L’esistenza di un oscillatore ultradiano, attivo sia durante la veglia sia durante il sonno, con periodicità di circa 100 minuti è suggerita dall’alternarsi del sonno REM con quello NREM nel corso del sonno e dalla presenza di un simile ciclo oscillatorio nel corso della veglia, desumibile da oscillazioni del livello di performance in test neuropsicologici connessi col livello di vigilanza. L’unicità e l’identità di un oscillatore ultradiano costantemente attivo in sonno e in veglia in un ciclo basico di attività e riposo, basic rest activity cycle (BRAC), rimane elusiva e non universalmente accettata.
L’alternanza fra sonno REM e sonno NREM deriverebbe da un oscillatore generato dalle interazioni reciproche fra sistemi neuronali con affinità neurotrasmettitoriali opposte. Popolazioni di neuroni colinergici, situati nella formazione reticolare pontina, nei nuclei latero-dorsali mesopontini e tegmentali peduncolo-pontini, sono responsabili dell’eccitazione di sistemi neurali effettori che realizzano la costellazione di fenomeni che caratterizzano il sonno REM, includendo la desincronizzazione dell’EEG, l’atonia muscolare e i movimenti oculari rapidi. Queste cellule iniziano la loro attività durante il sonno NREM, raggiungendo la massima attività di scarica all’inizio del sonno REM. L’insieme di queste cellule viene chiamato sistema REM on. Popolazioni neurali a controllo aminergico (serotonina, adrenalina, noradrenalina) sono presenti nel focus coeruleus, nei nuclei del rafe dorsale e nella regione peribrachiale del ponte; queste cellule si attivano durante il sonno REM e il punto massimo della loro attività di scarica coincide con la fine dell’episodio; esse vengono chiamate sistema REM off.
I sistemi REM on e REM off sono dotati entrambi di meccanismi di autoeccitazione e di autoinibizione e sono legati fra loro da rapporti di eccitazione e inibizione reciproca. Sono inoltre sottoposti a controlli modulatori da parte del sistema circadiano a cui si attribuisce la funzione di orologio biologico interno, situato nel nucleo soprachiasmatico. L’equilibrio tra i due sistemi è di tipo dinamico ed è modellizzabile con un sistema di equazioni riproducenti l’equilibrio che si ritrova in molti sistemi biologici di interazione reciproca (processo R); l’esempio paradigmatico è il rapporto che lega il numero dei membri di una popolazione di animali predatori con quello di una popolazione di
predati. In termini più semplici il rallentamento dell’attività di scarica delle cellule appartenenti al sistema REM off, che si verifica all’inizio del sonno, innesca l’attività della popolazione di cellule REM on; queste ultime diventano progressivamente sempre più attive durante la parte NREM del primo ciclo fino a quando raggiungono il livello di attività massima capace di innescare il primo episodio REM. Durante l’episodio REM l’attività delle cellule REM on decade in seguito all’effetto inibitorio causato dall’attivazione delle cellule REM off, fino al blocco dell’episodio REM e all’inizio del nuovo ciclo. Questo sistema di interazione reciproca determina quindi un meccanismo ordinato di successione di fasi REM e fasi NREM con tempi di occorrenza precisi, descrivibili con modello matematico chiamato ciclo limite.
Aspetti omeostatici
L’esistenza di processi omeostatici, responsabili dell’ intensità del sonno e misurabili con la quantificazione della densità delle onde lente dell’EEG, gioca un ruolo importante nel determinismo del ciclo sonno-veglia. I processi omeostatici rivestono grande importanza anche nella regolazione del sonno al suo interno. Il progressivo aumento della profondità del sonno nella parte iniziale del primo ciclo e il suo successivo declinare nel corso dei cicli successivi sono evidenziati a livello comportamentale dalle variazioni della soglia di risveglio. Anche in questo caso l’analisi spettrale dell’EEG, e in particolare la quantificazione della potenza relativa della banda delta, offre uno strumento di misura piuttosto preciso della profondità del sonno. Misurazioni della potenza della banda delta, effettuate nei cicli successivi, dimostrano che nel corso del sonno si verifica un declino progressivo descrivibile in termini matematici con una funzione esponenziale (processo S). In altre parole i processi omeostatici, responsabili dell’intensità del sonno e funzione del tempo di veglia precedente, influenzerebbero il livello di profondità del sonno determinando un sonno più profondo nella parte iniziale, un successivo declino progressivo nel corso dei cicli seguenti, fino all’esaurimento culminante nel risveglio.
Interazione fra processi omeostatici e ultradiani nel corso del sonno
L’effetto dell’oscillatore ultradiano sul sistema nervoso centrale, e in particolare sulla corteccia, consiste in una periodica tendenza alla desincronizzazione intervallata da periodi in cui la sincronizzazione è permessa o addirittura facilitata. L’effetto dei meccanismi omeostatici consiste in una tendenza alla sincronizzazione dapprima crescente, in seguito progressivamente calante. Le influenze dei due fattori si accoppiano nel corso della notte, essendo l’addormentamento il momento in cui gli effetti dei due processi si sincronizzano; ne risulterà una prima fase in cui la tendenza alla desincronizzazione, espressa dall’attività del generatore ultradiano, si troverà opposta alla tendenza alla sincronizzazione propria delle tendenze omeostatiche.
