Col termine “anemia” in campo medico si intende la riduzione patologica dell’emoglobina (Hb) al di sotto dei livelli di normalità, causata da varie condizioni e malattie. Tale riduzione determina una ridotta capacità del sangue di trasportare ossigeno, il che si traduce nei Continua a leggere
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Capezzolo dolorante e sensibile in uomo, donna, gravidanza e menopausa
Diverse possono essere le cause legate al dolore al capezzolo. Nelle donne, per cominciare, può essere un fatto ricorrente a ogni mestruazione, in una prima fase di gravidanza o in pre-menopausa, ed è legato a squilibri ormonali, anche fisiologici.
Dolori al capezzolo femminile e secrezioni: che fare e quali le cause?
Per prima cosa, è bene prestare attenzione a eventuali secrezioni anomale dal capezzolo. L’autopalpazione deve essere anche accompagnata dalla spremitura del capezzolo. In questo caso, se si verifica una fuoriuscita di liquido limpido come acqua non vi è alcun significato; liquido verdastro, sino a divenire color smeraldo, potrebbe invece essere espressione di una mastopatia fibrocistica, per lo più già diagnosticata con la palpazione o attraverso una ecografia. Liquido lattescente, in qualsiasi periodo del ciclo, può essere legato a una iperprolattinemia, che va approfondita con un dosaggio su sangue. Liquido color marrone o rosso deve sempre mettere sull’avviso e spingere a un controllo specialistico, per una possibile patologia che va dal papilloma intraduttale al cancro.
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Palpazione e osservazione del capezzolo: perché è importante?
Prevenire vuol dire innanzitutto abituarsi a un auto–esame della mammella da eseguire almeno una volta al mese, in fase immediatamente post-mestruale. Parte fondamentale di questo auto-esame è il controllo dei capezzoli: da farsi di fronte a uno specchio, in piena luce, a braccia prima lungo i fianchi e poi alzate sopra la testa, e, quindi, ponendosi di fianco allo specchio stesso. Areola e capezzoli dovranno sempre essere diritti (tenendo presente che alcune donne hanno capezzoli piatti o introflessi, come fatto costituzionale: cioè sono così sin dalla pubertà). Il colorito deve essere roseo, più o meno scuro, con pelle integra, senza squame attorno al capezzolo.
Come lenire il dolore ai capezzoli durante le mestruazioni o in menopausa?
A volte, per lenire il dolore, sia in fase premestruale che mestruale che in menopausa, qualche lieve massaggio con crema a base di fans può essere utile. Al limite, l’uso di antidolorifici non è controindicato, anche se si supponesse una gravidanza iniziale. Volendo, anche un leggero diuretico può tornare utile. Se il dolore è persistente, e, ad esempio, abbiamo notato qualche secrezione rossastra sul reggiseno, possiamo trovarci in presenza di una ragade al capezzolo.
Questo è un evento che può essere frequente in allattamento, ma anche al di fuori. In questo secondo caso, bisogna controllare ed eventualmente cambiare il tipo di reggiseno che si usa, perché può essere legato a un semplice attrito o a umidità che persiste (sopratutto se si fa sport) nell’indumento stesso.
Se succede in allattamento, accompagnandosi a dolori e bruciori molto forti, è necessario anche qui prevenire: intanto, apprendendo (magari con l’aiuto di una ostetrica o di una mamma esperta) come tenere il bimbo attaccato al seno: deve essere col visetto orientato perpendicolare al seno stesso, in modo che possa succhiare tutta l’areola e non il solo capezzolo, avendo, al momento in cui lo si “attacca”, la bocca bene aperta per succhiare in modo adeguato.
Come cura, una crema alla lanolina rappresenta ancor oggi la soluzione migliore, magari associata a dei copri capezzoli o a dei raccoglitori di gocce di latte in metallo (argento), molto utili nel preservare dall’umidità la zona. Impacchi freddi possono attenuare il senso di bruciore, ma non vi deve essere contatto diretto tra la parte ghiacciata e la zona dolorante.
