17 Novembre: Giornata internazionale del neonato prematuro

MEDICINA ONLINE NEONATO NEWBORN FOOT PIEDI BIMBO BAMBINO NATO PRETERMINE GIORNATA MONDIALE PREMATURI 17 NOVEMBRE AMORE PAPA MAMMA FIGLI GENITORI PRENDITI CURA.jpgOggi, 17 novembre è il World Prematurity Day, la giornata mondiale dei bimbi prematuri. La percentuale di mortalità dei neonati di peso inferiore ai 1000 grammi è diminuita da oltre il 90% a meno del 30% dagli anni ’60 al 2000, nonostante ciò, nel mondo attualmente un bambino su dieci nasce prematuro, il nostro pensiero oggi è tutto per lui, che non vedeva l’ora di venire al mondo!

Proteggi ciò che ami, soprattutto quando ciò che ami non può proteggersi da solo

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Chemioterapia in gravidanza: può far male al bambino?

MEDICINA ONLINE GRAVIDANZA INCINTA DIARREA FECI LIQUIDE FETO PARTO CESAREO DIETA FIBRA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO INTESTINOUna donna che debba sottoporsi a chemioterapia nel corso della gravidanza, dovrebbe preoccuparsi per la salute del suo bambino? No, almeno secondo una ricerca effettuata in Belgio, Paesi Bassi e Repubblica Ceca e recentemente pubblicata sotto la responsabilità del professor Federic Amant dell’università di Lovanio (Belgio): lo sviluppo cardiovascolare e dei processi mentali del bambino non sarebbero infatti influenzati dall’assunzione di farmaci chemioterapici.

Lo studio

Nel corso dello studio osservazionale, settanta bambini nati fra il 1991 ed il 2010 da donne in cura con la chemioterapia, sono stati monitorati per un periodo di due anni. Oltre alla salute, sono stati presi in considerazione parametri come il quoziente intellettivo, la capacità mnemonica verbale e non verbale, la capacità di concentrazione ed eventuali disturbi emotivi o comportamentali. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che le donne incinte malate di tumore non debbano ritardare le cure o interrompere la gravidanza, dato che hanno riscontrato con certezza che i benefici della chemioterapia per la madre superino di gran lunga i potenziali danni per il nascituro.
Si tratta comunque di un argomento molto controverso, sugli sviluppi del quale si discute da molto tempo.

Leggi anche:

I rischi maggiori

Approssimativamente dal secondo trimestre di gravidanza in poi gli schemi chemioterapici standard non dovrebbero comportare problemi per lo sviluppo del feto, a meno che non esistano ulteriori fattori di rischio. La letteratura recente sembra suggerire che l’interruzione della gravidanza non sia necessaria, almeno nella maggior parte dei casi, e soprattutto che non è necessario sottoporre né la madre ai rischi legati da un ritardo nell’inizio dei trattamenti antineoplastici né il nascituro al rischio di un parto anticipato. Diverso è il discorso per i farmaci biologici (come trastuzumab e lapatinib) sui quali ci sono solo dei casi aneddotici e le terapie ormonali per le quali esistono evidenze di possibili danni al feto. Nel corso del primo trimestre di gestazione è invece necessario, contemperando i rischi, rimandare l’inizio delle terapie (che avrebbero certamente un’influenza più consistente sullo sviluppo del nascituro) o procedere all’interruzione della gravidanza. È comunque da considerare il fatto che ci sono ancora poche evidenze sugli effetti a lungo termine sulla salute del bambino e specialmente sulla possibilità che la chemioterapia somministrata alla gestante possa influire sulle probabilità del nascituro di sviluppare neoplasie in età adulta. Anche nel caso sia necessario arrestare la gestazione, le donne in età fertile hanno la possibilità di preservare il proprio tessuto ovarico, anche senza la stimolazione ormonale per poter avere figli senza problemi anche dopo la terapia.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Segno di Babinski positivo nel neonato e nel bambino: che significa?

