Come affrontare il lutto di una persona cara

MEDICINA ONLINE DEPRESSIONE TESTIMONIANZA RACCONTO FRASI AFORISMI TRISTEZZA SOLITUDINE TRISTE VITA SPERANZA MORTE MALATTIA SENTIRSI SOLI lonely girl crowdLa perdita di qualcuno o qualcosa è una delle esperienze più difficili e destabilizzanti della nostra esistenza. Sia che si tratti della morte di una persona cara, della fine di una relazione importante, oppure di un cambiamento radicale della tua vita, il dolore è inevitabile. L’elaborazione del lutto è emotivamente logorante, ma se impari ad accettare l’esperienza del dolore e sai come aiutare te stesso o te stessa per ritrovare la pace interiore, aumenterai le possibilità di riuscire a superare questo periodo terribilmente difficile della tua vita. Oggi cerco di darti dei consigli per farcela.

Comprendere il dolore personale

Sappi che ciascuno di noi reagisce in maniera differente a un lutto

Nessun altro soffre esattamente come te. Se ritieni di reagire in modo diverso rispetto agli altri, ricordati che è normalissimo. Lasciati andare alle tue emozioni e accetta la tua esperienza nella sua singolarità. Non esiste un’unica perdita, pertanto non esiste neanche una reazione comune a tutte le perdite. Il lutto improvviso, dovuto a un incidente o ad atti di criminalità, può provocare un senso di perdita più forte (almeno nell’immediato) rispetto a un lutto prevedibile, dovuto per esempio a una malattia terminale.

Ci sono molti tipi di perdita

La morte è una perdita che tutti noi dobbiamo necessariamente affrontare a un certo punto della nostra vita, ma non è l’unica. Puoi addolorarti per la fine di una relazione oppure per la perdita del tuo adorato cucciolo. Potresti soffrire anche nel momento in cui ti rendi conto che il sogno che avevi tanto a cuore non si realizzerà mai. Ognuno ha il diritto di soffrire, indipendentemente dal motivo. Non temere di piangere. Le tue emozioni sono una reazione del tutto naturale. Ci sono molte perdite che potresti dover affrontare nella tua vita. Nessuna di queste è “più grande” dell’altra. Provi determinate emozioni ed è naturale. Le altre perdite che potrebbero provocare dolore sono il trasloco, i problemi di salute, la fine di un’amicizia, il cambiamento di lavoro, il trasferimento oppure l’instabilità economica. Se provi dolore per un evento di questo genere, sappi che la tua reazione è normale.

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Le ‘fasi’ del lutto non sono sempre valide

Il lutto è un’esperienza personale, pertanto questo articolo offre semplicemente delle indicazioni generali per aiutarti a superare gli eventi traumatici. Non pensare di dover superare necessariamente fasi particolari.
Nel 1969 Elisabeth Kübler-Ross elaborò il celebre modello delle “cinque fasi” dell’elaborazione del lutto (successivamente rielaborate in 7 fasi). Esse sono la negazione o il rifiuto, la rabbia, la contrattazione o il patteggiamento, la depressione e infine l’accettazione. Tuttavia queste fasi erano impiegate per capire le dinamiche mentali più frequenti in un individuo a cui era stato diagnosticato un male incurabile e non rappresentano un modello teorico per ogni genere di dolore o perdita. Considerarle come fasi universali del lutto o del dolore potrebbe essere riduttivo. Per approfondire, leggi anche: Sto per morire: le 7 fasi di elaborazione del dolore e della morte

C’è una netta distinzione tra lutto ed elaborazione del lutto

Il lutto è la risposta immediata e naturale a una perdita qualsiasi. Comprende tutte le tue emozioni e i tuoi pensieri conseguenti a una perdita. Non puoi controllare l’intensità del dolore. L’elaborazione del lutto è un processo più lungo che comporta la manifestazione esplicita del dolore e l’adattamento di un individuo allo stress provocato da una perdita significativa. Molte culture e religioni offrono delle indicazioni su come affrontare il lutto. L’elaborazione del lutto avviene attraverso un percorso graduale finalizzato all’acquisizione della consapevolezza della perdita. Tale percorso è caratterizzato da momenti altalenanti, in cui periodi di calma e benessere possono alternarsi a momenti difficili e dolorosi man mano che la consapevolezza della perdita aumenta. La tempistica dell’elaborazione del lutto non può essere definita e stabilita a priori. Il tuo lutto potrebbe durare per settimane o mesi e l’intero processo di elaborazione del lutto potrebbe richiedere molti anni e perfino tutta la vita.

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I quattro compiti del lutto

J. William Worden ha eleborato un modello in cui descrive quattro “compiti del lutto”, ossia quattro azioni che dobbiamo compiere per completare il processo di elaborazione del lutto. Essi si distinguono dalle “fasi” dell’elaborazione del lutto perché devono essere svolti simultaneamente e potrebbero richiedere molti anni. Questi compiti sono:

  • Accettare la realtà della perdita. Devi imparare a superare la normale tendenza a negare l’evento della morte, sia a livello cognitivo che a livello emotivo. Questo compito potrebbe richiedere molto tempo.
  • Elaborare il dolore del lutto. Il dolore in risposta a una perdita rappresenta una reazione emotiva naturale. Con il passare del tempo diminuisce, ma la sua durata dipende da fattori soggettivi.
  • Adattarsi a un contesto in cui il proprio congiunto non è più presente. L’adattamento può avvenire a vari livelli: esternamente, colmando il vuoto lasciato dal defunto, internamente, attraverso l’accettazione di nuovi ruoli e responsabilità, e spiritualmente, attraverso un percorso psicologico personale.
  • Trovare una connessione duratura con il caro estinto mentre andiamo avanti nella nostra vita. In altre parole, dobbiamo mantenere vivo il ricordo della persona amata e contemporaneamente ricominciare a vivere nuove esperienze.

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Riconoscere i sintomi del dolore

Il modo in cui ognuno di noi affronta il dolore del lutto è davvero personale

Ci sono dei sintomi comuni, ma ogni lutto rappresenta un’esperienza unica e soggettiva. Abbraccia il tuo dolore, ma contemporaneamente cerca di comprendere che gli altri potrebbero manifestarlo in maniera differente. L’espressione del dolore non solo presenta un’estrema variabilità da persona a persona, ma differisce anche in base alla cultura e alle tradizioni.

Alcuni sintomi a livello somatico, tipici del lutto, includono:

  • Disturbi del sonno;
  • Disturbi del comportamento alimentare (inappetenza o aumento dell’appetito);
  • Pianto;
  • Mal di testa e dolori muscolari;
  • Debolezza o stanchezza;
  • Sensazione di pesantezza;
  • Dolore;
  • Sintomi correlati allo stress, come nausea, tachicardia o insonnia;
  • Perdita o aumento di peso.

