Aritmia cardiaca: cause e fattori di rischio, sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE ARITMIA TACHICARDIA BRADICARDIA PALPITAZIONI SEMEIOTICA CUORE CARDIACA ESAME OBIETTIVO AUSCULTAZIONE FONENDOSCOPIO ORECCHIO FOCOLAIO SUCULTAZIONE POLMONARE AORTICO MITRALICO TRICUSPIDALE.jpgIl cuore è un muscolo che ha come compito fondamentale quello di far circolare il sangue in tutto il corpo. In esso è presente un circuito elettrico, detto sistema eccito-conduzione, che attiva e regola la contrazione cardiaca. Normalmente la frequenza cardiaca varia tra i 60 e i 100 battiti al minuto e le contrazioni si susseguono in modo regolare e ritmico, con solo leggere variazioni fisiologiche legate alla respirazione (i battiti tendono a rallentare durante una espirazione profonda).

L’aritmia cardiaca è un disturbo:

  • del ritmo cardiaco, in cui i battiti non sono ritmici (ad esempio: fibrillazione atriale);
  • della frequenza cardiaca aumentata (tachicardia) in cui la frequenza supera i 100 battiti al minuto a riposo;
  • della frequenza cardiaca diminuita (bradicardia) in cui la frequenza è inferiore ai 60 battiti al minuto a riposo.

L’aritmia cardiaca si verifica quando si ha un ritardo o un blocco dei segnali elettrici che controllano il battito cardiaco. Ciò accade quando le speciali cellule nervose che producono i segnali elettrici non lavorano correttamente o se il segnale non viaggia in modo normale attraverso il cuore. A tal proposito leggi: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Un’ aritmia può verificarsi anche in seguito alla produzione di un segnale elettrico all’interno del cuore, che si aggiunge al segnale prodotto dalle cellule nervose deputate.

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

Tra i fattori di rischio più ricorrenti di un’aritmia, vi sono:

  • fumo;
  • abuso di alcol;
  • abuso di caffè o tè;
  • uso di droghe (es. cocaina e amfetamine);
  • effetti collaterali legati all’uso di alcuni farmaci;
  • disturbi digestivi;
  • BPCO (bronco pneumopatia cronico ostruttiva);
  • un forte stress emozionale (paura, tristezza, ira…)
  • un incremento dei valori della pressione sanguigna
  • il rilascio di particolari ormoni dello stress;
  • un infarto cardiaco;
  • condizioni mediche pregresse (ipertensione, patologie coronariche, disfunzioni tiroidee che portano all’iperproduzione o all’ipoproduzione di ormone tiroideo, patologie reumatiche del cuore).

In alcune forme di aritmia (es. la Sindrome di Wolff-Parkinson-White) possono essere convolti fattori di malfunzionamento cardiaco di tipo congenito, quindi presenti dalla nascita.

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SINTOMI

Le diverse forme di aritmia si manifestano con sintomi simili: palpitazioni, senso di debolezza, affanno e, in caso di fibrillazione atriale, sensazione particolare al petto, descritto come “tuffo al cuore” o “cuore che salta”. La sincope (perdita di coscienza di breve durata) sopraggiunge in caso di insufficiente irrorazione sanguigna del cervello (brachicardia con meno di 20 battiti al minuto o tachicardia improvvisa con una frequenza superiore a 200 battiti al minuto). Il paziente, se coricato con gambe sollevate, riacquista rapidamente conoscenza. Se però non riprende i sensi, si tratta di emergenza con pericolo di arresto cardiaco, in quel caso si rendono necessarie misure d’urgenza per salvare la vita: massaggio cardiaco, respirazione artificiale, defibrillazioni ecc. quindi potrebbe essere di vitale importanza recarsi immediatamente al pronto soccorso.

DIAGNOSI

Per una diagnosi precisa, il cardiologo ha la disponibilità di alcuni esami medici. Gli esami del sangue (marker cardiaci) misurano l’eventuale danno del cuore, i livelli di zuccheri (glicemia) e di ormoni tiroidei (TSH, T3 e T4). Nelle donne giovani, infatti, l’aritmia cardiaca può essere causata dalla tiroide che funziona troppo (ipertiroidismo) o dall’anemia. L’elettrocardiogramma (ECG) registra gli impulsi elettrici del cuore e serve per capire di quale tipo di artrite si soffre. Se le aritmie sono frequenti, il medico può chiedere di indossare un ECG portatile (Holter) per 24 ore consecutive. L’ecocardiogramma con gli ultrasuoni evidenzia le dimensioni del cuore e delle valvole cardiache; mentre una radiografia del torace aiuta a scoprire se la causa dell’aritmia cardiaca è un problema legato ai polmoni. Se l’aritmia cardiaca inizia durante o dopo l’attività fisica, il medico può prescrivere un test da sforzo, che valuta come reagisce il cuore all’affaticamento fisico. L’attività cardiaca è registrata mentre si è sopra una cyclette o su un tapis roulant. Se l’artrite compare durante il test, significa che al cuore non arriva abbastanza sangue e bisogna verificare la salute delle arterie.

CURA

Le aritmie non disturbanti di solito non necessitano di trattamenti. Se però il disturbo è frequente, si può optare per una terapia: in caso di extrasistoli, con farmaci leggermente sedativi. Se non si ottengono risultati, si procede con farmaci antiaritmici. Le tachicardie sopraventricolari si cerca di interromperle quando si sono già manifestate con farmaci antiaritmici o con l’esecuzione di manovre particolari come l’immersione del volto in acqua gelata o somministrando stimoli elettrici, cercando di prevenire la ricomparsa in futuro sempre con farmaci antiaritmici. Per le tachicardie ventricolari si usano farmaci che controllano il ritmo, anche se in alcuni casi essi non sono in grado di farlo, per cui si utilizzano piccoli sondini nel cuore collegati ad un piccolo congegno elettronico in grado di capire quando è in corso la tachicardia e di inviare stimoli elettrici che la interrompono. Le brachicardie si curano impiantano un pacemaker (stimolatore cardiaco) che sostituisce i circuiti cardiovascolari rivelatisi insufficienti, in grado di variare la frequenza cardiaca in basa a quella che la persona necessita.

