Visita senologica e palpazione della mammella femminile [VIDEO]

La visita senologica periodica è un importante strumento per la diagnosi precoce del tumore mammario dopo la quarta decade di vita. L’esame clinico mira ad identificare eventuali lesioni o noduli sospetti della mammella e del cavo ascellare ed indirizza nella scelta delle indagini strumentali (ecografia e mammografia) per l’approfondimento diagnostico. Inoltre il senologo potrà richiedere esami del sangue ed una radiografia del torace, per valutare ed indagare in maniera più efficace una situazione clinica sospetta. La palpazione e l’ispezione del cavo ascellare sono parti estremamente importanti della visita senologica e si svolgono come mostrato nei video che possono essere visionati seguendo QUESTO LINK e QUESTO LINK.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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E’ normale avere un seno asimmetrico? Esistono rimedi?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO SENO MAMMELLA REGGISENO PETTO TORACE SESSOOgni donna sogna un seno perfetto, tonico, alto, perfettamente simmetrico, ma in realtà in natura le cose sono un po’ diverse ed è molto comune riscontrare leggere o accentuate asimmetrie nell’altezza tra un seno e l’altro: il seno sinistro potrebbe essere più alto o più basso dell’altro o viceversa. Soprattutto in fase di sviluppo, può addirittura capitare che un seno si sviluppi più velocemente dell’altro, creando un effetto di ulteriore asimmetria, tuttavia entro la fine della pubertà, entrambi i seni tendono ad essere egualmente sviluppati. Ciò non significa ovviamente che una eventuale asimmetria non debba comunque essere sottovalutata, specie se sono presenti altri sintomi e segni.

Campanello d’allarme

Attenzione quindi ad eventuali asimmetrie o differenze tra un seno e l’altro, specie se insorgono improvvisamente: potrebbero infatti segnalare la presenza di una patologia mammaria. Attenzione in particolare se si presentano questi segni, che potrebbero indicare cancro alla mammella:

  • un ispessimento ad una sola mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa all’improvviso,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

Se si presentano tali segni e sintomi, è importante effettuare al più presto una visita senologica. Per approfondire: Cancro al seno: sintomi precoci, diagnosi, terapia e prevenzione

In altri casi una asimmetria potrebbe essere dovuta a varie patologie, come ad esempio la sindrome di Poland. Per approfondire: Quando una mammella non si sviluppa: la sindrome di Poland

Rimedi

Per rimediare ad una asimmetria di altezza del seno, potrebbe essere utile effettuare per prima cosa una visita medica per individuare eventuali problemi posturali che, in alcuni casi, possono essere la vera causa di una asimmetria. Purtroppo non esistono tante altre possibilità, se non massaggi particolari – che a mio avviso non determinano reali vantaggi – e la chirurgia estetica, che invece è estremamente efficiente nel risolvere questo tipo di inestetismo, come nel caso del prima/dopo raffigurato qui in alto.

Vedi anche: FOTO PRIMA E DOPO INTERVENTO CHIRURGICO CORRETTIVO

Chirurgia

L’intervento può interessare una sola mammella o, più frequentemente, entrambe le mammelle: ciò perché raramente si riesce ad eseguire una correzione perfetta solo riducendo la mammella più grande o ingrandendo quella più piccola, ma spesso è necessario eseguire l’intervento sui due seni. L’operazione si esegue in genere in anestesia generale, anche se in alcuni casi selezionati è possibile eseguirla in anestesia locale e sedazione. Le situazioni possibili sono in genere tre:

  • paziente con entrambi i seni piccoli ed asimmetrici con volontà di aumentare il volume del seno: si procede con una mastoplastica additiva bilaterale tramite protesi in silicone, inserendo protesi di volume diverso in maniera tale da compensare l’asimmetria;
  • paziente con un seno di dimensioni normali e l’altro più piccolo: si procede con una mastoplastica additiva monolaterale in cui la protesi viene aggiunta solo al seno più piccolo;
  • paziente con un seno di dimensioni normali e l’altro ritenuto troppo grande dalla paziente: si procede con riduzione e rimodellamento del seno troppo grande, tramite una mastoplastica riduttiva.

Tutti questi interventi tendono a lasciare cicatrici più o meno visibili, che variano soprattutto in base al tipo di intervento usato. La degenza è generalmente di uno o due giorni, salvo complicazioni (che sono infezioni, emorragie e reazioni allergiche ai materiali usati durante l’anestesia e l’intervento), mentre la ripresa completa si ha nel giro nel giro di 10/15 giorni. Piccoli aggiustamenti sono anche possibili con tecniche di lipofilling, che usano il grasso stesso prelevato dalla paziente per riempire il seno più piccolo.