Cerca di individuare i sintomi del lutto a livello emozionale

Il dolore è molto complesso e del tutto personale. Potrebbero manifestarsi molti di questi sintomi o solo alcuni. A volte potresti sentirti sopraffatto dalle emozioni, mentre altre volte potresti avvertire una sensazione di stordimento. Queste sono tutte reazioni naturali al dolore. Tra i sintomi a livello emozionale ricordiamo:

  • Stato di shock o incredulità;
  • Tristezza e sensazione di vuoto;
  • Solitudine o isolamento;
  • Senso di colpa o rimpianto;
  • Rabbia;
  • Paura o preoccupazione;
  • Attacchi di panico;
  • Frustrazione;
  • Ansia;
  • Depressione;
  • Dubitare delle proprie credenze religiose o spirituali.

Sono frequenti anche le emozioni positive, come la sensazione di sollievo quando la persona amata muore dopo una lunga malattia. Tali sensazioni potrebbero scatenare il senso di colpa, perché potresti vergognartene, ma anche queste fanno parte integrante dell’esperienza del lutto.

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Impara a riconoscere i segnali del dolore nei bambini

Specialmente i più piccoli possono lanciare dei segnali precisi, ma anche manifestare il dolore con modalità meno familiari agli adulti, poiché non sempre riescono a comunicare i loro sentimenti attraverso le parole. Questi segnali includono:

  • Shock emotivo. Il bambino potrebbe sembrare meno comunicativo del solito e rifiutarsi di parlare del suo dolore.
  • Atteggiamenti regressivi o immaturi. Il bambino potrebbe regredire a una fase di sviluppo precedente e avvertire il bisogno di essere cullato, essere assalito dall’ansia da separazione, avere paura di andare a scuola, succhiarsi il pollice, fare la pipì a letto, chiedere di dormire con i genitori, oppure non riuscire a portare a termine dei compiti o delle attività che normalmente svolgeva senza problemi.
  • Comportamento aggressivo o comunque fuori dagli schemi. Il bambino potrebbe comportarsi male o avere delle improvvise reazioni emotive che solitamente si manifestano con crisi di rabbia, frustrazione, confusione o impotenza. Tali comportamenti potrebbero essere indice del suo tentativo disperato di assumere il controllo della situazione.
  • Ripetere le domande. Il bambino potrebbe rivolgere ripetutamente le stesse domande, anche se ottiene sempre le stesse risposte. Ciò potrebbe indicare che non riesce a comprendere o ad accettare la realtà dei fatti.
  • Assunzione di modalità difensive. Questo atteggiamento, comune nei bambini in età scolare così come negli adolescenti, è il mezzo che consente al bambino di esprimere il suo disagio ed eludere la sofferenza. Potrebbe immergersi nello studio, nei giochi o in altre attività. Potrebbe perfino nascondere i suoi sentimenti ai propri genitori o ad altri adulti, riuscendo però a esternare il proprio dolore ai suoi coetanei.
  • Sintomi fisici. Il dolore e l’ansia spesso si somatizzano, particolarmente nei bambini piccoli. Sono comuni il mal di testa e il mal di pancia,  ma potrebbero manifestarsi anche alterazioni del sonno e inappetenza.

Cerca di riconoscere i segnali del “lutto complicato”

Talvolta il lutto produce effetti negativi sulla salute fisica e psicologica, influenzando fortemente la qualità della vita. Sebbene il lutto nel suo insieme sia complesso, il “lutto complicato” è un prolungamento del normale processo del lutto e si presenta quando le manifestazioni normali del lutto si acutizzano e diventano croniche. In tal caso rivolgiti a uno psicoterapeuta che possa aiutarti a elaborare il dolore. I segnali del lutto complicato includono:

  • Concentrazione quasi assoluta sulla perdita subita;
  • Pensieri persistenti e intrusivi sul defunto;
  • Rifiuto prolungato della perdita;
  • Sensazione che la vita non abbia alcun significato o scopo;
  • Mancanza di fiducia negli altri;
  • Incapacità di pensare a esperienze positive;
  • Eccessiva irritabilità o agitazione.

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Elaborare il lutto in maniera sana

Abbraccia le tue emozioni

Per iniziare il processo di guarigione devi prima accettare le tue emozioni. Se non le esternerai, sarai ancora più infelice, sebbene esteriormente potrebbe sembrare che tu stia bene. Invece di fingere di stare bene, lasciati andare a tutte le emozioni associate a una grave perdita – tristezza, rabbia, senso di colpa, paura. Alla fine riuscirai a dare un senso a ciò che è successo. Concediti un po’ di tempo per essere semplicemente te stessa. Sebbene tu debba agire in un certo modo in presenza degli altri, ogni giorno lasciati andare alle tue emozioni, semplicemente mettendoti a piangere oppure a riflettere. Fallo in un posto intimo dove puoi veramente sentirti libera.

Esprimi i tuoi sentimenti attraverso un mezzo tangibile

La scelta della modalità spetta a te, ma è importante trasferire le tue emozioni in qualcosa di concreto che puoi vedere e toccare. In questo modo darai un senso alla tua esperienza negativa e riuscirai a realizzare qualcosa di produttivo. Potresti creare un album ricordo con le foto della persona estinta, scrivere un diario, dipingere un quadro o realizzare una scultura che esprima i tuoi sentimenti, oppure svolgere un’altra attività, come fare volontariato presso l’organizzazione a cui la persona estinta era particolarmente legata. Anche i rituali personali possono aiutarti a elaborare il tuo lutto. Sebbene siamo abituati ai riti pubblici come i funerali o il sitting shiva, è stato ampiamente dimostrato che praticare una ritualità personale sia altrettanto importante per esprimere ed elaborare il dolore. Potresti riscoprire che riportando alla mente un ricordo della persona amata, come la sua canzone preferita, riesci a stabilire un legame con il defunto e a creare una nuova modalità di comunicazione. Le attività manuali, come mettere per iscritto i tuoi sentimenti e dopo strappare o bruciare il foglio, potrebbero essere utili. Dedicati a quelle cose che pensi possano permetterti di esprimere il dolore in maniera costruttiva.

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Non trascurare la tua salute fisica

Sebbene spesso pensiamo che il lutto riguardi soltanto la sfera emotiva, il dolore può provocare anche cambiamenti fisici. L’inappetenza, l’insonnia e l’abbassamento delle difese immunitarie sono tutte reazioni fisiche al dolore. Per combattere questi effetti ricordati di mangiare in modo sano (anche se non hai fame), praticare attività fisica e dormire a sufficienza. Quando ci prendiamo cura del nostro corpo, miglioriamo il nostro stato emotivo e psicologico. Cerca di seguire una dieta sana e bilanciata a base di frutta e verdura fresca, cereali integrali e proteine a basso contenuto di grassi. L’assunzione di vitamine B12 e D, selenio e acidi grassi omega 3 possono aiutarti ad alleviare la sensazione di ansia e tristezza. Evita gli alimenti elaborati e ricchi di zuccheri, perché contribuiscono ad aumentare il rischio di depressione. Evita anche il consumo eccessivo di caffeina che tendenzialmente peggiora i sintomi di ansia e depressione. Pratica almeno 30 minuti di attività fisica moderata ogni giorno. Numerosi studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico contribuisce ad alleviare i sintomi di ansia e depressione. Cerca di andare a letto e di svegliarti alla stessa ora ogni giorno. Le tecniche di visualizzazione e la meditazione possono aiutarti a combattere l’insonnia.

