Differenza tra morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson: sintomi comuni e diversi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA MORBO ALZHEIMER PARKINSON SIN Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl morbo di Alzheimer ed il morbo di Parkinson sono patologie spesso confuse tra i meno esperti, anche perché possono effettivamente avere sintomi simili, specie nelle fasi terminali, tuttavia eziologia, zona colpita, trattamenti e sintomi caratteristici sono diversi.

Morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile, oltre i 65 anni ed è caratterizzato da accumulo di materiale inerte tra le cellule nervose, che vengono compresse e distrutte. Questo materiale è costituito da placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, anche se non è ancora del tutto chiara la causa primaria della loro formazione. Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti, successivamente possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. La patologia di Alzheimer determina quindi disturbi soprattutto comportamentali e compromette le attività corticali più complesse: parola, ragionamento, memoria.

Morbo di Parkinson

Il morbo di Parkinson è dato dalla morte – causata da fattori eziologici ancora non del tutto chiari – delle cellule non corticali che sintetizzano e rilasciano la dopamina e che si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo, facendo parte di un complesso circuito di nuclei nervosi che prende il nome di “sistema dei gangli della base”.  Mentre la malattia di Alzheimer determina disturbi soprattutto comportamentali , il morbo di Parkinson determina disturbi soprattutto motori: all’esordio della malattia, i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori, rigidità, lentezza nei movimenti e difficoltà a camminare.

Sintomi comuni

Nelle fasi avanzate della patologia, nel soggetto affetto da Parkinson possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali che si manifestano nella comparsa di demenza: in questo caso Alzheimer e Parkinson possono avere dei sintomi effettivamente sovrapponibili.

Età di esordio diverse

Entrambe le patologie sono diffuse negli anziani, tuttavia, mentre l’Alzheimer colpisce specialmente (ma non esclusivamente) dopo i 65 anni, invece la malattia di Parkinson tende a verificarsi prima: la maggior parte dei casi si verifica a partire dai 50 anni di età.

Terapie diverse

I sintomi legati al morbo di Parkinson vengono trattati con l’uso di agonisti della dopamina e di levodopa. Col progredire della malattia, i neuroni dopaminergici continuano a diminuire di numero, e questi farmaci diventano inefficaci nel trattamento della sintomatologia e, allo stesso tempo, producono una complicanza, la discinesia, caratterizzata da movimenti involontari. Una corretta alimentazione e alcune forme di riabilitazione hanno dimostrato una certa efficacia nell’alleviare i sintomi. La chirurgia e la stimolazione cerebrale profonda vengono utilizzate per ridurre i sintomi motori come ultima risorsa, nei casi più gravi in cui i farmaci risultano inefficaci. I sintomi dell’Alzheimer sono invece trattati farmaci inibitori reversibili dell’acetilcolinesterasi, che hanno una bassa affinità per l’enzima presente in periferia, e che sono sufficientemente lipofili da superare la barriera emato-encefalica (BEE), e agire quindi di preferenza sul sistema nervoso centrale. Tra questi, la tacrina, il donepezil, la fisostigmina, la galantamina e la neostigmina sono stati i capostipiti, ma l’interesse farmacologico è attualmente maggiormente concentrato su rivastigmina e galantamina, il primo perché privo di importanti interazioni farmacologiche, il secondo poiché molto biodisponibile e con emivita di sole sette ore, tale da non causare facilmente effetti collaterali. Un’altra e più recente linea d’azione prevede il ricorso a farmaci che agiscano direttamente sul sistema glutamatergico, come la memantina. La memantina ha dimostrato un’attività terapeutica, moderata ma positiva, nella parziale riduzione del deterioramento cognitivo in pazienti con Alzheimer da moderato a grave. In entrambe le patologie è sicuramente utile un approccio parallelo non-farmacologico, che consiste prevalentemente in interventi comportamentali, di supporto psicosociale e di training cognitivo e motorio.