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Il reggiseno provoca il cancro al seno? Finalmente abbiamo una risposta

Seno con capezzoli e areole in evidenzaIn più di una occasione la comunità scientifica aveva espresso il dubbio dell’esistenza di un legame tra l’uso del reggiseno ed il tumore al seno, tuttavia gli studi scientifici specifici sull’argomento erano pochi ed incompleti. A mettere rimedio a ciò ci ha pensato una ricerca statunitense pubblicata sulla rivista dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro, Cancer Epidemiology, Biomarkers Prevention. I ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center hanno studiato i casi di 454 donne con carcinoma duttale invasivo, 590 donne con carcinoma lobulare invasivo e 469 donne sane: di tutte queste donne si sono studiate le abitudini in fatto di reggiseno indossato (con ferretto? Di che taglia? Per quante ore al giorno? Età del primo reggiseno indossato?). In base ai risultato dello studio, Lu Chen, coordinatore della ricerca, ha affermato che “non abbiamo rilevato alcuna prova che il reggiseno, di qualsiasi tipo e indipendentemente da quanto lo si porta, possa aumentare il rischio di cancro al seno”.

Consigli per un reggiseno “salutare”

Esistono comunque dei consigli da seguire, per il benessere del seno e della salute in generale: il reggiseno non deve essere particolarmente stretto e non dovrebbe essere indossato per molte ore durante il giorno, o addirittura la notte: ciò può determinare il blocco dello scorrimento della linfa contenuta nei numerosi vasi linfatici relativi alle mammelle. Il reggiseno con ferretto andrebbe evitato, perché potrebbe determinare traumi (ad esempio a nei eventualmente presenti) ed anche i push up andrebbero usati a piccole dosi. Il reggiseno va usato il meno possibile anche perché, soprattutto d’estate, può determinare la formazione di irritazioni cutanee, specie a livello del solco al di sotto della mammella, dove si accumula caldo e sudore. E’ importante infine scegliere reggiseni di qualità, con tessuti 100% cotone (senza poliestere).

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Cosa si nasconde sotto il vestito rosso?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Senologia Mammografia Tumore Cancro Seno Mammella Diagnosi Mastectomia Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione  Dietologo Roma Cellulite Sessuologia EcografieLa bellissima e giovane ragazza bionda che vedete in QUESTA FOTO, dal fisico magro e in forma, sotto al suo vestito rosso nasconde un segreto che ha voluto svelare al mondo per sensibilizzare la società su di un tema che tutti invece vorrebbero segregare nella parte più nascosta di noi. Scopriamo di cosa si tratta.

Un vestito rosso

“Under the Red Dress” (Sotto il vestito rosso) è il titolo della serie della fotografa Nadia Masot che ha ritratto il corpo di Beth Whaanga, una giovane donna di origini australiane che, a 32 anni, ha scoperto di avere un cancro al seno. Di conseguenza, ha subito una doppia mastectomia e una ricostruzione chirurgica di entrambi i seni. Inoltre le è stata diagnosticata la presenza del gene BRCA2, che aumenta le probabilità del cancro alle ovaie, e ha perciò subito una isterectomia completa preventiva (cioè asportazione dell’intero utero nelle sue parti: corpo, fondo e collo. Ciò determina l’impossibilità di avere figli).

Mostrare per sensibilizzare

Insomma il suo corpo è stato martoriato dal bisturi e così pure la sua sensibilità tagliuzzata dagli eventi che si sono susseguiti. Beth ha visto il suo corpo cambiare e trasformarsi portandosi addosso le cicatrici della sua dura battaglia. Ha così deciso, con estremo coraggio, di mostrarle al mondo per sensibilizzare le donne sulla prevenzione e la cura del cancro. Per questo motivo, e con questo intento, è nata la serie “Under the Red Dress” che è stata pubblicata sull’account Facebook di Beth.