Questo periodo coincide con le fasi di addormentamento e con la parte iniziale del primo ciclo di sonno NREM. Nel tempo successivo le influenze dei due fattori saranno concordanti di segno, risultandone la fase di sonno sincronizzato. Nel proseguire del tempo, quando le influenze sincronizzanti legate al processo omeostatico hanno iniziato il loro declino, pur essendo ancora sufficientemente robuste, la fase desincronizzante dell’ oscillatore ultradiano si potrà esprimere per un periodo relativamente breve, coincidente con il primo episodio di sonno REM.
Il ciclo successivo, essendo costanti le influenze dell’ oscillatore ultradiano e in fase progressivamente calante quelle del meccanismo omeostatico, vedrà una fase più breve e meno intensa di sonno ad onde lente, seguite da un periodo di sonno REM di durata maggiore. Il ripetersi di questi eventi nel corso della notte determina livelli progressivamente decrescenti di sincronizzazione, intervallati da periodi progressivamente crescenti di desincronizzazione. La concettualizzazione dei meccanismi sopra descritti in processi matematici semplici permette di ricavare un modello delle strutture del sonno capace di spiegare molte caratteristiche macrostrutturali apparenti già nella rappresentazione del sonno come il susseguirsi delle
fasi (vedi immagine in basso).

Simulazione di una notte di sonno ottenuta da un modello matematico del sonno basato sull’interazione fra un processo omeostatico e uno oscillatorio ultradiano. Sulle ascisse è indicato il tempo espresso in ore, sulle ordinate, in valori arbitrari, la tendenza alla sincronizzazione dell’EEG. Le linee orizzontali rappresentano rispettivamente le soglie del sonno REM (linea inferiore) e del sonno a onde lente 3 e 4 (linea superiore). Il grafico è stato ottenuto dalla sottrazione fra i valori di un’equazione esponenziale, rappresentante la tendenza declinante alla sincronizzazione (processo S), e i valori assunti nel tempo da un sistema di equazioni simulante un sistema oscillatorio di interazione reciproca, rappresentante la tendenza periodica alla desincronizzazione (processo R). Il modello così ottenuto contiene i caratteri essenziali della struttura del sonno.
L’applicazione di livelli di soglia permette di individuare come pertinenti al sonno REM i periodi di desincronizzazione più intensa e al sonno NREM i periodi di sincronizzazione, distinguendo all’interno di essa momenti di sincronizzazione massima corrispondenti al sonno ad onde lente.
L’accuratezza della descrizione del sonno da parte di un modello così concepito è evidente dall’estrema somiglianza fra la rappresentazione grafica così ottenuta e quella del grafico in funzione del tempo della potenza relativa delle onde lente pertinenti alla banda delta. Entrambi gli aspetti omeostatici e oscillatori appaiono estremamente ben rappresentati dal progressivo aumento e dal successivo declino dei valori del delta nei cicli successivi e dalle periodiche oscillazioni con cui questo processo si compie. La possibilità di disporre di una rappresentazione sinottica e condensata dei fenomeni più rilevanti del sonno suggerisce l’applicazione delle tecniche di analisi spettrale e in particolare di quelle di analisi di profilo a campi di studio, in cui modificazioni della struttura ciclica del sonno siano rilevanti. Una prima applicazione consiste nell’elaborazione di un indice matematico di regolarità di questa curva, basato sul numero di sinusoidi interpolanti necessarie a descriverla e sulla percentuale di descrizione di ciascuna di esse, che può essere così calcolato (delta sleep regularity index, DSRI).

Rappresentazione grafica in funzione del tempo (ascisse) del valori della potenza relativa della banda delta (ordinate – linea ad andamento frastagliato); tale grafico prende il nome di cronospettrogramma e descrive, in forma sintetica, l’andamento nel corso della notte della sincronizzazione dell’EEG. Notare la stretta corrispondenza fra questa rappresentazione e quella ottenibile dalla simulazione matematica del processo del sonno. Sovraimposta (linea ad andamento continuo), la ricostruzione matematica, calcolata utilizzando le componenti ritmiche più importanti contenute nel segnale, da cui è ricavabile un indice di regolarità dell’attività delta (OSRI); nel caso illustrato, corrispondente all’ipnogramma riportato nella figura precedente, la struttura del sonno appare regolare, riassumibile in poche componenti ritmiche e sostanzialmente assimilabile al modello simulato. Il OSRI assume un valore di 0,150.
È intuitivo che quanto più il profilo appare regolare e meno frastagliato, tanto più facilmente può essere descritto da un numero limitato di funzioni sinusoidali (vedi immagine in alto); repentini risvegli, slivellamenti della profondità del sonno o disturbi in genere del suo regolare svolgimento risultano in un profilo estremamente frastagliato che necessiterà, per essere descritto, di un numero maggiore di sinusoidi.
Uno studio condotto su di un modello di insonnia sperimentale umano ha dimostrato quanto questo indice sia sensibile nel cogliere differenze nella struttura del sonno correlabili alla sua regolarità. I valori medi per giovani adulti si assestano, dopo 6 notti di adattamento, su valori intorno a 0,150 +/- 0,03.
L’uso di questo indice si dimostra di particolare utilità nello studio di quei quadri di sonno in cui la presenza di alterazioni elettroencefalografiche causate da patologie neurologiche o dall’azione di farmaci neuropsicoattivi rende difficile l’analisi dei tracciati. Particolarmente promettente appare l’applicazione delle metodiche di analisi di profilo agli effetti dei farmaci ipnotici sulla struttura del sonno. Con queste metodiche è possibile infatti estendere lo studio alle modificazioni che questi farmaci inducono sulla struttura ciclica del sonno ed evidenziare eventuali differenze di azione fra di essi.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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