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Differenza tra morbo di Alzheimer, demenza senile, vascolare e reversibile

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA MORBO ALZHEIMER PARKINSON DEMENZA SENILE VASCOLARE REVERS Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata.jpgLa demenza senile è un gruppo di patologie neurodegenerative dell’encefalo causate da diversi fattori eziologici; colpisce le persone anziane determinando in esse una riduzione graduale ed irreversibile delle facoltà cognitive.
Inizialmente, produce occasionali problemi di personalità, lievi problemi di memoria, linguaggio e ragionamento. Successivamente è responsabile di un peggioramento dei problemi di memoria, del declino di un parte delle facoltà cognitive. Negli stadi più avanzati la demenza senile porta alla perdita totale delle capacità cognitive, a gravi difficoltà di deglutizione, alla quasi totale incapacità di riconoscere le persone care. Esistono vari tipi di demenza senile. Le tipologie principali e più note sono:

  • il morbo di Alzheimer;
  • la demenza vascolare;
  • la demenza a corpi di Lewy.

Le demenze senili sono irreversibili, tuttavia esistono altri tipi di demenze che sono reversibili, cioè guariscono se viene corretta la causa. Esse sono:

  • determinate da cause metaboliche (carenza di vitamina B12, folati, pellagra, patologie tiroidee, epatiche e renali. La Sindrome di Wernicke-Korsakoff non è reversibile)
  • secondarie a patologie cerebrali (infezioni, infiammazioni, neoplasie)
  • da idrocefalo normoteso (caratterizzato da triade di sintomi che compaiono in sequenza: disturbi della marcia, incontinenza urinaria, declino cognitivo. Può venir drenato mediante shunt peritoneali).

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Il morbo di Alzheimer è la più comune forma di demenza degenerativa che si manifesta dopo i 65 anni ed è determinata da cause ancora non del tutto chiare, probabilmente difetti genetici che favoriscono la sintesi di due proteine, la beta-amiloide e la tau, che favoriscono la formazione di ammassi in grado di danneggiare i neuroni. Chi soffre del morbo di Alzheimer ha forti disturbi delle memoria recente, avverte difficoltà di orientamento nello spazio e nel tempo, accusa problemi di concentrazione e – in definitivaprogressivamente tende a perdere l’autonomia. Il morbo di Alzheimer è un tipo di demenza senile.

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Le demenze vascolari sono patologie neurodegenerative dell’encefalo provocate da:

  • piccoli infarti ripetuti cronicamente;
  • malattie dei piccoli vasi;
  • da ipoperfusione generalizzata;
  • da infarti strategici (sono colpite da danno aree cerebrali con funzioni specifiche);
  • emorragie.

Tali eventi determinano lesioni che portano alla distruzione progressiva del tessuto cerebrale con relativi disturbi cognitivi che possono essere accompagnati da difficoltà motorie.

La demenza da corpi di Lewy è un ulteriore tipo di demenza senile, ed ha un profilo simile a quello del morbo di Alzheimer. Ma in questo caso compaiono anche i segni del parkinsonismo: tremore e rigidità muscolare. Per diagnosticare una demenza da corpi di Lewy è necessario che non intercorra più di un anno tra la comparsa dei disturbi cognitivi e quelli parkinsoniani. Chi ne soffre, inoltre, avverte allucinazioni importanti, che spesso non rispondono agli psicofarmaci, e disturbi del sonno nella fase Rem: spesso questi pazienti fanno sogni vivaci a contenuto angosciante.

Vi sono inoltre le demenze fronto-temporali: in questo caso l’atrofia cerebrale coinvolge i lobi frontale e temporale. Sono riconoscibili per una generale apatia, tendenza all’irritabilità e varianti linguistiche: come l’afasia (difficoltà di comporre o comprendere il linguaggio) e la disfasia (difficoltà nell’ordinare le parole secondo uno schema logico.).

E’ importante infine ricordare che, da un punto di vista clinico, si classificano le demenze in corticali e sottocorticali:

  • Demenze corticali: (rappresentate soprattutto dalla malattia di Alzheimer) con estesa atrofia corticale, precoci alterazioni della memoria e successivamente perdita del pensiero astratto, agnosia, afasia, aprassia.
  • Demenze sottocorticali: più precoce rallentamento dei processi cognitivi con conseguente rallentamento delle risposte motorie (chiamato bradifrenia), alterazioni della personalità tipiche dei disturbi affettivi come apatia e depressione, minore perdita della memoria e assenza di disturbi considerati “corticali” come agnosia, afasia, aprassia. Fra le altre: Malattia di Parkinson, Corea di Huntington, paralisi sopranucleare progressiva e alcune patologie cerebrali non degenerative.