MEDICINA ONLINE RIFLESSO SEGNO BABINSKI POSITIVO CORTICOSPINALE PIRAMIDALE SINTOMI CERVELLO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVOA PARALISI

Il segno di Babinski nell’adulto ha significato patologico, ma non nel bambino nei primi 12/16 mesi di vita

Con “segno di Babinski” o “riflesso di Babinski” in semeiotica neurologica si intende una risposta anomala al riflesso cutaneo plantare, la quale indica la presenza di una lesione a carico del tratto corticospinale del sistema nervoso (che provvede ai movimenti volontari fini dei muscoli e che, in condizioni fisiologiche, esercita un’inibizione tonica del riflesso). Il riflesso cutaneo plantare si evoca strisciando una punta smussata lungo il margine laterale della pianta del piede, partendo da sopra il tallone, e portandola verso la parte supero-interna fino al primo metatarso. Nell’adulto, in condizioni di normalità, col riflesso plantare si induce la flessione plantare (o estensione dorsale) delle dita del piede, mentre in presenza di lesioni a carico del sistema corticospinale, lo stesso stimolo evoca la flessione dorsale (o estensione plantare) dell’alluce e l’apertura “a ventaglio” delle altre dita (fenomeno di Duprè), determinando quindi l’inversione del riflesso cutaneo plantare, vedi immagine in alto.

Segno di Babinski nei bambini

Il segno di Babinski positivo è indice di malattia solo negli adulti. Nei bambini, entro i primi 12 mesi di vita (in alcuni casi fino ai 3 anni) il riflesso cutaneo plantare evoca effettivamente la flessione dorsale (segno di Babinski positivo), ma ciò – al contrario dell’adulto – NON è indice di danno al sistema nervoso, bensì è assolutamente normale: ciò accade perché nel bimbo lo sviluppo del sistema nervoso centrale non è ancora completo.

Sinteticamente:

  • nei bambini entro i 12/16 mesi di vita, il segno di Babinski positivo è normale e NON è indice di malattia;
  • nei bambini tra i 16 mesi e 3 anni di vita, il segno di Babinski positivo POTREBBE ESSERE indice di malattia;
  • nei bambini oltre i 3 anni e negli adulti, il segno di Babinski positivo E’ indice di malattia.

In quali patologie il segno di Babinski è positivo oltre i 3 anni di età?

Il segno di Babinski si può notare in caso di lesioni corticospinali (o piramidali), mentre risulta assente nelle lesioni extrapiramidali; può comparire ad esempio nei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica e nelle fasi terminali di malattie come rabbia, encefalopatia epatica e leucodistrofia metacromatica.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn e su Pinterest, grazie!

Salmonella in gravidanza: trasmissione, rischi, consigli per evitarla

MEDICINA ONLINE GRAVIDANZA INCINTA DIARREA FECI LIQUIDE FETO PARTO CESAREO DIETA FIBRA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO INTESTINOLa salmonella è un’infezione batterica causata dal batterio della salmonella (Salmonella enteritidis e Salmonella typhimurium) ed è causata dalla contagio fecale-orale, dal contatto con superfici contaminate e dall’assunzione di acqua e cibi contaminati, specie se gli alimenti sono crudi. In genere la salmonella non dà grossi problemi, ma cosa accade quando si contrae in gravidanza?

Donna in gravidanza più suscettibile

Va detto che la donna in gravidanza, soprattutto nel primo trimestre, è più suscettibile a questo tipo di infezioni. Questo anche a causa di un indebolimento del sistema immunitario che si ha proprio durante la gravidanza stessa a causa di tutti i cambiamenti legati ad essa.

Sono a maggior rischio infezione da salmonella le donne che:

  • sono affette da acloridria (disfunzione dell’apparato digerente, consistente nell’assenza di acido cloridrico nel succo gastrico) e da malattie neoplastiche;
  • assumono farmaci anti-acido, in pregressa o concomitante terapia antibiotica ad ampio spettro;
  • sono immunodepresse (HIV, AIDS) o stanno seguendo una terapia immunosoppressiva;
  • che hanno da poco subito interventi chirurgici a carico dell’apparato gastrointestinale.