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Evita di fare uso di droghe o alcol per cercare di affrontare il tuo lutto

Abusare di sostanze, incluso il cibo, per superare la sofferenza, è un comportamento abbastanza comune, ma è importante evitarlo. Il consumo eccessivo di alcolici è una reazione alla sofferenza leggermente più comune negli uomini rispetto che alle donne. L’alcol è un tranquillante che può provocare sintomi di depressione e ansia. Interferisce anche con la fase REM del sonno e può influenzare la tua capacità di giudizio e il tuo umore. Il National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism raccomanda di limitare la quantità di alcol a un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e a due per gli uomini. Se ritieni di avere problemi di alcolismo puoi rivolgerti a un centro specializzato. Il tuo medico potrebbe prescriverti dei farmaci per affrontare i sintomi della sofferenza, come la depressione. Attieniti alla posologia indicata, evita le droghe e le altre sostanze stupefacenti, perché peggiorano lo stato d’ansia e potrebbero compromettere la tua capacità di giudizio. Le esperienze di lutto e trauma potrebbero scatenare disturbi alimentari in alcune persone. Se ti senti incapace di controllare i tuoi comportamenti alimentari, oppure vuoi controllarli in maniera eccessiva, rivolgiti a uno psicoterapeuta.

Dedicati alle attività che preferisci

Un buon sistema per tirarti su di morale è fare ciò che ti piace e tenerti occupato. Quando impieghi le tue energie in un progetto che ti appassiona, come l’arte oppure l’escursionismo, aumenta il livello di serotonina, l’ormone del buon umore. Inoltre riesci a distrarti e a canalizzare le tue energie verso qualcosa di diverso dal dolore. Potresti anche valutare l’idea di coltivare una passione che stava particolarmente a cuore alla persona estinta, sempre se ritieni che possa aiutarti, anziché provocarti dolore. Ciò potrebbe farti sentire più vicino alla persona amata. Tuttavia, se il dedicarti a questa attività suscita soltanto tristezza, prova con qualcos’altro.

Preparati ad affrontare alcune situazioni che potrebbero fare riemergere il tuo dolore, come le festività, i compleanni e altri avvenimenti importanti

Anche alcuni luoghi e oggetti, come un fiore particolare, possono provocare dolore. Tutto ciò è normale, ma è importante elaborare delle strategie di coping, come apportare dei cambiamenti alla propria routine, oppure tenere sempre una scusa pronta per evitare un determinato posto. Per esempio:

  • Se recentemente hai perso un figlio e vedere altri bambini con i loro genitori al supermercato ti provoca sofferenza, recati al supermercato in orari della giornata in cui è meno probabile che ci siano bambini.
  • Se stai organizzando una vacanza con i tuoi familiari e recentemente hai perso una persona cara, chiedi loro di aiutarti a trovare un sistema per rendere omaggio alla persona estinta.
  • Concentrati sugli aspetti positivi del rapporto con la persona cara. È importante riconoscere i sentimenti di dolore che potrebbero emergere in seguito a una particolare situazione. Cerca di comprendere che soffri in quanto avevi un legame speciale con la persona defunta e dopo pensa a qualcosa di allegro.
  • Per esempio, potresti essere sopraffatta dalla sofferenza ogni volta in cui senti l’odore della torta di mele perché tu e tua nonna la preparavate sempre quando andavi a trovarla. Accetta il tuo dolore e dopo valuta un modo per renderle omaggio, come preparare una torta da sola oppure leggere il suo libro di cucina preferito.

Prenditi cura di te e del tuo benessere

Ciò potrebbe significare immergersi in un bagno profumato almeno una volta a settimana oppure andare in palestra per allenarsi. È importante che ti ritagli il tempo necessario per dedicarti ad attività che ti aiutino a rilassarti. Lo yoga e la meditazione sono entrambi sistemi eccellenti per coccolare contemporaneamente mente, corpo e spirito. Lasciati andare e fai in modo che tutte le energie negative fluiscano dal tuo cuore.

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Il dolore appartiene a te

Nessuno può sapere esattamente come ti senti o che cosa provi, perché ognuno elabora il suo lutto in maniera personale. Se qualcuno ti dice che “dovresti” sentirti in un modo piuttosto che in un altro, non lasciarti condizionare. Sappi soltanto che quel qualcuno sta cercando di aiutarti, pertanto non soffocare le tue emozioni. Il pianto è un ottimo esempio. Molte persone ritengono che piangere sia il modo migliore per esprimere il dolore e che alla fine si debba smettere di piangere. Quando ne senti la necessità, piangi. Riuscirai ad alleviare la tensione e a sentirti meglio fisicamente. Tuttavia è importante ricordare che alcune persone non manifestano il loro dolore attraverso le lacrime. È anche essenziale dire che non esiste il momento giusto per piangere. Potresti piangere per molti anni successivi alla perdita e anche ciò è normalissimo. Anche cercare di sforzarti di sentirti in una certa maniera, perché pensi che dovresti adeguarti a degli schemi, è inutile. Lasciati andare alle tue emozioni, anche se non sono quelle che ti saresti aspettata o temi il giudizio degli altri.

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Fatti aiutare

Chiedi aiuto a familiari e amici

È importante avere accanto delle persone su cui poter contare. Sebbene tu voglia essere indipendente, adesso è arrivato il momento di permettere agli altri di prendersi cura di te. Molte volte le persone care vorranno aiutarti, ma non sapranno come, pertanto comunica loro ciò di cui hai bisogno – che sia una spalla su cui piangere, un amico con cui andare a cinema, oppure un aiuto per organizzare il funerale. Lascia che i tuoi cari, i colleghi e gli amici sappiano che cosa è successo, se ti senti a tuo agio. Metterli in guardia sulla tua situazione li aiuterà a capire il motivo per cui scoppi a piangere nel bel mezzo della giornata (il che è comprensibile!). Parlare con i familiari e gli amici potrebbe aiutarti a capire le complicanze del lutto in funzione del tuo background culturale e religioso.

Unisciti a un gruppo di sostegno

Talvolta condividere la propria perdita con coloro che hanno attraversato la stessa esperienza può avere effetti terapeutici. Potresti sentirti sola, anche quando gli amici e i familiari sono accanto a te, pertanto circondarti di persone che riescano a comprendere la tua perdita potrebbe farti sentire meno sola. Puoi ricercare i gruppi di sostegno al lutto online oppure dando uno sguardo agli annunci esposti nelle bacheche della tua città. Se sei credente, potresti anche informarti per sapere se la tua chiesa mette al servizio dei fedeli dei gruppi di auto-aiuto.