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Semeiotica del cuore: l’esame obiettivo cardiaco completo

MEDICINA ONLINE ESAME OBIETTIVO ANAMNESI VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME VISCERI CUORE SUONI STETOFONENDOSCOPIO SEMEIOTICAL’esame obiettivo del cuore comprende l’auscultazione, l’ispezione e la percussione, ma per arrivare alla diagnosi il medico controlla l’anamnesi e può prescrivere degli esami. Parliamo ora dell’anamnesi, in ambito strettamente cardiologico:

ANAMNESI FAMILIARE: ci sono numerose malattie cardiovascolari congenite, tra cui citiamo la cardiomiopatia ischemica, la “sudden death”, la cardiomiopatia dilatativa, la displasia aritmogena del ventricolo destro e la sindrome di Brugada, quindi è importante nell’anamnesi familiare indagare se il nostro paziente ha avuto lui stesso od in famiglia dei problemi cardiovascolari in età relativamente giovanile, intorno ai 50-55 anni.

ANAMNESI FISIOLOGICA

– era importante sapere se un maschio aveva fatto la leva militare e se una donna aveva portato a termine una gravidanza, perché queste erano le prime visite che una persona faceva dal dottore, fino a qualche tempo fa, questo ci consentiva dunque di escludere alcune patologie a livello cardiaco. Ormai al giorno d’oggi anche gli adolescenti sono soliti andare spesso a fare delle visite mediche (quando all’esame obiettivo non si riscontrano dei problemi a livello cardiaco, sull’anamnesi scriviamo toni ritmici validi e pause libere da soffi).

– l’aterosclerosi inizia a manifestarsi nel secondo mese di vita intrauterina, l’orizzonte clinico di questa patologia è presente però intorno ai 40-50 anni di vita. Questa patologia può creare seri problemi più o meno precocemente, a seconda di quanto vengano tenuti in considerazione i fattori di rischio per questa malattia, che possono essere congeniti od acquisiti, sono importanti dunque anche le abitudini di vita da indagare in questa anamnesi fisiologica. L’arteriosclerosi inoltre è una malattia molto più sensibile al freddo, il vasculopatico è infatti un paziente che stà peggio al freddo, vedi la sindrome di Raynaud, il morbo di Buerger, l’angina da sforzo e l’arteriopatia agli arti inferiori (in quest’ultimo caso si può parlare della malattia delle vetrine, in pratica queste stenosi alle arterie femorali comportano un forte dolore al soggetto che è costretto a fermarsi ogni qualche centinaio di metri, per darsi un contegno si dice dunque che si ferma spesso a guardare le vetrine, poi quando il dolore scompare riprende la marcia). Le coronarie sono uno dei distretti più colpiti da queste malattie, ma ce ne sono diversi altri, in ogni caso l’aterosclerosi tende a colpire con più frequenza alcuni distretti specifici.

– è importante riconoscere la presenza della sindrome metabolica, in cui la sommatoria di diversi fattori di rischio (l’ipertensione, l’iperglicemia, l’ipercolesterolemia, l’obesità, l’abitudine tabagica ed uno stile di vita sedentario) porta la placca aterosclerotica ad avere un orizzonte clinico maggiormente precoce.

– bisogna indagare anche sull’angina da cocaina, infatti la cocaina nelle forme in cui al giorno d’oggi viene assunta origina uno spasmo coronarico violento, che può perdurare nel tempo e portare ad un infarto del miocardio, nonostante in questo caso le coronarie possano essere completamente sane. Bisogna trovare dunque anche il coraggio di chiedere se il paziente fa uso di sostanze stupefacenti, per potere attuare la terapia corretta.

– anche il mestiere è importante, in quanto un lavoro sedentario, un lavoro che comporta di mangiare al ristorante o che comporta un’alterazione del ritmo sonno-veglia è importante da ricavare con l’anamnesi, dobbiamo tenere presente infatti che le piastrine hanno il più alto potere aggregante nelle ore prima dell’alba, in questo periodo di tempo infatti si può avere facilmente l’angina.

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ANAMNESI FARMACOLOGICA: indaghiamo anche sui farmaci e sulle malattie che già affliggono il paziente che stiamo intervistando, ci dobbiamo infatti ricordare che i farmaci chemioterapici sono dei farmaci estremamente cardiotossici

ANAMNESI PATOLOGICA REMOTA: prendiamo ora in considerazione la febbre, che un tempo era molto più considerata, soprattutto per quanto riguarda il reumatismo articolare acuto: questa malattia cominciava come una febbre reumatica per poi dare origine a delle endocarditi ed a delle miocarditi, nei casi più gravi poteva addirittura portare ad un’insufficienza valvolare. È una malattia che colpisce con maggiore frequenza i giovani, anche se oggi come oggi è una patologia molto meno frequente, l’uso degli antibiotici ha minimizzato molto il numero dei casi di queste malattie infettive.

ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMA

– il DOLORE è il primo sintomo che il paziente ci racconta, sia da un punto di vista fisico (rappresenta il dolore fisico che egli percepisce) che da un punto di vista psichico (per la paura di essere afflitti da qualche patologia seria), è stato infatti riscontrato che il dolore toracico è formato da entrambe queste componenti.

Se andiamo a parlare del dolore ischemico che origina l’infarto del miocardio, possiamo dire che da un punto di vista delle sede è un dolore retrosternale, oppressivo, a morsa od a tenaglia, è comunque un dolore che stringe e comprime il petto. Può irradiarsi alla spalla sinistra ed al braccio sinistro (sul lato ulnare), non si modifica con gli atti respiratori o con la modificazione della postura e non è un dolore trafittivo, ma piuttosto è un dolore che viene considerato urente. Può essere accompagnato dalla nausea, dal vomito e dal singhiozzo (per la compressione del nervo frenico da parte del ventricolo destro). A questo si accompagna molto spesso il sudore freddo, si parla infatti di una diaforesi algida da accompagnamento.

