Tra le pieghe dell’ultimo rapporto “Better Life Index” dell’Ocse (il nuovo indice per misurare il benessere dei singoli Stati) ci sono un paio di dati che fanno riflettere. Il “Better Life”, introdotto due anni fa, si basa su 11 gruppi di parametri, che comprendono tra gli altri la grandezza dell’abitazione, il reddito, le relazioni sociali, ambiente, la sanità e la sicurezza.
Italiani tra i più longevi al mondo
Il primo dato che salta all’occhio è questo: l’Italia, assieme al Giappone, è il secondo paese per aspettativa di vita dopo la Svizzera: 82 anni (poco meno di 80 per gli uomini, 84 per le donne), contro una media Ocse di 80. In teoria, il fatto di vivere a lungo dovrebbe rendere più felici. Non a caso la Confederazione elevetica, prima per longevità, è prima anche nella classifica sulla “life satisfaction”, ossia la valutazione da parte dei cittadini del proprio livello di soddisfazione.
Italiani tra i meno felici al mondo
L’Italia invece, nella classifica della soddisfazione dei suoi abitanti, è agli ultimi posti tra i Paesi Ocse: in 30esima posizione, dopo Messico, Cile, Spagna, Slovenia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Polonia. Precediamo la Federazione Russa, che pure avrebbe le sue ragioni per essere poco felice: è nel gruppo di coda per diversi parametri come la sicurezza, le entrate economiche e il livello di democrazia; e si ritrova addirittura ultima sulla salute.
Condizioni migliori di quello che pensiamo
L’Italia sugli altri indicatori, come il denaro (che pure non dà la felicità), non è in condizioni così disastrose: le entrate medie nette per famiglia sono superiori alla media Ocse, e nel gruppo di parametri su redditi e ricchezza delle famiglie figuriamo nella posizione numero 12 (su 36). Eppure alla domanda “quanto sei felice” sprofondiamo verso il basso.
Messicani più felici di noi
E’ interessante il caso del Messico. Questo stato è agli ultimi posti in quasi tutti gli indicatori del “Better Life Index 2013″ (in particolare sicurezza, scuola, redditi, sicurezza del lavoro e senso di comunità), tuttavia si piazza ad un buonissimo decimo posto nella classifica sulla soddisfazione. Per quanto sia catastrofico il loro sistema scolastico, forse i messicani sembrano aver studiato alla lettera Oscar Wilde: la felicità non è avere quello che si desidera, ma avere quello che si ha.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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Tutti gli studi scientifici degli ultimi anni confermano che un’alimentazione sana e naturale è necessaria per garantire al nostro organismo il benessere psico-fisico che merita. Mangiar bene significa soprattutto prevenire le più diffuse malattie, come quelle cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus cerebrale), quelle tumorali (si pensi a come influisce una dieta ricca di carni grasse e povera di fibre, nella patogenesi del cancro al colon retto) ed endocrine (diabete, obesità). Ma alimentazione sana non significa solo prevenzione: un paziente che mangia bene ha sempre una prognosi migliore rispetto ad un paziente con pari condizione fisica e patologia, ma che mangia “male”. Anche coloro che si sono ammalati di cancro possono andare incontro a essenziali benefici (prognosi migliore, minor rischio di recidive) seguendo un’equilibrata nutrizione. Ciò è stato dimostrato dal “progetto Diana“, introdotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dall‘Istituto Europeo di Oncologia e dal professor Berrino, ossia direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Produttiva dell’Istituto Nazionale di Tumori di Milano.
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Avete mai fatto il calcolo di quanto tempo passate al giorno davanti a uno schermo? E in tutta la vita? In questo momento voi stessi ci siete davanti, potrà essere quello di un pc o quello del vostro smartphone, oppure ancora quello del vostro tablet ma in ogni caso sempre di schermo si tratta. La domanda del titolo se l’è chiesta anche un gruppo di ricercatori britannici e la risposta è stata inquietante: ognuno di noi, mediamente, passerà 23 anni della propria vita davanti a uno schermo. Praticamente poco meno di un terzo della nostra vita la trascorreremo fissando uno schermo retroilluminato, pc, cellulare o televisore che sia. Secondo i calcoli il 56% degli adulti risulta passare almeno 7 ore al giorno davanti allo schermo, che equivalgono a 106 giorni in un anno.
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Che cos’hanno in comune reflusso acido, acne, ansia, depressione, asma, diabete di tipo 2, piedi piatti, pressione alta, alcuni tipi di cancro, sindrome da colon irritabile, lombalgia e osteoporosi? Sono alcune delle malattie non trasmissibili che potrebbero essere dovute al fatto che il nostro corpo non si è ancora adattato al cambiamento delle condizioni di vita avvenuto tra l’età primitiva e i giorni nostri.