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Ipotalamo e controllo della temperatura corporea

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IPOTALAMO CONTROLLO TEMPERATURA CORPOREA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneL’essere umano è un animale omeotermo, cioè contraddistinto dall’omeotermia, una parola che deriva dal greco omòs = uguale; termos = calore: è la condizione caratteristica di quegli animali in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea a prescindere dalle temperature esterne. Questo significa che la nostra temperatura corporea rimane il più possibile costante nel tempo, aggirandosi intorno ai 37°C con delle minime variazioni nel corso della giornata (c’è un picco minimo di temperatura intorno alle 4 del. ed un picco massimo intorno alle ore 16).

Perché la nostra temperatura corporea è proprio 37°?
Le ragioni, dal punto di vista filogenetico, per cui si è selezionata questa temperatura sono spiegate dal fatto che a questa temperatura avvengono correttamente tutti i processi metabolici, mentre ad altre temperature questi processi sono difficoltosi o addirittura impossibili.
Quando si parla di valore della temperatura del corpo è però importante ricordare che si ci riferisce al valore del nucleo del “core”, ossia degli organi interni alla testa, al collo e al tronco. La cute, che è la porzione più superficiale del corpo, non ha una temperatura costante ed è l’organo che risente di più delle influenze della temperatura esterna. La temperatura per essere misurata in modo corretto, andrebbe misurata a livello rettale, ossia nel punto più prossimo al core.

Produzione del calore e dispersione del calore
Per mantenere la temperatura e del corpo costante l’organismo deve usare elementi di produzione del calore ed elementi di dispersione del calore. Alla produzione di calore contribuisce per il 60% circa al metabolismo degli organi interni, in minor misura contribuiscono la cute ed i muscoli, per un 20% , ed il resto è dato dagli altri organi.
Queste diverse quote si modificano nel momento in cui l’individuo svolge esercizio fisico. Nel momento in cui si compie attività fisica la quota di calore che viene prodotta è legata in prevalenza all’attività muscolare. L’organismo produce calore attraverso processi metabolici o attività fisica. Uno dei meccanismi con i quali si ci difende rispetto al freddo è infatti il brivido, ossia “attività muscolare in assenza di movimento”, o per meglio dire contrazioni muscolari di muscoli agonisti ed antagonisti che determinano sviluppo di calore in assenza di movimento. Ai meccanismi di termogenesi corrispondono anche meccanismi di scambio di calore con l’esterno, che solitamente ha una temperatura inferiore a quella del corpo. L’organismo si avvale del meccanismo di “irradiazione”, ossia scambiare calore attraverso radiazioni nell’ambito dell’infrarosso, la “conduzione”, ossia il passaggio di calore da un corpo più caldo ad uno più freddo e questa conduzione, che avviene con l’aria, è maggiore se c’è un flusso di aria, questa conduzione viene definita allora “convezione”. Se la temperatura del corpo aumenta molto l’unico mezzo che l’organismo ha per scambiare calore col mondo esterno è l’evaporazione, ossia la perdita di acqua che evaporando raffredda il corpo. Ma l’evaporazione è possibile solo fino ad una certa umidità dell’ambiente esterno, infatti la sudorazione è inibita da una forte percentuale di umidità nell’aria.

Ipotalamo e temperatura corporea
Attraverso il bilancio dei fattori termogenetici e dei fattori di termodispersione il nostro corpo mantiene una temperatura intorno ai 37°C, e questo set-point è stabilito dall’ipotalamo. Nel fare questo l’ipotalamo viene costantemente informato da tutta una serie di recettori periferici che sono disposti a livello cutaneo, da recettori che sono disposti a livello del midollo spinale e da recettori centrali che sono disposti a livello dell’ipotalamo anteriore. Tutte le volte che questi recettori segnalano valori del core non uniformi a quello del set-point vengono innescati tutta una serie di processi compensatori atti a ristabilire la temperatura settata.

