La vita è un’inspiegabile magia

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“Cerco di osservare ciò che ho sempre sotto gli occhi: il giardino di casa, la mia strada. E tutto mi sorprende. La vita è un’inspiegabile magia”

Questa frase del poeta Johann Wolfgang von Goethe è una grande verità: troppe volte cerchiamo il fascino nelle grandi cose e ci dimentichiamo che la bellezza, quella vera, spesso è nelle piccole cose che ogni giorno ci circondano e che noi consideriamo banali e scontate. Se solo impariamo a vederlo, c’è un tesoro in ogni angolo del mondo… perfino nel nostro giardino di casa!

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I 5 modi per evitare di arrossire sul volto ed apparire imbarazzati

MEDICINA ONLINE PERCHE SI ARROSSISCE AMORE IMBARAZZO EMOZIONE VOLTO STRESS PELLE ROSSA RAGAZZA DONNA FACCIA ERITEMA AMORE RIMEDI face swatch red blush skin hiding.jpgCome abbiamo visto in questo articolo, arrossire in viso è un meccanismo automatico determinato da emozioni forti ed improvvise. Pur essendo impossibile impedire che esso si verifichi, esistono vari sistemi per limitarlo al massimo e prevenirlo. Vediamone alcuni.

1) Rilassati

Come prima accennato, arrossire è un meccanismo automatico e non c’è un sistema che lo impedisca del tutto, tuttavia – essendo determinato da forti emozioni – imparare a controllare lo stress potrebbe limitare il tuo rossore. Quando ti capita di arrossire, puoi provare a rilassare i muscoli (soprattutto quelli di spalle e collo) per cominciare a riacquistare il giusto colorito. Prova a rilasciare la tensione che senti. Mantieni la postura eretta, con le gambe bilanciate. Per rilassarti, prova a:

  • inspirare ed espirare profondamente;
  • ricordare a te stesso che non è la prima volta che arrossisci e probabilmente non sarà l’ultima;
  • ricordare che arrossire è qualcosa di naturale, di cui non devi vergognarti;
  • pensare al fatto che arrossire può addirittura essere un segno di salute e piacevole e può spingere la persona che hai di fronte (e che magari ti piace) a fare il primo passo;
  • prova a sorridere: rende le guance di un colorito rosso naturale e inoltre ci fa sentire felici, distruggendo così ogni ansia sociale;
  • chiudi gli occhi e pensa di essere in un posto diverso da dove sei.

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2) Prova a richiamare l’attenzione sul tuo arrossire

Se una persona va a un appuntamento e fa qualcosa di incredibilmente imbarazzante, un modo apparentemente paradossale per salvare la situazione potrebbe essere il richiamare l’attenzione proprio su quello: “Bene, questo è stato imbarazzante. Ti giuro che non sono sempre così impacciato!”. Facendo in questo modo, si smaschera l’imbarazzo, che di solito svanisce quasi subito. Puoi fare la stessa cosa con il tuo arrossire.

3) Lavati la faccia

Lavarsi la faccia con acqua fredda tende a diminuire il rossore, perché il freddo determina vasocostrizione e quindi minor afflusso sanguigno ai capillari.

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4) Previeni le situazioni imbarazzanti

Devi scoprire quali sono le situazioni in cui arrossisci: quando ti arrabbi o quando sei agitato? Quando guardi una persona che ti piace? Oppure arrossisci quando l’attenzione è puntata su di te? In realtà, non devi evitare queste situazioni, ma cerca soltanto di renderti conto che non c’è ragione di arrossire in queste circostanze. Questo è il primo passo da fare per evitare l’imbarazzo di arrossire.
Fai una lista di tutte le volte che hai avuto questo problema di recente, specialmente nelle situazioni sociali. Prendi nota ci che cosa è successo. Ti hanno preso in giro? La gente se n’è accorta? Nella maggior parte dei casi, le persone normali non pensano che il rossore sia un problema e non ci fanno caso. E perché dovrebbero? Non è qualcosa che puoi controllare. Comincia a pensare che il rossore non è così importante come pensi.

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5) Trova delle tecniche che ti aiutino a rilassarti

Prepara corpo e mente a rilassarsi prima di arrossire, attraverso la meditazione e la ginnastica dolce. Sentirti rilassato e pensare di avere il controllo potrebbe aiutarti a prevenire il rossore.

  • Prova lo yoga: è l’esercizio perfetto per corpo e mente che ti aiuterà a concentrarti e stimolerà il tuo fisico affinché il sangue scorra lungo tutto il corpo e non solo in faccia. Prova diversi tipi di yoga, ne esistono dozzine; trova quello che va bene per te.
  • Prova la meditazione dolce: la parola “meditazione” può avere significati diversi. Prova semplicemente a diventare consapevole del tuo corpo e porta questa consapevolezza fuori da te stesso, per aiutarti a liberarti. Per prima cosa, concentrati sui pensieri nella tua testa e poi sposta gradualmente la tua consapevolezza fino ai confini del tuo corpo, finché non lo percepisci nel suo insieme.