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Parla con uno psicoterapeuta o uno psichiatra

Se pensi di non riuscire ad affrontare l’esperienza del lutto da sola, rivolgiti a uno specialista in elaborazione del lutto che riuscirà ad aiutarti a superare le emozioni negative che stai provando. Bisogna sfatare la credenza molto diffusa secondo la quale non è necessario il supporto psicologico quando si ha il sostegno dei familiari e degli amici. Un medico specialista, attraverso la terapia cognitivo-comportamentale, è in grado di aiutarti a individuare le strategie di coping più efficaci per elaborare il tuo lutto. Consultare uno psicoterapeuta non significa non godere del sostegno necessario in ambito familiare, bensì cercare ogni tipo di aiuto necessario, dando prova del tuo coraggio. Se non sei stata in grado di ritornare a una parvenza di normalità dopo parecchie settimane o mesi, se ti senti disperato, se sei assalito costantemente dal pensiero della morte oppure riesci a pensare soltanto alla persona cara scomparsa, probabilmente soffri di lutto complicato o depressione clinica. Consulta uno specialista quanto prima possibile.

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Cerca rifugio in ciò in cui credi

Ciò potrebbe significare trovare conforto nella fede, trascorrere più tempo a contatto con la natura oppure circondarti delle cose che ami. Se sei credente, cerca di trarre conforto dai riti funebri che la tua religione prescrive. Anche la meditazione e la preghiera potrebbero aiutarti a ritrovare la pace interiore. Se non sei credente, ma riesci a rasserenarti camminando tra i boschi oppure stando seduta sulla spiaggia, non precluderti queste opportunità. Forse credi nel valore della famiglia. Trai la forza di andare avanti dalle cose belle in cui credi o dall’amore.

Assimilare la perdita nella propria vita

Impegnati nel sociale

Alcune persone ritengono che, prestando servizio alla comunità in seguito a un lutto, riescano a stabilire un legame più intenso con gli altri. È possibile che dedicandoti a un progetto importante per la persona estinta tu riesca a renderle omaggio (anche nel caso in cui tu abbia perso il tuo cucciolo). Oppure potresti commemorare il tuo defunto devolvendo una somma di denaro a favore di un’associazione particolarmente importante. Aiutare gli altri può farti sentire meglio fisicamente. Da alcune ricerche è emersa una stretta relazione tra opere di beneficenza e aumento dell’ossitocina, un ormone che stimola la sensazione di benessere.

Lasciati andare al ricordo della persona estinta

Alcune persone potrebbero pensare che dopo un determinato periodo di tempo si dovrebbe dimenticare la persona defunta, ma non è vero. Potresti continuare a ricordare la persona amata (e probabilmente accadrà) per molti anni dopo la sua scomparsa. Non soffocare i ricordi. Cerca di concentrarti sugli aspetti positivi che hanno caratterizzato la vostra relazione. Probabilmente riaffiorerà la tristezza, ma riuscirai anche a trarre gioia e piacere ricordando ciò che rendeva la persona estinta così speciale ai tuoi occhi. Non pensare che tu debba evitare i ricordi e gli oggetti della persona cara. Tenere un suo souvenir o una sua foto potrebbe essere salutare e utile.

Prendi atto che la perdita ti ha reso diverso

“Superare” il lutto è un obiettivo comune, ma l’elaborazione del lutto è più complicata. La perdita ti cambia ed è importante esserne consapevoli. Non “superi” il lutto, ma puoi continuare a vivere in modo tale da rendere omaggio al defunto e al tuo futuro.

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Accetta di essere sconvolto

Quando apprendi la notizia della scomparsa di una persona cara, puoi subire uno shock – la mente e il corpo si bloccano nel tentativo di evitare di essere sopraffatti completamente. Potresti essere incredula di fronte alla morte. Ciò è normale.

Accetta il rifiuto

Il rifiuto è la modalità con cui il corpo e la mente spesso reagiscono allo shock di una perdita e ci permette di non essere assaliti da tutte le emozioni e le reazioni fisiche causate da un’esperienza devastante. Potresti stentare a credere che la persona amata sia scomparsa, però lentamente ti ritroverai ad accettare la realtà dei fatti. Se continui a ripeterti “Questo non può succedere a me”, stai sperimentando il rifiuto. Lentamente riuscirai a venire a termini con ciò che è successo e a superare questa dura prova. Sappi che potresti essere arrabbiata con il tuo Dio, con i medici e perfino con te stessa, perché credi di non aver fatto abbastanza per evitare la perdita. La rabbia è un’emozione facilmente riconoscibile ed è più semplice da controllare rispetto ad altre emozioni. Essa può essere diretta verso una determinata persona, un evento o un oggetto. È importante riconoscere che la rabbia scaturisce dal lutto e che stai canalizzando il dolore verso qualcosa di più tangibile. Potresti anche sentirti in colpa, particolarmente quando riconosci di essere arrabbiato con qualcuno che non ha alcuna responsabilità per quanto è accaduto. Potresti anche essere arrabbiato perché ti senti colpevole. Sappi soltanto che questi sentimenti si placheranno man mano che elaborerai il tuo lutto.

Permetti a te stesso di essere molto triste

Potresti ritrovarti a piangere per tutto il tempo oppure a riflettere spesso su ciò che è successo. Potresti sentirti vuota o depressa. Come accade per qualsiasi altra emozione, anche la tristezza si placherà, sebbene sia naturale ricordare la persona estinta e sentirsi tristi, anche a distanza di molti anni. L’elaborazione del lutto è differente dal lutto complicato o dalla depressione clinica. Perfino durante il processo di elaborazione del lutto riuscirai a sorridere e a tenerti su di morale, anche se soltanto per un attimo. Continuerai a vivere la tua vita, nonostante la tua sofferenza. Se sei clinicamente depressa oppure stai sperimentando il lutto complicato, non riuscirai a trarre la benché minima gioia da qualsiasi cosa, anche a distanza di tempo. Non sarai in grado di accettare la perdita e di svolgere le normali attività quotidiane e pertanto ti sentirai disperata. Se ti rispecchi in queste ultime caratteristiche, rivolgiti a uno psicoterapeuta. Sappi che a un certo punto potresti trovarti di fronte a strani meccanismi del pensiero, iniziando a pensare a che cosa sarebbe accaduto se i fatti si fossero svolti diversamente e che cosa saresti disposta a fare per cambiare il corso degli eventi. Potresti ritrovarti a pensare “Non litigherei mai più con mio marito se soltanto ritornasse da me”. In tal caso confrontati con qualcuno, distraiti, o semplicemente ricordati che hai fatto tutto ciò che era nelle tue possibilità. Cerca l’accettazione dentro di te. Accettazione non significa essere ‘felice’ per quello che è successo, ma semplicemente accettare la situazione. Andrai avanti e ti godrai la vita, pur sapendo di non avere più accanto la persona o la cosa che amavi. Inizierai a fare progetti, a guardare al futuro e a ritrovare il senso di pace interiore. Potresti avvertire un senso di colpa perché stai andando avanti con la tua vita, ma sappi che la persona estinta vuole che tu sia felice ed è contenta della vita che conduci. È normale sentirsi soli e isolati dopo una perdita. Circondati di persone, cose e luoghi che ti rendano felice per evitare di isolarti ulteriormente. Perfino fingere di sorridere può aiutarti a sentirti meglio.

Se a te o ad un tuo caro è stata diagnosticata una malattia terminale e credi di non riuscire a gestire da solo o da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui, ti aiuterò ad affrontare questo difficile momento.