Meccanismi di compensazione ipotalamici a caldo e freddo
L’ipotalamo anteriore mette in atto tutta una serie di risposte al caldo, ossia di termolisi, mentre invece l’ipotalamo posteriore mette in atto una serie di risposte che fanno si che l’organismo si adatti al freddo, ossia di termogenesi. L’ipotalamo anteriore è essenzialmente responsabile di due risposte: una vascolare e una di sudorazione. La risposta vascolare si esplica con la vasodilatazione, soprattutto a livello cutaneo, e così facendo si ottiene un secondo meccanismo in cui lo scambio di calore “in controcorrente” è meno accentuato. Se la temperatura è troppo bassa, viceversa, il circolo cutaneo va incontro a modificazioni opposte. La sudorazione invece viene controllata dall’ipotalamo con una azione sulle ghiandole sudoripare ed in particolare tramite la componente simpatica, l’unica componente in cui la componente simpatica ha come mediatore l’acetilcolina. L’ipotalamo attiva quindi il sistema simpatico, che attiva le ghiandole sudoripare che aumentano la produzione di sudore che evaporando facilita la dispersione di calore. Quando l’ipotalamo deve mettere in atto delle risposte al freddo si osserva una vasocostrizione che di per se impedisce lo scambio di calore con l’esterno, e c’è un aumento dello scambio in controcorrente di calore di modo che le vene riportino verso il core sangue che è stato riscaldato dal arterie. L’altro meccanismo che viene messo in atto è operato attraverso il sistema nervoso somatico: c’è un aumento della contrazione muscolare attraverso il brivido. Nei neonati è possibile avere una termogenesi in assenza di brivido legata all’attività del tessuto adiposo bruno, che è un tessuto adiposo contenente dei recettori β3, quindi predisposto ad essere stimolato dal sistema nervoso simpatico. Questa produzione di calore senza brivido è legata al fatto che il sistema simpatico è in grado di attivare quelle uncoaping proteins che hanno la facoltà di dissociare la produzione di ATP dal passaggio degli elettroni attraverso la catena respiratoria. Di fatto non si ha produzione di ATP e quindi l’energia prodotta viene dispersa come calore. Negli animali cosiddetti a pelo lungo per quanto concerne i meccanismi di termolisi può essere utile la perdita di calore attraverso l’aumento della ventilazione, così come negli animali funziona con efficienza il meccanismo di termogenesi chiamato “orripilazione” che consiste nell’erezione del pelo che fa si che di fatto si crei intorno all’animale il sequestro di aria calda che facilita il mantenimento di valori ideali di temperatura, ma nell’uomo è molto poco efficiente.

Quando la temperatura non rimane costante
Ci sono alcune situazioni patologiche in cui si perde la capacità di mantenere la temperatura a valori ideali e, a parte l’ipotermia, soprattutto esistono due situazioni abbastanza comuni in cui l’organismo non riesce a mantenere sui valori del set-point i valori di temperatura: il colpo di calore e la febbre.

  • Nel colpo di calore c’è un deficit delle attività termolitiche perché la temperatura esterna è molto alta e se l’aria esterna è particolarmente umida la mancata possibilità di sudare fa abbassare la temperatura a cui si può andare incontro a questo fenomeno.
  • Nella febbre quello che si modifica è il valore del set-point: nella febbre si distinguono due momenti uno di termogenesi e uno di termolisi; in genere la febbre determinata da alcuni fattori, detti “pirogeni”, in grado di modificare il set-point ipotalamico che di norma dovrebbe stare a 37° C portandolo a valori più elevati, inducendo di fatto una termogenesi che porta la temperatura al nuovo valore stabilito centralmente. Per cui la prima fase della febbre si associa brivido, fin tanto che la temperatura del corpo non abbia raggiunto il nuovo set-point. In un secondo momento si ha un processo di termodispersione, quindi sudore, vasodilatazione, etc.

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Asse ipotalamo-ipofisi-testicolo: funzionamento ed ormoni rilasciati

 

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASSE IPOTALAMO IPOFISI testicolo ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’ipotalamo rilascia il GnRh, ormone rilasciante le gonadotropine Lh ed FSH rilasciate dall’ipofisi. Le due gonadotropine a livello del testicolo si indirizzano verso (LH) le cellule del Leydig e (FSH) tubulo seminifero, quindi l’LH controlla la steroidogenesi che avviene nelle cellule del Leydig mentre l’FSH controlla la spermatogenesi nel tubulo seminifero con il mantenimento dell’ABP che lega il testosterone.

All’interno del testicolo vediamo che le due cellule sono in contatto fisico e funzionale in quanto il testosterone prodotto dal Leydig giunge nel tubulo seminifero, viene legato dalla proteine ABP e qui serve a controllare la produzione degli spermatozoi.

