E’ una delle emozioni più potenti e fastidiose che esistano e tutti noi l’abbiamo provata almeno una volta nella vita: è la vergogna. Joseph Burgo, psicoterapeuta e scrittore ha deciso di dedicare la sua ultima opera proprio a questo tema: in Continua a leggere
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Non diverso, ma unico
Nella vita non puntare ad essere diverso dagli altri.
Punta ad essere unico. Continua a leggere
Una prigione per la tua mente
“Che cos’è Matrix? Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità”.
“Quale verità?”
“Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri, sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente”.
Morpheus (Laurence Fishburne) a Neo (Keanu Reeves), dialogo tratto dal film di fantascienza del 1999 “Matrix” scritto e diretto dalle sorelle Larry e Andy Wachowski.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Distopia in romanzi e film: cos’è e cosa significa
Con il termine “distopia” (pronunciato “distopìa”) si intende invece un assetto politico, e/o sociale e/o religioso immaginario, che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come modello di società o comunità altamente indesiderabile o spaventosa. Sinonimi di distopia sono vari altri termini, tra cui: antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia. E’ esattamente l’opposto dell’utopia. La distopia è l’amplificazione di quel che c’è di negativo nella nostra società: ad esempio un poliziotto violento che ha malmenato un cittadino inerme col manganello, diventa – nella disopia – una polizia fatta interamente di persone violente che reprimono ogni minimo atto di ribellione al regime con atti aggressivi e sproporzionati nei confronti dei cittadini. La distopia porta quindi ad estremi ancora più negativi le tendenze sociali e politiche già avvertite come negative nel presente, ma può anche immaginare i risvolti negativi di una tendenza attualmente positiva, ad esempio immaginando come tecnologie che hanno migliorato la nostra vita possano in futuro crearci danno (televisori, smartphone, tablet, personal computer, robot…). Esempi classici di distopie sono presenti in numerose opere fantascientifiche, libri, film e serie tv, come ad esempio:
- L’uomo che visse nel futuro (The Time Machine, 1960) scritto da Herbert George Wells, da cui è stato tratto anche un film;
- Blade Runner, film del 1982, diretto da Ridley Scott e interpretato da Harrison Ford e Rutger Hauer;
- Black Mirror, serie televisiva britannica prodotta da Charlie Brooker;
- L’uomo che fuggì dal futuro (THX 1138), film del 1971 diretto da George Lucas;
- 28 giorni dopo, film horror fantascientifico del 2002, diretto da Danny Boyle;
- Equilibrium, film del 2002 scritto e diretto da Kurt Wimmer;
- Io sono leggenda, romanzo del 1954 dello scrittore statunitense Richard Matheson, da cui è stato tratto il film omonimo con Will Smith;
- Matrix, film del 1999 scritto e diretto dalle sorelle Larry ed Andy Wachowski;
- Io, Robot, film del 2004 diretto da Alex Proyas;
- Ritorno al futuro – Parte II, film del 1989 diretto da Robert Zemeckis;
- Arancia meccanica (A Clockwork Orange) celebre film del 1971 diretto da Stanley Kubrick.
Il filone distopico è generalmente distinto in due grosse parti: c’è la tipologia dei “regimi politici totalitari” di cui è un chiaro esempio “1984” (Nineteen Eighty-Four, 1949) scritto da George Orwell, da cui è stato anche tratto il famoso film omonimo; l’altra tipologia è quella della “società post apocalittica” come quella di “The Road” film del 2009 diretto da John Hillcoat.
Regime totalitario distopico
Nel tipico regime totalitario distopico è presente una società gerarchica, in cui le divisioni fra le classi sociali sono rigide e insormontabili; la propaganda del regime e i sistemi educativi costringono la popolazione al culto dello Stato e del suo governo, convincendola che il proprio stile di vita è l’unico (o il migliore) possibile; il dissenso e l’individualità sono visti come valori negativi, in opposizione al conformismo dominante. Si assiste a una depersonalizzazione dell’individuo e le pene, in risposta a qualsiasi atto di ribellione, sono spropositate e non tengono conto dei diritti dell’individuo.
