immagine della “Vania forte”, che è precisa e profonda in quello che ha studiato. Ora non deve scegliere tra le due, lasci che le due Vania diventino due lati di lei, nei vari momenti della giornata. Di fronte al professore però manderà la Vania sapiente! Pensa di potercela fare?”. “Vania, dopo questa seduta, interrompe la terapia, ma dopo tre mesi ricontatta la psicologa e ha una voce felice: “Dottoressa, ho superato due esami difficilissimi prendendo 30 e 29! Non so come ringraziarla, anzi è la “Vania debole” che la ringrazia!”

Accetta le tue contraddizioni e supererai l’ansia
La tecnica suggerita è finalizzata a far uscire da una situazione mentale bloccata e a far entrare, attraverso il mondo dell’immaginario, in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio, dove le energie possono trasformarsi e incontrare il loro opposto. Accade allora che accanto alla Vania che non sa parlare e che non sa muoversi, si affacci quella colta e sicura di sé, che realizza i suoi obiettivi. Accettare la loro compresenza, imparare a vivere la contraddizione ha permesso alla paziente di rompere finalmente le catene di quell’ansia paralizzante.

Sistemi per superare l’ansia da prestazione
L’ansia da prestazione lavorativa merita di essere trattata con il giusto impegno e con la massima attenzione: che si sia studenti universitari, dipendenti di un’agenzia di comunicazione o operai, muratori o manager, insegnanti o dirigenti, è importante non lasciarsi coinvolgere in modo eccessivo dal lavoro che si svolge. Un suggerimento è quello di cercare la collaborazione delle altre persone, cioè dei colleghi e del datore di lavoro, al fine di creare il migliore ambiente possibile e, al tempo stesso, verificare se l’assegnazione degli impegni sia stata effettuata nella maniera più corretta.

Importante ridurre l’ansia da prestazione lavorativa
Contrastare l’ansia da prestazione lavorativa vuol dire anche riacquistare – o acquistare – fiducia in sé stessi: per questo motivo, è importante concentrarsi sulle proprie potenzialità ed essere convinti delle proprie capacità. Ciò non vuol dire, d’altro canto, lasciarsi andare al cosiddetto ipercontrollo: insomma, cercare di avere il controllo su tutto è senza dubbio positivo dal punto di vista teorico, ma sul piano pratico impossibile e, proprio per questo dannoso. Visto che non si può monitorare tutto, è bene prendere atto del fatto che gli inconvenienti possono sempre accadere e che gli imprevisti sono una componente inevitabile nella vita di ognuno, ma soprattutto rendersi conto del fatto che tutto quello che accade sul posto di lavoro può dipendere anche dalle azioni di altre persone.
Chiaramente, tra le strategie finalizzate alla lotta all’ansia da prestazione lavorativa c’è quella di prendersi le dovute pause: sono sufficienti break di pochi minuti per ritrovare la fiducia smarrita, per rilassarsi, per evitare situazioni di difficoltà e di conseguenza per aumentare la produttività. Se è vero che questo tipo di ansia interessa in particolar modo i dirigenti che hanno grandi responsabilità sulle spalle, i leader, i business man e i manager che si sentono gratificati unicamente se viene riconosciuto il loro status prestigioso, è altrettanto vero che può colpire chiunque, senza distinzioni di ruolo, di età, di genere o di ambiente di lavoro.
Non di rado, per esempio, l’ansia da prestazione lavorativa è una costante che accompagna i freelance e i lavoratori autonomi, i quali – non dovendo attenersi a un orario di ufficio ben preciso – rischiano di assumersi più impegni di quanti siano effettivamente in grado di portare a termine, come se lavorassero a cottimo, per guadagnare di più. Ciò è sbagliato: ed ecco, dunque, che un ulteriore consiglio per combattere l’ansia da prestazione lavorativa è quello di non vivere – per nessun motivo – in funzione esclusiva del lavoro, ma cercare di spostare la propria attenzione e i propri pensieri su altro, che si tratti di interessi, di hobby o di relazioni personali.
Infine, un’ultima strategia che vale la pena di adottare per fare in modo che l’ansia da prestazione lavorativa non si impossessi di ogni pensiero è quella di relativizzare tutto: a meno che non si sia chirurghi o si svolgano professioni simili, nessuno al lavoro salva vite umane, e tutte le conseguenze degli eventi vanno ridimensionati. Anche le difficoltà sono positive, e gli sbagli vanno presi in considerazione come nuove opportunità.