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Dolore al capezzolo dell’uomo
Il dolore al capezzolo nell’uomo non è sempre indice di una situazione allarmante, anche se i disturbi che possono essere alla base di questo fastidio più o meno intenso possono essere davvero molti. Anche negli uomini, come nella donna, il dolore al capezzolo può essere provocato da un cambiamento ormonale, che solitamente si manifesta nell’età della crescita”, vale a dire dai 10 anni e indicativamente fino ai 21-25 anni. Nel periodo della pubertà si possono notare fastidio e cambiamenti a livello del seno maschile, che talvolta possono essere accompagnati anche da gonfiore. Il problema, ovviamente, si risolve spontaneamente con la crescita. Talvolta il capezzolo dolorante nell’uomo può essere provocato dall’assunzione di alcuni farmaci, ma anche se si praticano discipline sportive come la corsa: il capezzolo del corridore è un disturbo che spesso colpisce le persone che praticano la corsa come sport ed è provocata dallo sfregamento delle maglie sulla zona interessata, dove il sudore può provocare arrossamenti, screpolature. Meglio indossare abiti adatti e usare creme appositi.
Noduli
Il dolore al capezzolo nell’uomo può essere provocato anche da noduli presenti in questa parte del corpo: i noduli possono essere sia benigni, nella maggior parte dei casi, sia maligni, quindi se il dolore è insistente e notate anche altri sintomi, chiedete consiglio al vostro medico curante, che saprà indirizzarvi verso gli esami di approfondimento e gli specialisti giusti per capire di che cosa soffrite. Talvolta, questo disturbo ci indica la presenza di altri disturbi che con il seno maschile non c’entrano molto, ma che colpiscono il torace e il petto, quindi meglio non sottovalutare mai questi sintomi: se il dolore al capezzolo persiste, consultate il vostro medico di fiducia.
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Differenza tra sottopeso ed anoressia
Quando una persona ha una forte perdita di peso rispetto al peso forma, potrebbe in alcuni casi essere portata a chiedersi se è sottopeso o anoressica. Nel caso della donna che vedete nella foto in alto, è difficile essere nel dubbio: quando il dimagrimento è davvero eccessivo, è anoressia nervosa. Ma se il dimagrimento è più sfumato, come capire se si è “solo” sottopeso o se siamo anoressici? Tutte le persone in sottopeso sono anoressiche? Facciamo chiarezza.
Cominciamo col dire che si è sottopeso quando il nostro indice di massa corporea (IMC o anche BMI acronimo di Body Mass Index) scende al di sotto di un certo limite: in questo caso molto probabilmente la bioimpedenziometria andrà a sottolineare una diminuzione della percentuale di massa grassa e, in caso di magrezza pronunciata, anche della percentuale di massa magra. Chiunque può ritrovarsi ad essere sottopeso, per svariate ragioni. Perché si assume poco cibo rispetto al nostro fabbisogno calorico giornaliero, perché facciamo molto sport e non adeguiamo la nostra dieta al nostro aumentato metabolismo, perché il cibo che assumiamo è di scarsa qualità… Anche molte patologie, come l’ipotiroidismo, Malattia di Crohn od alcuni tumori maligni, possono determinare una perdita di peso improvvisa. Tra queste patologie, una è appunto l’anoressia, che è un disturbo psichiatrico che interferisce con il corretto comportamento alimentare.
Da quanto detto tutte le persone anoressiche sono sicuramente sottopeso (almeno nelle fasi finali della patologia, nelle iniziali il loro peso potrebbe essere ancora normale) mentre non è vero il contrario, dal momento che non tutte le persone sottopeso sono anoressiche.
Ma allora… quando una persona sottopeso può essere considerata anoressica? Esistono alcuni sintomi e segni che appartengono all’anoressia che possono chiarire tale limite e permettere la diagnosi. Essi sono:
- peso corporeo sotto i limiti di normalità (inferiore all’85% del peso ideale, indice di massa corporea inferiore a 1,75 kg/m2);
- ritardi mestruali e amenorrea (ritardo di almeno tre cicli mestruali consecutivi);
- bassa temperatura corporea;
- una forte ansia di ingrassare anche in presenza di evidente sottopeso;
- depressione;
- bradicardia;
- fragilità di unghie e capelli;
- osteopenia;
- alopecia;
- riduzione del volume del seno;
- ipotensione;
- pelle secca;
- aspetto debilitato/cachettico.
Non tutti questi sintomi e segni sono presenti contemporaneamente nel paziente anoressico.