La durata è importante, se dura pochi secondi non è preoccupante ma generalmente dopo venti minuti questo dolore diventa insopportabile. Il dolore anginoso (quando non si è ancora sviluppata la necrosi dei miociti) è un dolore che arriva fino a quindici minuti, presenta anche un po’ d’intermittenza, mentre il dolore da infarto si ha con un decorso temporale un po’ più lungo.

È importante sottolineare anche l’orario in cui avviene il dolore e le modalità d’esordio del dolore, che solitamente avviene in condizioni di riposo, però se avviene dopo un pasto è necessario fare una diagnosi differenziale dal dolore da ulcera gastrica (è un dolore tipicamente post-prandiale), da ulcera duodenale (è un dolore che si ha a digiuno, con una piccola ferita, una lesione a livello della mucosa duodenale per un’ipersecrezione di acido cloridrico od altri acidi da digestione.

Quindi la prima efficace terapia è l’ingestione di una sostanza alcalinizzante) e dall’esofagite da reflusso (si parte da un’ernia iatale, ovvero la mucosa gastrica si ernia attraverso lo iato esofageo nel mediastino, creando a questo livello una pericolosa secrezione acida, inoltre si dice che è la malattia del giardiniere perché questa è una figura professionale che nel suo lavoro tende a piegarsi spesso, facilitando dunque un’evoluzione positiva dell’ernia iatale, ma questo può facilmente succedere anche nelle donne in gravidanza, in quanto la presenza del feto comporta a livello diaframmatico una maggiore facilità all’attraversamento dello iato esofageo da parte della mucosa gastrica).

Da un punto di vista dell’intensità il dolore da infarto del miocardio è un dolore molto intenso, anche se a volte questo dolore può essere di scarsa entità, l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma (evidenzia un’acinesia, ovvero un pezzetto di cuore tende a non contrarsi) ci permettono infatti di riconoscere un infarto laddove il soggetto non ne ha avuto coscienza. Questo soggetto può essere un diabetico, in quanto la loro percezione del dolore è molto atipica, inoltre possiamo avere anche degli infarti che emergono in maniera asintomatica o con una sintomatologia atipica, come ad esempio un forte dolore a livello gastrico od a livello della schiena. Altri tipi d’infarti possono emergere invece con una morte improvvisa del paziente, anche se i servizi d’urgenza e le ambulanze permettono a volte di salvare anche questo tipo di persone.

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– la PERICARDITE è una malattia che si presenta tutti gli anni, ed è un’infiammazione della sierosa che riveste il miocardio. Tipicamente nei giovani possiamo avere la pericardite acuta benigna, mentre la pericardite batterica si cura con gli antibiotici. Il dolore di questa patologia è sensibile alle variazioni di postura, infatti se c’è un versamento tra i due foglietti della sierosa a livello pericardico, a seconda di come uno si muove anche il liquido è in movimento e questo comporta una diversa sensibilità al dolore. Se a questa pericardite si aggiunge una pleurite (si parla allora di una condizione di polisierosite), possiamo avere una variazione nei movimenti del respiro.

– la DISPNEA è importante osservarla nell’esame obiettivo, solitamente la frequenza respiratoria è di 12-16 atti respiratori al minuto e chi è in condizioni di polipnea ha un numero maggiore di atti respiratori al minuto rispetto ai parametri che abbiamo definito prima. La dispnea, che rappresenta una condizione di respirazione difficoltosa, può essere data da cause respiratorie (nelle allergie, nelle broncopneumopatie croniche ostruttive o nell’enfisema polmonare), può esserci in una crisi ipertensiva, si può manifestare a riposo ad esempio nell’anemico (o comunque nei soggetti che hanno per un qualche motivo una bassa concentrazione di emoglobina) o in chi compie degli sforzi specialmente in ambienti di alta montagna, dove la pressione parziale dell’O2 è piuttosto bassa. Possiamo avere anche una dispnea parossistica, che ha un esordio acutissimo ed è l’espressione dell’insufficienza ventricolare sinistra, ovvero dell’edema polmonare acuto, è importante però diagnosticare una dispnea patologica nelle donne che si affaticano facilmente perché sono in gravidanza, nei soggetti che hanno appena svolto un’attività fisica o nei soggetti che fumano venti sigarette al giorno, in quanto la nicotina è una sostanza vasocostrittrice. Nel caso di una ritenzione idrica acuta si può invece manifestare una dispnea che può essere data da un’insufficienza cardiaca acuta, questo si può vedere dal fatto che le caviglie sono gonfie in maniera simmetrica per la presenza di acqua.

Facciamo soltanto un accenno alle patologie del cuore per dire che esse si dividono in patologie congenite ed acquisite, in particolare abbiamo già parlato delle forme congenite più comuni e delle patologie infettive che possono colpire le valvole cardiache (anche se al giorno d’oggi con l’utilizzo degli antibiotici sono diminuite notevolmente in termini d’incidenza), mentre nelle forme acquisite citiamo la forma ischemica, la forma ipertensiva, la forma dilatativa e la forma idiopatica. La parte del leone la giocano sostanzialmente le “patologie del benessere”, se andiamo infatti nei paesi sottosviluppati queste malattie colpiscono un numero molto inferiore di persone, proprio per le diverse abitudini di vita che ci sono (nei paesi occidentali contribuisce a queste malattie soprattutto il largo utilizzo di sale, che è nato proprio nei paesi del Mediterraneo) qui rispetto ai paesi più ricchi.

Passiamo ora alle varie parti dell’esame obiettivo del cuore.