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Contrazione involontaria della palpebra: il blefarospasmo essenziale

dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-occhio-iride-bicolore-medicina-estetica-riabilitazione-nutrizionista-dieta-grasso-cavitazione-radiofrequenza-ecografia-seno-luce-pulsata-macchie-cutaIl blefarospasmo essenziale è una contrazione involontaria che causa la chiusura a intermittenza e spesso completa delle palpebre.

Che cos’è il blefarospasmo essenziale?

Il blefarospasmo essenziale è una patologia che colpisce entrambi gli occhi(bilaterale, cioè in modo asimmetrico) e si manifesta soprattutto in età avanzata. La chiusura involontaria delle palpebre può essere continua o intermittente. La frequenza del battito aumenta notevolmente nel corso degli anni fino a portare a una reale limitazione della vista per l’incontrollabilità dello spasmo.

Quali sono le cause del blefarospasmo essenziale?

Non è ancora chiara quale sia la causa del blefarospasmo, ma si ritiene che sia collegato a un cattivo funzionamento di alcune strutture nervose poste alla base del cervello, i gangli della base, che giocano un ruolo importante nel controllo dei movimenti.
Anche alcuni farmaci (neurolettici, antistaminici, dopaminergici, anticonvulsivi, pilocarpina, carbacolo, alcuni anestetici) possono causare blefarospasmo.

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Quali sono i sintomi del blefarospasmo essenziale?

Inizialmente il blefarospasmo essenziale si manifesta con sensibilità alla luce, secchezza dell’occhio e aumento della frequenza dell’ammiccamento. Lo stress può peggiorare i sintomi.

Diagnosi

La diagnosi di blefarospasmo viene effettuata sulla base di una visita medica dopo aver esaminato tutte le possibili cause secondarie di patologie oculari (blefarite, trichiasi, patologie corneali, glaucoma, uveiti, occhio secco).
Nel caso di sospetto di cause neurologiche si ricorre a imaging neurologico che esclude patologie della regione ponto cerebellare.

Trattamenti

La terapia si basa sulla chemodenervazione chimica con sedute cicliche con tossina botulimica.

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Meningite: contagio, sintomi, vaccino, gravità e profilassi

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MLa meningite è un’infiammazione delle meningi, le membrane che rivestono il cervello ed il midollo spinale: di solito è causata da batteri o virus, ma può anche essere provocata da particolari farmaci o malattie.

I sintomi più comuni, che possono apparire tutti o solo in parte e possono manifestarsi in qualsiasi ordine, sono i seguenti:

  • febbre alta,
  • sensazione di malessere,
  • mal di testa,
  • collo rigido,
  • fastidio provocato dall’esposizione alla luce,
  • grave sonnolenza e letargia,
  • convulsioni.

Tutta la popolazione, di qualsiasi età, può ammalarsi di meningite, ma poiché può diffondersi facilmente tra le persone che vivono a stretto contatto in ambienti chiusi le persone spesso più a rischio sono gli adolescenti, gli studenti e gli universitari.

  • La meningite batterica è rara, ma nella maggior parte dei casi è molto grave e può mettere in pericolo la vita del paziente se non viene curata immediatamente.
  • La meningite virale, anche nota come meningite asettica, è abbastanza comune e molto meno grave. Spesso non viene diagnosticata perché i suoi sintomi possono essere simili a quelli di una normale influenza.

Le principali cause di infezione sono:

Contagiosità Profilassi Vaccino
Batteriche
Neisseria meningitidis (meningococco) Sì*
Streptococcus pneumoniae (pneumococco) No
Haemophilus influenzae tipo b
Virali No No

Legenda:

  • Contagiosità: Tutti i microrganismi causa di meningite possono essere trasmessi ad altri soggetti, ma questo non significa che si sviluppi per forza la malattia.
  • Profilassi: Solo per alcune forme di procede al trattamento preventivo di soggetti venuti a contatto con pazienti colpiti dall’infezione, in altri casi non è necessario.
  • Sono disponibili i vaccini per tutte le forme batteriche, non per le forme virali; per quanto riguarda il meningococco in Italia sono disponibili:
    • vaccinazione contro Neisseria meningitidis C
    • vaccinazione contro Neisseria meningitidis B
    • vaccinazione quadrivalente contro il meningococco A-C-Y-W135

Se la prevenzione e la diagnosi vengono effettuate in tempo la meningite può essere curata con efficacia; è quindi importante sottoporsi alle vaccinazioni di routine e conoscere i sintomi della meningite, se avete il sospetto di esservi ammalato recatevi dal medico il prima possibile.