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Tumore al seno: quando fare i test genetici?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA NUDA BELLA CORPO ESTETICA BELLEZZA FISICO MAGRAPrima c’è stata Angelina Jolie che ha annunciato di essersi sottoposta a doppia mastectomia preventiva ed ha scatenato il dibattito sull’opportunità di interventi chirurgici al seno in caso di rischio ereditario di cancro al seno. Ora, a riproporre la questione ci ha pensato il New York Times che, pubblicando in prima pagina una foto shock – quella che vedete qui in alto – che mostra il seno di una donna ebrea (identificabile dal tatuaggio di una stella di David), ha alimentato nuovamente il confronto, con particolare attenzione alla maggiore probabilità che le donne israelitiche avrebbe proprio in quanto portatrici di mutazioni genetiche che favorirebbero uno sviluppo significativo di questa forma tumorale. Ma sono davvero utili questi test genetici? E per quali soggetti in particolare? “Vanno fatte alcune premesse doverose, la prima delle quali è che il 90-95% delle alterazioni dei geni avviene durante la vita adulta delle cellule, dunque la maggior parte delle trasformazioni non è ereditabile né trasmissibile” chiarisce il dottor Marco Pierotti, tra i massimi esperti di tumori al seno, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Dopo il caso di Angelina Jolie, si torna a parlare di test genetici per scoprire preventivamente se si è soggetti a rischio ed eventualmente intervenire, magari con una mastectomia.

Intanto, occorre chiarire che solo il 5%-10% dei tumori è causato da mutazioni genetiche trasmesse per via ereditaria. Bisogna anche ricordare che per avere una completa trasformazione, cioè arrivare alle metastasi (che sono il vero pericolo in caso di tumori, Ndr), occorre l’alterazione di 5-6 geni diversi della stessa cellula, che portano ad un’evoluzione maligna del tumore.

Leggi anche: A cosa serve e come si fa l’autopalpazione del seno?

Chi dovrebbe sottoporsi a questi genetici? Vale la pena allarmarsi?

Innanzitutto va detto che il test genetico, in termini di costi-benefici, non si applica a tutti i soggetti: occorre prima di tutto che in famiglia ci sia stato qualche caso di tumore dello stesso tipo, ovvero al seno o alla mammella, che sono equiparabili per le analoghe implicazioni ormonali. Occorre poi valutare l’età dei soggetti con lo stesso tumore perché, generalmente, nelle famiglie con predisposizione ereditaria questi insorgono ad un’età più precoce di quanto accade nella popolaqzione generale e, solo successivamente, si inizia un percorso fatto di tappe ben precise.

Quali sono queste tappe?

Per prima bisogna bisogna avere un’informazione della storia, in senso tumorale, della famiglia del soggetto in questione. Questo è molto importante, tanto che se il contesto culturale non è sufficiente, si fa ricorso al medico di famiglia. E’ necessario raccogliere elementi concreti sulla storia familiare. Se poi c’è un soggetto in famiglia che ha avuto un tumore al seno, sarà proprio il primo a sottoporsi a questa procedura, definita “consulenza genetica” a cura di specialisti medico-genetisti e, se è il caso, al test genetico. La seconda tappa, se il test dà esito positivo, è quella di sottoporre anche i familiari potenzialmente a rischio, ad esempio la figlia di una donna che ha avuto la malattia. Il tutto – ribadisco – passando da un approfondito colloquio con un esperto di genetica.

Leggi anche: Anomalie del seno: il capezzolo introflesso

A questo punto, cosa si deve fare, se anche la figlia risulta positiva ai test?

Se si accerta la presenza di un fattore di rischio, le strade sono due: la prima è quella di uno screening ravvicinato, soprattutto per soggetti giovani, che può essere rappresentato da un accertamento eseguito attraverso una risonanza magnetica nucleare. Questo perché si è visto, dai dati ottenuti in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che l’ecografia e la mammografia da sole possono non essere informative in soggetti giovani per la particolare struttura del tessuto mammario. Oppure, se il soggetto presenta un rischio davvero molto elevato, si può anche proporre un intervento chirurgico profilattico come la mastectomia. Tutto questo almeno finché non troveremo risposte significative e adeguate attraverso la via della chemioprevenzione, ovvero una pillola da assumere per tutta la vita, come per il diabete.

Ma sono in molti a risultare positivi ai test genetici?