Lo Stato è spesso caratterizzato da corporazioni economiche o religiose al cui comando c’è un leader carismatico adorato dalla gente e oggetto di culto della personalità, che non deve MAI essere messo in discussione. Notate come molte di queste caratteristiche sono presenti attualmente in una vera nazione del mondo, considerata in effetti una distopia reale: la Corea del Nord.
Società post apocalittica distopica
Nella distopia post apocalittica, le persone sono sopravvissute ad un qualche tipo di disastro (esplosione nucleare, meteorite che colpisce la terra, virus…) ma a che prezzo? La popolazione umana è infatti ridotta ai minimi termini. Pochissime persone sono riuscite a salvarsi dal cataclisma e le relazioni umane sono dettate esclusivamente dal dogma della sopravvivenza individuale in un mondo scarsissimo di risorse. I raggruppamenti umani esistono, ma soltanto in forme primitive e degradate che fanno spesso uso della forza bruta per sopravvivere. Non esiste più legge, non esistono forze dell’ordine. Gli individui sopravvissuti a disastri nucleari sono spesso malati a causa delle mutazioni indotte dalle radiazioni oppure sono diventati sorta di zombie a causa del propagarsi di un virus misterioso.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Il dilemma del porcospino: empatia e giusta vicinanza tra individui nella società
Come ben sapranno gli appassionati del bellissimo anime giapponese Neon Genesis Evangelion, in psicologia esiste una parabola ideata dal grande filosofo tedesco Arthur Schopenhauer chiamata “Il dilemma del porcospino”, metafora dei rapporti interpersonali, contenuta nel suo “Parerga e paralipomena”, volume II, capitolo XXXI, sezione 396.
Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione. Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l’uno verso l’altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l’uno lontano dall’altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere. […] Con tale distanza il bisogno del calore reciproco è soddisfatto in modo incompleto, in compenso però non si soffre delle spine altrui. Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli.
I porcospini vicini tra loro si feriscono reciprocamente con gli aculei, ma i porcospini troppo lontani tra loro muoiono assiderati. Le soluzioni sono due: o avvicinarsi quel tanto che basta per non ferirsi e scaldarsi comunque, o avere talmente calore da poter uscire dal gruppo senza morire assiderati. Nella società queste soluzioni corrispondono rispettivamente all’accontentarsi di stabilire con gli altri una distanza di sicurezza che sopperisca, pur in maniera incompleta, al bisogno del contatto reciproco, oppure l’evitare del tutto il relazionarsi con gli altri esseri umani, purché si possieda un “calore interno” sufficiente a resistere al vuoto ed alla monotonia dell’esistenza in solitudine, rinunciando alla società.
Il dilemma del porcospino è molto importante per un medico, un’infermiere o per tutti quei casi in cui il proprio lavoro serve ad aiutare altre persone in momenti difficili delle loro vite. Il medico deve essere abbastanza “vicino” emotivamente al paziente, per evitare di essere freddo con lui, pur tuttavia deve essere abbastanza “lontano” da lui per evitare di farsi coinvolgere emotivamente, fatto che potrebbe portare il medico a svolgere male il proprio lavoro. In un’altra situazione simile, perennemente “in equilibrio sul filo”, si trova un professore nei confronti dei suoi studenti: l’essere troppo rigido potrebbe portare l’alunno ad odiare per sempre la sua materia, ma l’essere troppo permissivo potrebbe portare l’alunno ad impegnarsi poco negli studi. Cosa fare quindi? Il professore migliore non è né troppo buono, né troppo cattivo: deve essere “giusto” come “giusta” deve essere la distanza di sicurezza tra i due ruoli. A tal proposito vi consiglio di leggere anche: Insegnare bene significa…
Il dilemma del porcospino entrò fortemente a far parte della psicologia quando fu riscoperto da Sigmund Freud nel suo “Psicologia delle masse e analisi dell’Io“. Il neurologo e psicoterapeuta austriaco affermò che il suo viaggio negli Stati Uniti nel 1919 fu dovuto a questo: “vado negli USA per scovare qualche porcospino selvatico e leggere qualcosa”.