Relativamente ai recenti casi di meningite l’Istituto Superiore di Sanità ha predisposto un utile riepilogo degli aspetti importanti da conoscere:

  • Il microrganismo più aggressivo in grado di causare la malattia è il meningococco di tipo C, che insieme al B è il responsabile della maggior parte dei casi sia in Italia che in Europa.
  • I bambini piccoli e gli adolescenti sono la fascia di popolazione a maggior rischio di contrarre l’infezione. Il tipo B colpisce invece prevalentemente i bambini al di sotto dell’anno di età.
  • Come scritto sopra esistono tre tipi di vaccino anti-meningococco:
    • il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C (MenC);
    • il vaccino coniugato tetravalente, utile verso i tipi A, C, W e Y;
    • il vaccino contro il tipo B, che protegge solo e soltanto da questo.
  • L’offerta vaccinale cambia leggermente da una Regione all’altra, anche se a breve con il nuovo piano vaccinale si cercherà di renderla più omogena; si raccomanda comunque di fare riferimento al pediatra o al proprio medico per qualsiasi informazione.
  • Per gli adulti la vaccinazione non è di norma raccomandata, salvo in caso di fattori di rischio (zone a rischio, alcune malattie come la talassemia, diabete, malattie epatiche croniche gravi, immunodeficienze congenite o acquisite, …). Chi vuole può comunque ricorrere alla vaccinazione rivolgendosi alla propria ASL o facendosi prescrivere il vaccino dal proprio medico di base. Fatta eccezione della Toscana, la vaccinazione negli adulti è a pagamento.

Segnaliamo inoltre che il Ministero della Salute ha chiarito che non ci sono specifiche raccomandazioni di prevenzione per coloro che si recano nelle aree maggiormente interessate dai casi di Meningococco C, per viaggi di lavoro o soggiorni turistici.

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Cause

Molti dei batteri e dei virus che provocano la meningite sono abbastanza comuni e di solito sono collegati ad altre malattie molto diffuse. I batteri e i virus che infettano la pelle, l’apparato urinario, digerente o respiratorio possono diffondersi dal sangue fino alle meningi attraverso il liquido cerebro-spinale, il liquido che circola all’interno del midollo spinale.

In alcuni casi di meningite batterica i batteri si diffondono nelle meningi a causa di un grave trauma alla testa o di una grave infezione locale, come ad esempio un’infezione dell’orecchio (otite media) o dei seni nasali (sinusite).

Esistono molti tipi diversi di batteri in grado di provocare la meningite batterica:

  • nei neonati le cause più comuni sono gli steptococchi del gruppo B, l’Escherichia coli e la Listeria monocytogenes.
  • Nei bambini più grandi e negli adulti le cause più frequenti sono lo Streptococcus pneumoniae (pneumococco) e la Neisseria meningitidis (meningococco).

Anche l’Haemophilus influenza di tipo b (Hib) è in grado di provocare la malattia, ma poiché praticamente quasi tutta la popolazione ha sviluppato difese immunitarie contro di esso questi casi sono più rari che in passato.

Analogamente la meningite virale può essere provocata da molti virus diversi, come ad esempio gli enterovirus (i coxsackievirus, i poliovirus, il virus dell’epatite A, ecc) e l’herpesvirus.

Sintomi

Riconoscere la malattia

  1. Il mal di testa è il sintomo caratteristico della malattia, colpisce infatti il 90% degli adulti ed è il sintomo di esordio più comune.
  2. A seguire la rigidità del collo, intesa come incapacità di flettere passivamente il collo in avanti, a causa di una severa rigidità muscolare (70% dei casi in età adulta).
  3. Il terzo sintomo caratteristico è infine l’alterazione dello stato mentale.

Tutti e tre i sintomi si rilevano solo nel 40-50% di tutti i casi di meningite batterica, ma se nessuno dei tre segni è presente, la meningite è estremamente improbabile. (Fonte: The rational clinical examination. Does this adult patient have acute meningitis?)

Incubazione

ll tempo può variare a seconda della causa dell’infezione (quale virus o quale batterio):

  • M. virale: varia da tre a sei giorni
  • M. batterica: varia dai 3 ai 10 giorni

La malattia è contagiosa soltanto durante la fase acuta, ossia la fase in cui sono presenti sintomi.

Sintomi precoci

I primi sintomi che possono preannunciare lo sviluppo di meningite sono (Fonte: Thompson M, Ninis N, Perera R et al. Clinical recognition of meningococcal disease in children and adolescents. The Lancet 2006; DOI: 10.1016/S0140-6736(06)67932-4):

  • dolori alle gambe,
  • mani e piedi freddi,
  • colorito anormale.

