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Ambliopia (occhio pigro) in bambini e adulti: cause, sintomi test, cure
Con “occhio pigro” (anche detto “ambliopia”) si intende una malattia degli occhi e dell’apparato visivo che interessa quasi sempre un Continua a leggere
Differenza tra latte in polvere e liquido per neonati: quale scegliere?
Il “latte formulato“, comunemente conosciuto come “latte artificiale per neonati” ha un grande vantaggio rispetto al latte materno: fornisce alla neo mamma che non può – per motivi di salute o altro – o non vuole allattare al seno, la possibilità di Continua a leggere
Neonata gravissima in terapia intensiva dopo parto in acqua
Partorire in acqua può essere pericoloso, come affermato dai ricercatori canadesi della Western University di London, Ontario, che hanno descritto sul Canadian Medical Association Journal il caso di una bimba finita in terapia intensiva con un’infezione dopo la nascita. La bimba è stata partorita in una vasca idromassaggio che era stata riempita tre giorni prima sotto la supervisione di un’ostetrica.
Alla nascita pesava circa tre chili e mezzo ed è stata allattata senza problemi, ma dopo otto giorni è stata ricoverata con febbre alta, inappetenza e letargia, e lo stesso giorno è stata spostata in terapia intensiva a causa di una insufficienza multiorgano dovuta a sepsi. Dopo qualche giorno di antibiotici la bimba è migliorata, e i test hanno permesso di diagnosticare un’infezione da Legionella, un batterio tipico delle piscine che prolifera a temperature fra 20 e 42 gradi.
Gli autori dello studio: “Questo caso serve a sottolineare la possibilità di un effetto avverso potenzialmente letale del parto in acqua specialmente se si usano piscine riscaldate preriempite. Fattori come riempire la vasca giorni prima del parto, una inadeguata disinfezione, l’uso di fonti contaminate d’acqua, l’uso dell’idromassaggio e il riscaldamento dell’acqua contribuiscono ad aumentate il carico batterico della vasca dove avviene il parto”.
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Bronchiolite in neonati e bambini: sintomi, cause, è pericolosa?
La bronchiolite è un’infezione dei piccoli passaggi presenti nei polmoni (bronchioli), di solito causata da un’infezione virale. La bronchiolite è una malattia stagionale, diffusa soprattutto nei mesi autunnali e invernali. È una causa molto comune di ricovero ospedaliero di neonati e bimbi con meno di due anni.
Cause
Colpisce prevalentemente i bambini di età inferiore ai 2 anni, costringendo spesso a ricovero ospedaliero quando contratta nei primi 6 mesi di vita; il periodo più a rischio è infatti fra i 3 ed i 6 mesi. È una comune, e a volte anche grave, malattia causata principalmente dal virus respiratorio sinciziale (RSV). Altri virus che potrebbero causare la bronchiolite sono:
- adenovirus,
- virus dell’influenza,
- virus responsabili di parainfluenza.
Sebbene l’RSV nell’adulto sia in genere causa di una sintomatologia lieve, nei bambini può essere responsabile di problemi molto più severi.
Fattori di rischio
I fattori di rischio principali in età pediatrica sono:
- esposizione al fumo di sigaretta,
- età inferiore ai 6 mesi,
- vivere in condizioni affollate,
- non essere mai stati allattati al seno,
- famigliarità per asma,
- nati prematuri (prima delle 37 settimane di gestazione).
Sintomi e segni
L’incubazione dura generalmente da 6 a 10 giorni (mediamente 4 in caso di infezione da virus respiratorio sinciziale). Alcuni bambini manifestano un’infezione associata a pochi e lievi sintomi iniziali, principalmente rinorrea (naso che cola) e sintomi comuni alle classiche malattie invernali, che tende a risolversi spontaneamente. In casi più severi la bronchiolite inizia con una leggera infezione respiratoria superiore che, in 2 o 3 giorni, può svilupparsi in una crescente difficoltà a respirare che causa affanno ed una forte tosse ansimante. Il ritmo di respirazione può aumentare di molto (tachipnea) ed il bambino potrebbe diventare irritabile o dall’aspetto ansioso. Se la malattia è abbastanza grave il viso potrebbe assumere colore bluastro (cianotico) richiedendo immediato intervento medico. L’aumentata difficoltà respiratoria si manifesta visivamente a livello della narici e delle costole (rientramenti intercostali), segno che il malato soffre per aumento degli sforzi nella respirazione. Questo può essere spossante per il bambino ed i neonati possono diventare cosi stanchi da avere difficoltà nel mantenere il respiro.