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Sto per morire: le 7 fasi di elaborazione del dolore e della morte

MEDICINA ONLINE MORTE COSA SI PROVA A MORIRE TERMINALE DEAD DEATH CURE PALLIATIVE TERAPIA DEL DOLORE AEROPLANE TURBINE CHOCOLATE AIR BREATH ANNEGATO TURBINA AEREO PRECIPITA GRATTACIELO GLa psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross è diventata celebre grazie al suo trattato “La morte e il morire” (Assisi, Cittadella, 1976 edizione originale 1969) in cui definisce i cinque stadi di reazione alla prognosi mortale, che sono i seguenti: rifiuto, rabbia, negoziazione, depressione ed accettazione, a tal proposito leggi anche: Elaborazione del lutto: le 5 fasi che attraversa chi sta per morire

A tali 5 fasi negli anni sono state aggiunte ulteriori due fasi: shock e speranza, che nelle 5 fasi iniziali erano incluse rispettivamente nella fase del rifiuto e dell’accettazione. Le 7 fasi sono quindi:

  1. shock;
  2. rifiuto;
  3. rabbia;
  4. negoziazione;
  5. depressione;
  6. accettazione;
  7. speranza.

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1) Fase dello shock

Secondo la classificazione originaria di Elisabeth Kübler-Ross, la fase dello shock era inclusa all’interno della fase della negazione, tuttavia alcuni psichiatri e psicoterapeutici preferiscono vederla come una fase a parte. Lo shock corrisponde, come facilmente intuibile, ai primissimi momenti in cui il medico comunica al paziente che egli è affetto da una malattia incurabile, che lo porterà inevitabilmente alla morte in un tempo variabile, qualsiasi cosa si faccia. Lo shock è scaturito principalmente dal fatto che spesso questa è una notizia totalmente imprevista, non solo dal paziente e dai suoi famigliari, ma anche dal personale sanitario stesso. Succede infatti spesso che il paziente si rechi dal medico lamentando dei sintomi aspecifici, che generalmente non sono indice di grave malattia. Quando la diagnosi porta invece alla peggiore prognosi possibile, la reazione è realmente una doccia fredda. Casi tipici sono la comunicazione di un cancro in fase terminale o di positività al virus dell’HIV (quest’ultima vista come una condanna a morte dal paziente, seppur i progressi nel campo delle terapia antiretrovirali hanno completamente cambiato l’aspettativa di vita di pazienti sieropositivi).

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2) Fase della negazione o del rifiuto

In questo passaggio, immediatamente successivo alla notizia shock, il malato è totalmente preda dell’inconscio che, come ovvio, vede la morte come un evento spaventoso e distruttivo, che non si merita, a cui va contrapposta una difesa, armata di  negazione dell’evidenza oppure della convinzione che la diagnosi sia sbagliata, addirittura, in alcuni casi, si pensa che la malattia diagnosticata sia guaribile quando chiaramente non lo è. “Ma è sicuro, dottore, che le analisi siano fatte bene?”, “Non è possibile, si sbaglia!”, “Non ci posso credere, voglio il parere di un altro medico” sono le frasi più frequenti di fronte alla diagnosi di una patologia organica grave ed incurabile; questa fase è caratterizzata dal fatto che il paziente, usando come meccanismo di difesa il rigetto dell’esame di realtà, ritiene impossibile di avere proprio quella malattia.
In questa fase spesso, il paziente ha generalmente ancora condizioni di salute accettabili tanto che un’altra frase tipica della negazione è “Io mi sento bene, è impossibile che io abbia realmente una malattia mortale”. Molto probabilmente il processo di rifiuto psicotico della verità circa il proprio stato di salute può essere funzionale al malato per proteggerlo da un’eccessiva ed improvvisa ansia di morte che potrebbe portarlo addirittura a pensieri suicidari e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi. Con il progredire della malattia tale difesa diventa sempre più debole, però in alcuni casi potrebbe addirittura irrigidirsi, raggiungendo livelli di rifiuto della realtà ancor più psicopatologici.
Il rifiuto della malattia per i parenti è uno stato che non costituisce un problema, anzi normalmente è ben accolto perché aiuta il loro lavoro di sostegno al paziente e, a volte, va in ausilio alla decisione di nascondere al malato la verità, scelta opinabile, in quanto si preclude al malato le fasi di preparazione all’inevitabile.

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3) Fase della rabbia

Dopo la negazione, la realtà inizia ad essere chiara al paziente e ciò genera emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, il proprio dio (se il soggetto è credente), gli amici, persino gli animali di compagnia più cari, come cani e gatti che fino al giorno prima della cattiva notizia erano stati amati come figli. Una tipica domanda è “perché proprio a me?”. È una fase molto delicata dell’iter psicologico e relazionale del paziente. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.
Da che cosa nasce questa collera? Anche dalla consapevolezza che tutto della vita che si interrompe, da cui il “dolore totale”. Questa fase è caratterizzata da improvvisi scatti violenti per affermare la propria presenza, che si manifestano in modi molto soggettivi dal momento che dipendono fortemente dalla personalità di ciascuno: ad esempio un soggetto aggressivo aumenterà la propria aggressività; un soggetto che nella vita se la prendeva con tutti, se la prenderà ancora di più con tutti.
Questa fase esaurisce molte energie mentali, nel paziente e nelle persone che hanno a che fare con lui, che imparano ad essere “insultate” ed accusate senza motivi razionali. Fortunatamente questa fase tende ad essere superata presto, anche se alcuni pazienti rimangono in questa fase fino alla morte. Morire in collera è molto doloroso per tutti i soggetti implicati: significa fallire una pacificazione con sé stessi e con gli altri, lasciando spesso ai propri cari una strada difficile per elaborare il lutto (il parente si potrebbe ad esempio per sempre sentire in colpa per non aver “fatto pace” col defunto prima di morire).
Spesso le persone che non riescono a valicare la fase della rabbia sono quelle che nel vivere la loro esistenza senza malattia hanno avuto l’illusione del controllo totale della propria persona e del proprio destino. Individui volitivi, che hanno avuto successo, prestigio che hanno la sensazione che gli sia stato rubato il futuro.

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4) Fase della contrattazione o del patteggiamento

In questa quarta fase la rabbia irrazionale della terza fase lascia spazio ad una più razionale pianificazione delle opzioni disponibili per tentare una via d’uscita. Il paziente comincia a verificare cosa è in grado di fare per opporsi alla malattia ed in quali progetti può investire la speranza, cominciando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazionale del paziente (medici, familiari ed amici), sia con le figure religiose. Tipiche frasi di patteggiamento ascoltate dai miei pazienti, sono:

  • se prendo le medicine, potrò evitare di morire;
  • se prego molto, potrei salvarmi;
  • se mangio bene e faccio tanta attività fisica, la malattia invertirà la tendenza a mio vantaggio;
  • se darò tutti i miei averi in beneficenza o compio altri atti che possono migliorare il mio karma, potrei sopravvivere;
  • se vado in pellegrinaggio a Lourdes, succederà il miracolo;
  • se provo quella famosa cura alternativa e non approvata dai medici, mi salverò.

In questa fase, la persona riprende – o si illude di riprendere – il controllo della propria vita e cerca di riparare il riparabile, sia in modo razionale (prendo le medicine -> mi salvo) che in modo irrazionale, con vere e proprie fallacie logiche (faccio del bene al prossimo -> mi salvo).