Descrizione estesa

I sintomi tradizionalmente conosciuti tendono invece a svilupparsi in una fase avanzata della patologia (da 13 a 22 ore dal contagio), mentre i precedenti sintomi si manifestano nelle prime 8 ore dal contagio.

I sintomi classici della meningite sono diversificati e dipendono sia dall’età del malato sia dalla causa dell’infezione. Poiché in entrambi i tipi possono presentare sintomi parainfluenzali simili, soprattutto nelle prime fasi della malattia, e poiché la meningite batterica può diventare molto grave, è importante diagnosticare velocemente l’infezione.

I primi sintomi possono presentarsi all’improvviso oppure più lentamente dopo alcuni giorni di raffreddore, naso che cola, diarrea, vomito o altri sintomi di infezione.

Tra i più frequenti e caratteristici troviamo:

  • febbre,
  • letargia (stato di coscienza ridotta),
  • irritabilità,
  • mal di testa,
  • fotofobia (sensibilità degli occhi alla luce),
  • torcicollo,
  • eruzioni cutanee,
  • convulsioni.

I neonati affetti da meningite potrebbero non avere questi sintomi, ma potrebbero semplicemente essere molto irritabili, letargici, o avere la febbre. Potrebbero essere difficili da calmare, anche se li si prende in braccio e li si culla.

Tra gli altri sintomi della meningite nei neonati troviamo:

  • itterizia (colorito giallastro della pelle),
  • rigidità del corpo e del collo (torcicollo),
  • febbre, oppure temperatura minore del solito,
  • appetito insufficiente,
  • poppate più deboli del solito,
  • pianto dai toni molto acuti,
  • sporgenza della fontanella (il punto non ancora ossificato che si trova sulla parte anteriore alta del cranio del bambino).

La meningite virale tende a provocare sintomi parainfluenzali, come la febbre e il raffreddore, e può essere talmente lieve da passare inosservata anche per il medico. La maggior parte dei casi di meningite virale guarisce completamente entro 7-10 giorni, senza alcuna complicazione o terapia.

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Quando chiamare il medico

La meningite può uccidere in poche ore, è quindi bene rivolgersi rapidamente al medico in caso di dubbi e di presenza di sintomi come:

  • vomito,
  • mal di testa,
  • letargia,
  • confusione,
  • rigidità del collo,
  • eruzioni cutanee,
  • febbre.

I neonati che hanno la febbre, sono irritabili o letargici e hanno poco appetito dovrebbero essere visitati da un medico il prima possibile.

Se vostro siete entrati in contatto con qualcuno ammalato di meningite chiamate il medico per sapere se è consigliabile una terapia preventiva.

Trasmissione

La maggior parte dei casi di meningite, sia virale sia batterica, deriva da infezioni contagiose che si diffondono attraverso le minuscole gocce di liquidi provenienti dalla gola e dal naso di una persona infetta. Le goccioline possono essere trasportate dall’aria quando la persona tossisce, ride, parla o starnutisce. Poi possono infettare le altre persone che le respirano oppure che, dopo averle toccate, portano le mani al naso o alla bocca.

L’infezione si trasmette anche condividendo alimenti, bicchieri, stoviglie, fazzoletti o asciugamani con una persona infetta. Alcuni agenti infettivi si possono diffondere attraverso le feci, quindi chi entra in contatto con le feci, ad esempio un bambino non abituato a lavarsi le mani, può contrarre l’infezione.

Nella maggior parte dei casi l’infezione si diffonde tra persone che vivono a stretto contatto, ad esempio tra coloro che vivono vive nella stessa casa oppure si espongono all’agente infettivo baciando la persona infetta o condividendo bicchieri e stoviglie. Il contatto casuale a scuola o sul posto di lavoro con una persona infetta di solito non trasmetterà l’agente infettivo.

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Pericoli

Alcuni pazienti che sono stati colpiti dalla meningite potrebbe dover rimanere sotto controllo medico per più tempo: tra i problemi più frequenti provocati dalla meningite batterica troviamo difetti dell’udito ed infatti spesso vengono eseguiti esami specifici terminato il ricovero.

Le complicazioni della meningite batterica possono essere gravi e comprendono problemi neurogici come ad esempio:

  • sordità,
  • problemi di vista,
  • convulsioni,
  • disabilità intellettive.

