I tronchi venosi brachiocefalici di destra e di sinistra si formano per confluenza delle vene giugulare interna e succlavia e, poco dopo la loro origine, si uniscono per formare la Continua a leggere
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Differenza tra muscolo deltoide, sovraspinato, sottospinato ed altri muscoli della spalla
I muscoli della spalla sono quei muscoli che connettono il cingolo scapolare (scapola e clavicola) con l’omero, permettendo movimenti fondamentali del braccio.
Il più grande tra i muscoli della spalla è il Continua a leggere
Spalla e articolazione scapolo-omerale: anatomia e funzioni in sintesi
La spalla – più propriamente chiamata cingolo scapolare – è la parte dell’organismo umano tramite la quale l’arto superiore, in particolare il braccio, si unisce al tronco e con esso si articola. Ha la funzione di connettere il Continua a leggere
Cingolo scapolare: differenza tra scapola e clavicola
Il cingolo scapolare (o cintura scapolare) è una struttura che si interpone tra lo scheletro assile e appendicolare del braccio ed ha le funzioni di connette gli arti superiori con lo scheletro assile, di sostiene l’arto superiore e di offrire importanti inserzioni a vari muscoli. Il cingolo scapolare è costituito da due Continua a leggere
Segno di Binda: cos’è e come si esegue
Tumore al seno: sintomi e dolore al braccio
Il dolore localizzato al braccio sinistro, in assenza di traumi, è un tipo di dolore che genera molta ansia nelle persone in quanto viene immediatamente associato all’attacco di cuore. In realtà, pur essendo in effetti il dolore al braccio sinistro uno dei sintomi distintivi dell’infarto del miocardio, sono molte le condizioni che possono provocarlo e, nella maggior parte dei casi, certi timori sono fortunatamente infondati. Bisogna considerare, infatti, che un braccio è costituito da varie strutture (muscoli, ossa, tendini ecc.) e, conseguentemente, un problema a una di queste (un’infezione, un processo infiammatorio, un problema muscolare, un disturbo nervoso, un trauma di vario tipo ecc.) può essere, fra le altre cose, causa di dolenzia. Il dolore al braccio, inoltre, può essere determinato da patologie di un’altra parte del corpo apparentemente “insospettabile”: in questo caso si parla di “dolore riferito”.
Dolore al braccio sinistro: le cause principali
Come detto, il dolore al braccio sinistro può riconoscere diverse cause e, se in certi casi può essere piuttosto facile capirne i motivi (come nel caso di un trauma diretto), in determinate circostanze può non essere facile identificarli. Le tre cause tipiche sono:
- angina pectoris: una sindrome clinica provocata da un’ischemia miocardica di tipo transitorio (diminuzione temporanea del flusso sanguigno al muscolo cardiaco);
- artrosi cervicale: una degenerazione patologica che interessa le vertebre del collo;
- infarto del miocardio: oltre al dolore al braccio sinistro, si associano alcuni sintomi quali dolore toracico, senso di oppressione, sensazione di pesantezza a livello toracico, sensazione di bruciore al petto, sudori freddi, vomito, respiro affannoso, senso di svenimento, frequenza cardiaca aumentata. In questi casi è opportuno richiedere un intervento medico il più tempestivamente possibile in quanto c’è una forte probabilità di un attacco di cuore.
Altre cause di dolore al braccio sinistro, sono:
- attacco di panico;
- cattiva circolazione;
- contratture muscolari;
- errata postura;
- lesioni del plesso brachiale;
- lesioni e traumi muscolari, tendinei, articolari;
- neuropatia periferica;
- reflusso gastroesofageo;
- sindrome dello stretto toracico superiore;
- vaccinazione recente;
- tendiniti.
Dolore al braccio e mammella
Il dolore al braccio può, in alcuni casi, essere la conseguenza di una recente operazione di mastectomia, che si effettua per trattare diversi tipologie di tumori al seno. In alcuni casi un dolore al braccio può essere irradiato dalla mammella in caso di forte mastodinia, a tal proposito leggi anche: Mastodinia: quando il seno è gonfio e dolorante
Dolore al braccio e cancro al seno
In alcuni casi il dolore localizzato a clavicola, ascella e braccio, spesso associati a gonfiore ed ingrossamento dei linfonodi dell’ascella, possono essere sintomo di tumore al cavo ascellare o al quadrante superiore esterno della mammella. In questo caso si associano spesso altri sintomi, come:
- un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
- una mammella che diventa più grande o più bassa,
- un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
- la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
- un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
- una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
- dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
- un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.
Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:
- sesso femminile (ricordiamo infatti che il cancro mammario può colpire anche l’uomo, ma molto più raramente);
- età avanzata (>30 anni, specialmente superati i 50 anni);
- fumo di sigaretta;
- genetica (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
- mancanza di procreazione;
- esposizione ad inquinamento atmosferico;
- mancanza di allattamento al seno;
- elevati livelli di alcuni ormoni;
- dieta ricca di grassi;
- obesità.
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Ionoterapia: riduce il dolore muscolare-articolare ed accelera la guarigione
La ionoterapia (o elettroionoterapia) è una terapia non invasiva usata nel campo della medicina riabilitativa a vari scopi, principalmente ridurre il dolore muscolare ed articolare tipico di molte patologie croniche ed accelerare i processi di guarigione di ferite e traumi.
Come funziona la ionoterapia?
Per capirlo serve prima fare un breve ripasso di fisiologia. Il nostro organismo è un complicato sistema di cariche elettriche: anche l’aria che respiriamo e l’ambiente in cui viviamo sono caratterizzati dalla presenza, in diversa percentuale, di ioni positivi e negativi (molecole di gas atmosferici che hanno perso o acquistato una o più cariche elettriche elementari dette elettroni). Ne consegue che una variazione nella quantità di cariche possedute dall’atmosfera in cui siamo immersi determina una variazione nella composizione delle cariche elettriche del nostro organismo. Il dispositivo medico per l’Elettroionoterapia è in grado di creare una ionizzazione dell’aria attraverso l’impiego di un emettitore con punta di carbonio. Orientando l’emettitore verso la cute del paziente, la microcorrente che viene generata attraversa i tessuti biologici, senza che avvenga nessun contatto diretto con la pelle, senza quindi usare mezzi invasivi come gli aghi.
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Cosa determina nel tessuto bersaglio?
Il flusso di ioni prodotto dall’apparecchio, favorisce numerose modificazioni elettrochimiche. È la membrana cellulare (sottile involucro che delimita la cellula e la separa dall’ambiente esterno) ad essere maggiormente stimolata in modo da favorire la migrazione intra-extra cellulare di tutti gli elementi, ed in particolare del calcio, in grado di produrre una stimolazione di processi di rigenerazione e riparazione dei danni cellulari e tissutali. L’azione a livello cellulare, attraverso la depolarizzazione della membrana, l’attivazione dei canali del calcio e dei meccanismi intracellulari di trasduzione del segnale, determinerebbe una stimolazione e modulazione delle funzioni cellulari.
Tali eventi sarebbero alla base della migliore utilizzazione dell’ossigeno, della stimolazione dei sistemi enzimatici ossido-riduttivi, in particolare i citocromi, della stimolazione della sintesi proteica, di ATP e del DNA cellulare. La stimolazione degli ioni negativi esplica:
- un’attività proliferativa delle cellule epidermiche;
- un incremento della velocità del flusso ematico;
- un miglioramento dei processi di respirazione dei tessuti;
- una riduzione dell’edema infiammatorio.
Per quali condizioni e patologie è indicata la ionoterapia?
Questo sistema terapeutico viene impiegato nella cura di tutte quelle condizioni e patologie per le quali è necessaria:
- una veloce riparazione cutanea (ulcere venose, ulcerazioni cutanee, erosioni cutanee, ferite infette, piaghe da decubito, psoriasi);
- una veloce riabilitazione in caso di danni cronici legati all’apparato osteomuscolare (traumi accidentali e sportivi con lesioni cutanee e muscolari, tendiniti, borsiti, ernia del disco, osteoartrosi e osteoartriti, rachide cervico-dorso-lombare);
- trattamento e riabilitazione dei traumi da sport: i risultati ottenuti nel corso di questi anni ne hanno dimostrato l’efficacia e la rapidità di azione sulla sintomatologia algica e sulla limitazione funzionale.
I tempi di guarigione risultano sensibilmente abbreviati se confrontati con quelli necessari alle terapie farmacologiche o con l’impiego di altri mezzi fisici.
I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari
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Frattura della spalla e dell’omero prossimale: sintomi e cure
La frattura dell’omero prossimale è un frattura molto comune della spalla. Particolarmente comune negli individui anziani a causa dell’osteoporosi, l’omero prossimale è tra le ossa che si rompono più frequentemente in una spalla. Infatti, nei pazienti di età superiore ai 65 anni, le fratture dell’omero prossimale sono al terzo posto come frequenza (dopo le fratture dell’anca e le fratture del polso).