Nell’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) in realtà è stata rimossa la presenza di amenorrea per tre cicli consecutivi, dal momento che non era applicabile ai maschi, alle femmine in età prepuberale o che assumessero pillole anticoncezionali o, più in generale, in donne che comunque fossero affette da anoressia pur in presenza di una minima attività mestruale; tuttavia per molti medici tale criterio risulta tuttora utile ai fini di una diagnosi rapida.
Nel caso in cui l’anoressia si accompagni a saltuarie abbuffate seguite da una serie di condotte di eliminazione del cibo, come il vomito autoindotto (anoressia nervosa di tipo bulimico), si registra anche una tipica erosione dei denti dovuta all’azione dei succhi gastrici determinata dal vomito.
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E’ possibile avere il ciclo durante la gravidanza?
Non accorgersi di essere incinta fino al momento del parto? Diciamo che è altamente improbabile, a meno che non si tratti di una persona fortemente obesa e alla prima gravidanza. Per i primi 3-4 mesi ci possono essere delle perdite ematiche, scambiate per un ciclo mestruale poco abbondante, che in taluni casi possono invece essere minacce d’aborto. Ma dopo il quarto mese si interrompono. Particolare è il caso del neonato morto a Torino alcuni giorni fa: la madre ha raccontato ai carabinieri che non pensava di essere incinta perché aveva il ciclo mestruale.
Non un vero ciclo
Non si tratta di un vero e proprio ciclo, ma in ogni caso le perdite con il passare dei mesi si interrompono. E poi dal quarto mese il bambino si sente muovere. L’addome si gonfia, il seno anche, insomma il corpo della donna cambia. Ecco perché è altamente improbabile arrivare al parto senza essere consapevoli della gravidanza, come potrà confermare anche un eventuale perito alla Procura che indaga sulla vicenda. E’ vero che, nel caso di una forte obesità, è capitato di donne che si sono accorte del loro stato in ospedale, dove si presentavano con forti dolori addominali. Ma in questi casi, comunque rari, si tratta di donne alla prima gravidanza. E di persone che si sono poi presentate in ospedale. Le contrazioni non possono essere ignorate o confuse con un banale mal di pancia.
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Ormone follicolo stimolante (FSH) alto, basso, valori normali e significato
Descrizione
L’ormone follicolo-stimolante (FSH, follicle-stimulating hormone), conosciuto anche come follitropina, è un ormone sintetizzato dall’adenoipofisi che ha la funzione di stimolare l’ovulazione nella donna e la spermatogenesi (formazione di nuovi spermatozoi) nell’uomo; si tratta quindi di un valore fondamentale nella valutazione della fertilità.
Più nel dettaglio, l’ormone è in grado nella donna di favorire la crescita dei follicoli nelle ovaie fin quando quello dominante rilascerà l’ovulo pronto ad essere fecondato; con il procedere della maturazione, i diversi follicoli rilasciano delle sostanze in grado di ridurre progressivamente la produzione di FSH (feedback negativo). Questo aspetto è molto importante per capire come interpretare l’esame, perchè con l’aumentare dell’età diminuiscono i follicoli a disposizione ad ogni ciclo e quindi le sostanze prodotte per segnalare che è possibile diminuire la produzione dell’ormone diventano inferiori e, di conseguenza, i valori di FSH diventano più alti.
Semplificando possiamo riassumere così:
- In giovane età ad ogni ciclo mestruale vengono prodotti numerosi follicoli (anche se poi solo uno rilascerà l’ovulo) e questa grande quantità è un forte segnale che riduce la produzione di FSH (valori bassi nel sangue).
- Verso la menopausa ad ogni ciclo mestruale sono ormai pochi i follicoli disponibili rimasti, che non hanno quindi più la forza di abbassare sufficientemente i valori di FSH, che saranno quindi più alti.
Valori Normali
- Uomini
- Età prepubere: 0-5.0 mIU/ml
- Pubertà: 0.3-10.0 mIU/ml
- Adulto: 1.5-12.4 mIU/ml
-
- Donne
- Età prepubere: 0-4.0 mIU/ml
- Pubertà: 0.3-10.0 mIU/ml
- Età fertile
- Fase follicolare: 1.0-8.8 mIU/ml
- Ovulazione: 4.0-25.0 mIU/ml.