L’ISPEZIONE

Tramite l’ispezione della regione toracica si possono valutare, in prima battuta, le caratteristiche dell’atto respiratorio, il ritmo, la frequenza e la profondità del respiro: questo è importante in quanto il cuore ed i polmoni sono fortemente correlati dal punto di vista anatomico e funzionale, quindi le anomalie del respiro possono essere determinate sia da problemi dell’apparato respiratorio che da problemi cardiaci. Tramite l’ispezione si valutano anche le alterazioni o malformazioni del torace, come il gibbo, la depressione del corpo dello sterno (o pectus excavatum) o le bozze precordiali (rappresentano una vera e propria sporgenza presente sotto la cute, a livello della mammella sinistra ed a fianco dello sterno, da parte della punta del cuore che vi preme contro).

Andiamo ad analizzare soprattutto il decubito, in particolare si può parlare di un decubito indifferente se il cuore ed i polmoni funzionano correttamente, ma nel caso di un’insufficienza cardiaca acuta il paziente tende a stare in posizione seduta, con il petto che si piega verso le cosce.
Questa è la posizione “squat”, che facilita il ritorno venoso e dunque anche la respirazione del paziente.

È importante valutare la cianosi, una condizione in cui se l’emoglobina deossigenata supera i 5 g/dl allora compare una colorazione bluastra che possiamo riscontrare a livello labiale od a livello del letto ungueale.
Se un individuo è di razza caucasica o nero si può riscontrare invece la cianosi a livello della congiuntiva. Abbiamo già parlato di dove possiamo sentire l’itto della punta, un po’ a sinistra del capezzolo, in particolare possiamo sentire bene la pulsazione di questa zona con due dita, mentre se questa pulsazione si verifica più in basso e più all’esterno (in particolare nel quinto spazio intercostale, sulla linea ascellare posteriore) allora possiamo pensare che il soggetto è affetto da una cardiomegalia.

L’ortopnea obbligata è una condizione in cui il soggetto respira bene stando seduto, non riesce ad assumere un decubito indifferente.Per quanto riguarda gli edemi, se ho un edema bilaterale a livello delle caviglie devo pensare ad un problema a livello cardiaco, oppure ad una stasi venosa (che può manifestarsi anche semplicemente in un soggetto obeso od in un soggetto che lavora stando fermo ed è in piedi per diverse ore al giorno), mentre se l’edema a livello delle caviglie è monolaterale è dovuto probabilmente ad una distorsione della caviglia.

La gotta è una malattia che si presenta con un’iperglicemia ed un’alta concentrazione di acidi urici, ed è dovuta ad un elevato consumo di carne, o comunque di alimenti che hanno un elevato contenuto proteico. Questo comporta dei forti dolori a livello delle articolazioni, l’alluce del piede diventa molto rosso ed il piede tende facilmente a gonfiarsi per il deposito dei cristalli di acido urico a livello articolare. Possiamo notare anche i caratteristici “tofi gottosi” che sono sempre dei depositi di cristalli di acido urico sull’anello esterno dell’orecchio.

LA PERCUSSIONE

Per arrivare a percuotere il cuore e l’area cardiaca dobbiamo arrivare a percuotere il margine inferiore e superiore del fegato. Palpare il fegato è molto difficile, basta che il soggetto sia un po’ in carne che non riusciamo a palparlo, dunque è importante fare una buona percussione, in particolare a livello del quarto-quinto spazio intercostale possiamo sentire il margine superiore del fegato, che rappresenta il punto di repere per l’angolo dell’area cardiaca, mentre il margine inferiore del fegato è quello che durante l’inspirazione forzata possiamo palpare sotto l’arcata costale, a livello della porzione cartilaginea. La percussione polmonare va fatta invece piano per mettere in evidenza l’ottusità del cuore e per non mettere in risonanza l’aria che passa nei polmoni, nei punti in cui queste due strutture si trovano molto vicine (in particolare nelle vicinanze dell’angolo del Louis). In ogni caso al giorno d’oggi la percussione a livello dell’area cardiaca è poco utilizzata perché le informazioni che possiamo ricavare da questa tecnica sono poco affidabili.

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L’AUSCULTAZIONE

Può essere diretta (si appoggia l’orecchio sul torace) o mediata (si utilizza il fonendoscopio), per analizzare i toni cardiaci ed i rumori aggiunti. I toni fisiologici sono due, il primo corrisponde alla chiusura delle valvole atrio-ventricolari (rappresenta l’inizio della sistole), in particolare si sente bene nei focolai della punta, mentre il secondocorrisponde alla chiusura delle valvole semilunari (rappresenta la fine della sistole), e si sente bene nei focolai della base. Talvolta può essere presente il tono di galoppo, che è un tono difficile da auscultare, in particolare rappresenta il terzo tono aggiunto che mi consente di auscultare al fonendoscopio un caratteristico rumore di galoppo, indice di uno scompenso cardiaco e di un edema polmonare acuto.

I toni possono essere:

  • Di alterata intensità.
  • Ovattati.
  • Lontani.
  • Parafonici (i toni non sono auscultabili chiaramente, ad esempio in un soggetto grosso od enfisematoso, in particolare nel paziente enfisematoso l’aria stagnante a livello polmonare impedisce una corretta propagazione delle onde sonore).
  • Scoccanti (ad esempio nei pazienti molto magri, nei pazienti che soffrono di tachicardia o nei pazienti che soffrono di ipertensione arteriosa).

L’irradiazione dei soffi è un altro argomento molto importante, in particolare possiamo dire che un soffio aortico tende ad irradiarsi lungo i vasi del collo, in quanto segue il decorso dei suoi vasi sanguigni. Si parla in questo caso di un soffio sistolico, dovuto ad una stenosi aortica, mentre il soffio mitralico si irradia verso l’itto della punta, quindi verso l’ascella. L’auscultazione va effettuata sui focolai cardiaci, in particolare essi sono 4, o meglio 5 aree specifiche che corrispondono ai focolai valvolari:

Focolaio aortico: è presente nel II spazio intercostale destro sulla linea parasternale (è importante auscultare questo focolaio nel soggetto anziano perché la patologia aterosclerotica può colpire facilmente questo focolaio, dando origine ad un soffio, mentre in un paziente iperteso di vecchia data in questo focolaio possiamo sentire un tono scoccante, un primo tono accentuato)

Focolaio polmonare: si trova sul II spazio intercostale sinistro sulla linea parasternale.