Chiedi l’aiuto di uno specialista

Se la sola idea di arrossire ti crea tali problemi da impedirti una vita normale, potresti aver bisogno di un aiuto da parte di una specialista. Per approfondire, leggi: Eritrofobia, la paura di arrossire: cause, caratteristiche, cure e consigli

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Perché si arrossisce senza motivo o per amore? Cause e rimedi

MEDICINA ONLINE PERCHE SI ARROSSISCE AMORE IMBARAZZO EMOZIONE VOLTO STRESS PELLE ROSSA RAGAZZA DONNA FACCIA ERITEMA AMORE RIMEDI face swatch red blush skin hiding.jpgA chi non è mai capitato almeno una volta di sentire all’improvviso le guance scottare ed accorgersi di essere diventato rosso come un peperone? Questa è la reazione tipica che si ha quando ci si trova in determinate situazioni. Ma perché si arrossisce?  I veri motivi per cui si arrossisce sono ancor oggi oggetto di studi da parte di scienziati e psicologi. Quello che è dato ormai per certo è che si arrossisce senza poter fare nulla per evitarlo. E’ un meccanismo involontario, non lo possiamo controllare, almeno NON del tutto! E’ come la respirazione ed il battito del cuore: possiamo modularli con varie tecniche, tuttavia loro funzionano autonomamente. Non a caso ho citato battito cardiaco e respirazione: un aumento della loro frequenza tende infatti a verificarsi contemporaneamente alla comparsa del rossore. Inoltre il rossore si associa alla tipica sensazione di calore che sale verso il viso e successivamente interessa tutto il corpo

Zone del rossore

Il tipo di arrossamento può variare:

  • c’è chi arrossisce solo sulle guance;
  • chi sull’intero volto;
  • altri solo sulle orecchie o sul collo.

Motivi fisici dell’arrossamento

L’arrossamento tecnicamente è provocato dall’aumento del flusso sanguigno dovuto all’incremento di adrenalina nel nostro corpo. Questo capita in particolari situazioni di stress, o quando si verifica quello che gli studiosi chiamano “meccanismo di combatti o fuggi”. All’improvviso si prova imbarazzo, aumenta l’adrenalina, aumenta il flusso sanguigno ai capillari superficiali e si diventa rossi in viso. L’aumento del flusso ematico causa anche la forte sensazione di calore sulla faccia. Il rossore nel volto può essere determinato anche da varie condizioni e patologie, come vedremo in seguito. Quello che è ancora poco chiaro è il perché il rossore compaia principalmente sulle guance (molto più raramente anche sul collo) e non anche su tutto il resto del fisico. I capillari sono presenti in tutto il corpo, ma solamente quelli sul viso sono più soggetti al rossore.

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Motivi psicologici che determinano rossore in viso

Nella maggior parte dei casi quando si arrossisce è perché in quel preciso momento si sta provando una forte emozione, quasi sempre imbarazzo. Il tutto accade all’improvviso: è una reazione istintiva ed emotiva nei confronti del contesto nel quale ci si trova. Con il rossore sul viso si manifesta, senza parlare, uno stato di imbarazzo e/o disagio. Quasi sempre l’arrossamento si verifica quando si sente in difetto o in colpa verso gli altri e si assume un atteggiamento difensivo che diventa manifesto tramite il rossore.

Quali sono le classiche situazioni che portano all’arrossamento del viso?

Ecco una lista di situazioni tipiche che determinano rossore in viso:

  • quando si viene presi in giro davanti ad altre persone;
  • quando siamo di fronte – o semplicmente pensiamo – ad una persona di cui siamo innamorati;
  • quando si è interrogati dall’insegnante e non si è preparati;
  • quando baciamo una persona che ci piace;
  • quando facciamo sesso;
  • quando si è colti in flagrante a fare qualcosa che non si dovrebbe;
  • quando proviamo un forte piacere o una forte paura;
  • quando si viene sbugiardati di fronte agli altri;
  • quando si riceve un complimento inaspettato;
  • quando si deve fare un discorso in pubblico;
  • quando si ricorda un’occasione in cui si è provato forte imbarazzo;
  • quando ci si arrabbia.

Si potrebbe andare avanti a lungo con questa lista: il rossore si può verificare in qualsiasi situazione in cui si prova una forte emozione, di qualsiasi tipo essa sia.

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Perché non tutti arrossiscono?