Noi, come Istituto Nazionale dei Tumori grazie a un finanziamento dell’Airc, abbiamo iniziato a lavorare ai test genetici nel 1995, ovvero un anno dopo la scoperta del secondo gene (Brca-1 e Brca-2) e da allora possiamo dire di avere cominciato a “razionalizzare” un problema che era noto già prima. Da allora abbiamo tipizzato quasi 1.400 famiglie italiane; si tratta di circa il 40% delle famiglie italiane che hanno presentato un problema di tumore al seno di natura eredo-famigliare. I test sono utili, ma vanno inquadrati in un percorso definito, come detto. Va anche precisato che, in una famiglia in cui ad una paziente sia stata trovata una mutazione in uno dei due geni a rischio, in realtà la metà delle donne risulta esclusa dal rischio, dopo aver effettuato l’esame. E’ importante dare informazioni chiare e dettagliate, perché le donne possano fare scelte consapevoli. A confortarci è un dato, frutto di un lavoro pubblicato una decina di giorni fa: un nostro team, composto anche da psicologi e clinici, ha analizzato l’impatto sulle donne sottoposte a mastectomia profilattica bilaterale rispetto ad altre donne che invece che invece avevano optato per programmi di screening ravvicinati. A distanza di 15 mesi dalle scelte delle pazienti, in entrambi i casi le scelte erano state confermate, non c’era stato alcun impatto negativo, segno che le informazioni fornite erano state corrette e avevano portato a decisioni su cui non ci sono stati pentimenti.

Leggi anche: La mammografia: un esame rapido che può salvarti la vita

Ma le donne sono più propense alla mastectomia o ad esami più numerosi e ravvicinati?

I numeri ci dicono che il 62% delle donne che aveva già avuto un problema di tumore opta per l’intervento chirurgico, mentre nei soggetti sani ma con un elevato rischio di ereditarietà, come nel caso di Angelina Jolie, la percentuale crolla al 30%.

Cosa ne pensa della scelta proprio di Angelina Jolie?

Penso che, per come è stata presentata la situazione, abbia inciso molto una sorta di “sudditanza psicologica” da personaggi vip. Dopo l’annuncio dell’attrice noi abbiamo ricevuto circa il doppio di richieste telefoniche per test genetici, alle quali abbiamo risposto che prima del test andava analizzata la storia della famiglia e che nella stragrande maggioranza questo già avrebbe escluso la necessità di fare il test. Infatti, oltre il 99% delle richieste, però, è risultato improprio, non c’era proprio ragione per fare questo tipo di accertamento.

Cosa ci può dire, invece, Dottore della maggior incidenza di rischio di tumore al seno nelle donne ebree, come scritto dal New York Times?

Non si tratta di tutte le donne ebree, ma solo di quelle Ashkenazi , un ceppo originario dell’Europa centrale, protagonista di un forte flusso migratorio. A causa di una deriva genetica per consanguineità è vero che esiste nelle donne Ashkenazi una specifica mutazione. Ma non è un caso isolato: basti pensare che è stata da noi scoperta una nuovissima mutazione, mai descritta prima, nelle valli bergamasche. Risale a 3.000 anni fa, nasce lì e lì è vero che interessa una buona parte della popolazione a rischio genetico che – ripeto – interessa solo il 5-10% dei tumori.

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Il colesterolo alimenta il cancro al seno

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DIMAGRIRE GRASSO DIETA DIETOLOGIA CALORIE IPOCALORICA OBESO OBESITA SOVRAPPESO KG BILANCIA (2)Un derivato del colesterolo può alimentare la crescita e la diffusione del cancro al seno, secondo un gruppo di ricercatori della Duke University (Usa), che aprono con i loro studi alla prospettiva di assumere farmaci come le statine per prevenire il tumore. Il lavoro, pubblicato sulla rivista ‘Science’, aiuta anche a spiegare perché l’obesità è un importante fattore di rischio di neoplasie. Studi precedenti avevano già ipotizzato che il grasso nelle persone in sovrappeso contribuisse a mandare in circolo ormoni come gli estrogeni, che guidano la crescita dei tumori. Il team americano dimostra ora che il colesterolo ha un effetto simile.

Il colesterolo, all’interno del nostro organismo, viene diviso in 27Hc, sostanza che può imitare gli estrogeni e produrre gli stessi loro effetti in alcuni tessuti. Esperimenti su topi hanno evidenziato che una dieta ricca di grassi, che aumenta i livelli di 27Hc nel sangue, danno luogo a tumori che risultano il 30% più grandi rispetto a quelli che possono insorgere in topi che seguono una dieta normale. E le neoplasie hanno anche maggiori probabilità di diffondersi, soprattutto quello al seno.

