Continua da questo articolo: Sonno, respiro e sistema cardiovascolare PRIMA PARTE
Controllo della respirazione durante il sonno
Queste modificazioni devono essere messe in relazione ad aggiustamenti della sensibilità di risposta dei centri respiratori allo stimolo con anidride carbonica. Infatti, il normale sonno ad onde lente è accompagnato da una diminuzione della sensibilità dei centri respiratori al biossido di carbonio, che è approssimativamente proporzionale alla
profondità del sonno. Il sonno ad onde lente conduce quindi ad una moderata ipercapnia e questo spiegherebbe anche il moderato generale incremento del flusso sanguigno cerebrale. Per quanto riguarda il sonno REM gli studi indaganti la risposta ventilatoria ai cambiamenti nella CO2 sono spesso discordanti tra loro. Secondo alcuni Autori si verificherebbe un marcato decremento della risposta ventilatoria alla CO2, rispetto al sonno sincronizzato; inoltre il pattern irregolare di respirazione tipico del REM sembrerebbe scarsamente influenzato non solo dalla CO2 ma anche da altri stimoli quali l’alcalosi metabolica, l’iperossia, il blocco vagale e la denervazione dei chemiocettori carotidei e aortici. Secondo altri studi nel sonno REM la sensibilità alla CO2 si accrescerebbe, invece, fino a raggiungere un livello pari a quello presente durante la veglia; questo spiegherebbe l’aumento e l’irregolarità della respirazione osservati durante le fasi di sonno REM. Tale variabilità deriva probabilmente dal fatto che il controllo della respirazione è differente ed è sottoposto a influenze diverse rispettivamente nel sonno REM tonico e fasico. Si può concludere quindi che la respirazione nel REM è il risultato di una complessa combinazione di influenze eccitatorie e inibitorie. Inizialmente questa tendenza all’ipocapnia determina una vasocostrizione cerebrale, ma l’ evidenza esistente indica che il sonno REM, con il suo aumento dell’attività neuronale, accresce sia l’estrazione di 02 sia il flusso sanguigno.
Così, a dispetto della vasocostrizione, si verifica un forte incremento del flusso sanguigno cerebrale durante la fase REM. Nelle diverse regioni cerebrali il flusso può aumentare anche dell’80% con aumenti massimi nei nuclei cocleari e minimi a livello della bianca cerebellare. Ulteriori aumenti fasici si determinano in occasione delle scariche dei
movimenti oculari rapidi.
Sonno e sistema cardiovascolare
La frequenza cardiaca è più alta durante l’esercizio e le ore diurne piuttosto che a riposo e durante le ore notturne. Queste differenze sono state attribuite in parte a modificazioni del tono simpatico. Ciò è confermato dal fatto che i farmaci β-bloccanti abbassano la frequenza cardiaca in modo più significativo durante l’esercizio e nelle ore diurne, piuttosto che a riposo e nelle ore notturne, quando i soggetti sono presumibilmente addormentati. Comunque il sonno è uno stato comportamentale complesso e non uniforme, con una significativa variabilità del ritmo cardiaco. In particolare, la causa principale di variabilità della frequenza cardiaca è rappresentata dalla comparsa di tachicardie transitorie, fenomeni che non sono distribuiti casualmente durante il sonno, ma appaiono raggruppati in differenti fasi della notte.
Studi poligrafici hanno evidenziato che circa il 20 delle tachicardie transitorie coincide con le transizioni di stadi del sonno (4-3, 3-2, 2-1, 1-W). Circa l’80% delle tachicardie si verifica all’interno degli stadi con un progressivo incremento dagli stadi 4,3,2, 1 al REM. Le tachicardie verificante si entro lo stadio 2 si inserivano in pattern caratterizzati da complessi K, aumento del tono muscolare e dei movimenti del corpo. Nella fase REM erano molto corte, seguite da pause sinusali e correlate ad aumenti molto lievi dell’attività elettromiografica, ma apparentemente non connesse a movimenti oculari o del corpo.
Sonno NREM
È noto già da tempo che il sonno NREM, specialmente nella prima parte della notte, è accompagnato da una caduta della pressione arteriosa sistemica, che a volte ammonta a 30-50 mmHg (sistolica). La diminuzione della pressione arteriosa diviene progressivamente più rilevante con l’approfondirsi del sonno NREM, toccando il minimo dopo circa due ore e mezza di sonno. Non è chiaro se tale comportamento si realizzi soltanto in coincidenza della massima rappresentazione del sonno NREM o sia piuttosto l’espressione di un ritmo circadiano. La conseguente caduta della pressione di perfusione cerebrale non influenzerebbe il flusso sanguigno cerebrale, poiché esiste un’autoregolazione del letto vascolare cerebrale, ossia un adattamento dell’ampiezza dei vasi alla pressione, cosicché viene mantenuto un flusso costante. Durante lo stadio 2 è tipico il riscontro di oscillazioni periodiche della pressione arteriosa sistemica (onde di Meyer) della durata di parecchi minuti con un periodismo di circa 30 secondi; queste oscillazioni fasiche sono solitamente associate ad analoghe oscillazioni dell’escursione respiratoria, a variazioni cicliche di uguale durata della pressione arteriosa polmonare, del ritmo cardiaco, del tono arteriolare e del livello di vigilanza. Durante il sonno NREM si verifica inoltre una riduzione della frequenza cardiaca; è stato dimostrato che tale decremento non dipende semplicemente da una diminuzione del tono simpatico, ma soprattutto da un significativo incremento tonico dell’attività parasimpatica. L’associazione di bradicardia e riduzione della pressione arteriosa è anche responsabile di una discreta diminuzione della gittata cardiaca in questa fase del sonno.
Sonno REM
Nell’uomo durante la fase di sonno REM la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa salgono di nuovo leggermente, collocandosi attorno ai valori osservati nello stadio 2, ed entrambe diventano irregolari. Infatti, all’interno o in vicinanza degli stadi REM, non è infrequente il riscontro di aritmie cardiache (ritmi giunzionali, blocchi atrioventricolari, tachicardie ventricolari). Si possono verificare, inoltre, improvvisi e irregolari incrementi della pressione arteriosa sistemica soprattutto in coincidenza di scoppi di movimenti oculari rapidi e di altri eventi fasici.
La diminuzione tonica della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa (che si osserva durante il sonno REM rispetto ai valori della veglia) sarebbe dovuta ad un decremento tonico dell’ ortosimpatico.
Al contrario, studi eseguiti confrontando l’effetto di β-bloccanti con e senza attività simpaticomimetica intrinseca (ISA) sulla frequenza cardiaca a riposo, durante esercizio e durante i vari stadi del sonno, sembrano dimostrare che la tachicardia del sonno REM è mediata primariamente da meccanismi nonadrenergici (decremento del tono vagale).
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Lo Staff di Medicina OnLine
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