Una frattura dell’omero prossimale si verifica quando la sfera dell’articolazione della spalla, la testa dell’omero (l’osso del braccio) si rompe. La frattura quindi si localizza in cima all’osso del braccio (omero). La maggior parte delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), ma circa il 15-20% di queste fratture sono scomposte e queste possono richiedere un trattamento più invasivo. Altro aspetto importante è che in queste frattura può capitare che vi sia una lesione associata dei tendini della “cuffia dei rotatori” che può aggravare la prognosi della guarigione. A tale proposito leggi anche: Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura
Il problema più significativo riguardo il trattamento delle fratture dell’omero prossimale è che, a prescindere dal tipo di trattamento, gli esiti talvolta non sono molto soddisfacenti in termini di recupero funzionale. Molti pazienti che sperimentano questo infortunio non riacquistano la piena forza o la piena mobilità della spalla, anche con un trattamento adeguato.
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Le fratture scomposte dell’omero prossimale
Quando i frammenti dell’osso rotto non sono allineati correttamente, la frattura la chiameremo “scomposta”. Nelle fratture dell’omero prossimale, la gravità spesso dipende da quanti pezzi di quest’osso sono rotti e quanti sono scomposti. L’omero prossimale è suddiviso in quattro “parti” che possono rompersi diventando quindi “frammenti”, quindi una frattura si può scomporre in 2 frammenti, 3 frammenti, o in 4 frammenti principali (una frattura non scomposta, per definizione è in 2 frammenti).
In generale, quanto più numerosi sono i frammenti della frattura e sono scomposti, tanto peggiore è la prognosi cioè la capacitá di guarire e tanto maggiore e la possibilitá che i pezzi fratturati vadano in necrosi cioè muoiano e debbano essere eventualmente sostituiti con protesi articolari.
Le porzioni che costituiscono l’omero prossimale sono chiamate: tuberosità (tuberosità maggiore e minore), la testa omerale (la sfera della spalla), e la diafisi omerale. Le tuberosità sono vicine alla testa dell’omero, e sono quelle parti di osso dove si inseriscono i principali muscoli della cuffia dei rotatori. Per considerare un frammento scomposto, bisogna che esso sia separato dalla sua posizione normale di più di 2 millimetri o sia ruotato per più di 15 gradi.
Cause
Normalmente queste fratture sono provocate o da un colpo diretto alla spalla oppure da una colpo indiretto che si verifica in seguito ad una caduta sulla mano con l’arto teso. Nei giovani queste fratture si osservano nei traumi ad elevata energia (incidenti stradali o sportivi) a carico della spalla, che il più delle volte determinano una frattura pluriframmentaria scomposta associata, in alcuni casi, ad una lussazione dei capi articolari. Nei pazienti anziani con osso osteoporotico, è sufficiente talvolta anche un trauma a bassa energia (una banale caduta a terra). Altri meccanismi supplementari traumatici sono: le contrazioni muscolari violente comiziali e/o le scosse elettriche.
Sintomi
Le fratture dell’omero prossimale possono essere molto dolorose e possono rendere difficile anche spostare semplicemente il braccio. Altri sintomi includono:
- Spalla cadente (in basso e in avanti).
- Incapacità di sollevare il braccio a causa del dolore.
- Parestesie, cioè disturbi della sesnsibilitá, formicolii, alla mano.
- Un caratteristico ematoma nella regione interna del braccio che può arrivare fino al gomito (detto ematoma di Hennequin).
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Visita medica
Durante la visita, il medico farà domande sul come si è verificata la frattura. Dopo aver discusso dell’infortunio e aver parlato dei sintomi, il medico esaminerà la vostra spalla.
Il medico esaminerà attentamente la tua spalla per assicurarsi che nessun nervo o vasi sanguigno sia stato danneggiato dalla frattura.
Al fine di individuare la posizione e la gravità della frattura, il medico vi farà eseguire una radiografia. Spesso verranno eseguiti i raggi X di tutta la spalla per verificare la presenza di ulteriori lesioni. In alcuni casi soprattutto in previsione di un intervento chirurgico, il vostro medico può ordinare una TAC per vedere la frattura più nel dettaglio e pianificare il trattamento adeguato al vostro caso. Altri esami come eco-color doppler o indagini contrastografiche saranno eseguite se si sospetta un coinvolgimento vascolare.
Trattamento delle fratture dell’omero prossimale
Trattamento non chirurgico
Circa l’80% delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), e queste possono quasi sempre essere trattate con un semplice tutore munito di fascia anti-rotatoria.