Focolaio tricuspidale: è presente sul IV spazio intercostale destro al margine dello sterno.

Focolaio mitralico: si trova sul quarto-quinto spazio intercostale all’altezza della linea emiclaveare di sinistra (rappresenta l’itto della punta del cuore).

Focolaio di Erb: rappresenta il focolaio elettivo dei soffi aortici, appartiene al mesocardio e si trova al centro del quadrilatero determinato dai restanti quattro punti di auscultazione.

I SOFFI

Essi compaiono nel caso di un flusso turbolento del sangue nel passaggio dall’atrio al ventricolo o dal ventricolo al vaso. Possono dipendere da delle stenosi (in questo la valvola si chiude troppo) o da delle insufficienze valvolari (in questo caso la valvola si chiude troppo poco). Parlando di soffi è utile definirli in:

  • Sistolici: compaiono tra il primo ed il secondo tono
  • Olosistolici o Parasistolici: compaiono per tutta la durata della sistole
  • Diastolici: compaiono durante la diastole, dopo il secondo tono. La stenosi mitralica rappresenta uno di questi soffi (a differenza dell’insufficienza mitralica, che è un soffio sistolico), anche se è molto difficile auscultarli per il loro basso timbro

L’infarto acuto di un soggetto ospedalizzato è molto importante perché andrebbe auscultato tutti i giorni, in quanto può sorgere una complicanza che è rappresentata dall’insufficienza mitralica funzionale. Questo si manifesta con un soffio sistolico a livello del focolare mitralico.

GLI SFREGAMENTI

Sono dei rumori uguali agli sfregamenti pleurici, di più bassa intensità rispetto ai soffi, ad esempio è un rumore che possiamo assimilare allo sfregamento dei capelli. Lo sfregamento è un rumore sisto-diastolico, in quanto interessa l’intera membrana pericardica, quindi è un rumore né diastolico né sistolico (lo possiamo riscontrare ad esempio nella pericardite siero-fibrinosa cronica). Una delle pericarditi più comuni che è interessata da questi sfregamenti è la pericardite di Dressler, la tipica pericardite post-infartuale che decorre 3-4 giorni circa dopo l’infarto.

LA DIAGNOSTICA DEL CUORE

Si possono fare dei test per valutare le condizioni basali del cuore o le sue condizioni sottosforzo, ad esempio in quest’ultimo caso possiamo fare dei test provocativi andando ad iniettare nel paziente delle sostanze farmacologiche vasocostrittrici o delle sostanze che mimano lo sforzo. In medicina nucleare sono molto utilizzati i radioisotopi per alcuni tipi di indagine sul cuore, in particolare viene utilizzato il tecnezio che ha come organo bersaglio il cuore, mentre è molto utilizzato come mezzo di contrasto lo iodio nella coronarografia. L’angioplastica è un’altra tecnica molto importante che viene utilizzata in ambito medico per dilatare un restringimento del lume di un vaso sanguigno, inoltre viene utilizzata anche la risonanza magnetica (viene utilizzata per delle patologie un po’ di nicchia come l’amiloidosi, per seguire il percorso dei depositi di amiloide) e la TAC cardiaca (con questo esame vengono valutati i depositi di calcio a livello degli orifizi valvolari e delle diramazioni arteriose coronariche, per questo è detta anche TAC coronarica).

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Semeiotica del cuore: i 4 toni cardiaci ed i toni aggiunti

MEDICINA ONLINE MEDICO ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICAI tono

  • Il secondo tono corrisponde alla chiusura delle valvole aortica e polmonare.
  • Il suono è prodotto dalle vibrazioni delle valvole chiuse e rapida decelerazione
    del flusso.
  • E’ composto da una componente aortica ed una successiva polmonare.
  • Segna la fine della sistole e l’inizio della diastole.
  • Si apprezza meglio alla base o aree aortica e polmonare.

II tono

  • Il secondo tono corrisponde alla chiusura delle valvole aortica e polmonare.
  • Il suono è prodotto dalle vibrazioni delle valvole chiuse e rapida decelerazione
    del flusso.
  • E’ composto da una componente aortica ed una successiva polmonare.
  • Segna la fine della sistole e l’inizio della diastole.
  • Si apprezza meglio alla base o aree aortica e polmonare.

III tono

  • Il terzo tono subito dopo il II tono, corrisponde alla fine del riempimento rapido del
    ventricolo.
  • Il “suono” è prodotto dalla vibrazione dell’apparato valvolare mitralico e tricuspidale.
    a causa della brusca decelerazione del flusso sanguigno all’interno dei ventricoli.
  • E’ apprezzabile meglio alla punta o mesocardio con il paziente in decubito laterale
    sinistro.
  • E’ Fisiologico nei bambini e giovani adulti (raro sopra i 40 anni).
  • Spesso presente in gravidanza dopo la 13° settimana.

IV tono

  • Il quarto tono detto anche tono atriale precede immediatamente il I tono e
    corrisponde appunto ad una forte contrazione atriale.
  • Il “suono” è prodotto dalla improvvisa tensione dei lembi valvolari, dalle corde,
    dai muscoli papillari, mitralici e tricuspidali a causa della rapida e anomala
    contrazione atriale.
  • E’ apprezzabile meglio alla punta e con il paziente in decubito laterale sinistro.
  • Non è mai udibile nel cuore normale.

Toni aggiunti

  • Knock pericardico: si verifica in protodiastole. Si sente nella pericardite
    costrittiva ed è dovuto a vibrazioni delle pareti ventricolari ristrette dal
    pericardio ispessito all’atto in cui avviene il rapido riempimento. Si
    apprezza soprattutto alla punta o sul mesocardio.
  • Toni di eiezione (Click da eiezione): sono toni aggiunti secchi e brevi,
    ad alta tonalità che si sentono in protosistole. Sono schiocchi d’apertura
    delle semilunari aortiche (o polmonari), oppure rumori di distensione di
    un’aorta (o polmonare) dilatata che si distende all’arrivo del sangue del
    ventricolo sottostante.
  • Toni meso-telesistolici non da eiezione (click sistolici non da eiezione):
    più tardivi dei toni da eiezione, spesso multipli, derivano soprattutto da
    improvvisa messa in tensione di corde tendinee mitraliche di lunghezza
    funzionalmente ineguale alle altre.