Leggi anche: Cure palliative: cosa sono ed a che servono?

5) Fase della depressione

Questa fase rappresenta il momento nel quale il paziente capisce che qualsiasi patteggiamento non gli impedirà di morire e comincia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo e che subirà al momento della morte. Tale periodo di solito si manifesta quando la malattia progredisce e il livello di sofferenza aumenta. La fase viene distinta in due tipi di depressione:

  • depressione reattiva: è conseguente alla presa di coscienza di quanti aspetti della propria identità, della propria immagine corporea, del proprio potere decisionale e delle proprie relazioni sociali, sono andati persi;
  • depressione preparatoria: ha un aspetto anticipatorio rispetto alle perdite che si stanno per subire.

In questa fase della malattia la persona non può più negare le proprie condizioni di salute, né cercare improbabili contrattazioni, quindi comincia a prendere coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta, tristezza e appunto depressione. Quanto maggiore è la sensazione dell’imminenza della morte, tanto più probabile è che la persona viva fasi di depressione sempre più grave.

Leggi anche: Morire di dolore dopo la perdita del coniuge: ecco perché accade

6) Fase dell’accettazione

Quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva a un’accettazione della propria condizione e a una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione altalenanti, che però sono generalmente di intensità moderata. In questa fase il paziente tende a essere silenzioso e a chiudersi in sé stesso, tuttavia sono anche frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto: la persona può cercare i propri cari e fare lunghi discorsi, ad esempio ricordando il passato e raccomandandosi con gli altri di vivere bene la propria vita. È il momento dei saluti. È il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato, in cui si prende cura dei propri “oggetti” (sia in senso pratico, sia in senso psicoanalitico). La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia o con la fase pre-morte, momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione.

Leggi anche: Come affrontare il lutto di una persona cara

7) Fase della speranza

In tale fase – originariamente assoggettata alla fase dell’accettazione – il paziente sperimenta, similarmente alla fase del patteggiamento, una sottile speranza che, per qualche particolare miracolo, la propria malattia terminale non porti realmente alla morte. Mentre nella fase del patteggiamento il paziente è fortemente motivato a “uscire da questa situazione” e convinto che la morte possa essere in qualche modo evitata, in questa fase il paziente è malinconico e non ha più questa convinzione ferrea, ma nutre ancora una speranza, che è però lieve, docile, rassegnata, di chi è consapevole che non può fare più nulla ma, “chi lo sa, magari sono uno su un milione che non morirà…”. La speranza permette di affrontare gli ultimissimi momenti di vita con un minimo di ottimismo e di serenità.

Leggi anche: Quando morirai, saprai di essere morto: la mente muore dopo il corpo

Il lutto “ben elaborato”

Un lutto “ben elaborato” è un lutto in cui vengono percorse tutte le precedenti fasi. È molto raro che tale percorso sia lineare. È molto più comune che, soprattutto all’inizio, si oscilli da una fase all’altra. Questo è particolarmente osservabile fra la terza e la quinta fase. Chi è nello stadio di depressione (quinta fase) non è immune dal provare rabbia (terza fase) per quanto gli è successo: “saltella” quindi fra la rabbia e la depressione. Ciò che importa non è la regolarità nell’attraversare le fasi ma piuttosto che, pian piano, si proceda fino ad arrivare all’ultima. Più si compiono reali passi avanti, più sarà difficile che si retroceda a fasi precedenti già attraversate – cosa che purtroppo invece può succedere. Se – per esempio – una persona ha accettato completamente la tristezza dovuta alla perdita (cioè, è in piena sesta fase) sarà quasi impossibile che torni a negarla (seconda fase). In questo modo, prima o poi approderà alla fase di accettazione e il dolore lascerà posto alla serenità di chi ha accettato il proprio destino.

Leggi anche: Paziente terminale: segnali di morte imminente e gestione della famiglia

Il lutto “mal elaborato”

Un lutto che può lasciare conseguenze negative (cioè ancora più negative) è un lutto in cui le fasi diventano cronicamente cicliche perché mal gestite, o in cui si rimane “congelati” in una delle prime fasi oppure si torna indietro ad una fase iniziale. Queste ultime condizioni, in genere, si hanno quando la persona teme, magari in modo non del tutto conscio, che non riuscirà a tollerare le emozioni proprie della fase successiva. Come già prima accennato, alcuni – per esempio – trascorrono perfino anni in fase di rabbia perché, per quanto tale emozione sia dolorosa, sentono di riuscire a gestirla meglio della tristezza. Allo stesso modo, molti trascorrono anni in fase di depressione perché avanzare alla fase successiva significherebbe dover dare per scontato che il proprio destino è ineluttabile. Per la serenità del paziente e dei suoi famigliari ed amici è importante che tutte le fasi vengano attraversate in sequenza, anche con l’aiuto del medico e dello psicoterapeuta.

Se a te o ad un tuo caro è stata diagnosticata una malattia terminale e credi di non riuscire a gestire da solo o da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui, ti aiuterò ad affrontare questo difficile momento.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Elaborazione del lutto: le 5 fasi che attraversa chi sta per morire

MEDICINA ONLINE DOG SAD ALONE IN THE RAIN STREET DEPRESSIONE XANAX VOGLIO MORIRE MORTE PADRE DOLORE SOTTO LA PIOGGIA DEPRESSIONE SOLITUDINE SINDROME DA ABBANDONO COME SI CURA CONSIGLI ALa psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross è diventata celebre grazie al suo trattato “La morte e il morire” (Assisi, Cittadella, 1976 edizione originale 1969) in cui definisce i cinque stadi di reazione alla prognosi mortale, che sono i seguenti:

  1. rifiuto;
  2. rabbia;
  3. negoziazione;
  4. depressione;
  5. accettazione.

Questo modello di elaborazione del lutto a cinque fasi, rappresenta ancora, a distanza di molti anni, un ottimo strumento che permette di capire le dinamiche mentali più frequenti della persona a cui è stata diagnosticata una malattia terminale, ma gli psicoterapeuti lo ritengono un valido aiuto anche per chi è in fase di di elaborazione del lutto.