Non tutti arrossiscono. Alcuni diventano rossi come peperoni in pochi secondi anche con una emozione poco intensa, altri non lo diventano mai o solo raramente e con rossore poco evidente. Ciò dipenderebbe sia da motivi fisici (vascolarizzazione superficiale del viso più o meno fitta, pelle più o meno scura a causa di quantità più elevate o più basse di melatinina…) che psicologici (alcune persone sono ad esempio più “emotive” di altre), tuttavia i veri motivi di questa grande variabilità, non sono ancora stati del tutto chiariti.

Patologie e condizioni che determinano rossore

Ci sono alcuni casi in cui il rossore può essere determinato da condizioni o da patologie particolari. Tipici casi sono quando:

  • si assume una grande quantità di alcolici;
  • si è sessualmente eccitati;
  • si compie uno forzo pesante o a lungo;
  • si espone la pelle a freddo eccessivo;
  • quando si prende troppo sole senza protezione solare.

Un rossore patologico particolare è l’eritema a farfalla che compare nel Lupus eritematoso sistemico, a tal proposito leggi anche: Lupus eritematoso sistemico (LES): cause, sintomi e terapie

La fobia di arrossire

Il rossore in viso in alcuni casi sfocia in un vero e proprio disturbo psichiatrico: l’eritrofobia o ereutofobia, cioè la paura ossessiva di arrossire. Per chi soffre di questa patologia l’arrossire è praticamente una costante. Questa fobia, inoltre, può compromettere seriamente la vita lavorativa e sociale, tanto che molte persone che ne sono affette decidono di sottoporsi ad un intervento chirurgico, la simpaticectomia endotoracica, che va a limitare il problema.

Come evitare di arrossire

Esistono vari sistemi per limitare al massimo il rossore, li potete trovare in questo articolo: I 5 modi per evitare di arrossire sul volto ed apparire imbarazzati

Per approfondire, leggi: Eritrofobia, la paura di arrossire: cause, caratteristiche, cure e consigli

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Alessitimia, quando mancano le emozioni: caratteristiche e cure

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRL’alessitimia o alexitimia in psicologia e psichiatria è un disturbo che consiste in un deficit della consapevolezza emotiva, palesato dall’incapacità di mentalizzare, percepire, riconoscere e descrivere verbalmente i propri e gli altrui stati emotivi. Viene attualmente considerato anche come un possibile deficit della funzione riflessiva del Sé.

Caratteristiche

L’alessitimia si manifesta nella difficoltà di identificare e descrivere i propri sentimenti, e nel distinguere gli stati emotivi dalle percezioni fisiologiche. I soggetti alessitimici hanno grandi difficoltà a individuare quali siano i motivi che li spingono a provare o esprimere le proprie emozioni, e al contempo non sono in grado di interpretare le emozioni altrui. La loro capacità immaginativa e onirica è ridotta, talvolta inesistente; mancano di capacità d’introspezione, e tendono ad assumere comportamenti conformanti alla media. I soggetti alessitimici tendono anche a stabilire relazioni di forte dipendenza o, in mancanza di essa, preferiscono l’isolamento.

L’alessitimia è stata associata a uno stile di attaccamento insicuro-evitante, caratterizzato da un bisogno talvolta ossessivo di attenzioni e cure.

Altro processo psichico frequente nei soggetti con tratti di personalità alessitimici è l’incapacità di mentalizzare e simbolizzare l’emozione. L’emozione viene vissuta per via somatica (direttamente sul corpo e senza elaborazione mentale), e non interpretata cognitivamente, né concettualizzata per immagini mentali o parole che la sintetizzino e contengano. L’emozione è, per il soggetto alessitimico, la mera percezione fisica, disregolata e presimbolica, dei correlati psicofisiologici dell’attivazione emotiva.

Leggi anche: Emozioni: cosa sono, classificazione, importanza e stress

Diagnosi

Il test attualmente più diffuso e affidabile per la diagnosi dell’alessitimia è la TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale), una scala psicometrica,di autovalutazione a 20 domande (item), creata nel 1985 (come TAS-26, con 26 item) e revisionata poi nel 1992 (con riduzione a 20 item), per identificare la presenza delle tre caratteristiche ritenute alla base del disturbo:

  • la difficoltà nell’identificare i sentimenti;
  • la difficoltà nel descrivere i sentimenti altrui;
  • il pensiero orientato quasi solo all’esterno, e raramente verso i propri stessi processi endopsichici.