Questi sono effetti positivi. La spermatogenesi e sia LH che FSH dipendente perché l’LH guida la steroidogenesi e il testosterone assicura una corretta spermatogenesi.
La dopamina e la serotonina (neurotrasmettitori) hanno un effetto inibitorio sull’ipotalamo e sul rilascio di GnRH mentre la norepinefrina ha effetto positivo sul rilascio di GnRH.

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Abbiamo feedback negativi che mantengono l’omeostasi della funzione gonadale, quindi un elevata concentrazione e sintesi di testosterone ed estradiolo innesca un feed – quindi  viene rilasciato meno LH ma anche un feed – a livello ipotalamico quindi viene rilasciato meno GnRH. L’FSH inibito dall’inibina prodotta a livello della cellula del Sertoli che serve in modo specifico ad inibire l’FSH e mantenere livelli fisiologici.

Anche gli androgeni testosterone e DHT e anche la minima parte di estradiolo sono in grado di inibire l’FSH ipofisario, è ovvio che se ci sono elevate concentrazioni di androgeni la prima gonadotropina inibita è l’LH, anche se il controllo specifico sull’FSH è dato dall’inibina. Non si sa però ancora se l’inibina è in grado di indurre un freno inibitorio sul GnRH.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Asse ipotalamo-ipofisi-tiroide: funzionamento ed ormoni rilasciati

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASSE IPOTALAMO IPOFISI TIROIDE ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.JPGQuando l’ipotalamo rileva bassi livelli circolanti di ormoni tiroidei triiodotironina (T3) e tiroxina (T4), accade che:

  1. l’ipotalamo rilascia l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH);
  2. il TRH stimola l’ipofisi a produrre l’ormone tireostimolante (TSH o tireotropina);
  3. il TSH rilasciato dall’ipofisi stimola la tiroide;
  4. la tiroide, stimolata dal TSH ipofisario, produce e rilascia maggior quantità di triiodotironina (T3) e tiroxina (T4).

Gli ormoni tiroidei esercitano un controllo di tipo feedback negativo sull’ipotalamo e l’ipofisi anteriore, controllando così il rilascio sia di TRH che di TSH: quanto triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) sono in quantità elevate, il rilascio di TRH e di TSH diminuiscono raggiungendo l’omeostasi, cioè l’equilibrio.

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Asse ipotalamo-ipofisi-surrene: funzionamento ed ormoni rilasciati

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASSE IPOTALAMO IPOFISI SURRENE ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.JPGL’ipotalamo rilascia il fattore CRF che sta per fattore rilasciante la corticotropina o CRH che stimola l’adenoipofisi a rilasciare l’ormone ACTH, ormone adrenocorticotropo. Quest’ormone è importantissimo perché stimola poi la sintesi degli steroidi.

Il CRH o CRF nasce sottoforma di pre – pro CRH di 196 aa. e al carbossi term.troviamo la sequenza vera e propria dell’ormone ad attività biologica. Il crf agisce tramite recettori di membrana sull’adenoipofisi e quando viene rilasciato si lega e innesca l’attivazione della proteina G che attivando l’adenilato ciclasi  innesca la produzione di cAMP che facilità il rilascio e la sintesi di ACTH da parte dell’adenoipofisi. Questo ACTH a sua volta nasce anch’esso come molecola precursore che è molto grossa e prende il nome di propio-melanocortina (POMC) dal gene che codifica per questa grossa proteina, siamo a livello dell’adenoipofisi.

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Tramite peptidasi viene rilasciato l’ACTH ma vengono rilasciati anche frammenti carbossi-terminale che prende il nome di Beta-Lph che sta per Beta-lipotrofina. abbiamo diversi tagli molecolari che questa molecola subisce a livello adenoipofisario e questo prodotto lo troviamo anche a livello di tessuti extraipofisario, e livello gastroenterico, a livello del surrene e dell’ipofisi intermedia. In questi tessuti la molecola viene ulteriormente clivato dando origine ad altri prodotti di minore taglia come la beta – endorfina e la gamma – endorfina che si originano dalla beta – lipotrofina; dal peptide corrispondente all’ACTH  si originano l’alfa MSH (melanocita stimolante) e il clip e infine si origina anche a partire dalla beta lipotropina il beta MSH soprattutto a livello dell’ipofisi intermedia.