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Semeiotica del cuore: i soffi cardiaci sistolici e diastolici

MEDICINA ONLINE CUORE SANGUE CIRCOLAZIONE ATRIO VENTRICOLO SINISTRA DESTRA DIFFERENZA HEART HUMAN VALVOLE CARDIACHE AORTA VASI VENE ARTERIEI soffi cardiaci sono tipici rumori determinati dallo scorrimento turbolento del sangue e che insorgono:

  • Quando vi sono brusche variazioni di ampiezza del letto di scorrimento
  • Quando il sangue scorre molto velocemente
  • Quando il sangue ha una viscosità molto inferiore alla norma (anemia)

I soffi hanno:

  • Un punto di origine
  • Una irradiazione
  • Un tempo di insorgenza e durata

I soffi hanno una intensità di grado differente:

  • grado 1 (il soffio si percepisce a fatica)
  • grado 2 (il soffio è debole)
  • grado 3 (il soffio è abbastanza forte)
  • grado 4 (il soffio è forte)
  • grado 5 (il soffio è molto forte)
  • grado 6 ( il soffio è così forte che si sente senza fonendoscopio).

SOFFI SISTOLICI

Soffi cardiaci Olosistolici (o pansistolici)

  • Iniziano con il I tono e terminano fondendosi con il II tono.
  • Si producono quando c’è una anomala comunicazione in sistole tra due cavità in
    cui vige una pressione molto diversa (insufficienza mitralica, tricuspidale,
    comunicazione interventricolare).

Soffi cardiaci Mesosistolici (di eiezione)

  • Iniziano dopo il I tono e terminano prima del II tono.
  • Originano tipicamente, ma non esclusivamente in corrispondenza delle valvole
    semilunari aortiche e polmonari.
  • Hanno intensità che cresce fino verso la metà della sistole e poi decresce.

Soffi cardiaci Telesistolici

  • Più tardivi e in genere più brevi dei mesosistolici.
  • Associati a disfunzione dei muscoli papillari nella cardiopatia ischemica.

SOFFI DIASTOLICI

Soffi cardiaci Protodiastolici

  • Iniziano quasi immediatamente dopo il II tono.
  • Caratteristici dell’insufficienza aortica e polmonare, hanno alta frequenza (timbro
    dolce) e si prolungano decrescendo in intensità durante la diastole.
  • Possono essere proto o protomeso o olodiastolici.

Soffi cardiaci Mesotelediastolici

  • Sono dovuti a stenosi assoluta oppure relativa attraverso la mitrale o la tricuspide.
  • Si apprezzano in un’area ristretta, rispettivamente alla punta e sul focolaio.
    tricuspidale.
  • La frequenza è bassa (rullio), spesso solo in crescendo perché aumentano di
    intensità nella telediastole a causa della contrazione atriale (rinforzo presistolico).

Telediastolici o presistolici

Sono soffi piuttosto deboli che si sentono quando la contrazione atriale determina un più elevato gradiente di pressione tra atrio e ventricolo.

ALTRI TIPI DI SOFFI

Soffi continui o sistodiastolici

  • Occupano tutta o quasi la sistole e continuano più o meno a lungo in diastole.
  • Tipico è il soffio del dotto di Botallo persistente che mette in comunicazione l’aorta
    con il distretto dell’arteria polmonare.

Sfregamenti pericardici

  • Rumori prolungati, simili a soffi, causati dallo sfregamento fra foglietto parietale e
    viscerale del pericardio.
  • Associati in genere a pericardite con versamento ricco in fibrina.
  • Possono essere sistolici, protodiastolici o presistolici o combinati, avere localizzazione variabile, tonalità alta e soprattutto timbro grattante (“scratch”).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Elettrocardiogramma: procedure iniziali, posizionamento degli elettrodi dell’ECG, consigli, complicanze

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Procedure iniziali

Se è la prima volta che il paziente esegue un elettrocardiogramma (ECG), il medico e l’infermiere devono spiegargli – con parole adatte al suo livello di comprensione – le fasi e l’utilità dell’elettrocardiogramma.

Prima di procedere con l’elettrocardiogramma, è necessario verificare:

  • l’eventuale presenza di patologie cardiache;
  • quali farmaci assume il paziente;
  • eventuali allergie ai materiali usati per l’esame (ad esempio il gel usato per facilitare la conduzione dei segnali elettrici);
  • la presenza di dispositivi elettronici che potrebbero determinare alterazioni del tracciato (come ad esempio un pacemaker) od oggetti metallici (come catenine e bracciali);
  • l’eventuale necessità di una tricotomia (se il paziente ha troppi peli che impediscono l’adesione degli elettrodi);
  • i parametri vitali del paziente, in particolare pressione arteriosa e frequenza cardiaca.

Si invita il paziente:

  • a scoprirsi torace, caviglie e polsi e ad assumere la posizione supina (pancia in alto) sul lettino, se possibile;
  • a rilassarsi ed a non parlare per qualche minuto.

Nella mezzora precedente l’esame, il paziente dovrebbe aver evitato di fumare ed assumere caffè o alcolici.