Per la valutazione delle caratteristiche alessitimiche, esistono altri sistemi di misurazione: inaugurata da Ruesch tra il 1948 e il 1957, fu l’osservazione sui pazienti, da cui derivò che loro producevano solo fantasie primitive e stereotipate. Murray, nel 1935, utilizza il TAT. Si tratta di 31 tavole rappresentanti foto, immagini, quadri, dal significato ambiguo, di cui 11 tavole vengono utilizzate per tutti i soggetti, e 20 sono specifiche per categorie di genere sessuale ed età. Sulle tavole vi sono rappresentati uno o più personaggi immersi in situazioni di vita quotidiana, e l’immagine è strutturata in diversi gradi. La tecnica utilizzata è basata sulla proiezione la cui caratteristica è lo stimolo poco strutturato. Il test è individuale e il soggetto si trova seduto di spalle allo psicologo; in questo modo sono favorite le libere associazioni. Il soggetto deve costruire una storia intorno alla figura presentata, con un passato, un presente, un futuro, una conclusione e, infine, le considerazioni personali; ciò favorisce l’identificazione del soggetto con il personaggio principale, attribuendogli sentimenti e bisogni che fanno parte del suo vissuto, e sono espressione del suo mondo pulsionale (inconscio). Il SAT9 (Objectively Scored Archetypal Test) è una tecnica proiettiva di disegno, utilizzata per valutare una caratteristica centrale dell’alessitimia: la funzione simbolica e la capacità del soggetto di creare delle fantasie. Consta di una lista di 9 oggetti o simboli (una spada, una cascata, un rifugio, un mostro, un qualcosa di ciclico, un personaggio, l’acqua, un animale, il fuoco) che vengono sottoposti all’individuo a cui viene chiesto di fare un disegno utilizzando questi 9 simboli e di scrivere una breve storia che spieghi il disegno. Con l’aumentare del grado di alessitimia, i disegni perderanno di originalità, nella forma e nel contenuto, poiché il soggetto risulta avere un deficit della funzione simbolica e incapace di difendersi dall’ansia provocata da certi simboli.

Comorbilità

L’alessitimia è risultata significativamente correlata a numerose condizioni patologiche sia di natura psicosomatica sia psicologica, come l’ipertensione, la dispepsia, i disturbi sessuali e la disfunzione erettile, l’abuso di sostanze e alcuni disturbi d’ansia.

Terapia

La terapia è essenzialmente farmacologica e prevene un supporto psicoterapico. Dopo un anno di trattamento psicofarmacologico appropriato, i pazienti vedono generalmente migliorate le sindromi schizofreniche e depressive così appare migliorato il funzionamento psicosociale, mentre le caratteristiche principali dell’alessitimia restano stabili.

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Medicina Narrativa: cos’è, a cosa serve, quando si usa?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MEDICINA NARRATIVA COSE COSA SERVE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgNegli ultimi anni ho imparato a curare molti miei pazienti – affetti da disturbi d’ansia e da dipendenze – senza l’ausilio farmacologico, dal momento che la maggior parte dei farmaci usati in questi casi crea dipendenza e tende a dare un sollievo soltanto temporaneo al paziente, facendolo ripiombare nel baratro al termine dell’assunzione. La potente arma che mi ha permesso in tanti anni di curare i problemi psicologici di molti miei pazienti senza l’ausilio farmacologico è una branca della medicina che studio ed applico da molti anni ma ancora poco nota in Italia, anche se già molto conosciuta negli Stati Uniti: la Medicina Narrativa.

Cos’è la Medicina Narrativa”?

Con “Medicina Narrativa” (in inglese “Narrative Medicine”) si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata sulla narrazione – da parte del paziente – delle problematiche alla base della malattia stessa o del trauma che ha subito. Tale narrazione permette la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei pazienti: le persone, attraverso le loro storie, diventano loro stesse protagoniste del loro processo di cura.

Dal “curare” a “prendersi cura” del paziente

I traumi e le malattie sono ciò che vive e racconta il paziente, non soltanto segni, sintomi, radiografie e numeri di laboratorio. Ogni caso ha la sua storia: narrarla è terapeutico per il paziente, ascoltarla significa – per il medico – passare dal curare al prendersi cura della persona sofferente. La medicina narrativa è nata per valorizzare il vissuto dei malati e dei traumatizzati, non considerando più la patologia o il trauma un semplice fatto biomedico. Il paziente non è più “un numero a cui dare farmaci”, ma diventa una persona con un vissuto che va ascoltata e capita, ed una persona ascoltata e capita ha molte più possibilità di guarire, specie quando la patologia ha una forte componente psicologica ed emotiva.

Quali sono le metodologie utilizzate?

Il mio personale approccio medico-narrativo fa riferimento a differenti metodologie analitiche, diagnostiche e terapeutiche derivanti da diversi ambiti disciplinari:

  • Narratologico (letteratura)
  • Fenomenologico-ermeneutico (filosofia)
  • Psicoterapeutico (psicologia)
  • Psicopedagogico (scienze umane)
  • Neurologico-psichiatrico (medicina)
  • Socio-antropologico (scienze sociali)

Come si svolge una terapia in Medicina Narrativa?