Il trattamento tipico è quello di riposare la spalla nel tutore per 3-4 settimane, e poi iniziare alcuni esercizi dolci di movimento. Man mano che la guarigione progredisce, che verrá monitorata mediante radiografie mensili, si possono iniziare esercizi di potenziamento della spalla più aggressivi, e la guarigione completa richiederà in genere circa 3 mesi. Il limite del trattamento non chirurgico è la possibilitá che la spalla, dopo essere stata immobilizzata per molto tempo per consentire la guarigione della frattura, si irrigidisca e perda mobilitá. Talvolta la rigiditá che ne consegue è invalidante e impone trattamenti chirurgici per cercare di risolvere la situazione.
Trattamento chirurgico
In caso di lesioni più gravi, quando la frattura è costituita da più frammenti ed è scomposta (fuori posizione), o anche nelle fratture più semplici nei giovani che hanno bisogno di tornare ad una vita attiva prima, può essere necessario un intervento chirurgico per fissare la frattura, riallinearla o in casi complessi sostituire l’osso danneggiato con una protesi articolare. Decidere qual’è il miglior trattamento chiurgico dipende da molti fattori, tra cui:
- L’età del paziente.
- Se l’arto è dominante oppure no.
- Il livello di attività del paziente.
- La quantità dei frammenti di frattura.
- Il grado di spostamento dei frammenti della frattura.
- L’esperienza del chirurgo.
La chirurgia prevede il riallineando dei frammenti ossei manualmente e mantenerli fissati in posizione mediante vari sistemi metallici, o viene eseguita una procedura di sostituzione della spalla mediante una protesi articolare.
Osteosintesi
I frammenti di osso possono essere fissati, con:
- Placche e viti: questo intervento viene considerato il golden standard ed è l’intervento che, quando esiste l’indicazione, viene preferito nel nostro reparto OTB. Consente una riduzione ottimale dei frammenti ma soprattutto una stabilizzazione molto solida. Talvolta però è un intervento complesso e che quindi richiede mani esperte per la sua corretta esecuzione.
- Chiodi endomidollari (chiodi infissi all’interno dell’osso cavo). Il vantaggio di questo intervento è la sua esecuzione più semplice per il chirurgo e la minore esposizione (può essere eseguito attraverso piccoli tagli della pelle e senza esporre la frattura). Lo svantaggio, a nostro avviso intollerabile, è che per inserire questo dispositivo di metallo, il chirurgo deve necessariamente danneggiare i tendini della cuffia dei rotatori, che sono i principali motori della spalla, motivo per cui nel nostro reparto è un intervento che non viene proposto quasi mai.
- Viti semplici e fili metallici di Kirschner talvolta in combinazione tra loro. Questo sistema non garantisce adeguatra stabilità per cui non consente mobilizzazioni precoci della spalla. Questa opzione in genere viene riservata alle persone anziane o in cattive condizioni generali.
- Protesi articolari: quando l’osso è molto danneggiato e soprattutto nelle persone anziane, può capitare che la vascolarizzazione di alcuni frammenti sia irrimediabilmente compromessa motivo per cui si può decidere di sostituire tutta o parte dell’articolazione con una protesi della spalla. Se è consigliata una procedura di questo tipo, le opzioni includono una protesi anatomica standard, una endoprotesi, o una protesi inversa. Nei giovani questo intervento deve essere prospettato solo nei casi in cui l’osteosintesi non ha nessuna speranza di successo e questo deve essere valutato con molta attenzione a causa del fatto che le protesi hanno una durata limitata (in media 10-15 anni) e non garantiscono una vita particolarmente attiva.
Vantaggi e svantaggi del trattamento chirurgico
Il vantaggio della chirurgia, quando la frattura viene fissata in modo stabile ad esempio con placche e viti, o con chiodi endomidollari, è quello di consentire al paziente di iniziare a muovere subito l’articolazione. Questo consente di tornare prima ad una vita attiva e di ridurre il rischio della rigidità e quindi è più probabile che a fine trattamento il paziente recuperi più movimento della spalla rispetto al trattamento non chirurgico. Gli svantaggi però, anche se si verificano con una frequenza assai limitata, sono quelli comuni della chirurgia (complicanze anestesiologiche) e quelli specifici della chirurgia ortopedica come infezioni, emorragie, lesioni vascolari e nervose. Queste complicanze sono più frequenti nelle persone anziane motivo per cui, generalmente, in questi pazienti si opta quando possibile per un trattamento non chirurgico.
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