I sintomi tipici della bronchiolite includono:
- pelle bluastra dovuta alla mancanza di ossigeno (cianosi);
- tosse;
- malessere generale;
- inappetenza;
- affanno;
- respiro corto;
- dispnea (difficoltà di respirazione);
- febbre;
- retrazioni intercostali;
- respirazione accelerata (tachipnea);
- rientramenti intercostali;
- respiro sibilante;
- sintomi e segni di otite media;
- sintomi e segni di congiuntivite;
- sintomi e degni di faringite.
Trasmissione
I virus che causano bronchiolite si trasmettono tipicamente per via aerea, ad esempio tramite colpi di tosse o particelle di saliva immessi nell’ambiente che vanno a finire su oggetti come asciugamani o giocattoli. Le due più comuni modalità di trasmissione della malattia sono:
- attraverso gocce di saliva inalate per via aerosolica durante contatti interpersonali ravvicinati;
- attraverso il contatto con secrezioni infette (ad esempio secrezioni nasali) che può avvenire tramite il contatto interpersonale oppure toccando del materiale infetto.
L’infezione si verifica solitamente quando il virus entra in contatto con la congiuntiva (il bianco dell’occhio) o le mucose attraverso particelle aeree oppure per contatto diretto. Sebbene il virus sia molto labile (fragile) esso resta potenzialmente infettivo sui vestiti e sulla carta per più di 30 minuti ed è ancora contagioso nelle secrezioni nasali dopo 6 ore.
Gravità
La gravità di una infezione da RSV è molto varia in base a molti fattori come età del paziente, presenza di eventuali altre malattie ed efficienza del sistema immunitario. Negli adulti, nei bambini più grandi e negli adolescenti, la malattia è solitamente leggera e può manifestarsi solamente come un comune raffreddore. In pazienti adulti sani la malattia può essere addirittura asintomatica, cioè non determinare alcun sintomo, o si può presentare come un semplice malessere generale o come un raffreddore in assenza di febbre. Al contrario i bambini più piccoli tendono ad avere forme più severe di infezione e, se non trattati rapidamente, possono sviluppare distress respiratorio grave ed andare incontro a morte per insufficienza respiratoria.
Fattori di rischio per forme gravi di infezione da RSV, sono:
- lattanti di età inferiore ai 3 mesi;
- cardiopatia congenita;
- displasia broncopolmonare (BPD);
- fibrosi cistica;
- prematurità;
- immunodeficienza congenita o acquisita;
- immunosoppressione;
- chemioterapia in corso;
- terapia iniziata tardivamente.
Prevenzione
La maggior parte dei casi di bronchiolite non sono facilmente prevenibili, perché i virus che causano la malattia sono diffusi nell’ambiente. Porre molta attenzione nel lavarsi le mani, soprattutto dove ci sono bambini, può aiutare a prevenire la diffusione dei virus che causano le malattie respiratorie. Soprattutto i membri della famiglia con un’infezione respiratoria dovrebbero stare molto attenti ad evitare il contagio (ad esempio fratelli e sorelle). Lavate spesso le mani, soprattutto prima di toccare il bambino. I virus che causano bronchiolite possono essere trasmessi facilmente a scuola, tra i vari bambini. Al giorno d’oggi, non è ancora disponibile un vaccino contro l’RSV.
Reinfezione dopo guarigione
Il bambino può infettarsi nuovamente dopo essere guarito? Si, può reinfettarsi. L’immunità acquisita dopo una infezione da RSV è infatti incompleta e di breve durata. L’infezione con RSV di adulti volontari ha dimostrato che la reinfezione si verifica facilmente anche nei volontari che, della inoculazione del virus, avevano livelli di anticorpi neutralizzanti da moderati ad alti: in parole semplici, i bambini che hanno avuto bronchioliti e polmoniti da RSV e sono successivamente guariti, possono nuovamente infettarsi ed ammalarsi della stessa patologia. La severità del quadro patologico – tuttavia – in genere decresce con il recidivare delle stesse. Semplificando: il paziente – pur potendosi nuovamente ammalare dopo essere guarito – ha in genere una malattia più lieve la seconda volta ed ancora più lieve la terza e così via.