Il professore di psicologia statunitense Jon Maner e i suoi colleghi (Nathan DeWall, Roy Baumeister e Mark Schaller) hanno fatto riferimento al “problema del porcospino di Schopenhauer” quando interpretavano i risultati di alcuni esperimenti in cui si esaminava come le persone reagissero all’ostracismo e ad altre forme di esclusione. I loro risultati mostrano che, per persone cronicamente ansiose, l’esperienza del rifiuto conduce a divenire relativamente asociali; ma fra persone dalla disposizione maggiormente ottimistica, l’esperienza del rifiuto conduce a intensificati sforzi di avvicinarsi agli altri. I ricercatori conclusero:
…va ricordata la risposta che Schopenhauer stesso suggeriva al dilemma del porcospino: infatti Schopenhauer asseriva che le persone cercano naturalmente una distanza di sicurezza dagli altri. “In questo modo” scriveva “il mutuo bisogno di calore viene soddisfatto solo in parte; ma le persone almeno non si feriscono”.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Impara a non preoccuparti del giudizio degli altri in quattro passi
Imparare a non preoccuparti del giudizio degli altri: ecco come farlo in quattro passi.
Primo passo: ci sono persone che ti stanno giudicando adesso
Stanne sicuro, sta succedendo. Ci sono persone a cui non piaci, e indovina un po’? Ti stanno giudicando proprio in questo momento. Non c’è niente che tu possa fare per evitarlo. Migliorarsi, spesso non cambia le cose: ti giudicheranno comunque e forse anche di più, per invidia. Nessuno sforzo fisico o mentale può evitare che gli altri ti giudichino. Anzi, spesso è vero il contrario: più ignoriamo questi atteggiamenti, più gli altri ci rispetteranno.
I denigratori sono persone a cui non piacciamo comunque, a prescindere dal nostro comportamento, quindi, perché mai dovremmo provare a piacere a costoro a cui innanzitutto non importa niente di noi?
Bene. Stesso discorso va fatto per i Troll su Internet.
Nel mondo reale, quando qualcuno parla male di te alle tue spalle, non te ne accorgi. Ma su Internet si, e questo cambia tutto. Credono di colpire nel segno perché sanno che ne verremo a conoscenza. Tutto questo diventa un problema quando facciamo il loro gioco, lasciando che le loro parole cambino il nostro umore.
Tutto questo non ha senso, perché nel 99% dei casi, scrivono parole non per sostenere una tesi, ma unicamente per (tentare di) farci saltare i nervi.
La verità è che alla maggior parte delle persone nemmeno importa se sei vivo. Fai tua questa considerazione, perché è libertà allo stato puro. Il mondo è enorme e tu sei piccolo, dunque puoi agire come vuoi mettendo tranquillamente da parte quelli a cui non piace quello che fai.
Secondo passo. Non hai nessun bisogno di piacere a tutti
La brutta notizia è che non piaci a tutti. La buona è che – per vivere una vita felice e ricca di soddisfazione – non ha alcun bisogno di piacere a tutti. Abituarsi a questo punto di vista, è una grande conquista. Devi capovolgere la considerazione che a molti non importa che esisti. Non è facile, ma è molto liberatorio. Se non piaci a qualcuno, non succede niente. La vita continua. Più ignori chi non ti gradisce, meglio starai.
La miglior vendetta è una vita al massimo. Giusto, questo è vero, ma non del tutto: non avrai mai una vita davvero al massimo se – nonostante tutto – pensi continuamente a chi sono i tuoi detrattori e cosa pensano. Semplicemente accettalo, e vai avanti.