A noi interessa soprattutto l’ACTH. L’ACTH rilasciato dall’adenoipofisi agisce con il suo recettore di membrana localizzato sulle cellule della corticale del surrene e anche in qst caso il recettore è accoppiato con l’cAMP che va ad attivare la PKA che va a fosforilare delle proteine importanti per la sintesi degli steroidi, fosforila delle proteine che rendono libera la molecola precursore che è il colesterolo presente immagazzinato nelle cellule come estere del colesterolo quindi la PKA agisce attivando le esterasi in modo tale che i legami di tipo estereo vengano rotti in modo tale che il colesterolo venga reso disponibile.

La sintesi del cortisolo e dell’ACTH è una sintesi non sempre uguale nelle 24h ma è elevata nelle prime ore del mattino, c’è una perfetta sincronia tra picchi dell’ACTH e picchi del cortisolo. Intorno alle 24 siccome gli ormoni glucocorticoidi sono ormoni che mantengono desta l’attenzione sono molto importanti per mantenere sveglia la memoria  e l’attenzione, è quindi ovvio che naturalmente intorno alle 24 raggiungono dei livelli molto basali, si ha un livello basale del cortisolo che mantiene un livello molto basso del cortisolo.

È importante che le concentrazioni ormonali di questi ormoni aumentino al momento del risveglio, infatti intorno alle primissime ore del mattino, intorno alle 6, si ha un incremento delle concentrazioni di ACTH e di cortisolo. Infatti intorno alle 2 – 3 di notte c’è un sonno molto pesante che viene dato anche dalla mancanza di ormoni glucocorticoidi perché siamo ad un livello basale; man mano che inizia ad aumentare la sintesi di glucocorticoidi diventiamo più desti. Abbiamo quindi una ciclicità di secrezione impartita dal nostro orologio biologico impartito dal nucleo sovra-chiasmatico  a livello celebrale da cui provengono anche i nostri ritmi sonno-veglia.

Da alcuni esperimenti su animali si è visto che un ritmo biologico di secrezione viene proprio mantentuo dalle cellule della corticale del surrene, cioè cellule della corticale del surrene messe in coltura hanno attività secretoria ciclica.
L’ ASSE IPOTALAMO IPOFISI SURRENE è un asse neuroendocrino controllato molto dallo stress, dall’ansia che influiscono sulla secrezione di glucocorticoidi e sui ritmi circadiani. Di tutti i neurotrasmettitori la serotonina e l’acetilcolina hanno un effetto positivo che potenzia a livello ipotalamico il rilascio di CRH, mentre il GABA è solitamente inibitorio unitamente alla noradrenalina hanno effetto inibitorio sul CRH.

Il CRH rilasciato dall’ipotalamo a livello dell’adenoipofisi controlla il rilascio dell’ACTH che subisce anche l’influenza positiva dell’adrenalina. L’ACTH a livello del surrene mantiene attiva la secrezione ormonale del cortisolo. Quando le concentrazioni di cortisolo tendono ad aumentare il cortisolo agisce con un controllo negativo sull’ACTH ipofisario o sul CRH ipotalamico. Anche l’ACTH se presente in eccesso è in grado di inibire il rilascio di CRH. La vasopressina è un potente stimolatore.

Questo asse neuroendocrino ricordiamo che ha una certa ciclicità, anche se ci sono situazioni che possono alterarlo, ad esempio lo stress impone un’ ipersecrezione di CRH e ACTH quindi lo stress governa quest’asse e anche  quando la sera tardi i livelli di questi ormoni dovrebbero essere basali se siamo nervosi, aumenta la secrezione di catecolamine e lo stress impone un maggiore rilascio di ACTH e CRH.

L’ACTH soprattutto controlla il ritmo di sonno ma la ghiandola corticosurrenale libera cortisolo  e mineralcorticoidi come l’aldosterone e questo ormone è sotto il controllo di ipotalamo e ipofisi ma l’ACTH controlla questo ormone solo quando raggiunge delle concentrazioni molto elevate e ne può ridurre il rilascio anche se il mineralcorticoide è sottoposto ad un altro tipo di controllo che vedremo che non è questo ipotalamico.

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Asse ipotalamo-ipofisi-gonade: funzionamento ed ormoni rilasciati

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASSE IPOTALAMO IPOFISI GONADE ORMONI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’ipotalamo secerne il GnRH che va a stimolare l’adenoipofisi per la secrezione di due gonadotropine, LH ed FSH. Quest’asse neuroendocrino è silente fino al periodo della pubertà e viene sollecitato durante il periodo puberale e grazie all’inizio dell’attività secretoria da parte dell’ipotalamo inizia ad essere sollecitata l’ipofisi che sollecita così l’attività delle gonadi che iniziano la sintesi degli steroidi e la maturazione dei gameti. Ancora non si sa qual è il primo evento che scatena l’attivazione di quest’asse durante la pubertà, le gonadotropine LH ed FSH prima della nascita, dopo la nascita e nell’età matura.