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L’esperimento di Jane Elliott per spiegare il razzismo ai bambini
Siamo nel 1968 in una piccola scuola di Randall, nello Iowa, USA, dove lavora Jane Elliott, una educatrice e un’attivista per i diritti civili. Quando Continua a leggere
Epilessia infantile: come comportarsi col proprio figlio?
Con alcune semplici misure di sicurezza il bambino affetto da epilessia è in grado di vivere una vita assolutamente normale e compiere le stesse attività dei suoi coetanei, come giocare, fare sport ed in generale di dedicarsi a tutte quelle attività adatte alla sua fascia d’età.
Epilessia e sport nei bambini
I genitori di soggetti epilettici spesso si preoccupano che l’esercizio o un’attività sportiva possa peggiorare le convulsioni dei propri figli, ma raramente questo scatena un episodio. Anzi, un’attività fisica regolare può migliorare il controllo degli episodi. Anche praticare sport sicuri può essere estremamente salutare per il benessere fisico, mentale ed emozionale. È sempre importante invece evitare traumi legati allo sport, perché possono aumentare il rischio di convulsioni.
Precauzioni
È importante assicurarsi che gli altri adulti che si prendono cura di vostro figlio (i parenti, le babysitter, gli insegnanti, gli allenatori, …) sappiano che vostro figlio ha l’epilessia, comprendano il disturbo e sappiano che cosa fare in caso di convulsioni. Date a vostro figlio tutto l’aiuto necessario, parlate apertamente dell’epilessia e rispondete con sincerità a tutte le domande. I bambini affetti da epilessia possono provare disagio per le convulsioni o temere di avere un attacco quando sono a scuola o con gli amici. Prendete in considerazione l’opportunità di portare vostro figlio da uno psichiatra infantile o da uno psicologo, se si trova a dover combattere contro queste ansie. Per prevenire le convulsioni, accertatevi inoltre che vostro figlio:
- assuma il farmaco o i farmaci seguendo la prescrizione;
- eviti di smettere di prendere il farmaco solo perché è da tanto tempo che non si verifica un attacco;
- eviti le cause scatenanti (come ad esempio la febbre, la stanchezza o una notte insonne);
- proceda regolarmente alle visite specialistiche programmate, anche se si sta rispondendo bene alla terapia.
Per gestire al meglio l’epilessia sono diversi i fattori importanti: è necessario alimentarsi e riposare correttamente e non essere stressati. Dovreste anche prendere altre precauzioni di buon senso, che vi permetteranno di controllare meglio la malattia di vostro figlio e non correre rischi inutili. Ad esempio:
- i bambini più piccoli devono fare il bagno solo sotto sorveglianza di un adulto;
- i bambini più grandi devono fare la doccia o il bagno soltanto quando c’è qualcuno in casa con loro, che possano intervenire in caso di attacco;
- preferire la doccia al bagno;
- nuotare o andare in bicicletta da soli non sono buone idee per i bambini malati di epilessia (però possono divertirsi in sicurezza, se svolgono queste attività insieme ad altre persone). Quando vanno in bici è necessario che indossino il casco.