Posizionamento dei sei elettrodi

Per posizionare le sei derivazioni precordiali:

  • Individuare dove posizionare l’elettrodo V1 (rosso): posizionati a sinistra del paziente; usando come riferimento la fossa soprasternale (fossetta dove si congiungono le clavicole, si apprezza sulla parte alta dello sterno), posizionarvi sopra il pollice della mano sinistra. Cercare con l’indice il primo spazio intercostale (allungandovi verso destra e un po’ più in basso del pollice), da qui sarà automatico trovare il secondo spazio con il medio, il terzo con l’anulare ed infine con il mignolo troverete il 4° spazio intercostale parasternale di destra: lì sarà posizionato V1.
  • V2 (giallo): giusto a sinistra di V1, parte opposta dello sterno troverete il 4° spazio intercostale parasternale di sinistra, lì dovrete posizionate V2. Importante: lo sterno è largo mediamente non oltre i 4 centimetri, quindi V1 e V2 non dovrebbero essere più distanti di tale misura.
  • Posizionare V3 (verde) e V4 (marrone): prima posizionamo V4, individuate la clavicola sinistra e fissate un punto a metà lungo l’osso. In seguito con il riferimento costale di V2 apprezzate il 5° spazio intercostale con la tecnica del dito. Ora individuate il punto dove posizionare V4 nell’intersezione tra una linea che scende dalla metà della clavicola e che infine incontri il 5° spazio intercostale. Lì posizionate l’elettrodo V4. V3 va posizionato nel punto a metà della linea tra V2 e V4 ovunque questo punto si trovi, anche se nelle donne vi fosse presente del seno (non impedisce la rilevazione del segnale elettrocardiaco).
  • Posizionare V5 (nero): individuate la linea ascellare anteriore, più o meno dove inizia l’incavo ascellare, e lungo tale linea, trovate il 5° spazio intercostale: lì posizionare V5.
  • Posizionare V6 (viola): individuate la linea ascellare media (circa a metà dell’ascella) e lungo tale linea, trovate il 5° spazio intercostale: lì posizionare V6. Tenere conto che V5 e V6 risalgono un poco rispetto a V4, perché le coste sono concave verso l’alto.

Posizionamento delle quattro periferiche

Per posizionare le quattro derivazioni periferiche, si tengo conto del codice colore:

  • Rosso: braccio destro
  • Nero: gamba destra
  • Verde: gamba sinistra
  • Giallo: braccio sinistro

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Verifiche finali

Si eseguono prima di staccare gli elettrodi o, se c’è un monitor, prima di stampare:

  • presenza (ed esattezza) di data e nome;
  • verifica del segnale di calibrazione e della velocità di stampa;
  • qualità del tracciato:
    • presenza di tutte le derivazioni;
    • stabilità della linea isoelettrica;
    • assenza di artefatti da tremori e corrente alternata;
    • ricerca indizi che possano far pensare ad un’errata collocazione degli elettrodi.

In caso di corretto posizionamento degli elettrodi ECG, il tracciato di un paziente sano dovrebbe avere un risultato simile a questo:

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Controllate se vi sono alterazioni elettrocardiografiche non fisiologiche ed in caso contrario modificate la posizione degli elettrodi, oppure ponete il tracciato all’attenzione del medico per una valutazione e diagnosi dello stesso.

Complicanze

Possono a volte insorgere dopo l’uso prolungato degli elettrodi manifestazioni cutanee (ad esempio arrossamenti o prurito della cute) dovute al tempo di applicazione o alla sensibilità della cute.

Consigli

Tener presente i seguenti consigli ed informazioni:

  • l’acqua è il miglior conduttore dell’impulso elettrico, quindi per avere un buon ECG non dovete usare disinfettanti alcolici. Verrà peggio. Se avete calze o collant, bagnate piuttosto abbondantemente le garze (devono sgocciolare) e così vi aiuteranno a condurre l’elettricità;
  • un fattore che migliora la registrazione è il posizionamento degli elettrodi su piani ossei, che conducono meglio del grasso. Per questo nelle periferiche scegliete sempre la tibia e il dorso del polso;
  • posizionare correttamente gli elettrodi, perché da quello dipende l’individuazione di anomalie elettrocardiografiche che possono salvare la vita al paziente. Posizionare male gli elettrodi può condizionare grandemente i risultati di un ECG.

Elettrocardiogramma in paziente con arto amputato

Nei pazienti che hanno subito l’amputazione di uno o più arti, l’elettrodo può essere applicato in un punto qualsiasi del moncone dell’arto o alla radice dello stesso. Ogni arto infatti è considerato dal punto di vista elettrico, un segmento a bassa resistenza per cui il potenziale elettrico è sostanzialmente lo stesso in tutti i suoi punti.

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Si muore di AIDS? Qual è l’aspettativa di vita?

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BL’AIDS, cioè Acquired Immune Deficiency Syndrome la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è una malattia del sistema immunitario umano causata dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV). L’HIV danneggia il sistema immunitario delle persone che lo hanno contratto, rendendole vulnerabili a degli agenti patogeni normalmente innocui, che si trovano nell’ambiente o che, addirittura, sono ospiti abituali dell’organismo umano, cioè microrganismi generalmente inoffensivi che però diventano pericolosi nel paziente con sistema immunitario compromesso.

AIDS come causa indiretta di morte

Le persone che hanno contratto l’HIV possono rimanere senza sintomi per lungo tempo, anche per diversi anni, e accorgersi dell’avvenuta trasmissione solamente quando i danni al sistema immunitario sono di tale entità da far comparire le infezioni opportunistiche, quando cioè si ha già l’AIDS. Riguardo ai tempi di insorgenza dei primi sintomi, leggi: HIV: sintomi iniziali in donne e uomini
Anche se né il virus HIV, né l’AIDS, sono direttamente cause di morte, l’AIDS determina – come prima accennato – un grave danno al sistema immunitario del soggetto, rendendolo vulnerabile a degli agenti patogeni normalmente innocui che portano a varie patologie che purtroppo possono potenzialmente condurre a morte.

Quali malattie si possono contrarre?

L’elenco di tutte le malattie che possono sopraggiungere a causa dell’AIDS è molto lungo, alcuni esempi delle più diffuse sono: le patologie polmonari (polmonite, tubercolosi), le patologie del tratto gastro-intestinale e quelle neurologiche. Ci sono poi una serie di malattie neoplastiche come il sarcoma di Kaposi, i linfomi e il carcinoma invasivo della cervice uterina, che sono più ricorrenti nelle perone sieropositive perché l’HIV ne costituisce l’elemento patogenetico iniziale.