Trasmissione della salmonella al feto

La salmonella in gravidanza può essere trasmessa al feto e ciò avviene attraverso il passaggio per la placenta, oppure durante il passaggio del bimbo nel canale del parto.

Leggi anche:

Consigli per evitare la salmonella in gravidanza e cibi da escludere

Per evitare rischi per il bambino è bene evitare di contrarre la salmonella in gravidanza. A questo scopo si consiglia di cuocere molto bene le uova e il pollame e fare attenzione, quando li si prepara, a non toccare direttamente con le mani sporche altri alimenti che si devono consumare. Per evitare la salmonella in gravidanza e i conseguenti rischi per il feto, poi, andrebbe escluso proprio il consumo di alcuni alimenti come le uova crude, ma anche la maionese. In genere, per ridurre il rischio è bene:

  • lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti;
  • cuocere tutti i cibi di derivazione animale e limitare il consumo di uova crude o poco cotte;
  • lavare bene frutta e verdura;
  • lavare tutti gli utensili e i gli eventuali macchinari;
  • mettere nel frigo gli alimenti preparati e non consumati;
  • proteggere i cibi preparati dalla contaminazione di insetti e roditori;
  • consumare latte pastorizzato;
  • evitare le contaminazioni tra cibi, separando i crudi e i cotti;
  • evitare che persone con diarrea preparino alimenti e assistano soggetti a rischio;
  • non utilizzate lo stesso coltello usato per tagliare la carne cruda per tagliare anche la carne cotta.

Particolare attenzione andrebbe riservata nel corso dei viaggi in Paesi dalle condizioni igieniche scarse, in particolar modo durante la balneazione, nell’approvvigionamento di acqua e nell’utilizzo di ghiaccio, nel consumo di carne e di frutti di mare, infine nell’usufruire dei servizi igienici. Nei Paesi con un’elevata diffusione della zoonosi non è da escludere la possibilità di ricorrere a piccole quantità di disinfettante, come ipoclorito di sodio, per rendere sicuri alimenti, oggetti ed anche l’acqua da bere.

Gli alimenti a rischio:

  • uova crude oppure poco cotte e derivati a base di uova, come creme;
  • latte crudo e derivati del latte crudo, compreso il latte in polvere;
  • carne e derivati soprattutto se poco cotti;
  • salse e i condimenti per le insalate;
  • preparati per dolci;
  • gelato artigianale e commerciale;
  • pesce crudo e sushi;
  • frutta e verdura contaminate durante il taglio.

Salmonella e uova

Sciacquate bene le uova prima del loro utilizzo e non usatele se dalla confezione sono uscite col guscio già crepato: una piccola spaccatura, infatti, è già sufficiente per consentire la penetrazione nell’uovo del batterio eventualmente presente nelle feci della gallina.
Si calcola che nel mondo il 50% delle epidemie di salmonellosi sia dovuto a uova contaminate, mentre la carne bovina e suina (consumata cruda o poco cotta) e i derivati del latte possono provocare, rispettivamente, il 15% e il 5% dei casi.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Ho preso la salmonella in gravidanza: quali danni al feto?

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA BAMBINO PREGNANCY NEW BORN HI RES PICTURE WALLPAPER PANCIONE PANCIA MOTHER MAMMA MADRE CESAREO NATURALEIl genere Salmonella comprende un gruppo molto numeroso di batteri gram-negativi, asporigeni e anaerobi facoltativi, appartenenti alla grande famiglia Enterobacteriaceae.  La salmonella in gravidanza può essere trasmessa al feto e ciò avviene attraverso il passaggio per la placenta; la salmonella può essere trasmessa anche durante il passaggio del bimbo nel canale del parto.

Quali danni per il feto?

Durante la gestazione, l’infezione non necessita necessariamente danni per il feto, tuttavia espone sicuramente il futuro bimbo a rischi più o meno gravi che sarebbe importante evitare. L’infezione da salmonella può compromettere lo sviluppo fetale in modo indiretto, poiché essa determina:

  • febbre alta nella madre e l’ipertermia può danneggiare il feto;
  • ridotto apporto di ossigeno alla placenta;
  • alterazioni metaboliche indotte nella madre.