Negli anni è stato proposto anche un modello a 7 fasi, che potete trovare in questo articolo: Sto per morire: le 7 fasi di elaborazione del dolore e della morte

1) Fase della negazione o del rifiuto

In questo primo passaggio il malato è totalmente preda dell’inconscio che, come ovvio, vede la morte come un evento spaventoso e distruttivo, che non si merita, a cui va contrapposta una difesa, armata di  negazione dell’evidenza oppure della convinzione che la diagnosi sia sbagliata, addirittura, in alcuni casi, si pensa che la malattia diagnosticata sia guaribile quando chiaramente non lo è. “Ma è sicuro, dottore, che le analisi siano fatte bene?”, “Non è possibile, si sbaglia!”, “Non ci posso credere” sono le frasi più frequenti di fronte alla diagnosi di una patologia organica grave ed incurabile; questa fase è caratterizzata dal fatto che il paziente, usando come meccanismo di difesa il rigetto dell’esame di realtà, ritiene impossibile di avere proprio quella malattia.
In questa fase spesso, il paziente ha generalmente ancora condizioni di salute accettabili tanto che un’altra frase tipica della negazione è “Io mi sento bene, è impossibile che io abbia realmente una malattia mortale”. Molto probabilmente il processo di rifiuto psicotico della verità circa il proprio stato di salute può essere funzionale al malato per proteggerlo da un’eccessiva ed improvvisa ansia di morte che potrebbe portarlo addirittura a pensieri suicidari e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi. Con il progredire della malattia tale difesa diventa sempre più debole, però in alcuni casi potrebbe addirittura irrigidirsi, raggiungendo livelli di rifiuto della realtà ancor più psicopatologici.
Il rifiuto della malattia per i parenti è uno stato che non costituisce un problema, anzi normalmente è ben accolto perché aiuta il loro lavoro di sostegno al paziente e, a volte, va in ausilio alla decisione di nascondere al malato la verità, scelta opinabile, in quanto si preclude al malato le fasi di preparazione all’inevitabile.

Leggi anche: Che significa malattia terminale?

2) Fase della rabbia

Dopo la negazione, la realtà inizia ad essere chiara al paziente e ciò genera emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, il proprio dio (se il soggetto è credente), gli amici, persino gli animali di compagnia più cari, come cani e gatti che fino al giorno prima della cattiva notizia erano stati amati come figli. Una tipica domanda è “perché proprio a me?”. È una fase molto delicata dell’iter psicologico e relazionale del paziente. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.
Da che cosa nasce questa collera? Anche dalla consapevolezza che tutto della vita che si interrompe, da cui il “dolore totale”. Questa fase è caratterizzata da improvvisi scatti violenti per affermare la propria presenza, che si manifestano in modi molto soggettivi dal momento che dipendono fortemente dalla personalità di ciascuno: ad esempio un soggetto aggressivo aumenterà la propria aggressività; un soggetto che nella vita se la prendeva con tutti, se la prenderà ancora di più con tutti.
Questa fase esaurisce molte energie mentali, nel paziente e nelle persone che hanno a che fare con lui, che imparano ad essere “insultate” ed accusate senza motivi razionali. Fortunatamente questa fase tende ad essere superata presto, anche se alcuni pazienti rimangono in questa fase fino alla morte. Morire in collera è molto doloroso per tutti i soggetti implicati: significa fallire una pacificazione con sé stessi e con gli altri, lasciando spesso ai propri cari una strada difficile per elaborare il lutto (il parente si potrebbe ad esempio per sempre sentire in colpa per non aver “fatto pace” col defunto prima di morire).
Spesso le persone che non riescono a valicare la fase della rabbia sono quelle che nel vivere la loro esistenza senza malattia hanno avuto l’illusione del controllo totale della propria persona e del proprio destino. Individui volitivi, che hanno avuto successo, prestigio che hanno la sensazione che gli sia stato rubato il futuro.

Leggi anche: Differenza tra morte cerebrale, stato vegetativo e coma

3) Fase della contrattazione o del patteggiamento

In questa terza fase la rabbia irrazionale della seconda fase lascia spazio ad una più razionale pianificazione delle opzioni disponibili per tentare una via d’uscita. Il paziente comincia a verificare cosa è in grado di fare per opporsi alla malattia ed in quali progetti può investire la speranza, cominciando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazionale del paziente (medici, familiari ed amici), sia con le figure religiose. Tipiche frasi di patteggiamento ascoltate dai miei pazienti, sono:

  • se prendo le medicine, potrò evitare di morire;
  • se prego molto, forse potrei salvarmi;
  • se mangio bene e faccio tanta attività fisica, la malattia invertirà la tendenza a mio vantaggio;
  • se darò tutti i miei averi in beneficenza, potrei sopravvivere;
  • se vado in pellegrinaggio a Lourdes, succederà il miracolo;
  • se provo quella famosa cura non approvata dai medici, forse non morirò.

In questa fase, la persona riprende – o si illude di riprendere – il controllo della propria vita e cerca di riparare il riparabile, sia in modo razionale (prendo le medicine -> mi salvo) che in modo irrazionale, con vere e proprie fallacie logiche (faccio del bene al prossimo -> mi salvo).

Leggi anche: Si muore di AIDS? Qual è l’aspettativa di vita?

4) Fase della depressione

Questa fase rappresenta il momento nel quale il paziente capisce che qualsiasi patteggiamento non gli impedirà di morire e comincia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo e che subirà al momento della morte. Tale periodo di solito si manifesta quando la malattia progredisce e il livello di sofferenza aumenta. La fase viene distinta in due tipi di depressione:

  • depressione reattiva: è conseguente alla presa di coscienza di quanti aspetti della propria identità, della propria immagine corporea, del proprio potere decisionale e delle proprie relazioni sociali, sono andati persi;
  • depressione preparatoria: ha un aspetto anticipatorio rispetto alle perdite che si stanno per subire.

In questa fase della malattia la persona non può più negare le proprie condizioni di salute, né cercare improbabili contrattazioni, quindi comincia a prendere coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta, tristezza e appunto depressione. Quanto maggiore è la sensazione dell’imminenza della morte, tanto più probabile è che la persona viva fasi di depressione sempre più grave.

Leggi anche: Cure palliative: cosa sono ed a che servono?

5) Fase dell’accettazione

Quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva a un’accettazione della propria condizione e a una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione altalenanti, che però sono generalmente di intensità moderata. In questa fase il paziente tende a essere silenzioso e a chiudersi in sé stesso, tuttavia sono anche frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto: la persona può cercare i propri cari e fare lunghi discorsi, ad esempio ricordando il passato e raccomandandosi con gli altri di vivere bene la propria vita. È il momento dei saluti. È il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato, in cui si prende cura dei propri “oggetti” (sia in senso pratico, sia in senso psicoanalitico). La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia o con la fase pre-morte, momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione.

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Il lutto “ben elaborato”

Un lutto “ben elaborato” è un lutto in cui vengono percorse tutte le precedenti fasi. È molto raro che tale percorso sia lineare. È molto più comune che, soprattutto all’inizio, si oscilli da una fase all’altra. Questo è particolarmente osservabile fra la terza e la quarta fase. Chi è nello stadio di depressione (quarta fase) non è immune dal provare rabbia per quanto gli è successo: “saltella” quindi fra la rabbia e la depressione. Ciò che importa non è la regolarità nell’attraversare le fasi ma piuttosto che, pian piano, si proceda fino ad arrivare all’ultima. Più si compiono reali passi avanti, più sarà difficile che si retroceda ad altre fasi. Se, per esempio, una persona ha accettato completamente la tristezza dovuta alla perdita (cioè, è in piena quarta fase) sarà quasi impossibile che torni a negarla (prima fase). In questo modo, prima o poi approderà alla fase di accettazione ed il dolore lascerà spazio alla serena consapevolezza del proprio destino.