Non curarsi dei detrattori è insomma un presupposto fondamentale per godersi la vita, ecco perché bisogna cominciare subito.
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Terzo passo. Focalizzati sui tuoi cari
Ok, hai interiorizzato il fatto che molte persone si accorgono appena della tua esistenza, e che quelle a cui non piaci sono una sparuta minoranza e non contano affatto. Splendido. Ora devi realizzare che devi focalizzarti con tutte le tue energie solo sui tuoi cari, e su nessun altro.
I rapporti umani sono strani. Una volta che ci uniamo ad un’ altra persona (matrimonio, convivenza, eccetera) improvvisamente cominciamo a darla per scontata e a cercare di fare colpo su estranei, ad esempio un collega. Una volta data questa seconda persona per scontata, ricominceremo, e questo è un inutile ciclo infinito. É come se preferissimo sempre affascinare chi non conosciamo, piuttosto che lavorare su chi conosciamo.
É sbagliato, perché non c’è niente di meglio che coltivare i rapporti con le persone che sono DAVVERO importanti nella nostra vita, che ci fanno ridere, rilassarci, stare bene. Focalizzati su di esse.
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Quarto passo. Sei in un periodo difficile, ma ne uscirai
Quello che ci permette di superare qualsiasi cosa è il capire che gli ostacoli non contano, e che non possono essere rimossi. Questo è vero sia che tu stia correndo una maratona, sia che tu stia cercando di raggiungere Marte.
Se elimini le cose che non sono importanti e ti focalizzi esclusivamente su quello che devi fare; se capisci che il tuo tempo è limitato e decidi di agire subito; solo così riuscirai a realizzare i tuoi sogni, i tuoi obiettivi. Diversamente, vivrai una vita a cui non sei interessato, una vita che non è la tua.
Piccola nota: hai bisogno di migliorare il tuo rapporto con la sconfitta e con l’abbattimento. Potresti trovarti proprio adesso in un luogo ostile ed in cui ti senti solo o come un perdente. Non ti preoccupare, ci siamo stati tutti. Ma bisogna capire che queste situazioni sono piuttosto comuni, e che ci si sono trovate anche le persone più felici e di successo di questo mondo. Loro sono andate avanti, e lo farai anche tu.
In definitiva si può dire che il non considerare il tuo prossimo, non consiste affatto nel semplice inaridimento dei rapporti umani da parte tua: semmai il contrario.
É piuttosto il focalizzare le tue energie nel coltivare i rapporti che sono veramente importanti per te, con grandi benefici per la tua vita affettiva; ma è anche il guadagnare un mare di tempo e di energia, che fino ad oggi hai dedicato inutilmente a preoccuparti delle opinioni di persone che nel migliore dei casi non hanno nessun interesse rispetto alla tua vita. Si può dire quindi che hai solo da guadagnare nel liberarti di queste inutili zavorre psicologiche, perché non iniziare subito?
Se credi di avere bassa autostima o la paura del giudizio degli altri ti blocca, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò ad affrontare e superare i tuoi problemi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Preoccuparsi troppo del giudizio degli altri e temere il rifiuto
La paura di essere giudicati dagli altri – amici, parenti o anche semplicemente sconosciuti incontrati alla fermata dell’autobus – deriva da un bisogno ovvero quello di sentirci appagati da un giudizio positivo espresso dai nostri simili. Quante volte entrando in contatto con una persona sentiamo che da questa vorremmo essere stimati, considerati positivamente e il nostro desiderio ci fa sembrare artificiosi, poco spontanei, diamo più importanza a sembrare ciò che non siamo piuttosto che a costruire un sé autentico. Ciò accade perché già dall’infanzia scopriamo che il giudizio positivo di chi ci sta intorno allontana dolore e frustrazione, ci dà un senso di soddisfazione che ci appaga e ci fa credere di più in noi stessi. Sviluppiamo quindi il bisogno di avere questo giudizio positivo sia in famiglia (dai genitori), sia in altri ambienti (scuola e lavoro).