Nei casi più gravi la salmonellosi può essere associata ad un rischio più alto di nascita prematura, malformazioni fetali e morte intrauterina.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

 

Gravidanza: cosa prova il bambino durante il parto?

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA BAMBINO PREGNANCY NEW BORN HI RES PICTURE WALLPAPER PANCIONE PANCIA MOTHER MAMMA MADRE CESAREO NATURALEQuando una donna incinta è in travaglio, le persone care intorno a lei, in quel momento si chiedono: “Cosa starà sentendo? Sarà spaventata? Sentirà molto dolore?”. Questo è sicuro, ma tutto ciò svanisce nell’istante in cui la neo-mamma sente il primo vagito del suo bambino, quando può toccarlo con mano e stringerlo tra le sue braccia. Il corpo e la mente sono stracolmi di amore, quelle emozioni che ci fanno dimenticare ogni sofferenza. Ma, vi siete mai chieste cosa sente il bambino durante il parto?

Fino a poco tempo fa tutti pensavano che il bambino non sentisse assolutamente nulla durante il travaglio e nel momento del parto. Ma oggi sappiamo che non è esattamente così. Infatti, il nascituro, ha sensibilità, intelligenza e esperienza, accumulata soprattutto negli ultimi 6 mesi di gestazione. Queste importanti caratteristiche gli consentiranno di notare i cambiamenti nella quotidianità della mamma e di vivere consapevolmente la nascita.

David Chamberlain è lo psicologo che si è interessato alle sensazioni provate dal bebè, soprattutto durante il travaglio. David infatti è specializzato in psicologia pre- e peri- natale. Grazie alla sua forte attività di ricerca e ad un lavoro esaustivo, oggi il noto specialista ci fornisce una sua idea in proposito.

Il momento della nascita si avvicina, la tua pancia è scesa, la testa del bambino fa tantissima pressione sul bacino, provi tantissime emozioni: nervoso, paura, curiosità. Quando si espelle il tappo mucoso, il bebè avvertirà più chiaramente i rumori provenienti da l’esterno, questo desterà la sua curiosità. Quindi è in uno stato positivo di allerta, quasi immobile.

Capisce che la nascita si avvicina e cercherà l’uscita. Durante le prime contrazioni (0-4 cm), sentirete dolore simile a quello mestruale. La pancia diventa dura e poi si rilassa. Proverete dolore nella parte bassa della schiena, ancora abbastanza sopportabile. Il piccolo dalla sua parte, sentirà la pressione esercitata da l’utero, che lo spingerà lungo il canale del parto. Ogni contrazione provoca la compressione della placenta: il bambino riceve meno ossigeno e la frequenza cardiaca aumenta. Quando la contrazione finisce, torna la calma, come accade a voi.

Siamo a 10 cm. Le contrazioni sono più forti, avete poco tempo per respirare. Nel vostro bambino ogni contrazione fa liberare le catecolamine, l’ormone dello stress. Questo consente di pompare più sangue nelle aree che necessitano di più ossigeno, polmoni e cervello. Alla nascita innesca rapidamente la respirazione polmonare. Finalmente siete completamente dilatate. Potete sentire la paura e il panico, ma troverete la forza per spingere ad ogni contrazione. Il bambino si sfila lungo il canale del parto, prima la testa, poi una spalla… è nato!

Calmati, appoggialo sul petto e abbraccialo, goditi il momento. Il bebè riconoscerà il tuo odore, la tua voce e troverà la pace e la sicurezza che aveva nel tuo grembo.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Sono incinta: cosa sente il bambino nella pancia?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOTutti noi siamo stati bambini ed ancora prima siamo stati dei piccolissimi feti nella pancia delle nostre mamme, ma ovviamente non possiamo avere memoria delle sensazioni provate in quei preziosi momenti di vita. Come si sviluppano i cinque sensi nel feto e che cosa sente il bambino quando è in pancia?