- Fase luteale: 1.0-5.1 mIU/ml
- Menopausa: 16.7-134.8 mIU/ml
- Donne
(Attenzione, gli intervalli di riferimento possono differire da un laboratorio all’altro, fare quindi riferimento a quelli presenti sul referto in caso di esami del sangue ed urina.)
Interpretazione
Donna
Quando viene prescritto per lo studio della fertilità di una donna, l’esame viene effettuato di norma nella prima fase del ciclo (fase follicolare) e più esattamente in genere fra il terzo ed il quinto giorno del ciclo, ci concentreremo quindi sull’analisi di questo valore.
Il valore dell’ormone follicolo stimolante ci permette di valutare la fertilità della donna dal punto di vista della riserva ovarica, in altre parole di permette un’idea approssimativa di quanti ovuli rimangono a disposizione.
Uno studio del 1989 effettuato su più di 750 cicli mestruali di circa 450 donne, ha dimostrato che, anche a parità di età, le donne con valori di FSH in terza giornata (ossia dal terzo giorno della mestruazione) inferiori a 15 mIU/ml dimostravano una drammatica differenza di probabilità di gravidanza rispetto alle donne con valori superiori a 25 mIU/ml, che avevano invece molte più difficoltà.
Cercando di generalizzare i risultati, l’esame nelle donne nel terzo giorno di ciclo può essere così valutato:
-
- Valori superiori a 15: scarse probabilità di successo (ma non nulle).
- Valori tra 10 e 15: possibile diminuzione della fertilità dovuta all’età.
- Valori inferiori a 10: situazione ottimale.
Mi preme tuttavia aggiungere che uno studio recente ha dimostrato che, nonostante sia più difficile rimanere incinta con valori alti, in caso di gravidanza il rischio di complicazioni rimane legato all’età ed indipendente dall’FSH; questo significa che la quantità di ormone presente di fornisce una stima della quantità dei follicoli ancora presenti e sulla probabilità di impianto, ma non influisce in alcun modo sulla loro qualità
Un valore alto è infine predittivo di scarsa probabilità di successo anche in caso di tecniche di fecondazione assistita; questo è dimostrato dal fatto che molti centri per l’infertilità non accettano donne con valori di FSH oltre una certa soglia, in genere proporzionale all’età. Per esempio il CHR considera normali questi valori:
Età | FSH |
< 33 anni | < 7.0 mIU/ml |
33-37 anni | < 7.9 mIU/ml |
38-40 anni | < 8.4 mIU/ml |
Più di 40 anni | < 8.5 mIU/ml |
Questo tuttavia non significa che non sia possibile rimanere incinta con valori superiori, ma solo che può insorgere qualche difficoltà in più; il dato viene infine spesso incrociato con il valore di ormone antimulleriano, un esame molto più recente e preciso per la stima della riserva ovarica.
Uomo
Nel caso dell’uomo l’esame viene in genere richiesto in presenza di uno spermiogramma non ottimale, in quanto consente di ottenere indicazioni sulle possibili cause.
Elevati livelli di FSH maschile sono dovuti a un’insufficienza testicolare primaria., causata in genere da difetti dello sviluppo nella crescita dei testicoli o a lesioni agli stessi:
Difetti dello sviluppo:
- Mancato sviluppo,
- Anomalie cromosomiche,
- Infezione virale (parotite),
- Trauma,
- Radiazioni,
- Chemioterapia,
- Malattie autoimmuni,
- Tumori delle cellule germinali.
Bassi livelli fanno invece pensare a disturbi ipofisari o ipotalamici.
Valori Bassi
- Amenorrea
- Anoressia
- Disfunzione ipotalamica
- Iperplasia surrenale
- Ipofisectomia
- Ipogonadotropismo
- Pubertà tardiva
- Tumore al testicolo
- Tumore alle ovaie
- Tumore del surrene
Valori Alti
- Acromegalia
- Adenoma pituitario
- Amenorrea
- Anorchidia
- Castrazione
- Insufficienza gonadica
- Insufficienza ovarica
- Insufficienza testicolare
- Iperpituitarismo
- Ipogonadismo
- Isterectomia
- Menopausa
- Mestruazione
- Orchiectomia
- Pubertà precoce
- Sindrome di Stein-Leventhal
- Sindrome di Turner
- Sindrone di Klinefelter
- Tumore ipotalamico
(Attenzione, elenco non esaustivo. Si sottolinea inoltre che spesso piccole variazioni dagli intervalli di riferimento possono non avere significato clinico.)