Una terapia che usi il mio approccio medico-narrativo, si svolge tipicamente con una serie di colloqui, solitamente uno a settimana, in cui si lascia libero il paziente di spiegare il proprio problema e le modalità che lo hanno portato ad averlo. Io medico ho il ruolo di contenere la dimensione del racconto, finalizzandolo ad un risvolto operativo nelle cure, senza però mai forzare il paziente, bensì aiutando quest’ultimo – tramite opportune domande – ad arrivare al nucleo del problema ed affrontarlo. Seduta dopo seduta il paziente riuscirà quindi a capire quali sono i nodi fondamentali che lo hanno portato ad avere il suo problema o la sua dipendenza e gli permetterà di affrontarlo, con il mio aiuto.

Per quali patologie si usa l’approccio medico-narrativo?

Questo tipo di approccio medico può essere usato per molte condizioni e patologie in cui è presente una importante componente emotiva e psicologica, come ad esempio: disturbi del comportamento alimentare (come anoressia nervosa e bulimia), elaborazione del lutto, vigoressia, disturbi di personalità, anaffettività, depressione, dipendenza affettiva, sindrome da abbandono, malattie terminali, bassa autostima, mental couching, crescita sociale, professionale e sportiva, sindrome di hikikomori, dipendenze da sostanze (alcol, fumo, droghe), dipendenze comportamentali (in particolare gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo e masturbazione compulsiva), superare una delusione amorosa, aborto spontaneo, paraplegia e tetraplegia, malattie neurodegenerative, sindrome del cuore infranto e dipendenza da pornografia. Ad ogni modo l’approccio medico-narrativo non solo è utile per affrontare in modo migliore condizioni e patologie di interesse psicologico e psichiatrico, ma migliora le possibilità di cura e la qualità della vita del paziente in virtualmente qualsiasi malattia esistente.

Ascoltare la storia di malattia non è solo un atto terapeutico, ma è dare dignità alla voce del malato.

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Rabbia: differenza tra ira passiva ed ira aggressiva

MEDICINA ONLINE RABBIA GELOSIA UOMO VIOLENTO VIOLENT RAGE HUNGRY SAD COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA JEALOUS LOVE COUPLECon il termine ira (spesso sostituito da “furia”, “collera” o, impropriamente, “rabbia”) si indica uno stato psichico alterato, in genere suscitato da elementi di provocazione capaci di rimuovere i freni inibitori che normalmente stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L’iracondo prova una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno, ma in alcuni casi anche verso se stesso. L’ira è vista come una forma di reazione e/o risposta da parte di una persona a situazioni sfavorevoli. In psicologia, sono riconosciuti tre tipi di ira:

  • la prima forma, denominata “rabbia frettolosa ed improvvisa” da Joseph Butler (un vescovo inglese del XVIII secolo), è collegata all’impulso di autoconservazione: condivisa da uomo ed animale si verifica quando il soggetto si ritiene tormentato o intrappolato;
  • la seconda forma, chiamata “rabbia costante e deliberata”, è una reazione alla percezione deliberata di subire un trattamento ingiusto oppure un danno da altri soggetti. Come la prima forma, anche questa è episodica;
  • la terza forma è invece disposizionale, legata più a tratti caratteriali che ad istinto e cognizione. Irritabilità, villania e scontrosità sono spesso presenti in quest’accezione.

Potenzialmente, l’ira è in grado di mobilitare risorse psicologiche positive tra cui: correzione di comportamenti sbagliati, promozione di un’uguaglianza sociale ed espressione di sentimenti negativi su controversie. D’altro canto l’ira può rivelarsi “distruttiva” quando non trova un adeguato sbocco di espressione; una persona irata può infatti perdere oggettività, empatia, prudenza e senso di riflessione e causare danni ad altre persone o cose. Ira ed aggressività(fisica o verbale, indiretta o diretta) sono distinte, anche se possono influenzarsi a vicenda.

Sintomi

Una distinzione nella manifestazione dell’ira può essere fatta tra “ira passiva” ed “ira aggressiva”: forme, queste, che hanno sintomi caratteristici.

Ira passiva

Può manifestarsi nei seguenti modi:

  • Elusività: voltare le spalle agli altri, tirarsi indietro e diventare fobico.
  • Distacco: manifestare indifferenza, tenere il muso o fare sorrisi falsi.
  • Finta riservatezza: evitare il contatto visivo, spettegolare, minacciare in modo anonimo.
  • Autosacrificio: essere eccessivamente disponibili, accontentarsi di una seconda scelta, rifiutare aiuto.
  • Autobiasimazione: scusarsi eccessivamente, autocriticarsi ed accettare ogni critica.