Tatto
Il primo senso che si sviluppa è il tatto. Intorno alla 7°/8° settimana di gravidanza, i feti cominciano a muoversi e dopo altre due settimane, quindi verso la 10°/11° settimana di gravidanza, iniziano a sfiorarsi le guance, cosa che diventerà familiare per loro dopo la 14° settimana, quando tutto il loro corpicino risponderà agli stimoli tattili.
A proposito sempre della 14° settimana c’è da sapere poi che lo spazio all’interno dell’utero diventa più angusto ed il feto entra in contatto molto più spesso con il cordone ombelicale, per questo spesso nelle ecografie in 4D sembra che stia come giocando con il cordone.

Olfatto e gusto
Il naso del feto si forma dopo l’11° settimana e all’incirca dopo la 12° settimana comincia a deglutire il liquido amniotico, il quale porta gli odori ed i sapori del cibo assunto dalla mamma. Dalla 35° settimana, solitamente, le papille gustative del feto sono perfettamente funzionanti e per questo dopo la nascita sarà in grado di riconoscere l’odore del latte ed i sapori dolci e meno dolci che la madre ha mangiato nel periodo di gestazione.

Udito
Verso la 24° settimana, i piccoli ossi dei condotti uditivi si induriscono e, lavorando insieme, permettono al feto di sentire tutti i rumori ed i suoni interni, come la voce della mamma, ma anche il suo battito del cuore ed il rumore del sangue pompato attraverso il cordone ombelicale.
Anche i suoni esterni arrivano al bambino, ma in maniera più ovattata e tra quelli ad alta frequenza e quelli a bassa frequenza, il bambino percepisce meglio i secondi, tra i quali possiamo annoverare la voce del padre.

Vista
La vista è l’ultimo senso in ordine di tempo che il feto sviluppa ed è anche l’unica che si evolve dopo la nascita. E’ verso la 26°/27° settimana che il bambino apre per la prima volta le palpepre e vede tutto scuro. La percezione del colore avviene intorno ai 2 mesi dopo la nascita, prima è tutto in bianco e nero, ma nonostante questo anche durante la gravidanza il feto può captare dei toni luminosi, dei bagliori chiari.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Torcicollo miogeno congenito: sintomi, diagnosi e trattamenti

Mother interacting with baby girl at home.Con “torcicollo miogeno congenito” o “miotenogeno” si intende una contrattura unilaterale del muscolo sternocleidomastoideo, presente alla nascita, che determina una deformità asimmetrica del capo e del collo con il capo ruotato e inclinato verso il lato della lesione e il mento inclinato verso il lato opposto.

Quanto è diffuso il torcicollo miogeno congenito?
Rappresenta il più comune tra i disturbi muscolo-scheletrici dell’infanzia, con un’incidenza di 0,0084-3,92% dei neonati. Il lato colpito con maggiore frequenza è il destro; la lesione colpisce indifferentemente il sesso maschile ed il femminile, con una lieve prevalenza di quest’ultimo. L’ereditarietà della lesione è dimostrabile solo attraverso un numero esiguo di casi, ma indubbiamente vi è una certa familiarità; a volte il torcicollo miogeno congenito si accompagna ad altre deformità congenite, quali piede torto congenito, displasia congenita dell’anca, labbro leporino, deformità del viso e dell’orecchio.

Leggi anche:

Cause e patogenesi del torcicollo miogeno congenito
Il torcicollo miogeno congenito è dovuto alla presenza di tessuto fibroso all’interno del muscolo con conseguente contrattura e accorciamento dello stesso.
La patogenesi non è ancora nota, ma esistono diverse teorie:

  • Teoria traumatica, che è quella che ha avuto un maggior numero di approvazioni tra gli studiosi, fa derivare la lesione da un trauma, che, durante un parto distocico per presentazione podalica o per necessità di applicazione di forcipe, verrebbe ad agire sul muscolo sterno-cleido-mastoideo, determinando spesso la formazione di un ematoma, che si osserva alla nascita sotto forma di una tumefazione a grande asse obliquo e che fa corpo con la parte inferiore del muscolo, di consistenza piuttosto dura (induratio musculi) e che regredisce fino a scomparire nello spazio di qualche settimana. Tutta via i limiti di questa teoria sono rappresentati dal fatto che non tutti gli ematomi ed i traumi dello sterno-cleido-mastoideo sono seguiti da torcicollo. La teoria del trauma, che agirebbe indirettamente a mezzo di uno stiramento del nervo accessorio, invece ha avuto conferma sperimentale.
  • Teoria dell’origine endouterina, secondo la quale il torcicollo miogeno congenito sarebbe dovuto ad una posizione viziosa, assunta dal feto nell’utero, determinatasi per cause meccaniche, come per esempio per briglie amniotiche, per oligoidramnios, per utero bicorne, per utero deformato da tumore. A sostegno di questa teoria vi sono i casi di torcicollo già costituiti alla nascita, ed anche la concomitanza di altre lesioni congenite.
  • Teoria dell’origine embrionale, che farebbe dipendere il torcicollo da un abbozzo anormale del muscolo (vizio di prima formazione), che secondo alcuni dipenderebbe da una lesione di un centro nervoso superiore.
  • Teoria dell’origine ischemica, secondo la quale la patogenesi del torcicollo miogeno congenito viene accostata a quella della paralisi ischemica del Volkmann; si tratterebbe di un disturbo di nutrizione del muscolo sterno-cleido-mastoideo, il quale verrebbe a trovarsi in preda ad una miosite interstiziale. Poiché oggi è certo che la miosite interstiziale è causata da uno stravaso siero ematico che, infiltrandosi tra fibra e fibra muscolare, consente la successiva proliferazione di elementi connettivali con conseguente retrazione dello stesso muscolo. Quindi sia la retrazione ischemica di Volkmann sia il torcicollo congenito sono di origine traumatica. Tale teoria si ricollega a quanto abbiamo ora detto, ed è basata su accurate ricerche anatomiche le quali hanno messo in evidenza che mentre il tratto superiore dello sterno-cleido-mastoideo è abbondantemente irrorato, quelli medio ed inferiore sono irrorato da arterie che presentano scarse anastomosi. Può accadere che, o per una posizione troppo inclinata della testa, nella vita intrauterina, o per il meccanismo del parto, si produca una compressione della suddetta arteria nel punto nel quale passa al di sotto del muscolo; di conseguenza si avrebbe obliterazione del lume vasale, stravaso siero-ematico, miosite interstiziale e degenerazione fibrosa, come succede nella paralisi ischemica del Volkmann.
  • Teoria infiammatoria, in base alla quale il torcicollo sarebbe dovuto ad una miosite interstiziale infiammatoria: l’infezione potrebbe svilupparsi sia nella vita fetale sia per trauma durante il parto. Il trauma genererebbe il locus minoris resistentiae, e pertanto l’infezione per via ematogena proveniente dalla cute, dal rino-faringe o dall’intestino andrebbe a localizzarsi nel muscolo.

Sintomi e semeiotica del torcicollo miogeno congenito
All’esame obiettivo il capo del bambino appare inclinato verso il lato affetto con il mento che ruota verso il lato opposto. Nel 90% dei casi è presente asimmetria del cranio o plagiocefalia, per l’appiattimento delle bozze frontale e parietale omolateralmente, a causa della posizione assunta dal bambino mentre dorme; asimmetria del viso (plagioprosopia) con linea oculare e labiale oblique e linea mediana del viso concava verso il lato della lesione (scoliosi facciale) con vari gradi di dislocazione di occhio, orecchio e bocca dal lato affetto; talvolta si associa ipoplasia della mandibola.
Sia all’ispezione che alla palpazione, si nota una retrazione, più o meno spiccata del muscolo sternocleidomastoideo destro o sinistro.
La spalla del lato affetto è sollevata con frequente associazione di scoliosi cervicale o cervico-dorsale con concavità omolaterale alla retrazione, con o senza curva di compensazione.
In molti casi si può palpare una tumefazione non dolente nel muscolo coinvolto che col tempo tenderà a scomparire. Sulla base di tale riscontro Macdonald distingue i casi torcicollo congenito miogeno in cui è palpabile una massa nell’ambito dello sternocleidomastoideo da quelli che presentano soltanto la rigidità muscolare.
L’articolarità e i movimenti cervicali attivi e passivi sono ridotti a causa della contrattura dello sternocleidomastoideo. Con adeguate manovre passive si riesce ad apprezzare una tensione più accentuata o del capo tendineo sternale o di quello clavicolare.