Sopravvivenza del paziente HIV positivo

In assenza di trattamento, la sopravvivenza media dopo l’infezione da HIV è stimata da 9 a 11 anni, a seconda del sottotipo HIV. Dopo la diagnosi di AIDS, se il trattamento non è disponibile, la sopravvivenza varia tra i 6 e 19 mesi. La disponibilità di farmaci antiretrovirali e l’adeguata prevenzione dalle infezioni opportunistiche riduce il tasso di mortalità dell’80% e aumenta la speranza di vita a 20-50 anni. Questo valore è di circa i due terzi della popolazione generale.Se il trattamento viene iniziato in ritardo, la prognosi può non essere così buona, per esempio, se il trattamento inizia in seguito alla diagnosi di AIDS l’aspettativa di vita sarà tra i 10 e i 40 anni. La metà dei bambini nati con l’HIV muore prima dei due anni di età, se non riceve un trattamento.

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Differenza tra prolasso e insufficienza mitralica

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma COME FUNZIONA IL CUORE ECG ONDE2 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaLa valvola mitrale (anche chiamata valvola bicuspide) è una delle quattro valvole cardiache che mettono in comunicazione, tra loro e con l’esterno, atri e ventricoli del cuore. La valvola mitrale ha un diametro di oltre 30 mm ed unisce l’atrio sinistro al ventricolo sinistro ed ha un orifizio di 4–6 cm2. Insufficienza mitralica e prolasso mitralico, indicano due patologie che interessano questa valvola.

Con insufficienza mitralica o rigurgito mitralico, si intende il reflusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro, dovuto ad un’anomalia che determina un’imperfetta coaptazione dei lembi mitralici durante la sistole ventricolare; ciò è causato da danni reumatici a corde tendinee e muscoli papillari, oppure da endocardite, o da prolasso valvolare mitralico. Questa valvulopatia può rimanere asintomatica, fino alla sua evoluzione in scompenso cardiaco, con sintomi tipici che sono principalmente:

  • cardiopalmo, dovuto a fibrillazione atriale o a extrasistoli ventricolari;
  • dispnea;
  • astenia;
  • affaticamento.

Con “prolasso valvolare mitralico” si intende una valvulopatia caratterizzata dallo spostamento di una cuspide (cioè un lembo), anormalmente ispessita, della valvola mitrale nell’atrio sinistro durante la sistole. La sua eziologia può essere di natura degenerativa e abbraccia un ampio spettro di alterazioni infiltrative o displasiche del tessuto mitralico come la fibroelastosi endocardica e la sindrome di Marfan. Può essere asintomatica nei casi più lievi, mentre nei casi più gravi può condurre all’appena descritta insufficienza mitralica. Un prolasso valvolare può in alcuni casi complicarsi con una endocardite, o condurre sino all’arresto cardiaco se innesca una aritmia ventricolare.

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Differenza tra pressione venosa centrale e periferica

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONELa “pressione venosa centrale” (PVC) il valore pressorio sanguigno rilevato nel tratto terminale della vena cava superiore e corrispondente alla pressione nell’atrio destro del cuore. La rilevazione della PVC avviene grazie alla posa di un catetere venoso centrale attraverso una vena profonda di grosso calibro (vena succlavia, o giugulare, o basilica o più raramente safena).

Il valore di PVC permette di valutare il volume ematico circolante, la funzionalità cardiaca ed il ritorno venoso. Risulta ancora da chiarire il range di normalità della PVC. È piuttosto chiaro che:

  • valori negativi della PVC sono al di sotto del range;
  • valori di PVC superiori a 12 ne sono al di sopra.

Il range di normalità è però ancora oggetto di discussioni. Il limite inferiore, secondo le diverse fonti, ha un valore da 0 a 5, mentre il limite superiore va da 7 a 12.

Vari fattori influiscono sui valori di PVC: 

  • ipovolemia o ipervolemia (diminuzione o aumento del volume ematico circolante),
  • insufficienza cardiaca,
  • ostacoli meccanici alla circolazione cardiaca,
  • alterazioni della pressione intratoracica (ad esempio pneumotorace),
  • farmaci,
  • ventilazione meccanica.

Valori superiori alla norma indicano:

  • sovraccarico di volume,
  • insufficienza cardiaca destra,
  • aumento della pressione intratoracica,
  • turbe vasomotorie.

Valori inferiori alla norma indicano:

  • perdite di volume (ipovolemia in corso di emorragie, vomito, diarrea, shock),
  • turbe vasomotorie.

La PVC è un parametro che viene rilevato frequentemente nell’ambito dei monitoraggi post-operatori.

La pressione venosa periferica è quella misurata lontano dal cuore. La pressione venosa diminuisce costantemente dalla periferia verso il cuore. All’altezza della caviglia di una persona in piedi, essa corrisponde a 90-110 mmHg e dipende dalla forza di gravità e dalla distanza dal cuore ai piedi. L’altezza di una persona è quindi fondamentale per la pressione venosa a riposo in posizione eretta. Se si cammina, la pressione scende fino a circa 20 mmHg, se viene garantito un buon drenaggio venoso. Diversi fattori sono importanti per il ritorno venoso al cuore. Maggiore è il diametro venoso in direzione del cuore, minore è la pressione prevalente. In una persona sana in posizione supina, la pressione nei capillari venosi è di circa 20 mmHg; essa cade a circa 8 – 12 mmHg all’inguine, misura ancora circa 3 – 5 ‏(mm/Hg) nella cavità addominale (intra-addominale), ma solo 2 mmHg nell’atrio destro. Queste pressioni sono sufficienti a trasportare il sangue di ritorno. L’azione di suzione del cuore entra in gioco solo nel segmento venoso finale, cioè poco prima che la vena cava superiore sfoci nell’atrio destro. Questa suzione compare durante la fase di eiezione ed è generata dai movimenti delle valvole del cuore.

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