Ira aggressiva

Può manifestarsi nei seguenti modi:

  • Distruttività: distruggere oggetti, ferire animali, rompere rapporti, abusare di droga.
  • Vendetta: essere punitivi, rifiutare di perdonare, rievocare vecchi ricordi.
  • Bullismo: intimidire o perseguitare le persone, prendersi gioco di elementi deboli della società.
  • Minaccia: spaventare le persone, tenere comportamenti pericolosi.
  • Esplosività: furia improvvisa, senso di frustrazione, attacco indiscriminato.
  • Egoismo: ignorare le esigenze altrui.
  • Sconsideratezza: tenere atteggiamenti pericolosi come guidare troppo velocemente e spendere denaro sconsideratamente.
  • Vandalismo: danneggiare opere ed oggetti, compiere atti di teppismo o piromania. Comportamenti spesso associati al consumo di alcol e droghe.

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Emozioni: cosa sono, classificazione, importanza e stress

brain-lightsLe emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente. Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche). Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo.

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Reazioni psicofisiologiche

Secondo la teoria centrale di Cannon-Bard, lo stimolo emotigeno, che può essere un evento, una scena, un’espressione del volto o un particolare tono di voce, viene elaborato in prima istanza dai centri sottocorticali dell’encefalo, in particolare l’amigdala che riceve l’informazione direttamente dai nuclei posteriori del talamo (via talamica o sottocorticale) e provoca una prima reazione autonomica e neuroendocrina con la funzione di mettere in allerta l’organismo. In questa fase l’emozione determina quindi diverse modificazioni somatiche, come ad esempio la variazione delle pulsazioni cardiache, l’aumento o la diminuzione della sudorazione, l’accelerazione del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento della tensione muscolare. Lo stimolo emotigeno viene contemporaneamente inviato dal talamo alle cortecce associative, dove viene elaborato in maniera più lenta ma più raffinata; a questo punto, secondo la valutazione, viene emessa un tipo di risposta considerata più adeguata alla situazione, soprattutto in riferimento alle “regole di esibizione” che appartengono al proprio ambiente culturale. Le emozioni, quindi, inizialmente sono inconsapevoli; solo in un secondo momento noi “proviamo” l’emozione, abbiamo cioè un sentimento. Normalmente l’individuo che prova una emozione diventa cosciente delle proprie modificazioni somatiche (si rende conto di avere le mani sudate, il battito cardiaco accelerato, etc.) ed applica un nome a queste variazioni psicofisiologiche (“paura”, “gioia”, “disgusto”, ecc.). Si possono tuttavia avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche, come è stato proposto dal neuropsicologo Antonio Damasio, attraverso i circuiti del “come se”. Si può inoltre avere una reazione psicofisiologica ma non essere in grado di connotarla con una etichetta cognitiva, come nel caso dell’alessitimia.

Caratteristiche delle emozioni

Replicando gli studi compiuti da Charles Darwin nel libro pionieristico “L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali” (1872), lo psicologo americano Paul Ekman ha confermato che una caratteristica importante delle emozioni fondamentali è data dal fatto che vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili. Come suggerisce il titolo del libro di Darwin, anche gli animali provano emozioni: hanno circuiti neurali simili, hanno reazioni comportamentali simili e le modificazioni psicofisiologiche da essi sperimentate svolgono le stesse funzioni. Allo stato attuale non è possibile affermare scientificamente che gli animali provino anche i sentimenti, perché ciò richiederebbe che abbiano una forma di coscienza. Ekman, ha analizzato come le espressioni facciali corrispondenti ad ogni singola emozione interessino gli stessi tipi di muscoli facciali e allo stesso modo, indipendentemente da fattori quali latitudine, cultura e etnia. Tale indagine è stata suffragata da esperimenti condotti anche con soggetti appartenenti a popolazioni che ancora vivono in modo “primitivo”, in particolare della Papua Nuova Guinea. L’emozione ha altresì effetto sugli aspetti cognitivi: può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere all’esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.

Lo sviluppo delle emozioni

Il neonato evidenzia tre emozioni fondamentali che vengono definite “innate”: paura, amore, ira (Watson, 1924). Entro i primi cinque anni di vita manifesta altre emozioni fondamentali quali vergogna, ansia, gelosia, invidia. L’evoluzione delle emozioni consente al bambino di comprendere la differenza tra il mondo interno ed esterno, oltre a conoscere meglio se stesso. Dopo il sesto anno di età, il bambino è capace di mascherare le sue emozioni e di manifestare quelle che si aspettano gli altri da lui. A questo punto dello sviluppo il bambino deve imparare a controllare le emozioni, soprattutto quelle ritenute socialmente non convenienti, senza per questo indurre condizioni di disagio psicofisico. Saper riconoscere e identificare i segnali emotivi “sul nascere” significa cogliere stati che potrebbero alterare l’armonia tra mente e corpo, permette di mantenere la lucidità mentale necessaria e di conseguenza consente di imparare a gestire le emozioni con maggiore consapevolezza. Questa nuova alfabetizzazione alle emozioni è una tendenza importante per la formazione degli adulti soprattutto per gestire situazioni di crisi relazionale e nel campo della sicurezza o delle performance sportive, sociali, e umane in generale. Educare all’emozione diventa sempre più un aspetto rilevante anche per la crescita del bambino. Secondo le indicazioni ministeriali, nei programmi didattici contemporanei, anche nella scuola primaria, diventa essenziale per un insegnante riconoscere gli stati emotivi dei propri allievi e supportarli con il dovuto sostegno ai fini dello sviluppo psichico. Ciò permette loro di relazionarsi, attraverso un lavoro costante di costruzione, è possibile ricostruire le eventuali caratteristiche che alterano la normale crescita, a tale riguardo “insegnare a scuola le emozioni” risulta essere di fondamentale importanza. “La scienza del sé” che è una disciplina che ha come obiettivo analizzare i sentimenti propri e quelli che scaturiscono dai rapporti con gli altri, mira a studiare il livello di competenza sociale ed emozionale nei ragazzi come parte della loro istruzione regolare.