Leggi anche:

Diagnosi del torcicollo miogeno congenito
La diagnosi è clinica, sebbene l’utilizzo dell’imaging radiografico ed ecografico può venire in aiuto nei casi più complessi.
Prima di sottoporre il bambino a qualsiasi trattamento bisogna identificarlo in uno dei seguenti profili clinici:

  1. Tumefazione dello sternocleidomastoideo che spesso assume i caratteri di “un’oliva”
  2. Torcicollo muscolare (ispessimento e retrazione del muscolo sternocleidomastoideo)
  3. Torcicollo posturale (senza tumefazione o retrazione del muscolo sternocleidomastoideo.

Di solito i pazienti dei primi due tipi sono i più adatti a ricevere una terapia chirurgica.
All’esame clinico viene valutato l’arco di movimento del collo mediante rapportatore artrodiale, per le misure della rotazione cervicale, della flessione laterale della testa e della flessione cervicale antero-posteriore. ll bambino viene messo in posizione supina con spalla bloccata e testa e collo supportati dall’esaminatore, in modo tale che la testa sia libera di muoversi in tutte le direzioni. Il range di movimento passivo del collo viene misurato e comparato rispetto al controlaterale sano.

Le limitazioni del movimento passivo vengono classificate in 4 sottogruppi:
1) Nessuna limitazione al movimento passivo
2) Limitazione di 15°
3) Limitazione tra 16° e 30°
4) Limitazione di 30°
Per una valutazione finale di tutti i risultati si può utilizzare lo Score di Sheet, che valuta i deficit di movimento passivo, deficit di flessione laterale, asimmetria cranio-facciale inclinazione della testa, criteri soggettivi dei genitori (fattore cosmetico e funzionale) raggruppandoli in eccellenti, buoni, discreti, e scarsi.

Ecografia nel torcicollo miogeno congenito
In presenza di una massa palpabile, l’esame ecografico permette di differenziare un torcicollo muscolare congenito da quello di origine ossea o neurologica. Uno studio recente ha dimostrato che vi è una correlazione tra le caratteristiche ecografiche del muscolo sternocleidomastoideo e la gravità clinica del torcicollo miogeno congenito nei neonati e che anche nei pazienti con grave fibrosi grave del muscolo sternocleidomastoideo, un programma di fisioterapia precoce ed intensivo con regolari controlli sembra essere una buona strategia di trattamento. Si consiglia invece un accurato studio radiografico del rachide cervicale nei casi di fallimento della terapia fisica e nei casi di deformità cliniche atipiche.

RX, TAC ed RM nel torcicollo miogeno congenito
L’esame radiografico consiste in una proiezione frontale e laterale della colonna cervicale posizionando, come possibile, in maniera dritta, la testa ed il collo del bambino. Come dimostrato da Snyder e Coley in un recente studio, il quadro radiografico del rachide cervicale nel piccolo paziente, purtroppo, è spesso di difficile interpretazione e può dare molti casi di falsi positivi. Questa situazione, oltre ad accrescere l’ansia dei genitori porta a sottoporre il piccolo ad ulteriori esami quali la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata. Per la risonanza magnetica di solito si deve effettuare una sedazione con le possibili complicanze a cui può andare incontro il bambino. La TAC espone il paziente a radiazioni ionizzanti che potrebbero incrementare il rischio di sviluppare un carcinoma in futuro. Per questo motivo, nella maggioranza dei pazienti in cui il quadro radiografico è normale (esclusione anormalità ossee) non si richiedono ulteriori esami di conferma.

Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con il torcicollo osseo, cioè quello dovuto ad una malformazione congenita del rachide cervicale (emispondilia, sinostosi atlo-occipitale, sinostosi di più vertebre come nella sindrome di Klippel-Feil); e con le forme sintomatiche di torcicollo (oculare, neurologico, infettivo, “ a frigore”, tumorale e traumatico).

Prognosi
La maggior parte dei bambini affetti da torcicollo muscolare congenito (CMT) va incontro a risoluzione completa mediante trattamento fisioterapico. La diagnosi fatta in giovane età e le lievi deformità in rotazione o in flessione laterale hanno mostrato di influenzare positivamente i risultati e la durata del trattamento nella maggior parte degli studi. I risultati variano in base alla presenza o meno della massa a livello dello sternocleidomastoideo. Anche nel caso in cui il bambino richieda un intervento chirurgico, la maggior parte degli studi hanno dimostrato un buon risultato nel follow-up a lungo termine. Uno studio condotto su pazienti di età compresa tra 2 a 13 anni affetti da torcicollo muscolare congenito, trattati chirurgicamente hanno mostrato ottimi risultati nel 88% dei casi. Il fattore più importante condizionante la prognosi era l’età al momento dell’operazione: ottimi risultati sono stati ottenuti in tutti i bambini di età inferiore ai 3 anni. Nei casi in cui avvenga una cronicizzazione della patologia per mancata diagnosi o adeguato trattamento, si può verificare intorpidimento e formicolio a livello delle radici nervose compresse nella regione del collo.
Il muscolo stesso può diventare ipertrofico a causa della continua stimolazione ed esercizio fisico. Le iniezioni di tossina botulinica, spesso, forniscono un sollievo sostanziale.

Trattamento
Obiettivo del trattamento del torcicollo congenito è l’allungamento del muscolo sternocleidomastoideo accorciato. Nei neonati e nei bambini piccoli, ciò si ottiene con lo stretching passivo, cioè tentando una correzione con delicate manipolazioni in senso contrario alla deformità (inclinando il capo verso la spalla dal lato opposto a quello della lesione e ruotando il mento verso la spalla dal lato leso). Gli esercizi debbono essere eseguiti cautamente e ripetuti più volte nell’arco della giornata. Tali trattamenti hanno spesso successo, soprattutto se iniziati entro 3 mesi dalla nascita. Dopo si deve approntare una terapia posturale, mettendo il bambino nella culla in maniera tale da arrestare la deformità del cranio (posizione prona con testa rivolta verso il lato leso oppure di fianco dal lato leso in modo tale che il cuscino distenda il muscolo), stimolare il bambino a girare attivamente la testa dal lato leso mediante luci e giochi posti da quella parte, e tenerlo in braccio lasciando cadere in reclinazione la testa, per permettere al muscolo colpito di stirarsi per gravità.
L’intervento chirurgico per correggere l’accorciamento del muscolo, può essere fatto dopo il primo anno d’età, se altri metodi di trattamento sono falliti. Si effettua una tenotomia bipolare attraverso una doppia incisione; una parasternale per resecare i capi sternale e claveare e una più piccola paramastoidea per il capo mastoideo. Successivamente all’intervento viene confezionato una minerva gessata(gesso a diadema), atteggiando il capo in ipercorrezione, per evitare che aderenze cicatriziali riproducano la deformità. L’apparecchio gessato sarà quindi sostituito con un tutore ortopedico che, mantenendo la correzione, consentirà esercizi attivi di rieducazione motoria e cicli di fisiochinesiterapia. I risultati migliori si hanno quando il paziente viene operato prima dei 6 anni di età e più in generale si può affermare che , essi sono inversamente proporzionali rispetto al tempo intercorso tra l’esordio della deformità e l’intervento e l’entità della deformità stessa.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!