Fattori che influenzano l’esame
Il risultato può essere alterato da numerosi farmaci, inoltre i valori di possono aumentare nel caso di soggetti fumatori.
Si segnala infine che recenti esami radiologici possono influenzare il risultato.
Quando viene richiesto l’esame
Sia negli uomini che nelle donne l’esame può essere richiesto in caso di problemi di infertilità, ma nelle donne è spesso usato anche nei casi di ciclo mestruale irregolare od assente.
Preparazione richiesta
Non è richiesta alcuna preparazione particolare nè il digiuno, ma è molto importante effettuare il test nel giorno indicato dal medico per una corretta valutazione del risultato.
- Testosterone basso, alto, valori normali ed interpretazione
- Emocromo: guida completa a tutti i valori del sangue normali e patologici
- Emocromo: valori di riferimento e significato clinico [SCHEMA]
- Ematocrito (HCT): basso, alto, in gravidanza, valori normali e interpretazione
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- Volume corpuscolare medio (MCV): alto, basso, valori normali e significato
- MCH alto, basso, valori normali ed interpretazione
- MCHC alto, basso, valori normali ed interpretazione
- RDW alto, basso, valori normali ed interpretazione
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- Tireoglobulina alta, bassa, valori normali ed interpretazione
- Globuli rossi (eritrociti) alti, bassi, valori normali e interpretazione
- Globuli bianchi (leucociti) alti, bassi, valori normali ed interpretazione
- Eosinofili alti, bassi, valori normali ed interpretazione
- Neutrofili alti, bassi, valori normali ed interpretazione
- Basofili alti, bassi, valori normali ed interpretazione
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E’ possibile rimanere incinta a fine ciclo e subito dopo le mestruazioni?
L’arrivo del ciclo mestruale solitamente coincide con i giorni meno fertili del mese, ma è comunque possibile rimanere incinta durante le mestruazioni ed anche subito dopo la fine del ciclo.
In una donna con un ciclo mestruale regolare di 28 giorni, il momento più fertile corrisponde all’ovulazione, che avviene intorno al 13°-14° giorno a partire dal primo giorno di inizio delle ultime mestruzioni. Quindi si presuppone che durante le mestruazioni e immediatamente dopo non si sia fertili. Tuttavia non è sempre così.
Ad esempio nelle donne che hanno un ciclo più corto – fatto che solitamente capita dopo i 35 anni di età – l’ovulazione può avvenire anche solo cinque giorni dopo il ciclo e, considerato che gli spermatozoi possono sopravvivere nelle tube di Falloppio fino a cinque giorni, ecco spiegato – matematica alla mono – come sia possibile rimanere incinta durante le mestruazioni e anche subito dopo.
Inoltre possono presentarsi delle perdite che non sono cicli mestruali tra una mestruazione e l’altra. Ciò può accadere se si sono formate delle cisti alle ovaie ad esempio, oppure dei fibromi uterini. Per questo si può scambiare una simile perdita per una mestruazione e restare incinta proprio nei giorni più fertili. Se si verificano delle perdite anomale tra un flusso mestruale e l’altro è sempre bene rivolgersi al proprio ginecologo per fare un controllo ecografico ed assicurarsi che non ci siano problemi.
Soprattutto nelle donne in avanti con gli anni l’ovulazione può cominciare a non essere più così regolare come prima e possono verificarsi doppie ovulazioni.
In definitiva, pur se è un evento meno probabile, è assolutamente da sfatare la convinzione che durante i giorni delle mestruazioni ed immediatamente dopo non si sia fertili e quindi non sia necessario prendere precauzioni se si vogliono evitare gravidanze indesiderate.
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Se sei incinta e prendi la pillola, viene il ciclo?