Classificazione delle emozioni

Le emozioni primarie, secondo una recente definizione di Robert Plutchik sono otto, divise in quattro coppie:

  • la rabbia e la paura;
  • la tristezza e la gioia;
  • la sorpresa e l’attesa;
  • il disgusto e l’accettazione.

Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione. Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse):

  • l’allegria;
  • la vergogna;
  • l’ansia;
  • la rassegnazione;
  • la gelosia;
  • la speranza;
  • il perdono;
  • l’offesa;
  • la nostalgia;
  • il rimorso;
  • la delusione.

Aspetti patologici

L’alessitimia è l’incapacità o l’impossibilità di percepire, descrivere e verbalizzare le proprie emozioni o quelle altrui. Le emozioni si collegano al vissuto degli individui innalzandone le energie, e nei casi “patologici” deprivati di energie. Sulla dinamica che connette la consapevolezza emotiva e gli stati individuali è rilevante lo studio del dott. Daniele Trevisani che ha esposto un principio specifico;

« Principio 2 del potenziale umano – Leadership emozionale ed energie mentali:Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando: • l’individuo non è consapevole degli stati emotivi che sta vivendo; • l’individuo non è consapevole delle cause che producono un certo stato emotivo; • l’individuo non è in grado di proteggersi dalle emozioni negative, vivere con maggiore distanziamento le esperienze negative, e i vissuti emotivi negativi impediscono di raggiungere i propri obiettivi e risultati (fragilità emotiva); • l’attenzione è imprigionata sui vissuti negativi, in relazione a micro-eventi e macro-eventi personali (traumi emotivi irrisolti); • l’individuo non ha appreso a generare stati, situazioni, momenti, eventi (micro e macro) che possono generare emozioni e sensazioni positive; • l’individuo viene trascinato negli stati emotivi da persone ed eventi, senza riuscire ad arrestare i trascinamenti (essere in balìa degli eventi e delle persone).

Le energie mentali aumentano quando: • si genera consapevolezza degli stati emotivi vissuti (coscienza emotiva), della loro tipologia, intensità e localizzazione, con buona capacità di riconoscimento e di labeling (dare un nome alle emozioni e distinguerle); • si genera consapevolezza delle cause degli stati emotivi vissuti; • si acquisiscono capacità di protezione dalle emozioni negative, si apprende a far sì che esse si manifestino e fluiscano senza bloccare il corso della propria vita e azione; • viene condotto un lavoro serio e programmatico per risolvere traumi emotivi passati (gravi o meno gravi) e quelli generati dall’operatività quotidiana, con un supporto umano (evitare l’elaborazione di traumi in solitudine o senza supporto); • l’individuo apprende a nutrirsi di emozioni positive, percepire le positività, generare le occasioni di positività, produrre un clima emotivo positivo; • l’individuo sa riconoscere e bloccare i trascinamenti emotivi, non è in balìa di eventi e persone, è meno soggetto ai “tiranti emotivi” generati dall’ambiente e dalle relazioni. »

La componente patologica delle emozioni può essere trattata con interventi di psicoterapia o di counseling con metodi variabili secondo le diverse scuole di riferimento, ma anche secondo valutazione medica, con approcci farmaceutici, in particolare agendo sui neurotrasmettitori che regolano emozioni ed umore.

Importanza clinica delle emozioni

Diversi studi in letteratura hanno dimostrato che lo stress e le emozioni negative incidono negativamente sul sistema immunitario, compromettendone l’efficienza di alcune cellule. I dati più significativi sull’importanza clinica delle emozioni provengono da una vasta analisi condotta da Howard Friedman e Boothby-Kewley, in cui sono stati analizzati ed elaborati contemporaneamente i risultati di 101 studi più piccoli. I risultati di questa analisi hanno confermato come le emozioni legate alla sofferenza incidano negativamente sulla salute. Più nello specifico coloro che hanno sperimentato lunghi periodi di ansia, tristezza, pessimismo, sospettosità e ostilità hanno il doppio delle probabilità di sviluppare patologie quali artrite, emicrania, asma, ulcera gastrica e cardiopatie. Da questi dati si evince chiaramente che le emozioni negative rappresentano un importante fattore di rischio e di grave minaccia per la salute sebbene i meccanismi biologici dietro questa relazione non siano ancora del tutto chiari.