Anche il cuore, i reni e le ghiandole surrenali potrebbero essere colpiti. Alcuni bambini sviluppano problemi neurologici che durano per tutta la vita, però nella maggior parte dei malati la patologia viene diagnosticata e curata in tempo e guarisce completamente.

In alcuni rari casi la malattia ha esito fatale, con maggior frequenza nei neonati e nelle persone anziane.

Cura e terapia

Poiché la meningite batterica può essere molto grave, se avete il sospetto che voi o vostro figlio abbiate una qualsiasi forma di meningite è importante andare dal medico il prima possibile.

Se anche il medico sospetta un caso di meningite vi prescriverà degli esami di laboratorio che lo aiuteranno a formulare una diagnosi corretta. Probabilmente tra questi esami ci sarà anche una puntura lombare (rachicentesi) che preleverà un campione di liquido cerebro-spinale. Quest’esame metterà in luce qualsiasi sintomo di infiammazione e dirà se è un virus oppure un batterio a causare l’infezione.

Il bambino affetto da meningite virale può essere ricoverato in ospedale, però ad alcuni bambini viene dato il permesso di stare a casa, se i sintomi non sono troppo gravi. La terapia per alleviare i sintomi comprende riposo, adeguata assunzione di liquidi e analgesici da banco.

Se viene diagnosticata (o anche solo sospettata) una meningite batterica i medici inizieranno il prima possibile a somministrare antibiotici per via endovenosa. Possono essere somministrati liquidi per sostituire quelli persi con la febbre, la sudorazione, il vomito e lo scarso appetito; i corticosteroidi (cortisone) possono contribuire a ridurre l’infiammazione delle meningi, a seconda della causa della malattia.

Per le complicazioni della meningite batterica può essere necessaria una terapia aggiuntiva. Ad esempio, potrebbero essere somministrati farmaci anticonvulsanti per curare le convulsioni. Se il paziente si trova in una situazione di shock o di ipotensione (pressione bassa) possono essere somministrati ulteriori liquidi per endovena e farmaci in grado di aumentare la pressione sanguigna. Per alcuni potrebbe essere necessaria l’ossigenazione o la ventilazione meccanica se hanno difficoltà respiratorie.

Prevenzione

I vaccini di routine possono essere molto utili per la prevenzione della meningite. I vaccini contro l’influenza, il morbillo, la parotite, la poliomelite, il meningococco e lo pneumococco possono difendere l’organismo dalla meningite causata da questi microrganismi. Alcuni bambini più a rischio dovrebbero anche essere vaccinati contro certi altri tipi di pneumococco.

Alcuni medici attualmente consigliano di far vaccinare i bambini undicenni contro l’affezione meningococcica, un’infezione batterica molto grave che può causare la meningite. Il vaccino è noto come vaccino quadrivalente contro la meningite. Anche i bambini di età superiore agli 11 anni che non sono ancora stati vaccinati dovrebbero farsi vaccinare, soprattutto se vanno a scuola, in collegio, in campeggio o in altre strutture in cui vivono a stretto contatto con altre persone. Il vaccino può anche essere consigliato per le persone che si recano in paesi in cui la meningite è più diffusa.

Molti dei batteri e dei virus responsabili della meningite sono abbastanza comuni. Una buona igiene è importante per prevenire qualsiasi infezione. Raccomandate ai bambini di lavarsi le mani accuratamente e con frequenza, soprattutto prima di mangiare e dopo essere andati in bagno. Anche evitando il contatto ravvicinato con le persone malate e la condivisione di alimenti, bevande o stoviglie si  può contribuire ad arrestare la diffusione dei batteri responsabili.

Più in generale è possibile consigliare di:

  1. Evitare luoghi affollati
  2. Attenersi alle comuni norme igieniche
  3. Le persone venute a contatto con un malato, essendo fortemente a rischio, devono essere trattare con un’adeguata profilassi antibiotica
  4. Vaccinazione: I 3 vaccini disponibili rappresentano la migliore arma di prevenzione attualmente disponibile, i cui benefici durano tutta la vita.

E’ bene infine ricordare che, anche somministrando tutti i vaccini disponibili per le diverse forme di meningite (in Italia sono disponibili contro l’Emofilo, lo Pneumococco e contro il Meningococco in tutte le sue forme), non è possibile acquisire un’immunità completa per questa malattia, perchè non sono disponibili i vaccini per le forme meno comuni; è bene in ultima analisi affrontare il discorso con il pediatra/medico per valutare il rapporto rischio beneficio ad personam.

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