Pur ad elevatissima efficacia, la pillola anticoncezionale non impedisce la gravidanza nel 100% dei casi: è comunque possibile rimanere incinta pur prendendola regolarmente. Quando ciò avviene si verifica una condizione particolare in cui la gravidanza inizia, ma la donna continua ad assumere giornalmente il farmaco. In questo caso le mestruazioni sono presenti? E’ possibile che, come d’altra parte può avvenire in una qualunque gravidanza, compaiano delle perdite di sangue che il più delle volte non sono a carattere mestruale, cioè sono di solito più scarse e di durata inferiore rispetto alla mestruazione. Esse possono mimare la mestruazione e rassicurare la paziente, che però è incinta. Questo è il motivo per cui, in presenza di flussi mestruali anomali nel senso sopra ricordato, si consiglia di contattare il medico e di eseguire un test di gravidanza anche se si sta assumendo la pillola in modo adeguato.
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Differenza dolore al seno da gravidanza e da ciclo mestruale
Il dolore al seno (chiamato anche “mastodinia“) può essere determinato da moltissime cause e condizioni tra cui il ciclo mestruale è sicuramente la più comune. Per tale motivo la mastodinia è comunemente classificata in due grandi blocchi:
- mastodinia legata al ciclo mestruale;
- mastodinie ciclo-indipendente.
Il dolore al seno legato al ciclo mestruale (mastodinia ciclica) è, come prima accennato, la forma più frequente di dolore mammario. Le donne che ne soffrono lo avvertono generalmente nel periodo premestruale, mediamente una settimana prima delle mestruazioni. Più frequentemente la dolenzia interessa tutte e due le mammelle (ma il dolore può anche essere monolaterale) e ha la tendenza a scomparire in modo progressivo man mano che il flusso mestruale diminuisce. Solitamente il dolore viene percepito inizialmente nella parte più alta dei seni per poi irradiarsi in modo progressivo verso la parte interna delle braccia. Le cause della mastodinia ciclica non sono perfettamente note, ma la maggioranza degli autori ritiene che il dolore sia dovuto alle notevoli variazioni ormonali che caratterizzano il periodo che precede le mestruazioni. Di norma l’età media in cui si registra questo tipo di dolore al seno è di 35 anni circa, ma non mancano casi di mastodinia ciclica in soggetti molto più giovani (15-16 anni). Com’è facilmente intuibile, il dolore al seno legato al ciclo mestruale non ha niente di patologico, ma in alcuni casi può essere decisamente fastidioso e talvolta invalidante.
Leggi anche: Come alleviare i sintomi della sindrome pre-mestruale?
Sintomi e segni
I sintomi e segni che caratterizzano la mastodinia ciclica sono tensione mammaria, turgore, gonfiore e sensazione di pesantezza. La donna riferisce spesso difficoltà nel toccare il seno dal momento che ciò può procurare un certo fastidio.
Cause
La mastodinia ciclica può durare molti anni, ma scompare una volta sopraggiunta la menopausa; una mastodinia in età post-menopausa riconosce ovviamente cause differenti. In alcune donne l’assunzione a lungo termine di anticoncezionali orali provoca un peggioramento della sintomatologia.
Un certo tipo di attività fisica può essere causa di un aumento della dolorabilità dei seni; è soprattutto il caso di quelle donne che svolgono attività che richiedono un maggiore impegno delle braccia e dei muscoli pettorali. Anche il jogging, il running e l’attività sessuale possono acutizzare il dolore mammario. In alcuni casi il dolore al seno legato al ciclo può essere accentuato dall’assunzione di determinati farmaci, in particolare gli anti-ipertensivi e gli antidepressivi. È stato rilevato che molte donne che accusano mastalgia sono affette da displasia mammaria (nota anche come mastopatia fibrocistica), una condizione riscontrabile in circa il 70% della popolazione femminile.
Terapia
Per quanto riguarda il trattamento, il dolore al seno non richiede generalmente alcun intervento particolare; nei rari in casi in cui esso sia particolarmente intenso si può ricorrere all’utilizzo di farmaci ad azione analgesica, per esempio l’ibuprofene e il paracetamolo, che possono essere assunti sia per via orale sia sotto forma di pomate da applicare sulla parte dolente. In casi molto particolari, peraltro molto rari, nei quali nemmeno l’azione dei farmaci sopramenzionati riesce a essere risolutiva, il medico potrebbe prescrivere farmaci come il danazolo (un principio attivo in grado di inibire l’ovulazione) o la bromocriptina (un alcaloide utilizzato nel trattamento della galattorrea), farmaci purtroppo non esenti da effetti collaterali talvolta piuttosto pesanti.