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Acconsentire le aspettative del gruppo
Di contrasto ovviamente c’è il rifiuto di qualsiasi giudizio negativo, cerchiamo di accontentare le aspettative altrui per paura dell’emarginazione da cui deriverebbe un giudizio negativo. Spesso il fatto stesso di temere di non essere accettati porta all’acconsentire a qualsiasi cosa decida il “gruppo” anche se le decisioni di questo vanno contro i nostri valori etici. Se esprimiamo le nostre idee e se queste vanno contro a quelle del gruppo temiamo di venir emarginati, temiamo la solitudine, ecco perché si sviluppa quella che è chiamata fobia sociale. La paura di approcciarsi agli altri, il timore di esprimere se stessi, insomma la fobia di stare in società. Si entra quindi in una sorta di circolo vizioso. Più siamo alla ricerca del giudizio altrui più siamo smascherati e quindi soli.
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Poca autostima
Spesso la paura del giudizio altrui serve proprio a piegare determinate persone, quelle più fragili, quelle che soffrendo di fobia sociale cambiano spesso idea piegandola al volere del gruppo. C’è da dire inoltre che vivere in questo modo far spegnere del tutto la propria personalità. Infatti molte persone che soffrono di questa fobia finiscono per non essere più spontanee ma completamente assoggettate alle idee altrui. Ciò accade principalmente per la poca stima che abbiamo di noi stessi, modifichiamo infatti il nostro comportamento fino a perdere la nostra personalità. La fobia sociale non ci porta solo a temere il giudizio altrui e a desiderare un giudizio positivo, porta anche a perdere se stessi. La propria personalità è infatti messa in discussione, si plasma al volere degli altri.
Se credi di avere bassa autostima o la paura del giudizio degli altri ti blocca, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò ad affrontare e superare i tuoi problemi.
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Persone famose insospettabili con la Sindrome di Asperger
Lo sviluppo tecnologico e creativo del mondo è dovuto alle capacità delle persone con disturbi psichici? E’ quello che sostengono le teorie di Penny Spikins del Department of Archaeology dell’University of York (Inghilterra): la spinta evolutiva del genere umano sarebbe stata fornita proprio da persone con disturbi dello spettro autistico come la Sindrome di Asperger.
Per scoprire cos’è la Sindrome di Asperger, leggi questo articolo: Sindrome di Asperger in bambini ed adulti: primi sintomi, terapie
Se è vero infatti che i soggetti con queste patologie hanno dei grandi problemi di gestione dell’empatia e dei rapporti sociali, più in generale è altrettanto vero che in molti casi sono dotati di una intelligenza pari se non superiore alla media. La capacità di essere estremamente sistematici e di applicarsi in modo molto focalizzato nei loro compiti (gli “interessi speciali”) li ha resi indispensabili allo sviluppo della nostra società fin dai tempi più remoti. I nomi delle persone famose che hanno (o che probabilmente hanno) la sindrome di Asperger, è veramente impressionante: senza di loro non avremmo avuto tante opera d’arte ed oggetti di tecnologia straordinari. Ecco alcuni di questi nomi:
- Wolfgang Amadeus Mozart: compositore e pianista austriaco
- Bob Dylan: cantautore e compositore statunitense
- Steve Jobs: imprenditore, informatico e creatore della Apple
- Alfred Hitchcock: regista cinematografico britannico
- Henry Ford: imprenditore e fondatore della Ford Motor Company
- Graham Bell: inventore del telefono scozzese-americano
- Michelangelo Buonarroti: scultore, pittore, architetto e poeta italiano
- Thomas Jefferson: 3º presidente degli Stati Uniti d’America
- Albert Einstein: fisico e filosofo, ha mutato per sempre il modello di interpretazione del mondo fisico
- Vincent Van Gogh: pittore impressionista fiammingo
- Charles Darwin: naturalista, celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione
- Isaac Newton: matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo inglese
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