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Dislessia: i problemi più diffusi nella decodifica del testo e ripercussioni su scrittura ed apprendimento
Prima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla
Le caratteristiche più comuni relative alla decodifica della singola parola o del testo scritto nel bambino dislessico, sono le seguenti (possono non essere tutte presenti contemporaneamente):
- Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio
Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la “p”, la “b”, la “d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”. Nello stampato minuscolo (con cui è scritta questa pagina e tutti i testi dei libri scolastici) sono molte le coppie di grafemi che differiscono rispetto al loro orientamento nello spazio, per cui le incertezze e le difficoltà di discriminazione possono rappresentare un impedimento alla lettura. - Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari
Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano somiglianze. Egli, ad esempio, può confondere la “m” con la “n”; la “c” con la “e”; la “f” con la “t”; la “e” con la “a”… questo succede specialmente se si tratta di una scrittura in corsivo o in script. - Scarsa discriminazione di grafemi che corrispondono a fonemi sordi e fonemi sonori
Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi relativi a fonemi con somiglianze percettivo-uditive. L’alfabeto è composto di due gruppi di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori, che risultano somiglianti tra loro, per cui anche in questo caso l’incertezza percettiva può rappresentare un ostacolo alla lettura. Le coppie di fonemi simili sono le seguenti:
-
F V T D P B C G S sorda S sonora
- Difficoltà di decodifica sequenziale
Leggere nella lingua italiana richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra-destra e dall’alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della lettura ma, con l’affinarsi della tecnica, la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico, invece, talvolta ci troviamo di fronte a un ostacolo nella decodifica sequenziale, che può essere data da due fattori, spesso presenti contemporaneamente: i “saltelli” oculari citati nel primo paragrafo o la mancanza del concetto di orientamento (di sé, del grafema e della parola) nello spazio. Per cui si manifestano con elevata frequenza i seguenti errori:- Omissione di grafemi e di sillabe
Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la decodifica di consonanti (ad esempio può leggere “fote” anziché “fonte”; oppure “capo” anziché “campo”…) o di vocali (può leggere, ad esempio, “fume” anziché “fiume”; “puma” anziché piuma”…) e, spesso, anche di sillabe (può leggere “talo” anziché “tavolo”; “paro” anziché “papavero”…). In alcuni casi capita che questi soggetti leggano la prima parte della parola, mentre la seconda se la inventino o immaginino (vedi “Prevalenza della componente intuitiva”, subito sotto). - Salti di parole e salti da un rigo all’altro
Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura. - Inversioni di sillabe
Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere “li” al posto di “il”; “la” al posto di “al”, “ni” al posto di “in”…) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”…). - Aggiunte e ripetizioni
La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra può dare origine anche a errori di decodifica caratterizzati dall’aggiunta di un grafema o di una sillaba (ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”…).
- Omissione di grafemi e di sillabe
- Prevalenza della componente intuitiva
Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l’uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. L’intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento ma, al tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione. Non di rado, infatti, il soggetto esegue la decodifica della prima parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba, e procede “intuendo”/“inventando” l’altra parte. La parola contenuta nel testo viene così a essere spesso trasformata in un’altra, il cui significato può essere affine ma anche completamente diverso.
Leggi anche:
- Dislessia: le condizioni più frequentemente correlate
- Dislessia: quali sono le cause?
- Il disagio psicologico nel bambino con dislessia
Possibili ripercussioni sulla scrittura
Difficoltà di copiatura dalla lavagna a causa della lenta o scorretta decodifica. Può inoltre essere causa di questo problema l’incapacità di decodificare la scrittura di un’altra persona, avendo già problemi con la propria. Molto spesso questo problema è correlato ad uno scorretto orientamento del grafema rispetto al senso di lettura/scrittura (scrivere le lettere partendo dal basso o da destra, leggere dall’alto al basso e da destra a sinistra).
Possibili ripercussioni sull’apprendimento logico-matematico
Il soggetto talvolta può presentare alcune difficoltà di decodifica del testo del problema e può presentare l’impedimento nella risoluzione di semplici problemi matematici che i non affetti di dislessia risolverebbero senza problema. Hanno quindi un apprendimento più lungo della norma. Possono presentarsi anche problemi di calcolo legati alla specularità del 2 e del 5 o del 6 e del 9.
Dislessia e difficoltà semplici della lettura
La dislessia si riconosce per la presenza di caratteristiche, più o meno presenti, sopra descritte, che impediscono o ostacolano fortemente il processo di decodifica. Le difficoltà semplici di lettura, invece, si riconoscono per la presenza di uno o di alcuni degli elementi di riconoscimento sopra descritti, ma gli ostacoli alla conquista di adeguate tecniche di lettura risultano superabili attraverso l’esercizio graduato, la proposta di attività coinvolgenti e stimolanti, la sollecitazione delle curiosità del soggetto, lo sviluppo di capacità di base talvolta non adeguatamente interiorizzate all’ingresso della scuola elementare. Le difficoltà semplici di lettura sono dovute, quasi sempre, a un ritardo maturazionale, a lievi difficoltà percettivo-motorie, a un inadeguato bagaglio di esperienze, a scarso investimento motivazionale, ma anche a errori didattico-pedagogici che i docenti compiono sia nelle prime proposte didattiche relative all’approccio alla lingua scritta sia, successivamente, negli itinerari di recupero conseguenti all’accertamento delle difficoltà stesse.
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