Leggi anche: Mastodinia: quando il seno è gonfio e dolorante
Dolore al seno legato al ciclo: quando bisogna preoccuparsi?
Se il dolore mammario viene avvertito ciclicamente, se non è associato alla formazione a carattere permanente di noduli mammari (oppure ascellari), se non si notano variazioni a livello di dimensioni, consistenza e forma dei seni, nella stragrande maggioranza dei casi, il dolore al seno è da ricondursi alle variazioni ormonali che caratterizzano il ciclo mestruale.
Tuttavia, la dolenzia avvertita nel periodo premestruale potrebbe avere altre ragioni; può essere quindi opportuno ricorrere al medico se il dolore è costantemente localizzato in una determinata zona, se non accenna a diminuire neppure dopo l’assunzione di farmaci analgesici, se alcune parti nodulose, che spesso vengono avvertite alla palpazione durante il ciclo, non scompaiono con la fine del flusso mestruale, se il dolore dura più di due settimane nell’arco di trenta giorni, se il capezzolo appare retratto e se i seni subiscono variazioni a livello di consistenza, dimensione e forma.
Leggi anche: Storia di un seno: dall’embrione alla menopausa
Mastodinia ciclo-indipendente
La mastodinia ciclo-indipendente (mastodinia non ciclica) è una forma di dolore al seno la cui manifestazione non è legata al ciclo mestruale.
Com’è facile intuire, è un sintomo le cui cause possono essere le più svariate e pertanto la sua comparsa pone spesso problemi interpretativi. Al contrario di quanto accade con la mastodinia ciclo-dipendente, infatti, la mastodinia non ciclica può insorgere improvvisamente per poi scomparire molto velocemente o, al contrario, essere presente per lunghi periodi tempo. È proprio questa sua imprevedibilità che spesso crea allarmismo nella donna che può maturare la convinzione di essere affetta da una patologia di una certa gravità (il tumore al seno è spesso, seppur erroneamente, il primo indiziato). In realtà, nonostante molti ritengano il contrario, molto raramente il tumore al seno fa il suo esordio manifestandosi con tale sintomo.
A seconda della causa che ne sta alla base, il dolore al seno può manifestarsi nei modi più diversi; può essere piuttosto lieve oppure, al contrario, particolarmente acuto; può presentarsi sotto forma di lieve indolenzimento diffuso oppure può manifestarsi attraverso fitte piuttosto dolorose; a seconda delle cause, può essere monolaterale (in questo caso si differenza dal dolore da ciclo che interessa di solito entrambi i seni) oppure interessare entrambe le mammelle, può essere localizzato a una zona ben precisa oppure essere esteso anche al braccio.
Come detto le cause possono essere le più svariate, fra le più comuni c’è l’assunzione di farmaci contraccettivi (il dolore mammario è infatti riportato fra gli effetti collaterali dei farmaci antifecondativi); anche la cosiddetta TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva, il trattamento che viene intrapreso per combattere molti dei sintomi che caratterizzano la menopausa) può essere causa di mastodinia.
Fra i farmaci che annoverano il dolore al seno fra gli effetti collaterali ci sono i cosiddetti SSRI (gli inibitori della ricaptazione della serotonina, medicinali che vengono prescritti per trattare alcune forme di depressione) e il tamoxifene (un antineoplastico).
Altre cause di dolore al seno sono l’ingorgo mammario, la mastite, il tumore al seno nonché eventuali traumi (lesioni, incidenti, operazioni chirurgiche ecc).
Ci sono poi delle patologie fra i cui sintomi si annovera un dolore piuttosto diffuso nella zona pettorale che può essere confuso con la mastodinia; è il caso della costocondrite, dell’herpes zoster a livello del seno e di vari disturbi osteoarticolari.
Anche un reggiseno inadeguato può talvolta causare mastalgia.
Il trattamento varia a seconda della causa scatenante, in molti casi il dolore può essere alleviato tramite l’assunzione di farmaci analgesici; nei casi di più difficile risoluzione è necessario chiarire le cause tramite un adeguato iter diagnostico per poi agire di conseguenza.
Per approfondire: Dolore al seno (mastodinia): da cosa è causata e quando preoccuparsi?
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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