La secrezione di GnRH da parte dell’ipotalamo inizia nella 4° settimana di gestazione; questo rilascio pian piano sollecita l’ipofisi a rilasciare LH ed FSH e la loro sintesi inizia verso la 10 – 12 settimana di gestazione; poco prima della nascita questi valori decadono per mantenersi basse durante la prima infanzia e la secrezione si mantiene bassa anche durante la seconda infanzia e anche nell’età peri-puberale, momento in cui l’asse inizia a svegliarsi. Durante l’infanzia la quantità di FSH circolante supera quella dell’LH, in effetti l’FSH ha effetti sull’attività maturativa dei gameti. Durante la pubertà vediamo che l’attività secretoria del GnRH diventa più consistente probabilmente perché ci sono fattori di tipo inibitorio che vengono rimossi anche se ci sono ancora molti studi in corso.

L’LH a livello gonadale inizia la sintesi degli steroidi gonadici, testosterone nel testicolo, estrogeni e progesterone nelle ovaie. Nella donna la secrezione di LH ed FSH è ciclica mentre nell’uomo questa ciclicità non c’è. Nella tarda età nella donna l’attività riproduttiva cessa, nella menopausa infatti la quantità di gameti femminili è stata consumata o comunque è andata incontro ad un processo degenerativo per cui la donna non è più in grado di concepire; l’uomo invece mantiene la sua attività maturativa anche al di là dei 60 anni.

Il GnRH è un decapeptide, una proteina di 10 aa. che tramite la circolazione portale ipofisaria raggiunge l’ipofisi dove induce sintesi e rilascio di LH ed FSH che sono due glicoproteine costituite da una sub unità alfa e una beta quindi sono etero dimeri e includono nella molecola anche residui carboidratici; la subunità alfa  è costituita da uno stesso numero di aa. che sono sempre gli stessi e quindi questa subunità alfa è comune alla subunità alfa del TSH e della gonadotropina corionica CG, quella che cambia è la subunità beta che si differenzia sia per lunghezza in aa. che per sequenza.

Il GnRH induce a recettori specifici di membrana sulle cellule ipofisarie e la risposta che dà quando si lega è che va ad attivare il metabolismo dei fosfolipidi, in generale tutti i fattori di rilascio ipotalamici vanno ad attivare recettori di membrana connessi con l’attivazione dei fosfolipidi di membrana quindi formazione di DAG, attivazione proteina chinasi C e di IP3 ma anche attivazione dell’cAMP mentre LH ed FSH hanno recettori di membrana è il meccanismo di traduzione che attivano è quello dell’adenilato ciclasi con incremento di cAMP.

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Asse ipotalamo-ipofisario: fisiologia e ormoni rilasciati

MEDICINA ONLINE IPOTALAMO IPOFISI ADENOIPOFISI NEUROIPOFISI ORMONI STIMOLANTE RH HORMONE ANATOMIA FUNZIONI FISIOLOGIA SCHEMI ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO CERVELLO ENDOCRINOLOGIA CERVELLO GHIANDOLE METABOLISMO TSH TRH TIROIDE

Fonte dell’immagine: dr. Mauro Amato – Centro Analisi Cliniche AMATO sas – Via Tattoli 6/o Molfetta (Bari)