Uno dei ricercatori, Donald McDonnell, sottolinea: “Molti studi hanno finora dimostrato un legame tra obesità e cancro al seno. In particolare, il colesterolo elevato è associato al rischio di malattia. Ma il meccanismo che spiega il fenomeno non era ancora stato identificato. Quello che abbiamo rilevato è una molecola (non il colesterolo in sé, ma un metabolita) chiamata 27Hc che ‘imita’ l’estrogeno e può dar vita autonomamente alla crescita del cancro al seno”.

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I deodoranti che contengono alluminio causano il cancro al seno?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO ASCELLA UOMO PUZZA SUDORE SEBO SPRAY COSMETICI PROFUMODa alcuni anni gira su internet un messaggio di tale dottoressa Gabriela Casanova Larrosa Dell’Universita’ dell’Uruguay che lega l’uso di antitraspiranti contenenti  “chloridrato di alluminio” al cancro al seno. Ma sarà vero? In questo momento non esiste alcuna conferma scientifica seria dell’affermazione che deodoranti o antitraspiranti causino il cancro al seno o che addirittura l’utilizzo di tali prodotti sia “la causa principale del cancro al seno” come dice l’appello.

Una smentita molto autorevole a quest’accusa proviene dall’American Cancer Society. Secondo l’ACS, “vi sono moltissimi studi epidemiologici estremamente rigorosi riguardanti i fattori di rischio del cancro al seno, pubblicati nelle riviste mediche. Non siamo al corrente di nessuno di questi studi che dimostri o anche soltanto suggerisca che l’uso di antitraspiranti sia un fattore di rischio per il tumore al seno, men che meno la sua ‘causa principale’”.

Conferme scientifiche cercansi

Per quel che mi risulta, esiste una sola pubblicazione scientifica che suggerisce un possibile legame fra deodoranti/antitraspiranti, depilazione delle ascelle e tumore al seno: è stata pubblicata a dicembre 2003 dallo European Journal of Cancer Prevention, Volume 12, pp. 479-485. Si intitola “An earlier age of breast cancer diagnosis related to more frequent use of antiperspirants/deodorants and underarm shaving” ed è consultabile sul sito dell’EJCP.

Si tratta di uno studio retrospettivo di Kris McGrath, un allergologo di Chicago. È importante notare il termine “retrospettivo”, perché fa molta differenza. Nei test normali, un gruppo di persone viene esposto alla sostanza da testare in condizioni rigorosamente controllate, di norma con un “gruppo di controllo”, ossia un altro gruppo analogo di persone che non viene esposto alla sostanza. In uno studio retrospettivo, invece, ci si basa sul ricordo delle persone, che può essere impreciso. Vi ricordate esattamente a che età avete iniziato a usare deodoranti? Avete sempre usato deodoranti contenenti alluminio cloridrato? Da che età vi depilate le ascelle?

Comunque sia, persino questa pubblicazione conclude piuttosto blandamente, affermando che “la depilazione delle ascelle, in combinazione con l’uso di antitraspiranti/deodoranti [notare l’inclusione dei deodoranti, che invece l’appello dichiara innocui] potrebbe avere un ruolo nel cancro al seno. Non è chiaro quale di questi fattori sia coinvolto. La letteratura esaminata suggerisce l’assorbimento di sali di alluminio, facilitato dal danneggiamento della barriera cutanea. Sono necessarie indagini con gruppi di controllo [in cui si confrontano persone esposte alla sostanza e persone non esposte] prima di consigliare abitudini igieniche alternative per l’ascella”. Lo studio di McGrath è discusso anche in un’intervista per la NBC. Per contro, nel 2003 è stato pubblicato nel Journal of the National Cancer Institute uno studio un po’ più rigoroso, che mi risulta sia il primo mirato specificamente a confermare o smentire questo supposto legame fra antitraspiranti/deodoranti e cancro al seno. Si intitola Antiperspirant Use and the Risk of Breast Cancer, di Dana K. Mirick, Scott Davis e David B. Thomas, ed è liberament e consultabile sul sito del JNCI. Lo studio non ha trovato indicazioni di questo legame né con i deodoranti, né con gli antitraspiranti.

Per farla breve: prove scientifiche rigorose, per ora, non ce ne sono. Per ora c’è soltanto un’ipotesi assai controversa, supportata da un’unica pubblicazione scientifica basata su tecniche abbastanza imprecise. Nel frattempo, naturalmente, se per prudenza volete astenervi dall’usare deodoranti e antitraspiranti, fate pure, ma attenzione ai danni collaterali che potreste causare se non vi tenete sottovento.