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L’abuso verbale ed emozionale nella coppia

MEDICINA ONLINE GELOSIA UOMO VIOLENTO VIOLENT RAGE HUNGRY SAD COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA JEALOUS LOVE COUPLE FRINEDS LOIl partner abusatore, che sia maschio o femmina, ha un obiettivo fondamentale: vuole controllare e dominare il proprio compagno o la propria compagna. L’abuso verbale è il mezzo attraverso il quale raggiunge questo scopo. È egocentrico, impaziente, distaccato, poco empatico, estremamente geloso e sospettoso. Per mantenere il controllo sul partner e sulla situazione, l’abusatore cerca di isolare il partner dagli amici e dalla famiglia. Il suo umore tipicamente slitta dal romanticismo alla rabbia. La paura della rabbia (verbale) ti costringe alla sottomissione.

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Sei vittima di un abuso verbale?

L’abuso verbale e emozionale comincia in modo innocuo, ma cresce via via che l’abusatore comprende che non lo lascerete nonostante i suoi comportamenti. A volte gli eventi scatenanti sono il matrimonio o la maternità. Tuttavia, guardandoti indietro puoi riconoscere dei segnali dell’incubo che vivi ora: gelosia, sospetto, tentativi di controllo. Spesso sono gli amici e la famiglia ad avvertirti, ma ancora più spesso non vengono ascoltati. Le persone più a rischio sono quelle remissive. Se ti ritieni una di esse allora dovresti chiederti se qualche volta hai accettato il comportamento del tuo partner per evitare il confronto. Ti è familiare la sensazione di reprimere la tua rabbia per non scatenare la sua? Dopo aver risposto a tono agli attacchi del tuo partner ti senti in colpa? Vorresti dirgli un sacco di cose ma quando cominci poi ti rendi conto che sono tutte cose che non puoi dire? Se ti riconosci in questi comportamenti e pensieri probabilmente sei stato abusato verbalmente e emotivamente.

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Cosa sono l’abuso verbale ed emotivo nella coppia?

Sono comportamenti atti a denigrare, controllare, manipolare e punire il proprio partner. Se non ti senti libero di essere in un luogo senza che il tuo partner lo sappia significa che lui ha il potere di controllare i tuoi spostamenti. Se non ti senti libero di parlare con una persona perché sai che non farebbe piacere al tuo partner significa che lui può controllare le tue amicizie. Se non ti senti libero di contraddire il tuo partner perché temi di farlo arrabbiare significa che può controllare la tua vita.

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Tecniche di abuso verbale

Le principali tecniche di abuso verbale, sono:

  1. Opposizione: questa tecnica usati dall’abusatore consiste nell’attaccare tutto quello che dici, sfidare le tue percezioni, le tue supposizioni, i tuoi pensieri e le tue credenze. Ti tratta sempre come un avversario da combattere.
  2. Bloccaggio: in questo caso l’abusatore risponde alle tue parole chiudendo il discorso con delle frasi come adesso non ho voglia di parlare, che sciocchezze dici, ma figurati, non so di cosa parli, che tradotte significano tutte “stai zitto”!
  3. Sminuire le emozioni: minimizza o scredita i tuoi pensieri, le tue emozioni e i tuoi sentimenti. In questo modo sottolinea che non conta quello che provi o peggio che è sbagliato.
  4. Negazione: nega sia esistita discussione o litigio con te. Tu provi a sostenere la verità di quei ricordi ma alla fine ottieni solo di dubitare della tua memoria o della tua visione del mondo.

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Come contrastare l’abuso nella coppia?

Per prima cosa ricorda che l’obiettivo dell’abusatore non è vare ragione nella discussione, è avere il controllo su di te. Se ti focalizzi sui contenuti cadrai nella sua trappola e proverai a rispondere razionalmente, negando le accuse e cercando di difendere te stesso. Quando questo avviene hai perso, nel momento in cui senti il bisogno di giustificare le tue azioni (corrette e oneste) al tuo partner, significa che lui ti ha soggiogato. Quello che devi fare è metterti sempre sul suo stesso piano e devi farlo cercando di mantenere la calma, altrimenti se ti arrabbi rischi che lui faccia la vittima per scatenare il tuo senso di colpa. Nel concreto si tratta di rispondere a quello di cui ti accusa con lo stesso tono con il quale vieni accusato.

Se credi di essere intrappolata o intrappolato in una relazione tossica o che il tuo partner usi l’abuso verbale nei tuoi confronti, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a gestire ed a superare questa situazione.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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