Il SNC (sistema nervoso centrale), in funzione degli stimoli che riceve dall’esterno e dall’interno del nostro corpo, trasmette dei messaggi – tramite neurotrasmettitori – all’ipotalamo, che esercita a sua volta un influenza sulla ghiandola sottostante l’ipotalamo stesso, che si chiama ipofisi, attraverso altri neurotrasmettitori da esso liberati, in un complesso sistema che lega le due strutture, chiamato asse ipotalamo-ipofisario o asse ipotalamo-ipofisi (hypothalamic–pituitary axis in inglese).
L’ipotalamo appartiene al sistema nervoso centrale ma, da un punto di vista funzionale, i suoi neuroni sono capaci di ricevere segnali che arrivano sia dalle strutture nervose superiori, sia dalle ghiandole del sistema endocrino (ipofisi e gonadi per esempio), che non sono strutture nervose. Esso è quindi la sede in cui si verificano le connessioni tra sistema nervoso centrale e sistema endocrino (ormonale).
Gli ormoni prodotti dall’ipotalamo sono di natura proteica (mentre quelli prodotti dalle gonadi sono dei derivati del colesterolo, e quindi di natura lipidica) ed agiscono sull’ipofisi. Essa è suddivisa in due porzioni, una anteriore, o adenoipofisi, ed una posteriore, o neuroipofisi.
L’adenoipofisi è collegata all’ipotalamo da un sistema di vasi sanguigni nel quale vengono immessi gli ormoni ipotalamici che arrivano così all’ipofisi. Allo stesso modo, sempre attraverso questo sistema, gli ormoni prodotti dall’ipofisi possono giungere all’ipotalamo ed influenzarne la funzione.
Gli ormoni ipotalamici determinano, a livello dell’adenoipofisi, la sintesi, l’accumulo, quindi la immissione nel sangue di una serie di prodotti che vengono chiamate tropine in quanto agiscono su altre ghiandole del sistema endocrino che sono dipendenti dall’ipofisi (ovaio, testicolo, tiroide, mammella, corticale del surrene, funzione dell’ accrescimento ecc…).
Gli ormoni ipotalamici sono indicati come Relasing Hormones (RH) e cioè sostanze che stimolano la dismissione e l’ingresso nel sangue degli ormoni ipofisari.

Gli RH sono:

  • Il GnRH o relasing hormone per le due gonadotropine ipofisarie LH ed FSH, agenti sulle ovaie per l’induzione dell’ovulazione;
  • Un relasing hormone per la tireostimolina ipofisaria o TRH agente sulla tiroide;
  • Un relasing hormone per l’ormone ipofisario della crescita o GHRH;
  • Un relasing hormone per la tropina che stimola la corticale del surrene o CRH, inducendola a sua volta a produrre l’ormone cortisolo;

Allo stesso modo, esistono anche ormoni che inibiscono la secrezione dell’ipofisi qualora ciò risulti necessario.
Sotto lo stimolo o l’inibizione dell’ipotalamo, l’adenoipofisi produce una serie di ormoni o tropine di natura proteica ed altre sostanze, come per esempio le endorfine, che si trovano anche nel cervello ed hanno una struttura chimica che assomiglia a quella degli oppioidi.

Gli ormoni ipofisari sono rappresentati da:

  • Gonadotropina FSH (ormone stimolante il follicolo);
  • Gonadotropina LH (ormone luteinizzante);
  • ICSH (ormone stimolante le cellule interstiziali del testicolo) nell’uomo;
  • Prolattina, importante nella preparazione della ghiandola mammaria durante la gravidanza e nella sua funzione durante l’allattamento. Al di fuori dello stato gravidico, i livelli di prolattina non fisiologici possono influenzare negativamente i meccanismi della fertilità, quindi della riproduzione;
  • Il TSH (tropina stimolante la tiroide);
  • L’ACTH (tropina stimolante la corticale del surrene);
  • Il GH (tropina stimolante l’accrescimento corporeo);

Inoltre, l’ipofisi produce peptidi oppioidi (endorfine) e  fattori che influenzano il fegato ed il pancreas.
Le gonadotropine agiscono sulle gonadi (ovaio e testicolo). L’ovaio, sotto lo stimolo delle gonadotropine, secerne tre ormoni che derivano dal colesterolo: estrogeni, androgeni, progesterone e suoi derivati.
Esiste nell’ipofisi anche un lobo posteriore a struttura nervosa, chiamata neuroipofisi, a cui arrivano direttamente dall’ipotalamo, stavolta non attraverso il sangue ma tramite dei prolungamenti di neuroni, una serie di sostanze prodotte dai neuroni dell’ipotalamo stesso. Queste, vengono poi immesse nel circolo sanguigno ed hanno azioni su tutto l’organismo. Fra esse, le più importanti sono l’ADH o ormone antidiuretico o vasopressina, responsabile della ritenzione di sodio, e l’ossitocina, che stimola la contrazione della muscolatura dell’utero durante il parto e delle cellule muscolari (mioepiteliali) della mammella durante l’allattamento per favorire l’uscita del latte.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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