Il “chloridrato di alluminio”

L’alluminio cloridrato è una sostanza chimica che ha proprietà antitraspiranti ed è effettivamente presente in molti prodotti per l’igiene personale. Sotto forma di farmaco di libera vendita, la FDA (Food and Drug Administration), ente statunitense che si occupa di verificare la sicurezza di ogni sostanza, la classifica come sicura per l’uso normale. Questo non significa che è assolutamente innocua (non esistono sostanze assolutamente innocue, come ben sa chi prova a ingerire un etto di peperoncino): significa soltanto che alle dosi in cui è presente nei prodotti in commercio, e applicato sulla pelle, non produce danni rilevabili (e quindi non induce il cancro). Se uno se la spara in bocca o ci fa un bel pediluvio, ovviamente, potrebbe esserci qualche danno, ma queste sciagurate ipotesi non sono coperte dai test per ovvia carenza di volontari. Sull’alluminio cloridrato girano storie di tutti i tipi: c’è chi lo accusa di provocare il cancro al seno, come in quest’appello, e chi dice che produce la perdita di memoria o il morbo di Alzheimer. Nessuna di queste affermazioni ha basi scientifiche, ed è importante notare che chi le fa è spesso promotore di prodotti “ecologici” alternativi che guarda caso si vantano di non contenere alluminio cloridrato, per cui non è necessariamente disinteressato.

Va detto che l’alluminio cloridrato contiene (è abbastanza ovvio) alluminio, e ci sono indicazioni scientifiche secondo le quali l’alluminio, come molti altri elementi, è neurotossico se assimilato in grandi quantità. Tuttavia l’esposizione all’alluminio presente naturalmente nei cibi e nell’acqua potabile è di gran lunga superiore a quella che si potrebbe avere dall’uso normale di antitraspiranti, per cui il rischio è proporzionalmente più basso. In altre parole, se avete paura di prendere il cancro da un antitraspirante, dovreste anche aver paura di avvolgere i cibi nella stagnola (che nonostante il nome è fatta di alluminio).

L’appello sembra suggerire che il pericolo sia costituito dall’alluminio cloridrato, ma in realtà ne “spiega” l’azione in modo contraddittorio. Dice che gli antitraspiranti, impedendo la traspirazione, trattengono le tossine nell’organismo, e queste tossine inducono il cancro. Ma se è vero questo meccanismo, allora qualsiasi prodotto che blocca la traspirazione dovrebbe essere pericoloso, anche se non contiene alluminio cloridrato. Giusto per scrupolo, ricordo che fra “deodorante” e “antitraspirante” c’è una differenza notevole: l’antitraspirante blocca la sudorazione, il deodorante no.

Come capita spesso negli appelli-bufala, il messaggio è semplificato e in bianco e nero: dice che “i deodoranti sono inoffensivi”, ma non tiene conto del fatto che molte persone sono allergiche ad un particolare tipo di sostanza presente in molti antitraspiranti e deodoranti: il profumo. Applicare un prodotto contenente profumo, specialmente sulla pelle già irritata da una depilazione, può causare reazioni cutanee tutt’altro che trascurabili. Non si può quindi essere faciloni e categorici e affermare che i deodoranti sono inoffensivi.

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Cancro al seno: meno operazioni col nuovo test Rd-100i Osna

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME FONENDOSCOPIOMeno interventi chirurgici grazie a un nuovo test per la diagnosi del cancro al seno, che ha ricevuto l”imprimatur’ del Nice (National Institute for Health and Care Excellence), l’organismo inglese che ha il compito di valutare il rapporto costo-beneficio di nuove terapie o procedure. In genere – ricordano i media britannici – la prassi ospedaliera vuole che durante la rimozione di un tumore al seno venga fatta una biopsia dei linfonodi per valutare l’eventuale diffusione del cancro. Sarà poi necessario aspettare circa 3 settimane per avere i risultati ed, eventualmente, subire una seconda operazione. Grazie alla nuova metodica, chiamata ‘Rd-100i Osna’, è possibile individuare già nel corso della prima operazione chirurgica se il tumore si è propagato, ed eventualmente rimuoverlo immediatamente, evitando alle pazienti non solo un secondo intervento con il rischio di complicazioni associato, ma anche lo stress e l’ansia del periodo di attesa per 3 settimane, consentendo inoltre di iniziare immediatamente la chemioterapia.

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