Leggi anche: Come affrontare il lutto di una persona cara

Il lutto “mal elaborato”

Un lutto che può lasciare conseguenze negative (cioè ancora più negative) è un lutto in cui le fasi diventano cronicamente cicliche perché mal gestite, o in cui si rimane “congelati” in una delle prime fasi oppure si torna indietro ad una fase iniziale. Queste ultime condizioni, in genere, si hanno quando la persona teme, magari in modo non del tutto conscio, che non riuscirà a tollerare le emozioni proprie della fase successiva. Come già prima accennato, alcuni – per esempio – trascorrono perfino anni in fase di rabbia perché, per quanto tale emozione sia dolorosa, sentono di riuscire a gestirla meglio della tristezza. Allo stesso modo, molti trascorrono anni in fase di depressione perché avanzare alla fase successiva significherebbe dover dare per scontato che il proprio destino è ineluttabile. Per la serenità del paziente e dei suoi famigliari ed amici è importante che tutte le fasi vengano attraversate in sequenza, anche con l’aiuto del medico e dello psicoterapeuta.

Se a te o ad un tuo caro è stata diagnosticata una malattia terminale e credi di non riuscire a gestire da solo o da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui, ti aiuterò ad affrontare questo difficile momento.

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRENOTA UNA VISITA CONTATTI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

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Alcuni libri che ho letto sull’elaborazione del lutto, l’eutanasia, il suicidio ed il bullismo e che sono sicuro troverai anche tu molto interessanti:

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Sindrome dell’intestino irritabile: cause, sintomi e diagnosi

MEDICINA ONLINE Medico Chirurgo Roma SINDROME INTESTINO IRRITABILE CAUSE SINTOMI DIAGNOSI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie AnoLa sindrome dell’intestino irritabile (da cui l’acronimo “IBS”) rappresenta una parte di un più vasto gruppo di malattie funzionali gastroenteriche, caratterizzata prevalentemente da dolore addominale e disturbi della defecazione. Questo disturbo è molto frequente e può essere associato con alterazioni della sfera psichica, riduzione della qualità della vita, disabilita sociale ed elevati costi socio-sanitari. In Italia ne soffre circa il 30% della popolazione, ad essere colpite sono soprattutto le donne, tra i 30 ed i 50 anni.

Cause e fattori di rischio della Sindrome dell’intestino irritabile

La sindrome dell’intestino irritabile ha varie cause e fattori di rischio, tra cui:

1) Cause fisiopatologiche: queste includono:

  • Alterazioni della motilità intestinale;
  • ipercontrattilità del sigma di tipo non propulsivo che si accentua dopo il pasto;
  • ipersensitività viscerale (distensione anche minima delle pareti del colon, provocano dolore);
  • infiammazione: da allergie/intolleranze alimentari, infezioni intestinali o modificazioni della flora batterica intestinale;
  • patologie di interesse psichiatrico: in uno studio di Drosmann del 1988 si è visto che nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile, erano più frequenti disturbi come la depressione, l’ipocondria, e la paranoia.

2) Fattori genetici: esistono studi sui gemelli monozigoti che dimostrano una certa prevalenza di gemelli affetti da IBS. Si ritiene che non solo l’ambiente familiare ma proprio meccanismi genetici siano responsabili di una predisposizione a sviluppare IBS. In uno studio pubblicato da Levy nel 2001 si osserva che la prevalenza di IBS nei gemelli monozigoti è doppia rispetto a quella nei gemelli di zigoti, che hanno una prevalenza simile a quella dei pazienti con IBS non geneticamente trasmessa.

3) Fattori psicologici: alla base della sindrome dell’intestino irritabile, possono esserci periodi di forte stress psicologico, determinati ad esempio da lutti, forte stress lavorativo, mobbing, bullismo, licenziamento.

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Diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile

La diagnosi si serve di vari strumenti, tra cui l’anamnesi (raccolta dei dati e dei sintomi del paziente), l’esame obiettivo (raccolta dei segni), diagnostica per immagini (radiografie, ecografie, TC…) ed esami di laboratorio (esame del sangue, esame delle feci…).

Anamnesi ed esame obiettivo

All’anamnesi il paziente riferisce in genere un dolore addominale prsente insieme ad almeno due dei seguenti punti:

  • il dolore è attenuato dalla evacuazione;
  • esistono variazioni nella frequenza delle evacuazioni;
  • esistono variazioni nella consistenza delle feci.

Questi sintomi devono essere presenti per almeno 12 settimane (non necessariamente consecutive) negli ultimi 12 mesi. Altri sintomi sono:

  • presenza di muco;
  • gonfiore o tensione addominale;
  • alterata consistenza delle feci).

Essi possono essere presenti ma non sono elementi sintomatologici fondamentali.
Pertanto questi criteri rappresentano l’elemento diagnostico fondamentale su cui ci dobbiamo basare per porre diagnosi di IBS. Ma è importante che la valutazione di questi criteri sia completata dalla esclusione di altri quadri clinici, che abbiano la presenza di sintomi uguali, e che includono patologie organiche o altre patologie funzionali.
Quando non vi siano segni di “allarme” come la perdita di peso, la diarrea refrattaria e viene esclusa un’anamnesi familiare di Cancro del Colon, la specificità dei Criteri di Roma supera il 98% ed il rischio di misconoscere una patologia organica è molto basso.

Oltre ad un’attenta anamnesi completata da un esame obiettivo accurato (che miri ad escludere una epatomegalia, masse addominali o segni di occlusione intestinale), può essere opportuno completare l’esame obiettivo con una esplorazione rettale, soprattutto quando viene descritta la presenza di sangue nelle feci o sintomi di incontinenza.

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Diagnostica per immagini ed esami di laboratorio

Oltre ad anamnesi ed esame obiettivo, laboratorio ed immagini sono componenti importanti per la diagnosi e la diagnosi differenziale. Utili un esame completo ematologico ed una ricerca del sangue occulto fecale. Tra gli esami consigliati troviamo la VES, la biochimica clinica, il TSH e la ricerca di parassiti fecali e delle uova. Nei soggetti giovani che presentano diarrea può essere utile dosare gli anticorpi antigliadina (aga) ed antiendomisio (ema) per la diagnosi della celiachia.
Per pazienti che abbiano superato i 50 anni e vi siano elementi che possono far sospettare patologie gravi (come il cancro al colon-retto) si raccomanda una colonscopia, mentre nei soggetti più giovani tale esame va effettuato solo con un fondato sospetto di malattia organica (prevalentemente nella diagnosi differenziale con le IBD). Se il trattamento iniziale fallisce il quadro clinico va approfondito con altre indagini strumentali come la manometria rettale, il Breath-Test al glucosio o al Lattosio per lo studio del transito e per lo studio della Intestinal Bacterial Overgrowth. In alcuni casi – in cui si sopettano malattie più gravi – può essere opportuno ottenere biopsie del colon per escludere un tumore maligno, una collagenopatia o una colite linfocitica.

I migliori prodotti per la salute dell’apparato digerente

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere del vostro apparato digerente, in grado di combattere stipsi, fecalomi, meteorismo, gonfiore addominale, acidità di stomaco, reflusso, cattiva digestione ed alitosi:

Per approfondire: Sindrome dell’intestino irritabile: sintomi, dieta e cibi da evitare

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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